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Istigazione allo stupro

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Istigazione allo stupro

Messaggioda franz il 17/08/2013, 17:11

Non ci mancavano le incitazioni leghiste; su quelle ormai ci avevamo fatto la tara.
Incitare allo stupro dell'avversaria ora sta diventando trasversale. Direi quasi "bipartisan".
Quello che sorprende, come l'uomo che morde il cane, è lo stesso frasario sia in bocca ad esponenti di SEL ed ora del PD. Poco importa che poi in tutti e tre i casi ci siano state le dimissioni (tranne il quarto caso, con Calderoli che pero' piu' che caldeggiare stupri aveva fatto paragoni con i gorilla ... e qui ad onor del vero rimane unico ed inimitabile) perché ormai sta diventando una moda, esattamente come tirare il sasso e nascondere la mano. Con l'aggravante di esere presidente del Forum dei diritti del Pd Sardegna. Mica uno qualunque.


Piras, dichiarazioni choc su stupro e Isinbayeva
«Ho sbagliato, mi dimetto»
Lascia il consigliere comunale sardo del Pd dopo la frase «Isinbayeva, per me possono anche stuprarti in piazza»

«Lo stupro è inaudita violenza. Ma il danno è enorme e quando si sbaglia, in politica come nella vita, c'è sempre un prezzo da pagare, e io intendo pagare». È quanto scrive sul suo profilo facebook Gianluigi Piras, presidente del Forum dei diritti del Pd Sardegna dopo le polemiche scoppiate per il suo post di venerdì sulle dichiarazioni della campionessa russa di salto con l'asta Yelena Isinbayeva relative alla legge anti-gay della Russia.

Piras, assessore del comune di Jerzu (Oglistara), aveva infatti pubblicato sul suo profilo facebook una commento choc sull'atleta russa: «Isinbayeva, per me possono anche prenderti e stuprarti in piazza. Poi magari ci ripenso, magari mi fraintendono». Oggi le scuse e l'annuncio di dimissioni. «Irrevocabilmente rassegno le dimissioni dalla Presidenza del Forum Regionale sui Diritti civili del Partito Democratico della sardegna e dalla Direzione Regionale; rassegno irrevocabilmente le dimissioni dal Consiglio comunale di Jerzu; rassegno irrevocabilmente le dimissioni dal coordinamento regionale di Anci giovane - scrive - rimetto nelle mani del segretario regionale e nazionale del partito democratico la mia tessera di iscritto e rassegno irrevocabilmente le dimissioni da coordinatore provinciale di Prossima Italia, associazione impegnata da sempre con grande determinazione nelle battaglie in difesa dei diritti civili e che in questa fase sta sostenendo la candidatura di Giuseppe Civati alla segreteria Nazionale del Pd».
17 agosto 2013 | 15:05
http://www.corriere.it/politica/13_agos ... 8c39.shtml
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Re: Istigazione allo stupro

Messaggioda ranvit il 17/08/2013, 17:33

Ma....mi chiedo: come fa una persona, in particolare poi un politico, a dire una cosa del genere???
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Istigazione allo stupro

Messaggioda annalu il 17/08/2013, 20:22

ranvit ha scritto:Ma....mi chiedo: come fa una persona, in particolare poi un politico, a dire una cosa del genere???

Già, come è possibile?
Solo ad un uomo (per bene) la cosa può apparire strana.
Le donne purtroppo sanno sulla loro pelle, anche se non hanno mai subito attacchi personali davvero seri, che molti uomini considerano "normale" pensare che le donne sono esseri inferiori, e che questa loro condizione dipenda dalla mancanza di un accessorio fisico che può consentire di violentarle. Ovviamente ci sono donne che si permettono di sentirsi "uguali" e dimenticano di non avere tale accessorio, ed allora è necessario ricordarglielo, con le buone o con le cattive.

Questa è la "cultura" che offre giustificazioni e supporto agli stupratori ed al femminicidio.
Questa è la "cultura" che solo gli uomini "per bene" possono combattere parlando "tra uomini". Le immagini di donne ferite e dolenti per gli uomini violenti sono solo una conferma della loro superiorità.

