Pubblicato: Mar, 09/07/2013 - 08:30 • da: Leonardo Ristori
L’appuntamento di oggi ci regala un Michele Boldrin impegnato su più fronti. Il coordinatore nazionale di Fare per fermare il declino infatti è sempre più critico con le manovre del Presidente del Consiglio, ormai soprannominato Enrico Slitta per la disarmante frequenza con cui sta facendo scivolare in avanti ogni decisione rilevante. Non solo, Boldrin lancia un esplicito invito al dialogo programmatico rivolto a tutte quelle forze politiche, associazioni o gruppi che vogliano davvero cambiare questo paese per valorizzarne il potenziale di sviluppo oggi massacrato da questo stato e queste politiche.
Ciao Michele, è un vizio: dopo Letta che vi copia il nome, ora tocca al Movimento 5 Stelle di scipparvi il programma…
“Leonardo, non punzecchiare, che tanto non ti riesce. Come sai, Fare è nato con lo scopo di fermare il declino del paese e per questo mettemmo giù i famosi dieci punti. Su questi, proprio perché indicano i provvedimenti più necessari e urgenti da prendere, ci mancherebbe altro che volessimo mettere un copyright … Questo sarebbe tipico dei vecchi partiti, ognuno dei quali è geloso del suo orticello e se ne frega degli interessi generali del paese. Noi, siamo diversi e mettiamo gli interessi della collettività davanti ai nostri. Per questo, ci dà grande soddisfazione veder approdare in Parlamento un’idea qualificante del nostro programma e siamo pronti a sostenere in ogni sede la proposta di legge presentata dal M5S che prevede il taglio dell'Irap per le microimprese, coperto con la cancellazione del 10% dei trasferimenti pubblici alle imprese. Anzi, invitiamo parlamentari e militanti del M5S a confrontarsi costruttivamente con noi a tutti i livelli, da quello nazionale a quello locale, per aprire un nuovo percorso di accordi su temi condivisi, un sistema realmente nuovo e alternativo alla casta, di tavoli di lavoro comuni in grado di elaborare proposte e soluzioni concrete per risolvere i problemi del Paese. Questo dialogo concreto, gia’ avviato con svariati altre forze politiche minori, saremmo ben contenti di estenderlo a quei rappresentanti o parlamentari del M5S che fossero interessati.”
Parliamo di Letta, allora; come giudichi la sua uscita secondo la quale, con gli sconti contributivi europei per diminuire, parzialmente e temporaneamente, il costo di assunzione di giovani disoccupati “le imprese non hanno più alibi e devono tornare ad assumere”?
“È una frase che fa sorgere fortissimo il dubbio che il Presidente del Consiglio non abbia proprio idea di quale sia la situazione economica del paese che dovrebbe guidare. Secondo te le centinaia di migliaia di imprese con ordinativi e fatturati in picchiata decideranno di assumere solo perché il dottor Letta ha trovato in Europa qualche sconto fiscale per il lavoro giovane e poco qualificato? E quelle a cui le banche non danno credito e che non incassano dai clienti, potrebbero mai essere invogliate ad assumere qualcuno grazie a quegli sconti? E le imprese certe solo d’incontrare pastoie burocratiche che ne bloccheranno qualsiasi iniziativa ed una pressione fiscale sempre più opprimente, in un quadro di totale incertezza economica, finanziaria e politica, potrebbero anche solo lontanamente pensare di assumere qualcuno solo perché arriveranno degli sconti contributivi europei? Dai retta, Leonardo, qui chi non ha alibi non sono le imprese, ma è lo stesso Letta, che con una frase del genere cerca di mettere l’uno contro l’altro lavoratori e imprese, tra le poche parti ancora sane della società italiana, che con il proprio lavoro contribuiscono a tenere a galla questo disastrato paese, nonostante gli assalti della politica di bassa lega ancora al governo. Anzi, ti dirò di più: sono indignato per come Letta, che non ha ancora tagliato un euro di spesa pubblica, che ancora una volta ha scelto la via dell’aumentare le tasse, ha trattato imprenditori e imprese, e invito tutti i nostri sostenitori, ovunque in Italia, a far arrivare a imprese e lavoratori la nostra solidarietà contro la miopia di una politica che considera le imprese solo come animali da mungere e da bastonare.
