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Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda franz il 07/07/2013, 9:16

PRIMO PASSO NELLA «CABINA DI REGIA», IL TESORO PREPARA LA STIMA DELLA VENDITA DEGLI IMMOBILI
Immobili e dismissioni da 400 miliardi
Il governo studia il piano taglia-debito

Il Pdl: con banche, assicurazioni e fondazioni. Letta: a punto in autunno

Il tema sembrava finito sotto traccia. Ma a ritirarlo fuori ci ha pensato il Pdl nell'ultima riunione della cabina di regia, giovedì. Un intervento choc per abbattere il debito pubblico, arrivato in aprile alla cifra monstre di 2.041,3 miliardi di euro, quasi il 130% del prodotto interno lordo. Lo hanno chiesto al premier Enrico Letta il vicepresidente del Consiglio, Angelino Alfano, e il capogruppo del Pdl alla Camera, Renato Brunetta, ma anche il capo dei senatori di Scelta civica, Gianluca Susta, aggiungendovi una postilla sulla necessità di riprendere con vigore privatizzazioni e liberalizzazioni. E anche il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, ha insistito sulla necessità di andare oltre i provvedimenti contingenti. Nessuna contrarietà di principio, ovviamente, da parte di Letta e del ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni. Ma è chiaro che i problemi nasceranno quando si passerà ad esaminare il merito delle proposte. Il Pdl si è portato avanti, nel senso che il suo piano lo ha messo nero su bianco già in campagna elettorale attraverso il lavoro di una commissione del partito, coordinata dallo stesso Brunetta, che si è avvalsa della collaborazione di economisti del calibro di Paolo Savona, Francesco Forte, Rainer Masera e altri. Per gli uomini di Silvio Berlusconi bisogna ripartire da lì, anche se c'è la consapevolezza che non si tratta dell'unica proposta in campo e che dunque sarà necessario confrontarsi. Ma l'impianto targato Pdl è di quelli ad effetto: punta infatti a una riduzione strutturale del debito pubblico per almeno 400 miliardi di euro (circa 20-25 punti di Pil), così da portare sotto il 100% il rapporto rispetto al Pil in 5 anni.

L'esame del Tesoro

Lo scetticismo, sul fatto che possano essere questi i reali valori in gioco, è d'obbligo, tanto più al Tesoro, dove la prudenza e il realismo sono una deformazione professionale. Il tema però è sul tavolo. Qualcosina si sta muovendo, con la costituzione della Sgr (società di gestione del risparmio) ad opera dell'ex ministro dell'Economia Vittorio Grilli che, a maggio, con un blitz prima di lasciare il suo ufficio, ha emanato il decreto sulla società che gestirà il "fondo dei fondi" previsto dal decreto sulla spending review, nominando il suo capo di gabinetto (e già di Tremonti), Vincenzo Fortunato, presidente della stessa e Elisabetta Spitz, già direttrice generale dell'Agenzia del demanio, amministratore delegato. La necessaria autorizzazione della Banca d'Italia ad operare è arrivata in questi giorni e anche la prima lista di 350 immobili pubblici da conferire, per un valore di un miliardo e mezzo, sarebbe stata trasmessa. Siamo però in forte ritardo rispetto all'obiettivo dello stesso Grilli di vendere patrimonio pubblico per almeno un punto di Pil all'anno (15 miliardi di euro), su una massa patrimoniale potenzialmente aggredibile tra 239 e 319 miliardi, secondo le stime del precedente governo.

Il nodo del Fiscal Compact

Proprio da qui, da questi ritardi, il Pdl parte per incalzare Saccomanni a intraprendere una strategia d'urto. Del resto, il tempo stringe. Dal 2015 partirà il Fiscal compact, le nuove regole europee di bilancio, per rispettare le quali l'Italia dovrà tagliare ogni anno per 20 anni il debito pubblico di 3 punti di Pil, circa 45 miliardi a valori attuali, così da arrivare alla fine del percorso a un debito pari a non più del 60% del prodotto interno lordo. Invece di subire questa tassa ventennale sarebbe meglio trovare un modo per abbattere subito il debito e guadagnare così nuovi spazi di manovra di bilancio che altrimenti sarebbero preclusi. Di qui le proposte choc del Pdl.