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Re: Istigazione allo stupro

Messaggioda cardif il 18/08/2013, 11:31

Piras ha scritto una bestialità, non c'è dubbio. Secondo me chi stupra dovrebbe essere lasciato nelle mani della vittima e dei parenti una settimana al mese per minimo 10 anni (escluso l'omicidio e l'asportazione di parti del corpo).

E poi Piras ha scritto questo:
(da Facebook):

"Lo stupro è inaudita violenza. Ma il danno è enorme e quando si sbaglia, in politica come nella vita, si paga un prezzo.
17 agosto 2013 alle ore 10.16
Lo stupro è inaudita violenza. Ma il danno è enorme e quando si sbaglia, in politica come nella vita, c’è sempre un prezzo da pagare, e io intendo pagare.
Lo stupro e lo stupro di una donna in particolare, è uno dei più violenti, efferati e raccapriccianti crimini che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto. Dietro lo stupro c'è quasi sempre il bisogno di umiliare qualcuno e nel caso di un donna, la cinica volontà di predominare e sottomettere questa creatura che evidentemente in troppi, continuano a considerare “inferiore”.
“Lo stupro è peggio dell'omicidio perché almeno quando sei morta è tutto finito e basta" raccontò a Franca Rame una donna di 58 anni, che di questa efferatezza è stata vittima; proprio vero, perché lo stupro è qualcosa che ti mangia dentro, ti divora umiliandoti, dove le ferite peggiori sono quelle che non si vedono, che non si possono rimarginare, sono le ferite dell’anima.
A giugno 2013, in Russia, Putin firma la legge che vieta la propaganda omosessuale o, ancora peggio, più generiche “relazioni sessuali non tradizionali”, lasciando mano libera alle autorità di applicarla in maniera arbitraria. Le conseguenze non sono state solo normative ma l’approvazione di questa legge ha scatenato un’ondata di attacchi violenti ai danni di persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali in un paese già di per sé altamente omofobo: casi di ragazzi gay sequestrati, torturati e seviziati fino alla morte e casi di ragazze lesbiche persino stuprate. Tra il 7 e il 23 febbraio 2014 si terranno le olimpiadi invernali a Sochi, sul mar Nero, e gli organizzatori hanno espresso forte preoccupazione per le ricadute che questa legge possa avere nei confronti degli atleti omosessuali e nei confronti di tutti quegli atleti che intendano esercitare la libertà di espressione contro la stessa norma e in favore dei diritti LGBT.
Ieri, Yelena Isinbayeva, campionessa russa dell’asta, si è schierata al fianco del governo russo dichiarando: “Io sono a favore delle regole sui gay. Forse siamo un popolo diverso da quello di altri paesi ma abbiamo le nostre leggi e vogliamo che gli altri le rispettino,
perché noi all'estero lo facciamo”.
Su di me, queste dichiarazioni, amplificate a mezzo stampa in tutto il mondo, perché pronunciate da un personaggio pubblico, hanno avuto un impatto violento e, non so perché, ancor più poiché pronunciate da un atleta e da una donna. Una violenza che ha riacceso nella mia mente quelle che nel nazismo sarebbero diventate le premesse per le leggi razziali, tese a creare nell’opinione pubblica una sorta di legittimazione culturale nei confronti dell’oppressione e dello sterminio del popolo ebreo.
La stessa Isinbayeva, il giorno dopo e pressata dalle polemiche che ne sono conseguite porta i media di tutto il mondo a titolare “Isinbayeva ci ripensa: sono stata fraintesa”.
