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Dove sono?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Dove sono?

Messaggioda gabriele il 12/10/2008, 22:19

Senza libertà, senza il concetto di libertà personale e della tutela di una sfera privata che non sia in conflitto con gli interessi degli altri membri della collettività, non è possibile alcun'altra libertà. Non esiste il mercato e non esiste la libertà di espressione. Tutti concetti che né in Russia né in Cina ora sono minimamente applicati, se non per pochissime persone.

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FRIEDRICH VON HAYEK

Chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini.

È essenziale che l'accesso a qualsiasi attività economica sia aperto a tutti alle medesime condizioni, e che la legge non tolleri nessun tentativo da parte di individui o di gruppi di limitare tale accesso con la forza, palese o larvata.

La libertà è essenziale per far posto all'imprevedibile e all'impredicibile; ne abbiamo bisogno perché, come abbiamo imparato, da essa nascono le occasioni per raggiungere molti dei nostri obiettivi.

Noi non agiamo mai, né potremmo mai agire, in base ad una perfetta conoscenza di tutti i fatti che costituiscono una particolare situazione, ma sempre in base all'individuazione di alcuni aspetti rilevanti di questa.

Se "capitalismo" significa qui un sistema competitivo fondato sulla libera disponibilità della proprietà privata, è di grande rilievo comprendere che la democrazia è possibile solo all'interno di un sistema del genere.
Assicurare un reddito minimo a tutti, o a un livello sotto cui nessuno scenda, quando non può provvedere a se stesso, non soltanto è una protezione assolutamente legittima contro rischi comuni a tutti, ma è compito della Grande Società.

Non vi è motivo per cui in una società libera lo stato non debba assicurare a tutti la protezione contro la miseria sotto forma di un reddito minimo garantito, o di un livello sotto il quale nessuno scende.

Il principio fondamentale per cui l'intervento coercitivo dell'autorità statale deve limitarsi a imporre il rispetto delle norme generali di condotta lecita priva il governo stesso del potere di dirigere e controllare le attività economiche degli individui.
Se così non fosse, il conferimento di tali facoltà darebbe al governo un potere sostanzialmente arbitrario e discrezionale, che si risolverebbe in una limitazione di quelle libertà di scelta degli obiettivi individuali che tutti i liberali vogliono garantire.

Non c'è niente nei principi fondamentali del liberalismo che lo configuri come un credo stazionario; non ci sono regole rigide stabilite una volta per tutte. 
Il principio fondamentale, secondo cui nel gestire i nostri affari dobbiamo fare uso il più possibile delle forze spontanee della società e ricorrere il meno possibile alla coercizione, è suscettibile di un'infinita varietà di applicazioni.

Come risultato della dissoluzione dei legami della comunità locale e degli sviluppi di una società aperta e mobile, un numero crescente di persone non è più strettamente legato a gruppi particolari su cui contare in caso di disgrazia. Si tratta del problema di chi, per varie ragioni, non può guadagnarsi da vivere in un'economia di mercato, quali malati, vecchi, handicappati fisici e mentali, vedove e orfani - cioè coloro che soffrono condizioni avverse, le quali posso colpire chiunque e contro cui molti non sono in grado di premunirsi da soli, ma che una società la quale abbia raggiunto un certo livello di benessere può permettersi di aiutare
Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.
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Re: Dove sono?

Messaggioda pierodm il 13/10/2008, 1:52

Sono veramente sconcertato.
Se non fosse che su questi argomenti ci vado ragionando praticamente da sempre, mi verrebbe il dubbio di essere stato distratto e di aver trascurato qualche elemento essenziale.
Sono sconcertato dal fatto che siamo sempre allo stesso punto, e che i decenni passano invano.
In fondo la radice della discussione è - come ripeto - abbastanza semplice e dovrebbe anche essere in gran parte condivisibile senza tante difficoltà, per concentrasri semmai sul seguito: così dovrebbe essere, almeno, in un processo evolutivo delle idee e del confronto tra idee diverse, nell'ambito di una stessa corrente politica di massima.
Il fatto è, temo, che i nostri ragionamenti non avvengono all'interno di una stessa corrente politica di massima, ma tra correnti, tra punti di vista pressoché contrapposti: e poi cerchiamo le ragioni di crisi nelle primarie sì o no, o nei "tradimenti" di D'Alema verso Prodi, e roba del genere ...