Cinque anni per chiudere il conto

Dei 400 miliardi di debito da tagliare, dice il piano messo a punto da Brunetta, 100 deriverebbero dalla vendita di beni pubblici per 15-20 miliardi l'anno (in sostanza il programma Grilli); 40-50 miliardi dalla costituzione e cessione di società per le concessioni demaniali; 25-35 miliardi dalla tassazione ordinaria delle attività finanziarie detenute in Svizzera (5-7 miliardi l'anno); i restanti 215-235 miliardi dall'operazione choc, appunto. Verrebbe individuata una porzione di beni patrimoniali e diritti dello Stato, a livello centrale e periferico, disponibili e non strategici, e venduta a una società di diritto privato di nuova costituzione partecipata principalmente da banche, assicurazioni, fondazioni bancarie ed altri soggetti . La società emetterebbe obbligazioni a 15-20 anni garantite dai beni. Essendo emessi da un soggetto privato, tali titoli non entrerebbero nel computo del debito pubblico. Lo Stato incasserebbe il corrispettivo portandolo direttamente a riduzione del debito pubblico, con conseguente risparmio di interessi. Negli anni di vita del prestito obbligazionario la società procederebbe alla valorizzazione della redditività dei beni. Alla scadenza dei singoli lotti del prestito obbligazionario, ovvero anche prima a scadenze predeterminate, il soggetto che avrebbe proceduto all'acquisto di opzioni (warrant) avrebbe diritto all'acquisto dei beni e diritti costituenti il lotto di riferimento ed il prezzo per tale acquisto sarebbe utilizzato per il rimborso delle obbligazioni. Alla fine dei 5 anni il servizio sul debito si dimezzerebbe, scendendo a 35-40 miliardi l'anno.

Un piano in autunno
Letta e Saccomanni ovviamente conoscono queste proposte, ma intendono procedere con estrema cautela. Il presidente del Consiglio ha preso atto del pressing dei partiti della maggioranza, si è impegnato a far ripartire la spending review, dopo i risultati incerti conseguiti dal precedente governo, e ad immaginare un percorso per riprendere le dismissioni, partendo appunto dalla Sgr lasciata in eredità da Monti e Grilli, mentre sul debito pubblico non è andato oltre la promessa di un piano che verrà messo a punto entro l'autunno. La prudenza, se non lo scetticismo del Tesoro, poggiano su numerosi fattori: in tanti anni non si è mai riusciti a censire con esattezza il patrimonio che ha concrete possibilità di essere venduto a prezzi di mercato (il punto importante è questo); è probabile inoltre che si scatenerebbe un contenzioso fra Stato, Regioni ed enti locali su buona parte dei cespiti coinvolti. Ecco perché non sono possibili facili entusiasmi né tantomeno scorciatoie, secondo gli uomini di Saccomanni. Nel Pd, in particolare, una critica serrata alla proposta di elaborata dal Pdl è stata mossa dall'ex ministro ed economista Vincenzo Visco, che primo non crede esistano beni vendibili per 200 miliardi di euro e passa, secondo giudica pericoloso trasferire alle famiglie obbligazioni che, al confronto col mercato, rischierebbero un deprezzamento immediato trasformandosi così in una patrimoniale mascherata a danno dei cittadini e terzo ritiene che si darebbe l'alibi ai governi per allentare il rigore di bilancio, mentre solo una politica di costante avanzo primario (spesa al netto degli interessi inferiore alle entrate) potrebbe sul lungo periodo riportare il debito a livelli ragionevoli.