Pensare contestualmente alle recenti conseguenze di questa legge, tra le quali i casi di stupro su alcune ragazze lesbiche e le affermazioni in difesa della stessa norma da parte di una donna e atleta di fama come la Isinbayeva mi hanno portato ad utilizzare quello che in letteratura si chiama un paradosso scrivendo sul mio profilo facebook e testualmente “Isinbayeva, per me possono anche prenderti e stuprarti in piazza. Poi magari domani ci ripenso. Magari mi fraintendono”. Un paradosso, nella sua più generale accezione, è un’affermazione che, per il suo significato o per la forma in cui è espressa, appare contraria alla comune opinione o alla verosimiglianza e riesce perciò a sorprendere, anche suscitando un immediato senso di indignazione. Per essere molto più chiari: il significato del mio post non è neanche lontanamente da intendersi come un augurio o un auspicio a che la Isinbayeva ( e chicchessia ) possa essere stuprata ne in piazza ne altrove. Il paradosso da me utilizzato è semmai da intendersi in questo senso: talmente sono gravi le affermazioni della Isinbayeva che, indirettamente e in virtù di quelle affermazioni, arriva a giustificare una legge tra le quali conseguenze registriamo casi di stupro di donne lesbiche; e siccome a poco valgono, al fine di dimenticare la violenza di quella affermazioni, le successive dichiarazioni quali “Isinbayeva ci ripensa: sono stata fraintesa” , è come se io, paradossalmente, dichiarassi :“Isinbayeva, per me possono anche prenderti e stuprarti in piazza. Poi magari domani ci ripenso. Magari mi fraintendono”.
Questo l’unico e solo significato di questo post.
Purtroppo però, io non ho scritto un post il quale significato e senso fosse immediatamente comprensibile, e non intendo e non posso permettermi di liquidare il tutto con un “non avete capito e mi avete frainteso” perché quando sono in tanti e in troppi a non aver capito, allora la responsabilità è in capo a chi, evidentemente, non si è fatto comprendere. E ora non m’importa che sia chiaro il significato di quelle parole e ancor meno m’importa l’imminente destino che la mia dignità e la mia reputazione possa trarne da questo episodio. M’importa invece delle conseguenze che la violenza di quelle parole possano aver rappresentato per anche solo una vittima di stupro che le mie parole è arrivata a leggere.
Girando sul web ho trovato pure questo titolo: “Presidente Pd: stuprate la isinbayeva, è contro i gay”. Ommetto di raccontarvi della mia reazione di fronte ad una tale notizia e delle strumentalizzazioni che ne sono conseguite; non sono alla ricerca di commiserazione, di pietà, ne di comprensione, ma solo di verità.
Se una donna vittima di uno stupro in queste ore si sia trovata di fronte alla lettura di un simile titolo, non è certo in capo a se la responsabilità dell’onere sulla veridicità della notizia, ne ha il dovere di conoscere nulla della mia vita privata e pubblica in difesa dei diritti civili, siano essi legati alle discriminazioni razziali, alla lotta contro la violenza alle donne o in difesa dei diritti degli omosessuali o contro l’omofobia.
Non è in capo a se alcun dovere ma certamente un diritto alle scuse e un diritto a che, qualsiasi persona si impegni in politica nella difesa di questi stessi diritti civili, abbia l’autorevolezza e la credibilità necessaria per farlo. E comunque la si voglia mettere, io in questo momento ho perso questa autorevolezza e questa credibilità, che andrà riconquistata pazientemente e faticosamente.
A tal proposito e irrevocabilmente rassegno le dimissioni dalla Presidenza del Forum Regionale sui Diritti civili del Partito Democratico della sardegna e dalla Direzione Regionale; rassegno irrevocabilmente le dimissioni dal Consiglio comunale di Jerzu;
rassegno irrevocabilmente le dimissioni dal coordinamento regionale di Anci giovane; rimetto nelle mani del Segretario Regionale e Nazionale del Partito Democratico la mia tessera di iscritto e rassegno irrevocabilmente le dimissioni da coordinatore provinciale di