Non torno a ribattere il chiodo su argomentazioni che ho già fin troppo ripetuto, in varie forme, ma faccio solo qualche osservazione sparsa.

Menenio Agrippa.
L'apologo puntualmente si ripresenta, per mano di Franz: segno che ci crede e che gli sembra molto significativo.
Ricordo che fin da quando mi venne somministrato per la prima volta, alle elementari, sentii una certa puzza di fregatura: non ero un bambino-prodigio, quindi non capii bene perché, ma mi sembrava una fregatura, in omaggio alla facoltà che mi ha sempre aiutato, quello cioè di arrivare con lo stomaco là dove non arrivavo con la pura speculazione intellettuale.
Senza rivelare ciò che una sopravvenuta, in qualche misura, intelligenza successiva mi ha fatto capire meglio, prendo una scorciatoia e dico che l'apologo è perfettamente comprensìbile laddove viene eletto come memento spirituale da un conservatore di destra - soprattutto nel momento in cui non ha argomenti "di mercato" per convincere un popolo riluttante a tornare al lavoro per il suo personale tornaconto, che cerca di infiocchettare per bene per la parte di "interesse generale".
Viene il dubbio che una ventina di secoli di storia siano passati invano, e che la modernità - con tutto ciò che comporta - sia solo un pettegolezzo: Franz ha almeno il coraggio e la chiarezza di rendere esplicito il suo feticcio ideologico, mentre gli stessi concetti di Agrippa sono ripetuti nella sostanza da illustri e meno illustri seguaci, in forme assai più tortuose e mascherate.

Friedrich Von Hayek.
Personaggio rispettabile, se non altro perché autore di un'opera magna e non di qualche libello propagandistico.
Ma si tratta di un conservatore, anzi di un ideologo del conservatorismo - nonostante abbia scritto qualcosa proprio per difendersi da un eccessivo entusiasmo dei conservatori più accaniti, che l'avevano eletto come proprio talebano - quali Reagan e la Lady di Ferro britannica.
Quindi, come dicevo all'inizio, mi sembra curioso che su un argomento come questo si portino come esergo una serie di dogmi ultra-liberisti, nell'ambito di una corrente di pensiero progressista, o liberal, se non vogliamo chiamarla di sinistra.
Non dico che sia assurdo, o vietato - che sarebbe una dichiarazione troppo scomposta da parte mia - ma dico, con poco fiato, che mi sembra stravagante.
Il problema è che non si tratta di dettagli, ma di idee fondanti, capaci di fare enormi differenze sul piano politico.
Discorso che sarebbe diverso, se invece volessimo studiare l'opera di Von Hayek, o semplicemente leggerla, per trarne idee interessanti, che ci sono, come sempre ci sono in studiosi di evidente intelligenza e di libero pensiero.
Dimenticavo di sottolineare che Von Hayek è un economista: come dicevo nei miei post precedenti, certe visioni hanno una grande probabilità di provenire dagli economisti e dai tecnocrati, i quali per di più sono spesso inclini al dogmatismo più di quanto lo siano i filosofi e i sociologi della politica. Ma questa è una pura opinione e forse una semplice malignità.
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Re: Dove sono?