I precedenti, le privatizzazioni
Saccomanni, assicurano comunque al Tesoro, è al lavoro sul dossier, forte anche dei contatti e della lunga esperienza in Banca d'Italia. La prima richiesta del ministro agli uffici è stata di avere una stima il più possibile attendibile di quanto veramente si potrebbe collocare sul mercato. Solo a quel punto si potranno vedere gli spazi per una terapia d'urto sul debito. Del resto, i precedenti non sono incoraggianti. E´da una ventina d'anni che lo Stato non riesce a vendere le caserme dismesse (poca cosa, per carità, ma tutto fa brodo) e non mancano gli esempi di immobili venduti e che poi l'amministrazione ha dovuto ricomprare a un prezzo superiore per non pagare più affitti esosi. Infine, negli anni Novanta lo Stato incassò circa 200 miliardi di lire in seguito a un vasto programma di privatizzazioni, ma il debito pubblico non è stato piegato.

Enrico Marro7 luglio 2013 | 9:08 www.corriere.it
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda ranvit il 07/07/2013, 9:45

In una situazione "normale" sarebbe un ottimo percorso per tagliare una volta per tutte l'eccedenza di debito pubblico (rispetto alla media degli altri Paesi europei).
Ma non siamo in una situazione "normale".... :( : "E´da una ventina d'anni che lo Stato non riesce a vendere le caserme dismesse (poca cosa, per carità, ma tutto fa brodo) e non mancano gli esempi di immobili venduti e che poi l'amministrazione ha dovuto ricomprare a un prezzo superiore per non pagare più affitti esosi. Infine, negli anni Novanta lo Stato incassò circa 200 miliardi di lire in seguito a un vasto programma di privatizzazioni, ma il debito pubblico non è stato piegato.".
Credo quindi che sarebbe meglio, molto meglio, usare i proventi delle dismissioni possibili per tagliare drasticamente le tasse (Irap, cuneo fiscale, etc)! Per esempio per due terzi alle imprese e un terzo ai privati. Il vantaggio sarebbe di stimolare fortemente la crescita (investimenti e posti di lavoro da parte delle imprese e maggiori consumi da parte dei privati) con conseguente aumento del Pil (denominatore del rapporto debito pubblico su Pil). Va anche detto che l'operazione della minore tassazione "andrebbe all'incasso" con circa un anno di ritardo (quando si versano le tasse), durante il quale verificare il reale impatto della crescita del Pil.
Viceversa abbattendo il Pil con le dismissioni, il "guadagno" sarebbe "solo" i minori interessi...ossia il circa 4-5%... :roll: Poca roba per stimolare la crescita... :roll:
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda franz il 07/07/2013, 9:52

Dei 400 miliardi di debito da tagliare, dice il piano messo a punto da Brunetta, 100 deriverebbero dalla vendita di beni pubblici per 15-20 miliardi l'anno (in sostanza il programma Grilli); 40-50 miliardi dalla costituzione e cessione di società per le concessioni demaniali; 25-35 miliardi dalla tassazione ordinaria delle attività finanziarie detenute in Svizzera (5-7 miliardi l'anno); i restanti 215-235 miliardi dall'operazione choc, appunto. Verrebbe individuata una porzione di beni patrimoniali e diritti dello Stato, a livello centrale e periferico, disponibili e non strategici, e venduta a una società di diritto privato di nuova costituzione partecipata principalmente da banche, assicurazioni, fondazioni bancarie ed altri soggetti . La società emetterebbe obbligazioni a 15-20 anni garantite dai beni. Essendo emessi da un soggetto privato, tali titoli non entrerebbero nel computo del debito pubblico. Lo Stato incasserebbe il corrispettivo portandolo direttamente a riduzione del debito pubblico, con conseguente risparmio di interessi. Negli anni di vita del prestito obbligazionario la società procederebbe alla valorizzazione della redditività dei beni. Alla scadenza dei singoli lotti del prestito obbligazionario, ovvero anche prima a scadenze predeterminate, il soggetto che avrebbe proceduto all'acquisto di opzioni (warrant) avrebbe diritto all'acquisto dei beni e diritti costituenti il lotto di riferimento ed il prezzo per tale acquisto sarebbe utilizzato per il rimborso delle obbligazioni. Alla fine dei 5 anni il servizio sul debito si dimezzerebbe, scendendo a 35-40 miliardi l'anno.

