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Abolire Tar e Consiglio di Stato

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Abolire Tar e Consiglio di Stato

Messaggioda franz il 16/08/2013, 17:14

Abolire Tar e Consiglio di Stato per non legare le gambe all’Italia
http://www.romanoprodi.it/articoli/abol ... _7074.html

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero, Il Mattino e il Gazzettino del 11 agosto 2013

“Ogni giorno si propongono nuovi rimedi per tentare di rilanciare l’economia italiana. Si parla di sollievi fiscali, ma ci si trova bloccati dalle ristrettezze di bilancio e dagli obblighi di Bruxelles. Si insiste sul costo del lavoro ma poi si deve constatare che esso, oneri sociali compresi, è in genere inferiore a quello della Germania e degli altri competitori dell’Europa occidentale (Spagna esclusa).

Si mette in luce la mobilità del lavoro ma gli imprenditori confessano che, salvo l’incancrenimento dei rapporti in alcune grandi imprese, il problema della mobilità non è certo più grave di quello della Francia e che, per i giovani, la mobilità è sostanzialmente totale perché il posto fisso non arriva mai. Il problema deriva piuttosto dall’inammissibile lentezza dei regolamenti di attuazione in materia. Certo tutti questi pilastri della vita economica hanno bisogno di modernizzazioni e cambiamenti, così come il costo dell’energia che, tra orpelli e costi aggiuntivi, ci rende diversi da tutti i Paesi del mondo.

Questi cambiamenti sono necessari ma costano. Quando però si fanno concreti ragionamenti con i potenziali investitori (siano essi italiani o stranieri, fatta esclusione per quelli che comprano i nostri marchi più prestigiosi), essi elencano prima di tutto l’incertezza che pende su ogni decisione economica per effetto del modello organizzativo della nostra giustizia amministrativa.

Mi diceva con amara ironia uno di questi che, se si abolissero i Tar e il Consiglio di Stato, il nostro Pil assumerebbe subito un cospicuo segno positivo.

Un aumento del Pil non solo senza spese ma con copiosi risparmi.

E mi elencava l’enorme e senza confronti spazio di potere che queste istituzioni hanno assunto rispetto ai limiti rigorosi che esse hanno negli altri paesi.

Non sono un giurista per dire se questo sia possibile, ma certo non posso non notare che il ricorso a questi tribunali è diventato un fatto normale ogni volta in cui si procede a un appalto o che sia pronunciato l’esito di un concorso pubblico o una qualsivoglia decisioni che abbia un significato economico. Il tutto senza sostanziali limiti al ricorso. Il quale blocca regolarmente e per anni gli investimenti infrastrutturali, ferma per periodi quasi indefiniti i concorsi universitari e viene usato per scopi che il buon senso ritiene del tutto estranei a un’efficace difesa dei diritti. Con la giustizia amministrativa si è persino bloccato l’insegnamento in lingua inglese al politecnico di Milano e si ferma regolarmente l’assegnazione degli acquisti pubblici decisi da un organo dello Stato come la Consip, che è stato creato proprio per fornire una sicura garanzia nel delicato campo degli acquisti della Pubblica amministrazione.

Il ricorso al Tar è diventato un comodo e poco costoso strumento di blocco contro ogni decisione che non fa comodo, penetrando ormai in ogni aspetto della vita del paese. La conseguenza è che, in presenza di un’eterna incertezza, i capitali e le energie umane fuggono dall’Italia verso luoghi nei quali quest’incertezza non esiste. Non essendo giurista non riesco a suggerire rimedi che non cadano poi nella rete degli azzeccagarbugli ma, nella difficile realizzabilità del l’abolizione del Tar, chiedo di essere aiutato a fare in modo che i ricorsi siano ammessi nei rari casi in cui conviene che siano ammessi (cinque o dieci per cento dei casi rispetto a oggi?), che siano accompagnati dalle opportune garanzie finanziarie, che i ricorsi dichiarati infondati provochino le logiche conseguenze negative a chi li ha sollevati e che siano decisi nei tempi coerenti con l’obiettivo di non legare le gambe all’Italia.