Prossima Italia, associazione impegnata da sempre con grande determinazione nelle battaglie in difesa dei diritti civili e che in questa fase sta sostenendo la candidatura di Giuseppe Civati alla Segreteria Nazionale del Pd. In questo momento e da sardo, mi viene in mente la storia dei nostri boschi, di quanti decenni impieghino a crescere utili e rigogliosi e di quanto poco ci voglia, con un solo fiammifero ad appiccare un incendio e a distruggere in poche ore il lavoro di una vita. Nel mio caso, in questo momento, sono bosco ma anche causa del suo stesso incendio.
Una volta, una mia amica mi prese in giro per questa storia: eravamo alla Rinascente, salivamo in ascensore con una coppia sposata con una bambina di circa due anni nel passeggino. Il passeggino era praticamente accostato a me; la bambina ad un certo punto allungò la mano e mi toccò sul pantalone appena sotto la cinghia; istintivamente feci uno scatto e allontanai la mano di quella bambina, sentendomi per certi versi un idiota. La mia amica rise e risero anche i genitori. Ma io da quell’ascensore uscii un tantino perplesso e davanti alla richiesta di chiarimenti della mia amica spiegai le mie “ossessive” ragioni. Le dissi di immaginarsi questa scena: immaginati che non fossimo in ascensore ma dietro uno scaffale del negozio; immaginati poi che quel passeggino fosse stato lasciato un attimo incustodito da quei genitori; immaginati ora la scena che è accaduta in ascensore e che, nel momento in cui io avessi allontanato quella mano, fosse spuntata fuori da dietro lo scaffale la madre e che l’unica fotografia visiva di quella stessa madre fosse stata la mia mano, sulla mano della figlia che poggiava la sua mano sui miei pantaloni. E le chiesi ancora di immaginare quali sarebbero stati gli effetti se quella
madre, presa dal panico e dall’equivoco avesse cominciato a gridare terrorizzata della presenza di un pedofilo. La mia amica scoppio in una incontenibile risata, che non potè che coinvolgere anche me. Terminato il momento di euforia, quando la riaccompagnai a casa e la lasciai sotto casa la invitai ad andare su internet e a fare una ricerca su una serie di errori giudiziari inerenti presunti casi di pedofilia o molestie sui bambini; le dissi che sarebbe rimasta allibita dall’esito di quella paziente ricerca. E purtroppo in quei casi,
che sia chiaro, neanche minimamente sono paragonabili al mio, la notizia e la verità, anche quelle false, anche quelle figlie di un equivoco, anche quelle frutto di un paradosso imperdonabilmente mal spiegato, lascia una macchia indelebile e poco importa se si è colpevoli o innocenti o se si è colpevoli di violazione dei limiti di velocità piuttosto che di omicidio. Purtroppo accade anche che l'uomo “crede più facilmente vero ciò che preferisce sia vero.” Ho una sola preghiera e cioè quella che non necessariamente questa mia lettera e le mie decisioni trovino altrettanta diffusione mediatica, ma che almeno le prime righe di questa lettera siano diffuse con la stessa solerzia e velocità con la quale è stato diffuso il mio precedente post. E non per me, per la mia reputazione o per dovere di verità verso il mio impegno di una vita in difesa dei diritti civili e contro ogni discriminazione; non per me ma perché a tutte le vittime di uno stupro che hanno letto quel post, e che hanno associato al mio nome quelle parole, possa arrivare una sola ed inequivoca verità: e cioè che in questo mondo troppo spesso crudele, semmai, c’è una persona in più e non in meno che pensa che lo stupro sia uno dei più imperdonabili crimini contro l’umanità. E mi perdoneranno, quando sarà il momento, se continuerò in questo impegno un po più silenziosamente e in attesa di recuperare la giusta credibilità e autorevolezza. Per ora non trovo altre parole se non di umile richiesta di perdono. Con sincerità. Gianluigi Piras "