Le proposte di Brunetta non sono nuove. Facevano parte del cannoneggiamento della campagna elettorale ed erano state analizzate criticamente un po' ovunque, anche qui. Vengono mischiate cose diverse (per esempio i 25-30 miliardi dalla svizzera, ammesso che si firmi l'accordo e venga ratificato) sono nuove tasse, non tagli. Io sono quasi sicuro che a fronte di questi introiti (tasse e vendite) tornerà a vincere il partito della spesa pubblica, prima dicendo che bisogna pagare le aziende che attendono pagamenti da anni (giusto) e poi visto che l'appetito vien mangiando si faranno vivi tutti i progetti di spesa che vengono spacciati come aiuto alla ripresa. Morale questi importi (che non sono tagli alla spesa) non andranno a diminuzione del debito ma creeranno nuova spesa. In ogni caso 400 miliardi è giudicato eccessivo. Una cifra tra 150 e 250 è piu' prudente.
La soluzione quindi è sia un piano di dismissioni piu' realistico (200 miliardi e non 400) sia un piano di tagli alla spesa pubblica improduttiva (quella che alimenta la casta e la burocrazia). L'asse Bru-Fas invece questa spesa non la vuole tagliare affatto, secondo me.

Un'analisi seria del problema dismissioni e debito pubblico (piu' seria di Brunetta, ma ci vuole poco) la si trova qui: http://www.fermareildeclino.it/ridurre- ... -ecco-come? qui: http://noisefromamerika.org/articolo/al ... ossibile-1 e qui: http://noisefromamerika.org/articolo/al ... ossibile-2
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda ranvit il 07/07/2013, 11:09

Io sono quasi sicuro che a fronte di questi introiti (tasse e vendite) tornerà a vincere il partito della spesa pubblica, prima dicendo che bisogna pagare le aziende che attendono pagamenti da anni (giusto) e poi visto che l'appetito vien mangiando si faranno vivi tutti i progetti di spesa che vengono spacciati come aiuto alla ripresa. Morale questi importi (che non sono tagli alla spesa) non andranno a diminuzione del debito ma creeranno nuova spesa. In ogni caso 400 miliardi è giudicato eccessivo. Una cifra tra 150 e 250 è piu' prudente.

Purtroppo questo rischio in Italia è quasi certezza...
Ma per questo credo sarebbe molto meglio decidere (con una legge ad hoc) che queste somme vadano a immediato taglio delle tasse!!!
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda franz il 07/07/2013, 12:02

ranvit ha scritto:Purtroppo questo rischio in Italia è quasi certezza...
Ma per questo credo sarebbe molto meglio decidere (con una legge ad hoc) che queste somme vadano a immediato taglio delle tasse!!!

È una possibilità che non disdegno ma non è la prima tra le varianti possibili.

Ricapitoliamo.
Ipotesi: (perché di tale si tratta visto che l'orso non è ancora stato preso) entrate straordinarie per 200-400 miliardi in 5 anni.

Domanda: Che farne?

A) ridurre il debito pubblico, e quindi l'onere degli interessi (attualmente oltre 80 miliardi) per esempio dimezzandoli, il che si trasforma in meno spesa pubblica per 35-40 miliardi rendendo possibili meno tasse.
B) Ridurre le tasse (per i tecnici meglio dire le imposte, perché le tasse sono un'altra cosa) per dare fiato alle spese delle famiglie ed agli investimenti ed alle assunzioni delle imprese, confidando che questo comporti, finita la stagione non infinita delle entrate straordinarie, un circolo virtuoso positivo pilotato dalla crescita
C) Trasformare gli introiti straordinari in spese anticicliche o investimenti pubblici

Io preferisco nettamente A) ma non escludo che una parte degli introiti straordinari possa andare verso B). Infine anche C) puo' avere una sua valenza, se per esempio si fanno spese per investimenti in campo formativo/educativo e per la logistica del paese (trasporti, dorsali, Internet, posta, servizi).