Messaggioda franz il 13/10/2008, 8:20

pierodm ha scritto:Sono veramente sconcertato.
...
Menenio Agrippa.
L'apologo puntualmente si ripresenta, per mano di Franz: segno che ci crede e che gli sembra molto significativo.
Ricordo che fin da quando mi venne somministrato per la prima volta, alle elementari, sentii una certa puzza di fregatura: non ero un bambino-prodigio, quindi non capii bene perché, ma mi sembrava una fregatura, in omaggio alla facoltà che mi ha sempre aiutato, quello cioè di arrivare con lo stomaco là dove non arrivavo con la pura speculazione intellettuale.
Senza rivelare ciò che una sopravvenuta, in qualche misura, intelligenza successiva mi ha fatto capire meglio, prendo una scorciatoia e dico che l'apologo è perfettamente comprensìbile laddove viene eletto come memento spirituale da un conservatore di destra - soprattutto nel momento in cui non ha argomenti "di mercato" per convincere un popolo riluttante a tornare al lavoro per il suo personale tornaconto, che cerca di infiocchettare per bene per la parte di "interesse generale".

Al di là della pancia, che vede la fregatura, non mi pare che la tua sopravvenuta intelligenza abbia trovato qualcosa di meglio che ribadire la puzza di fregatura (ed oltrettutto non ci illumini e quindi ci lasci nell'oscurità e nella barbarie).

Mi pare che Hegel, non bruscolini come Agrippa, abbia insistito parecchio sul concetto dell'insieme come superiore alle parti (Il vero è l'intero) e sul piano matematico poi tutta l'insiemistica ci insegna che l'insieme è diverso dalla somma delle sue parti. Ora se noi definiamo (con la mente, non con la pancia) la società come "insieme" (e non mi pare di dire una bestialità) e scomponiamo l'insieme in sotto insiemi, in parti (politica, economia, cultura) non dovremmo essere aliano il concetto di parti con ruoli e compiti, finalizzati e subordinati ad un interesse generale. Che poi definire l'interesse generale sia abbastatnza facile ma che sia difficilissimo individuarlo in modo oggettivo e scientifico questa è altra discussione, anche qui già fatta spesso e volentieri ma che ci porterebbe fuori.
Comunque ammetto che contro le convinzioni della pancia sia difficile ragionare per cui non voglio mettere in difficoltà i movimenti gastrici di nessuno e chiudo qui. Mi pare che quello che doveva essere detto, è stato detto.

Ciao,
Franz
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Re: Dove sono?

Messaggioda annalu il 13/10/2008, 11:23

pierodm ha scritto:Sono veramente sconcertato.
Se non fosse che su questi argomenti ci vado ragionando praticamente da sempre, mi verrebbe il dubbio di essere stato distratto e di aver trascurato qualche elemento essenziale.
Sono sconcertato dal fatto che siamo sempre allo stesso punto, e che i decenni passano invano.

franz ha scritto:Comunque ammetto che contro le convinzioni della pancia sia difficile ragionare per cui non voglio mettere in difficoltà i movimenti gastrici di nessuno e chiudo qui. Mi pare che quello che doveva essere detto, è stato detto.

Queste due diverse affermazioni mostrano bene il "carattere" degli interlocutori, e sono uno dei motivi per i quali quando avevo vent'anni ho deciso di non dedicarmi alla politica (ora che sono un'anziana pensionata, è diverso).
Piero si meraviglia di dover ripetere sempre le stesse cose, ma purtroppo in politica è quasi sempre così. La politica ha tempi lunghissimi, le persone in genere hanno convinzioni assolute e inossidabili, e non se ne discostano sino a quando non sopravviene una qualche vera catastrofe. Ed anche a quel punto, trovano il modo di darne una interpretazione coincidente coi propri canoni usuali.
Franz si esprime in modo del tutto differente, ma in pratica non dice nulla di diverso. Semplicemente è più assertivo nell'affermare che, dato che le opinioni altrui non si modificano, tanto vale chiudere il dibattito.
E infatti, data la lentezza con la quale evolvono le opinioni, di tanto in tanto vale la pena di interrompere la discussione, ma per riprenderla appena la situazione al contorno sarà cambiata.
perché anche se i cambiamenti di opinione sono lenti, purtuttavia avvengono, e bisogna saperli cogliere al volo.