Il diritto alla difesa l'ha avuto anche Priebke. Anche se io sono andato a leggere per capire meglio, non per difenderlo.
Ho letto molti commenti sui giornali.
C'è chi dice che Piras è (era) del PD e quelli del PD devono essere altra cosa, senza macchia alcuna. E che questo è un mostro per i canoni del PD.
Commenti di quelli che lo conoscono sono di stima per la persona e di una diversa comprensione del significato del suo primo messaggio scritto in difesa, eccessiva, degli omosessuali.

Comunque ora se n'è andato.
Ma mo' mi so' capito bene?
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Re: Istigazione allo stupro

Messaggioda franz il 18/08/2013, 19:43

Mi pare che Piras abbia chiarito benissimo quello che intendeva dire.
Purtroppo l'errore principale è usare facebook per la comunicazione politica, dove basta poco ed il fraintendimento dilaga.
Usare un paradosso per spiegare qualche cosa non è cosa facile e per evitare fraintendimenti sarebbe sempre meglio spiegare addirittura prima di provarci. Visto soprattuto le scarse capacità di comprensione del testo che hanno i lettori (vedi i vari studi PISA) per non parlare dei giornalisti che sono a caccia di notizie truci, soprattutto a ferragosto.
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Gli insulti dell'Italia razzista

Messaggioda flaviomob il 26/08/2013, 17:34

http://www.repubblica.it/politica/2013/ ... ef=HREC1-2

Kyenge, quattro mesi di insulti e razzismo:
la vita agra del primo ministro afro-italiano


Da "scimmia" a "prostituta", l'ininterrotta sequela di offese rivolte contro l'esponente del governo di origini congolesi da parte di parlamentari, dirigenti, amministratori, consiglieri comunali di Lega e Pdl. Con le relative "scuse" e spiegazioni "politiche"

ROMA - 'Noi non siamo razzisti, è lei che è negra'. Politicamente scorretta, la famosa battuta riassume purtroppo un atteggiamento diffuso nella politica di destra e centrodestra rispetto a Cécile Kyenge, cittadina italiana di origine congolese, primo ministro di colore nella storia della Repubblica. Sin dai primi giorni dopo la sua nomina al ministero dell'Integrazione, in dichiarazioni pubbliche con l'ammicco, in post su blog e frasi su Facebook e Twitter, lo stato d'animo di moltissimi esponenti della destra parlamentare rispetto a Kyenge - la Lega è la prima, ma la 'pancia istituzionale' del Pdl non è stata da meno - ha trasudato una non contenibile insofferenza spesso precipitata nell'insulto razzista.

Il metodo è sempre uguale: prima si lancia l'insulto, poi si chiede scusa, si annunciano espiazioni, si assicura che il razzismo non c'entra nulla e che si tratta di ragioni politiche. In realtà, come conferma anche l'ultimo caso dell'assessore di Diano Marina (Imperia), che ha assimilato il ministro a una prostituta (salvo poi pentirsi e scusarsi), le improbabili spiegazioni successive, con la particolarità di epiteti e insulti scelti, rivelano un sostrato culturale colonial-fascista che l'avvento della società multiculturale e multirazziale ha riportato a galla in una parte del paese. Non si può spiegare altrimenti il martellamento a cui Cécile Kyenge è stata sottoposta nei suoi quattro mesi da ministro. Eccone un parziale, ma impressionante, riassunto.

Le prime offese contro Kyenge arrivano ad appena due giorni dalla sua nomina. Pesanti insulti fanno la loro comparsa sui siti della galassia nazi. "Scimmia congolese", "Governante puzzolente", "Negra anti-italiana", sono le offese che si leggono su Stormfront, Duce.net e le pagine dei gruppi attivi su Facebook. In concomitanza, l'europarlamentare leghista Mario Borghezio, conia lo slogan "ministro bonga bonga". Per il quale sarà anche espulso dal suo gruppo a Strasburgo (l'EDF).

Il 2 maggio sul muro esterno del liceo scientifico Cornar, a Padova, compaiono frasi ingiuriose contro il ministro e quattro giorni dopo è la volta di un consigliere leghista di Prato, che ancora su Facebook dedica alla Kyenge l'epiteto 'nero di seppia'. Prima dell'improbabile autodifesa: soltanto una zingarata.

Meno di una settimana dopo l'attacco viene ancora dal Carroccio. L'autore è il segretario lombardo Matteo Salvini. Il triste pretesto è la follia di Mada Kabobo, che uccide tre persone a picconate a Milano. "I clandestini che il ministro di colore vuole regolarizzare ammazzano a picconate: Cecile Kyenge rischia di istigare alla violenza nel momento in cui dice che la clandestinità non è reato, istiga a delinquere".

