Avevo promesso - minacciato - un sasso in piccionaia, sullo statalismo.
Non ho intenzione di fare discorsi teorici - che per altro sono fuori dalla mia portata, in campo economico - ma solo qualche riflessione pratica e personale.
Unica avvertenza: sono cose che vado pensando da anni, e che dunque non hanno molto a che fare con quello che sta succedendo adesso, o meglio, non sono causate dagli avvenimenti attuali.
Ho cominciato ad usare il telefono al tempo dei gettoni e dei telefoni di casa grigi, col disco combinatore.
Per me andava bene anche così, ma capisco che la tecnologia ha portato qualche cambiamento utile: non indispensabile, o decisivo, ma solo utile.
Quanto al cellulare, ne ho uno, ma lo uso molto poco, pur non avendo niente contro l'aggeggetto.
In sostanza, non solo la mia vita in generale, ma nemmeno le mie capacità di comunicazione sono significativamente differenti tra oggi e allora in conseguenza della nuova situazione che si è venuta a creare con la scomparsa della vecchia SIP, e con la privatizzazione della Telecom e la moltiplicazione dei gestori telefonici - a parte le piattole che telefonano alle ore del pranzo per offrirmi mirabolanti servigi e i più complicati tariffari, che una volta sola ho voluto sperimentare e ho quasi dovuto ingaggiare un avvocato per disdire dopo poco tempo.
A che serve una privatizzazione, se almeno non porta benefici reali all'utenza? Benefici reali, cioè non solo limitati (forse, ammesso che) alla tariffa, ma anche all'equilibrio del sistema economico nel suo insieme, cioè all'utenza nella sua veste più generale di cittadinanza.
Ovviamente non ho menzionato i malfunzionamenti della Telecom privatizzata, dovuti all'automazione e alle massicce riduzioni di personale nei rapporti con l'utenza, e nemmeno l'oscuro capitolo dei profitti e dei maneggi fuori controllo, resi possibili dal fiume di denaro liquido che il settore consente, i quali finiscono oltre tutto per inquinare l'intero settore economico-finanziario.
Per ciò che riguarda la televisione - riguardo alla quale si agita spesso l'eventualità della privatizzazione RAI - farei a meno subito delle reti Mediaset, che sono la prima e più vistosa conseguenza dell'allargamento dell'offerta.
L'emittenza privata, commerciale, locale, offre qualche buona opportunità, ma si tratta di ben poca cosa a fronte dell'estensione del fenomeno: la gran parte è robetta o robaccia, di cui non si sente per niente il bisogno.
In compenso c'è stata una dilatazione mostruosa dell'oppressione pubblicitaria, che non è solo un fastidio, ma che ha avuto effetti non facilmente valutabili sulla cultura e sullo stato mentale del pubblico: quello che è certo è il peso economico della pubblicità, che si riflette sui prezzi dei prodotti in una misura che pochi sospettano, ma che è in realtà assai rilevante.
La qualità e il pluralismo dell'informazione non sono affatto aumentati, con l'avvento della TV "privata", ma sono semmai peggiorati.
Tuttavia, sorvoliamo sui difetti, e accettiamo i vantaggi di questo "nuovo" privatismo: perché però si deve eliminare la RAI pubblica?
Un discorso analogo si può fare per l'energia, le Poste, le Ferrovie, insoma per tutti i settori che un tempo si definivano "strategicici", ma che possiamo aggiornare con "settori a tariffa" e a larga occupazione, nei quali la presenza privata può anche essere utile, ma non implica affatto la dismissione del ruolo pubblico in un'azienda-guida.
Il fenomeno del "mal-governo" aziendale, da parte dello stato, non è un buon argomento.
Primo, perché la gestione privata non è per niente detto che sia migliore, né come vantaggio per i cittadini, né per l'azienda stessa, specialmente se si tratta di grosse aziende che in caso di difficoltà ricevono prontamente un soccorso a spese dello stato.
Secondo, perché si possono attuare regole e organizzazioni che rendono sana tale gestione da parte dello stato.
Terzo, sul piano dei conti, potrebbe darsi che in alcuni casi lo stato ci rimetta a gestire secondo logiche "sociali" certi servizi, ma - se lo stato sono in definitiva i cittadini - bisognerebbe calcolare se la privatizzazione non faccia pagare sotto altre forme al sistema sociale quello che lo stato ha risparmiato tramite la privatizzazione.