Una sola piccola ultima critica a Franz: il fatto che tu sia colto ed informato, e le tue opinioni ben documentate, non basta in politica (e a volte neppure nella scienza). Perché in politica ognuno di noi ha solide basi per i propri ragionamenti, e le basi sono analisi diverse e diverse interpretazioni dei fenomeni sociali.

Le scienze umane non sono mai scienze del tutto esatte, e la politica è la più volatile di tutte, proprio perché cerca di individuare una via per agire per migliorare il futuro, e nulla è più aleatorio della previsione del futuro, come tu stesso hai ricordato. E poi, ognuno ha una propria diversa sensibilità riguardo a cosa sia "il meglio" da raggiungere nel futuro, e spesso queste sensibilità influiscono sui ragionamenti. Wishfull thinking, come diceva Paghreca. In politica è dominante.

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Re: Dove sono?

Messaggioda pierodm il 13/10/2008, 16:00

La visione per cui l'intero funzionale è superiore alla somma delle parti si chiama olistica, e per esemplificarla si usa spesso proprio il corpo umano.
Esiste una visione olistica praticamente per ogni settore di studio, e non ci sono difficoltà per applicarne i principi anche alla politica.
Solo che questo non è utile per valorizzare la scomposizione in parti, ma semmai vale allo scopo opposto, dato che l'interpretazione olistica nasce proprio per superare il riduzionismo, ossia una lettura della realtà limitata alla sommatoria delle sue componenti.

Quanto allo stomaco - o alla pelle - ho imparato ad averne il massimo rispetto, e non solo per convenienza o per affetto corporale.
Ho anche imparato, molto presto, a riconoscere quando certe idee, certe scelte e intuizioni derivavano dallo stomaco, senza spacciarle per "ragionamenti", neanche a me stesso.
Nel nostro caso, potrei dire che non devo spiegare le ragioni che l'intelligenza concettuale ha reso esplicite, poiché mi sembra giusto spendere la mia età infantile nei confronti di un apologo che risale all'età quasi infantile della storia e della politica.
Il povero Agrippa non merita di essere seppellito sotto una valanga di secoli, di filosofi, di avvenimenti: sono bastati Caio e Tiberio Gracco per archiviare le ragioni politiche di Agrippa - e per la verità basterebbe soltanto ricordare come si era arrivati a dover elaborare questo monologo, dopo una serie di comportamenti vergognosi da parte della parte patrizia e del senato, che aveva fatto pesantemente incazzare la plebe in sciopero, e ciò dovrebbe sconsigliare per semplice prudenza l'adozione dell'apologo in una discussione politica.

Tornando all'olistica, sia pure hegeliana, solo un appunto.
L'insieme non nasce dalla somma delle parti, ma sono semmai le parti che nascono - esistono - in conseguenza dell'insieme.
La filosofia politica, la "scienza" economica, etc, sono individuazioni astratte, che servono a sudiare i meccanismi di alcuni fenomeni, ma hanno senso soltanto se non perdono di vista il legame funzionale con l'insieme.
L'evoluzione di varie scienze e teorie, non a caso, va in direzione di una sempre maggiore valorizzazione di questo legame, e di una interdisciplinarietà che ne è l'inevitabile conseguenza.

Una precisazione per Annalu.
Non mi meraviglio di dover ripetere sempre le stesse cose, e nemmeno me ne lamento troppo: capisco bene che i tempi sono lunghi, e anzi penso che non è tanto il tempo in sè a servire da apriscatole, ma sono gli avvenimenti, e tra questi ci metto anche quelli del pensiero che di secolo in secolo qualche deposizione corallifera di idee la comporta: nani sulle spalle di giganti, si diceva una volta.
Quello che mi sconcerta è che, attualmente, sembra che siamo scesi ai piedi del gigante, e che abbiamo ricomnciato a reinventare tutto da capo, e senza nemmeno sfruttare il senno di poi.
Mi aspetto a questo punto che si rispolverino il Sole di Tolomeo e le sfere di Aristotele - non parlo di Franz, che non merita questa illazione, nonostante tutto, ma parlo di una buona parte del chiacchiericcio che circola in questi anni.
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Re: Dove sono?