Possibile che non ci sia qualche giurista disposto ad aiutarmi nel risolvere questo problema?”
Ultima modifica di franz il 16/08/2013, 17:18, modificato 1 volta in totale.
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Re: Abolire Tar e Consiglio di Stato

Messaggioda franz il 16/08/2013, 17:16

la risposta di Paola Severino

Da Il Messaggero, domenica 11 agosto 2013, pagina 1

ATTENZIONE A CANCELLARLI, MA LA RIFORMA È NECESSARIA

di Paola Severino

Rispondo con vivo interesse all'appello di Romano Prodi, riprendendo il tema dall'angolo visuale di mia più stretta competenza. Il rilancio dell'economia infatti è una sfida cui il nostro Paese non può sottrarsi e che oramai chiama in causa a pieno titolo anche il giurista.

Il tema che si impone all'attenzione è proprio quello dell'efficienza del sistema giustizia come volano dell'economia; giustizia amministrativa certo, nella misura in cui è scenario nel quale si compongono interessi di rilevante impatto economico, ma più in generale architettura giudiziaria nel suo complesso.
Deve essere questo un terreno di incontro e confronto tra economia e diritto.

Ampiamente condiviso del resto è il punto di partenza: la convinzione che un efficace funzionamento del sistema giudiziario abbia effetti rilevanti per il sistema economico di un Paese. Tempestività, uniformità, stabilità, certezza nell'applicazione delle norme sono infatti architravi di una giustizia affidabile.

Una giustizia affidabile assicura a sua volta certezza al rendimento degli investimenti, genera fiducia per tutti gli attori del sistema economico, promuove la concorrenza rimuovendo ostacoli all'ingresso di nuove imprese. Ancora, una giustizia efficace favorisce lo sviluppo dei sistemi finanziari, riduce il costo di recupero dei redditi, fornisce maggiori tutele ai prestatori di fondi. In questa direzione si è sviluppato il percorso di riforma della giustizia civile degli ultimi anni, nel tentativo di ricercare un giusto equilibrio tra domanda e offerta di giustizia.

Equilibrio che rappresenta il solo modo per assicurare ai cittadini una reale risposta alle loro legittime istanze.
Su questi temi mi sono in più occasioni soffermata durante i miei' road show" internazionali, volti ad illustrare le iniziative del Governo di cui facevo parte per il recupero dell'efficienza.

In una materia da sempre dominata dal problema di incertezze e lungaggini, spesso mi veniva chiesto perchè mai un imprenditore dovrebbe investire in un Paese nel quale, tra l'altro, un provvedimento amministrativo dai rilevanti risvolti economici può subire una prima ed immediata battuta di arresto, a causa di una magari strumentale richiesta di sospensiva. Tutto ciò genera certamente incertezza sulle sorti di un impegno finanziario magari rilevante, che va comunque programmato anticipatamente, e dunque disincentiva proprio gli imprenditori più accorti.

Cosa fare allora sul terreno specifico della giustizia amministrativa e quali le proposte del giurista "non azzeccagarbugli"?

I filoni di intervento non possono che essere due.

Uno, volto ad incidere sull'esistente, con l'obiettivo di realizzare quell'equilibrio tra domanda ed offerta che consenta di disincentivare l'uso distorto della sospensiva e selezionare i meccanismi di accesso alla giustizia, agevolando i ricorsi fondati e sanzionando quelli palesemente pretestuosi o temerari. La constatazione che ormai un provvedimento amministrativo non gradito genera quasi in automatico un ricorso con richiesta di sospensiva, si affianca alla verifica di un insostenibile affollamento delle aule di giustizia amministrativa, con raddoppio delle fasi di valutazione (cautelare e di merito). Ciò richiede drastici interventi volti a selezionare con un filtro maggiormente selettivo le domande meritevoli di ottenere quell'eccezionale effetto di sospensione che deve essere contenuto nel ristretto ambito in cui era stato originariamente concepito.

L'altro, dovrebbe essere di tipo strutturale e condurre ad una riflessione sulla opportunità di mantenere l'assetto ordinamentale attuale. I giuristi sanno bene del complesso percorso che ha caratterizzato la genesi e l'attuale struttura del sistema della giustizia amministrativa e sanno bene che l'idea della "giurisdizione unica" non è certo nuova nel dibattito. Ne parlava Calamandrei, era contrario Mortati.

Su entrambi i versanti non mancano né suggestioni, né proposte, vivificate oggi dalla considerazione che abbiamo assistito negli ultimi anni ad una progressiva "amministrativizzazione" dell'economia, con una rilevante moltiplicazione delle materie oggetto di giurisdizione esclusiva.

Ad essa, d'altra parte, è toccato il gravoso compito di farsi carico della inadeguatezza del sistema della giurisdizione ordinaria.