Si scaglia contro il ministro dell'Integrazione, qualche settimana dopo, anche un consigliere Pdl del quartiere San Vitale a Bologna: "Meticcia sarà lei" - scrive Alessandro Dalrio su Facebook - commentando una visita in città della Kyenge. Ma, tra gli episodi più gravi, va senz'altro registrato il post di Dolores Valandro, consigliera leghista padovana che sempre su Facebook, il 13 giugno, riserva parole shock al ministro: "Ma mai nessuno che la stupri, così tanto per capire cosa può provare la vittima di questo efferato reato?". L'autrice sarà poi espulsa dal partito e condannata a 13 mesi per direttissima. Ancora più disarmante la sua giustificazione: "Non sono cattiva, era solo una battuta". Neanche le polemiche che si scatenano frenano però gli esponenti del Carroccio. Sette giorni dopo dalla pagina ufficiale Facebook della sezione della Lega di Legnano (Verona) parte un nuovo attacco alla Kyenge. Colpevole di aver definito gli immigrati una risorsa. "Se sono una risorsa... va a fare il ministro in Congo! Ebete".

A metà luglio il caso più grave dal punto di vista istituzionale. E' il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, a provocare un'indignazione politica bipartisan. "La Kyenge? Sembra un orango", dice alla festa leghista di Treviglio. Scosso il Quirinale, furioso il premier Letta, il Pd che chiede le dimissioni dell'ideatore del Porcellum. Inutile: Maroni condanna l'episodio, ma il partito non forza la mano e Calderoli resta al suo posto." Solo una battuta simpatica, ho telefonato per scusarmi" dirà l'interessato, prima di consegnare un mazzo di fiori in Aula al ministro. La retromarcia non gli evita di essere indagato per diffamazione e discriminazione razziale. Il caso arriva fino all'Onu che definisce scioccante l'affermazione del leghista. Reagisce la società civile e il fondatore di Eataly, Oscar Farinetti, dichiara: "Calderoli a Eataly non può entrare, per motivi di igiene".

Sembrerebbe abbastanza per consigliare anche ai più esagitati una pausa di riflessione. Ma quella leghista per la Kyenge è una vera ossessione. Due giorni dopo le offese del vicepresidente del Senato, è il segretario della Lega Emilia, Fabio Rainieri, ad attaccare: "Il ministro Kyenge è entrata in Italia da clandestina". Il 18 luglio è invece la volta di Agostino Pedrali, assessore al comune di Coccaglio (Brescia): "Sembra una scimmia", scrive su Facebook. "Parassita" è invece l'insulto che le riserva Luciano D'Arco, consigliere indipendente (ma ex leghista) di Casalgrande, nel Reggiano.

Un climax che porta a un altro episodio inquietante: il lancio di banane contro il ministro intervenuto alla festa Pd di Cervia. "Uno schiaffo alla povertà" e "uno spreco di cibo" è la replica ironica della Kyenge, che riceve solidarietà bipartisan da tutto il mondo politico. Gianluca Pini, segretario della Lega in Romagna invita il ministro alla festa della Lega per provare a riportare il confronto su un piano civile, Terreno non congeniale a tutti. Se è vero che lo stesso giorno è un consigliere ex An di Prato, Giancarlo Auzzi, a scrivere su Facebook: "Banane? E' quello che si merita, un rappresentante di questo governo". Negli stessi giorni, un nuovo affronto leghista si registra a Cantù, quando due consiglieri (e un terzo ex del Carroccio) lasciano l'aula del consiglio comunale all'arrivo del ministro.

"Maroni fermi gli attacchi contro di me", replica lei all'indomani, o non vado alla festa della Lega. Appello che resta inascoltato. Anzi un altro esponente leghista di prima linea, l'ex ministro Roberto Castelli, rincara la dose: "E' una totale nullità". Salta così l'incontro, ma non si fermano gli insulti. L'ennesima offesa da un componente della giunta di Lograto, centro del Bresciano: "Vaff... musulmana di m..", scrive su Facebook Giuseppe Fornoni. Ad agosto, infine, Matteo Salvini annuncia un referendum contro il ministero dell'Integrazione: "Inutile e da abolire".


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