Una soluzione win-win puo' essere un mix di impieghi. Per esempio 50% verso A) 30% verso B e 20% verso C) ma solo inventimenti, non spese del personale. Oppure anche 60, 25, 15.

Tutto pero' inutile (A+B+C comunque combinati) se nel frattempo non si migliora la produttività generale del paese intervenendo sulla spesa pubblica, sulla giustizia (che oggi scoraggia l'arrivo di capitali esteri, oltre a rendere ingiustizia agli italiani), sulla pubblica amministrazione (fonte di spechi e di follie burocratiche) sul sistema delle clientele, fonte di elargizioni ad annaffiatoio e spreco di risorse pubbliche e sul sistema bancario, pura mafia al servizio della politica e non di famiglie e imprese.
Ultima modifica di franz il 07/07/2013, 12:26, modificato 1 volta in totale.
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda ranvit il 07/07/2013, 12:17

L'ipotesi piu' credibile è 200 miliardi in 5 anni...40 miliardi all'anno (in media). Se riduci di 40 miliardi il debito pubblico....non se ne accorge nessuno...in interessi sono si e no 2 miliardi all'anno...che ci fai le pippe?
Viceversa 40 miliardi all'anno in meno di tasse...si sentono e come ai fini della crescita....quindi Pil aumenta....debito percentuale sul Pil diminuisce. Tra l'altro, dicevo, se annunci la riduzione delle tasse (due terzi alle imprese e un terzo ai privati), questo costo lo sostieni a circa un anno di distanza....hai quindi tutto il tempo di "vedere" che succede ed eventualmente correggere il tiro!

PS Su tutte le altre cose sono ampiamente d'accordo, ma hanno senso solo se in contemporanea al taglio delle tasse!
In Italia non c'è alcuna convenienza ad investire!!! :evil:
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda trilogy il 07/07/2013, 19:57

utilizzare le dismissioni per ridurre direttamente la tasse non credo si possa fare. Bisogna rispettare l'equilibrio strutturale di bilancio In questo caso avresti un costo ricorrente (meno imposte) a fronte di un ricavo straordinario, (le dismissioni).
Utilizzarne una quota per investimenti credo sia previsto da qualche parte nei vari decreti sviluppo, mi sembra, una quota del 25% di alcuni beni degli enti locali o del demanio, ma non ne sono sicuro.
La pressione fiscale la potresti ridurre per via indiretta, come diceva franz, dato che si riduce il debito complessivo si dovrebbe ridurre il costo del debito, quindi qualche risorsa si libera.
Nel complesso rimango convito che 400 miliardi di roba vendibile non esiste. Ammesso che si vendano tutto, tenendo conto dei costi di vendita, i favori alle varie clientele politico sindacali , le finte vendite mascherate con operazioni di lease-back che sono costati ai contribuenti centinaia di milioni, se arrivano a 70-100 miliardi in dieci anni e oro che cola.
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda ranvit il 08/07/2013, 7:38

utilizzare le dismissioni per ridurre direttamente la tasse non credo si possa fare. Bisogna rispettare l'equilibrio strutturale di bilancio In questo caso avresti un costo ricorrente (meno imposte) a fronte di un ricavo straordinario, (le dismissioni).

Ragionamento ragioneristico... e si sa cosa penso io dei "ragionieri" :D

Il costo ricorrente sarebbe ricompensato da un ricavo ricorrente in termini di aumento del Pil e relativo abbassamento del debito pubblico in percentuale, oltrechè maggiori ricavi da Iva per l'aumento dei consumi grazie ai maggiori posti di lavoro conseguenti, etc!
Se non inneschi una crescita del Pil qualsiasi cosa fai non serve ad una minchia!
E per far ripartire la crescita serve uno shock forte, molto forte, che solo una drastica riduzione delle imposte alle imprese puo' funzionare! Con l'abbassamento delle tasse di uno zerovirgola all'anno anche se per cinque anni non ottieni una mazza!

