da pierodm il 15/10/2008, 2:16
Sono complessivamente d'accordo con Pagheca.
Non avrei niente in contrario sulla rinuncia alla sovranità nazionale, in favore di un governo diretto europeo.
Non avrei difficoltà a votare candidati d'ogni provenienza: probabilmente si avrebbe più attenzione verso quelli italiani, ma tutto è subordinato a quale tipo di sistema elettorale venisse adottato e alla serietà delle campagne elettorali.
La questione del federalismo, invece, mi è assai meno chiara.
Una decina d'anni fa, quando se ne discuteva anche sull'originaria lista di centro-sinistra, era possibilista, accettando l'eventualità di un'Italia federale.
Ma ero dubbiso, e ritengo di aver comunque sbagliato, in una delle rare volte che mi sono lasciato trascinare da una specie di "moda", o se preferite, da un emergente luogo comune.
Ci sono diverse ragioni per così dire pratiche, ossia politiche e strutturali, per avere seri dubbi sul possibile federalismo italiano, ma voglio invece prendere l'argomento dal capo opposto - un capo per altro che fa il paio, come "provocazione", con questo gioco inventato da Pagheca sulla sovranità nazionale.
Perché mai un governo non può essere un buon governo centralista e nazionale, senza spezzettare lo stato in tanti mini-stati?
In subordine, quali sono le dimensioni di uno stato, perché si senta il bisogno del federalismo?
Gli stati americani sono ciascuno mediamente più grandi dell'Italia, per esempio.
Un certo grado, ben studiato, di decentramento amministrativo è più che sufficiente alla "vicinanza" al territorio sui problemi del territorio. Un vero decentramento, non la replica in sedicesimo della dimensione nazionale.
Per il resto, quella che si pone sul piano politico è - oggi più che mai - una visione e una capacità di governo "globale, come minimo sovranazionale, se non planetaria.
La varietà geo-politica e storica italiana non ha niente di virtuoso, niente di positivo, e la corrispondente tradizione localistica presenta aspetti in gran parte perversi.
Il legame stesso dei parlamentari - nei limiti in cui esiste davvero - con il territorio di elezione non è mai servito ad aiutare quei territori ad evolversi, né è servito al buon governo nazionale: è stata solo un'ipocrita mascherata, e una fonte di clientelismo e di lotta feroce al momento della finanziaria e di altri provvedimenti di spesa per far piovere soldi su iniziative spesso assurde.
Se c'è un paese che avrebbe bisogno di un buon governo centralista nazionale è proprio l'Italia - e bisogno, aggiungo, di una vera unificazione nazionale dei livelli di vita e di costume, sul piano politico, economico e civile.
Tornando al caso proposto, un'ordinamento federale, nel quadro di una devoluzione ad un governo europeo della sovranità, farebbe perdere ogni senso a questa devoluzione: il subentrato governo europeo non governerebbe più "l'Italia", ma governerebbe una serie di mini-staterelli, con poteri forse appena appena più grandi di quelli che ha attualmente l'Europa sull'Italia in questa fase della UE - a parte, ovviamente, che anche limitatamente al gioco sarebbe necessario ipotizzare almeno un abbozzo di quest'ipotetica Europa che si prende in carico uno degli stati attuali.
In ogni caso, questo del federalismo, diventato un luogo comune, mi sembra una specie di mantra, laddove per vederne i benefici bisogna immaginare una serie di scenari virtuosi e una serie di trasformazioni positive di molte realtà, che se venissero applicati ad uno stato centralista nazionale consentirebbero un ottimismo almeno uguale, se non ancora più grande.
Già che ci sono, preannuncio un intervento che mi frulla per la testa da molto tempo: sullo statalismo, in opposizione ad un altro mantra, quello del liberismo.