Messaggioda gabriele il 13/10/2008, 20:35

Io resto sconcertato dal tuo sconcerto.

Lascio da parte le opinioni su Hayek, ma riportare qualche frase di un autorevole liberale non vuol dire per forza abbracciare per forza il suo punto di vista al 100 per cento.

Altra cosa però è bollare le persone con veloci etichette. "un ideologo del conservatorismo"...non riesco proprio a capire dove possa portare un chiusura di questa portata. Altro che discussione su di una stessa corrente politica di massima...

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pierodm ha scritto:Sono veramente sconcertato.
Se non fosse che su questi argomenti ci vado ragionando praticamente da sempre, mi verrebbe il dubbio di essere stato distratto e di aver trascurato qualche elemento essenziale.
Sono sconcertato dal fatto che siamo sempre allo stesso punto, e che i decenni passano invano.
In fondo la radice della discussione è - come ripeto - abbastanza semplice e dovrebbe anche essere in gran parte condivisibile senza tante difficoltà, per concentrasri semmai sul seguito: così dovrebbe essere, almeno, in un processo evolutivo delle idee e del confronto tra idee diverse, nell'ambito di una stessa corrente politica di massima.
Il fatto è, temo, che i nostri ragionamenti non avvengono all'interno di una stessa corrente politica di massima, ma tra correnti, tra punti di vista pressoché contrapposti: e poi cerchiamo le ragioni di crisi nelle primarie sì o no, o nei "tradimenti" di D'Alema verso Prodi, e roba del genere ...

Non torno a ribattere il chiodo su argomentazioni che ho già fin troppo ripetuto, in varie forme, ma faccio solo qualche osservazione sparsa.

Menenio Agrippa.
L'apologo puntualmente si ripresenta, per mano di Franz: segno che ci crede e che gli sembra molto significativo.
Ricordo che fin da quando mi venne somministrato per la prima volta, alle elementari, sentii una certa puzza di fregatura: non ero un bambino-prodigio, quindi non capii bene perché, ma mi sembrava una fregatura, in omaggio alla facoltà che mi ha sempre aiutato, quello cioè di arrivare con lo stomaco là dove non arrivavo con la pura speculazione intellettuale.
Senza rivelare ciò che una sopravvenuta, in qualche misura, intelligenza successiva mi ha fatto capire meglio, prendo una scorciatoia e dico che l'apologo è perfettamente comprensìbile laddove viene eletto come memento spirituale da un conservatore di destra - soprattutto nel momento in cui non ha argomenti "di mercato" per convincere un popolo riluttante a tornare al lavoro per il suo personale tornaconto, che cerca di infiocchettare per bene per la parte di "interesse generale".
Viene il dubbio che una ventina di secoli di storia siano passati invano, e che la modernità - con tutto ciò che comporta - sia solo un pettegolezzo: Franz ha almeno il coraggio e la chiarezza di rendere esplicito il suo feticcio ideologico, mentre gli stessi concetti di Agrippa sono ripetuti nella sostanza da illustri e meno illustri seguaci, in forme assai più tortuose e mascherate.