Penso allora alle proposte avanzate, anche di recente, sulla possibilità di prevedere per alcune materie una competenza in unico grado del Consiglio di Stato vertente sulla sola legittimità dell'atto e con rito accelerato. Così pure al dibattito diretto a sollecitare un progressivo riavvicinamento, sia sotto il profilo organizzativo- strutturale sia sotto quello strettamente operativo, delle diverse anime dell'attuale sistema di tutela giurisdizionale. Sono d'altronde lontani i tempi del dualismo diritto soggettivo/interesse legittimo come criterio di riparto delle competenze. Oggi ci troviamo di fronte ad un giudice ordinario che può disapplicare gli effetti di un atto amministrativo e ad un giudice amministrativo che può condannare la pubblica mministrazione a risarcire i danni derivanti dall'emanazione di un atto illegittimo.

Mi trovo certamente d'accordo sulla linea del primo filone di interventi, volto all'individuazione di criteri che nell'immediato `snelliscano' il funzionamento del sistema o indirizzino verso forme di `accentramento' delle competenze, come del resto già oggi avviene per alcune materie che vedono l'attribuzione in via esclusiva ad alcuni Tribunali amministrativi, poiché reputo che il contenimento dei ricorsi e la sempre maggior specializzazione del giudice rappresentino un efficace presidio per la certezza del diritto e per l'accelerazione dei processi. Ritengo poi che il secondo indirizzo, volto al superamento delle tre distinte giurisdizioni, possa rappresentare materia di ampio confronto, senza costituire un tabù. Certo, dovrebbe però trattarsi di una scelta molto ponderata, preceduta da una seria ed estesa osservazione della fenomenologia e della prassi applicativa, e forse non compatibile con la situazione di urgente emergenza in cui ci troviamo.

Ho sempre d'altra parte pensato che la situazione di difficoltà economica in cui si dibatte il nostro Paese sia sì un terribile peso, ma debba anche fornire stimoli per scelte innovative e coraggiose, o quantomeno per serie riflessioni sull'esistente e sul futuro.
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Re: Abolire Tar e Consiglio di Stato

Messaggioda franz il 16/08/2013, 17:20

Tre proposte per evitare che Tar e Ricorsi siano nemici dell'Economia
Pubblicato: Ven, 16/08/2013 - 14:00 • da: Oscar Giannino

da Leoniblog

Il presidente del Consiglio è alle prese con una caldissima non-pausa agostana. Il termometro dei rapporti di maggioranza s’impenna giorno dopo giorno, sull’agibilità politica di Berlusconi come su temi-bandiera per il Pdl, a cominciare dall’IMU. Un modo per uscire dalle tenaglie dei tumultuosi rapporti di maggioranza ci sarebbe, alzare il livello programmatico e operativo della compagine di governo, smentire chi l’accusa – sin qui, a piena ragione – di essere più di “lunghe attese” che di “larghe intese”.

Per rilanciare l’economia, non c’è solo l’esigenza di un quadro pluriennale energico e credibile di abbattimento delle imposte su lavoro e imprese, con tagli di spesa altrettanto vigorosi. In questo quadro, una svolta profonda sul regime delle impugnative amministrative può e deve costituire una vera e propria priorità. E che partiti e dibattito pubblico diano poca attenzione alla questione, anche per i suoi delicati e complessi risvolti tecnici, potrebbe per una volta significare per il governo una facilitazione invece di un impedimento.

Il tema, rilanciato sul Messaggero dagli interventi di Romano Prodi e Paola Severino, rappresenta una vera e propria emergenza economica nazionale. Per averne una conferma nasometrica, basta formulare su Google una semplice ricerca, “ricorsi amministrativi ostacolo all’economia”: troverete elencati la bellezza di 3.970.000 casi. Da molti anni, in ogni report comparato dai maggiori fori internazionali sulle cause della scarsa attrattività dell’Italia per gli investimenti diretti esteri, l’incertezza amministrativa è in cima alle ragioni citate. Sono oltre 500, nel solo campo delle opere infrastrutturali, i progetti a vario titolo in tutta Italia rallentati o di fatto denegati, con iter temporali dagli 8 ai 12 e talora 15 anni e più. Dal 2008 ad oggi, gli esperti della Agici Finanza d’Impresa elaborano ogni anno un rapporto sui “costi del non fare”, sommando con una metodologia rigorosa gli oneri economici di minor crescita dovuti al rallentamento e alla rinuncia a progetti stradali, ferroviari, energetici, idrici e di tlc. Nell’ultima edizione, proiettando lo stallo attuale senza una riforma decisa, siamo a oltre 380 miliardi di euro stimati dal 2010 ai tre lustri successivi. Ecco, di che cosa stiamo parlando.