Come ho già detto, se riduci il debito pubblico di 20/40 miliardi all'anno ne ricavi solo uno o due, si e no, di minori interessi...e che ci fai, le pippe???
In un Paese con tasse sulle imprese al 68% (piu' la valanga di altri lacci e lacciuoli, tipo Giustizia che non funziona, costo dell'energia alto, credito al lumicino, etc etc) non c'è alcuna speranza di far ripartire la crescita!
E' ovvio....anche se non ragioneristico...che è necessaria una cura forte! Con l'aspirina al massimo ti passa momentaneamente la febbre e il mal di testa, ma senza l'antibiotico e anche in dosi massicce non fermi l'infezione!
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda franz il 08/07/2013, 7:52

trilogy ha scritto:utilizzare le dismissioni per ridurre direttamente la tasse non credo si possa fare. Bisogna rispettare l'equilibrio strutturale di bilancio In questo caso avresti un costo ricorrente (meno imposte) a fronte di un ricavo straordinario, (le dismissioni).

A parte il discorso sulla concreta possibilità di vendere 100-200-400 miliardi (che dipende da cosa vendi e come) credo anche io che convertire le entrate straordiarie in meno tasse non sia possibile sul piano tecnico del bilancio (non potrebbe passare) ma anche se fosse possibile (perché insistiamo e ce lo consentono) questa iniezione improvvisa di 40 miliardi di soldi in piu' nelle nostre tasche (ogni anno) potrebbe avere anche risvolti negativi sui prezzi. Una minore disponibilità economica contrae i consumi e comporta una certa diminuzione dei prezzi (come sta avvenendo ora). Viceversa piu' soldi in tasca (a maggior ragione troppi soldi in tasca) possono trasformarsi in una corsa verso l'alto dei prezzi. Ogni venditore infatti appena si accorge che c'è maggiore disponibilità economica, aumenta i prezzi (anche se di poco) per raccoglire una maggior quota di questi soldi extra. Se non lo fa lui lo faranno gli altri e quindi non gli conviene perdere l'occasione. Alla fine non si vendono piu' beni ma gli stessi beni ad un prezzo maggiore. Invece di ripresa abbiamo un aumento del costo della vita.
Per contrastare questo effetto, penso inevitabile, bisogna intervenire sulla produttività totale dei fattori (dove lo stato ci mette lo zampino per un buon 50% con la sua produttività insufficente) in modo che con una migliore produttività si possa arrivare a prezzi piu' bassi e salari piu' alti.

È la TPF bassa che blocca la crescita da 15 anni, secondo me.
Mettere piu' acqua in una vasca da bagno che perde da tutte le parti non induce crescita.
https://it.wikipedia.org/wiki/Total_factor_productivity
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Re: Immobili e dismissioni da 400 miliardi

Messaggioda trilogy il 08/07/2013, 8:11

ranvit ha scritto:utilizzare le dismissioni per ridurre direttamente la tasse non credo si possa fare. Bisogna rispettare l'equilibrio strutturale di bilancio In questo caso avresti un costo ricorrente (meno imposte) a fronte di un ricavo straordinario, (le dismissioni).

Ragionamento ragioneristico... e si sa cosa penso io dei "ragionieri" :D

Il costo ricorrente sarebbe ricompensato da un ricavo ricorrente in termini di aumento del Pil e relativo abbassamento del debito pubblico in percentuale, oltrechè maggiori ricavi da Iva per l'aumento dei consumi grazie ai maggiori posti di lavoro conseguenti, etc! ....


Le regole sulla stabilità di bilancio a medio termine non le ho firmate io ma i governi europei. Comunque non è un ragionamento solo da ragionieri è un problema di macroeconomia.
Se riduci la pressione fiscale aumenta il reddito disponibile e di conseguenza la domanda, ma il mercato dei beni e quello monetario sono collegati, di conseguenza aumentano in parallelo anche i tassi d'interesse. Con un debito superiore al PIL è un effetto da non trascurare.
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