Friedrich Von Hayek.
Personaggio rispettabile, se non altro perché autore di un'opera magna e non di qualche libello propagandistico.
Ma si tratta di un conservatore, anzi di un ideologo del conservatorismo - nonostante abbia scritto qualcosa proprio per difendersi da un eccessivo entusiasmo dei conservatori più accaniti, che l'avevano eletto come proprio talebano - quali Reagan e la Lady di Ferro britannica.
Quindi, come dicevo all'inizio, mi sembra curioso che su un argomento come questo si portino come esergo una serie di dogmi ultra-liberisti, nell'ambito di una corrente di pensiero progressista, o liberal, se non vogliamo chiamarla di sinistra.
Non dico che sia assurdo, o vietato - che sarebbe una dichiarazione troppo scomposta da parte mia - ma dico, con poco fiato, che mi sembra stravagante.
Il problema è che non si tratta di dettagli, ma di idee fondanti, capaci di fare enormi differenze sul piano politico.
Discorso che sarebbe diverso, se invece volessimo studiare l'opera di Von Hayek, o semplicemente leggerla, per trarne idee interessanti, che ci sono, come sempre ci sono in studiosi di evidente intelligenza e di libero pensiero.
Dimenticavo di sottolineare che Von Hayek è un economista: come dicevo nei miei post precedenti, certe visioni hanno una grande probabilità di provenire dagli economisti e dai tecnocrati, i quali per di più sono spesso inclini al dogmatismo più di quanto lo siano i filosofi e i sociologi della politica. Ma questa è una pura opinione e forse una semplice malignità.
Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge.
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Re: Dove sono?

Messaggioda pierodm il 13/10/2008, 22:23

Gabrie', Von Hayek era al di là di ogni dubbio, opinione o incertezza interpretativa un ideologo conservatore, oltre che del liberismo assoluto in economia, anche se lui eccepiva qualche cosetta sul conservatorismo: fatto è che viene considerato tale urbi et orbi, e soprattutto dai politici che si sono più distinti quali campioni conservatori a tutto tondo, quali i già ricordati Reagan e la signora inglese che ha imitato ante litteram Letizia Moratti.

La mia - nel riportare questa definizione - non vuole essere una chiusura, ma solo un giudizio semplice semplice.
In via teorica non c'è niente di male nel citare chicchessia, ma ogni citazione si presume che abbia uno scopo o un significato.
Quando questi non sono indicati, si presume la ragione più diretta, cioè che chi inserisce una citazione vuole, in qualche misura, far parlare l'autore al proprio posto, se non altro per le idee contenute nella citazione stessa.
Il contenuto della citazione da te fatta era abbastanza riassuntivo della posizione di massima dell'autore, e dunque anche tua, se appunto la citazione stessa nel nostro contesto ha un senso.

In ogni caso, possiamo anche discutere se e quanto posizioni come quelle che Von Hayek rappresenta in modo universalmente riconosciuto come esemplare, queste posizioni siano o no da giudicare "conservatrici" o "integraliste" o dogmatiche, al di là di qualunque attestato precedente.
Del resto, in materia di rivisitazioni, abbiamo avuto anche un Gramsci rivendicato da Fini tra i "padri spirituali" di una non meglio identificata destra - ne ha fatta menzione solo una volta, poi ha lasciato cadere lo scoop, dopo che si è guardato intorno con attenzione.
Quello che rende assai poco innocente o puramente intellettuale quella citazione è il fatto che si sta registrando - adesso un tantinello di meno - fin dagli anni '80 una progressiva revanche dell'integralismo liberista, con il pretesto del liberalismo.
Una revanche che ha giustamente allarmato le parti politiche progressiste americane ed europee, di qualunque gradazione e attitudine ideologica, e non soltanto quelle più vicine al socialismo.
Ciò non significa assolutamente che bisogna fare gli schizzinosi verso un pensiero economico-politico come quello di Von Hayek, e respingerlo senza ascoltarne le ragioni, come se la semplce conoscenza comportasse una contaminazione.
Anzi, è sempre interessante conoscere un pensiero che complessivamente non condividiamo.
Era questa la tua intenzione - rappresentare una posizione, farla conoscere, anche se tu non la condividi?
O si tratta di un suggerimento, per cui il futuro del PD sarebbe da indirizzare verso una replica delle posizioni di Ronald Reagan?
Sembrano interrogativi ironici, ma sono serio: ormai mi aspetto di tutto.
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