Quando Prodi ha parlato di “abolizione dei Tar e del Consiglio di Stato”, ha deliberatamente voluto raccogliere l’espressione rozza e semplificatrice raccolta dagli imprenditori che hanno tutte le ragioni per essere esulcerati. Ovviamente, sono i giuristi a doversi confrontarsi sul tema. Purché lo facciano tenendo a mente che una svolta profonda è necessaria, per liberare l’economia e la crescita dalle troppe incertezze oggi rappresentate dalla pluralità di impugnative a tutti concessa in ogni grado d’avanzamento di ogni progetto, in un’intreccio senza eguali al mondo tra diritto civile, prerogative societarie ed economiche assunte dal pm e dal giudice penale, e infine pluralità di giurisdizione amministrativa tra Tar e Consiglio di Stato.

Tre semplici indirizzi potrebbero essere assunti dal governo come pilastri di una svolta energica.

Il primo, senza neanche entrare nel vischio di una riforma ordinamentale sul complesso della giurisidizione, sarebbe già di suo rappresentato dall’abbracciare in materia di infrastrutture il modello del Débat Public francese, vigente e aggiornato ormai da 25 anni e garanzia sia di un esteso coinvolgimento dell’”ascolto pubblico” in relazione a ogni progetto infrastrutturale e d’impresa, sia però di tempi certi e stretti – 6 mesi – oltre i quali impugnative e ricorsi “all’italiana” nelle conferenze di servizio non sono più possibili, né si può riaprire ogni giorno l’eterno calvario italiano degli oneri accessori, che in regime di riduzione di trasferimenti pubblici dal centro alle Autonomie hanno finito per gravare ogni opera pubblica di un impossibile recupero di finanziamenti persi su altri tavoli. Segnaliamo che il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha preparato un mese fa un ddl che assume molti istituti del modello francese: sarebbe bene, una volta resolo ancor più efficace, farne una proposta centrale nell’operato governativo.

La seconda via è quella di una ponderata ma forte limitazione delle impugnative ammissibili sui progetti economici. Dove per “limitazione” va intesa non una compressione antidemocratica degli interessi legittimi coinvolti – questi devono avere solo tempi certi per esprimersi, e la non reiterabilità della loro rappresentazione giudiziale – quanto un intelligente accentramento delle competenze, secondo una logica di specializzazione presso le sezioni del Consiglio di Stato. Come il Titolo V° della Costituzione deve vedere il riaccentramento di competenze in materia di opere energetiche e infrastrutturali prioritarie e naziuonali, allo stesso modo dovrebbe avvenire per competenze e gradi del diritto amministrativo.

Infine, c’è un tema più esteso
che s’inquadra in una riflessione ad ampio spettro sull’intero ordinamento giuridico italiano. Tanto per le competenze civili – su cui si è intervenuto con le sezioni speciali in materia di diritto d’impresa – quanto nel rito penale e a maggior ragione in quello amministrativo, va ripensato ab ovo il meccanismo delle garanzie personali, d’impresa e finanziarie per i soggetti economici che, oggi nel nostro Paese, si trovano esposti da soli e senza coperture alle conseguenze di defatiganti procedimenti di ogni ordine e grado. Il tempo è un fattore centrale per l’economia e per qualunque progetto d’impresa, perché è l’unità necessaria in cui si sconta il capitale, e si definisce il rendimento atteso di ciò che si mette in campo per prefiggersi un risultato. Nel diritto italiano, il tempo oggi è invece una variabile indipendente. Ed è per questo, che in un numero sempre maggiore gruppi internazionali e imprese italiane impiegano in tempo e luoghi “stranieri” le loro risorse: lì il tempo, anche giuridicamente, è tutelato come da noi non avviene.

Se il governo, com’è comprensibile, cerca più tempo per sé e per “fare”, inizi allora dalla riforma del diritto amministrativo, per dare tempo certo tutelato per far fare a tutti.
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Re: Abolire Tar e Consiglio di Stato

Messaggioda ranvit il 16/08/2013, 19:21

Mi augurerei che il Governo prendesse nota di questo dialogo e delle conclusioni di Giannino.

Questa storia di ricorsi e controricorsi senza fine fa il paio, comunque, con le minoranze che non smettono mai di menarla....poco serio! Molto poco serio!
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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