Da Letta ad Alfano: per lui l’incentivo alle assunzioni è un gol per il governo…
“Alfano evidentemente tifa per gli avversari perché il provvedimento che dovrebbe incentivare le assunzioni non è un gol, è un autogol. Per aumentare l’occupazione giovanile danno soldi a chi assume, ma la gran parte questi non incentiverà un bel nulla perché finiranno in tasca a chi comunque avrebbe assunto e solo una minima parte dello stanziamento creerà posti di lavoro in più. E’ il fenomeno detto “fallacia dell’inframarginale”, noto a qualsiasi studente di economia ma non ad Alfano ed i suoi consiglieri economici, che con questa uscita pareggia con Letta il conto delle stupidaggini. Eppure, invece di inventarsi incentivi che non incentivano nulla se non i titoli dei giornali, sarebbe bastato ridurre qualche tassa sul lavoro distribuendo i tagli in modo da rendere fiscalmente più vantaggiosa l’assunzione dei giovani. Questo ne avrebbe favorito l’assunzione, ne avrebbe migliorato il potere di acquisto e sarebbe stato un contributo positivo per il rilancio dell’economia.”
E allora, finiamo con il tema dei dipendenti pubblici in eccesso; li vogliamo mandare a casa o no?
“Leonardo, ti sei messo a frequentare il mio amico Cruciani? Domande così me le aspetto da lui, non da te… Scherzi a parte, in Italia il settore pubblico ha un 10-15% di dipendenti in più rispetto ad altri paesi strutturalmente simili e questo ovviamente fa danno. il vero problema però non è questo ma l’inefficienza, voluta, cercata e scientificamente attuata dal sistema politico, di destra e di sinistra, che nel settore pubblico e parapubblico ha sempre trovato un comodo habitat in cui collocare i membri del proprio entourage ed esponenti della rete delle proprie clientele, indipendentemente dalle loro competenze. Allora pensare di risolvere questo problema drammatico e generalizzato attraverso un licenziamento di massa dei dipendenti pubblici è solo una semplicistica chiacchiera da bar. Si puo’ fare? Certo, si puo’ fare ma non lo puoi fare dalla mattina alla sera come tanti soloni finto-liberisti proclamano perche’ sarebbe drammatico dal punto di vista sociale (immaginati 350-500mila persone licenziate in 12 mesi …) e per di più rimuoverebbe l’effetto ma non la vera causa (l’inefficienza per scelta politica). Più razionalmente, occorre smontare la macchina dello stato come è stata concepita dal primo dopoguerra ad oggi perché questa è la principale causa del nostro ristagno e per farlo occorre una dirigenza politica completamente nuova, non corrotta da precedenti rapporti con questo sistema che irretisce e blocca qualsiasi tentativo di progresso. Dunque, se gli italiani vogliono veramente cambiare, invece di pensare a mandare a casa il 10% dei dipendenti pubblici, devono aiutarci a mandare a casa il 90% dei politici che li hanno governati sino a ora. Se lo faranno, e ci aiuteranno a sostituirli con personale politico capace di applicare criteri di efficienza e meritocrazia al settore pubblico, questo potrà essere reso utile e fatto funzionare per il bene dei cittadini e non della casta burocratica. Allora scopriremmo che il problema di ridurre del 15% l’impiego pubblico nell’arco di un quinquennio si potrebbe risolvere da solo perche’, grazie all’acquisita mobilita’ territoriale e funzionale dei dipendenti, il naturale meccanismo del pensionamento permette facilmente una fuoriuscita di un 3% dello stock di dipendenti all’anno.”
Michele, il caffè è finito e il tuo telefono squilla da tempo; ti lascio andare, ci vediamo la prossima settimana.
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