Cosi', tanto per gradire...
http://iltirreno.gelocal.it/regione/201 ... -1.7034620«Detassare il lavoro serve a poco» Dibattito sulle ricette anticrisi. Balleggi, ex leader delle piccole imprese: anche con meno soldi da pagare non potrei assumere
CAMPI BISENZIO.
«Per creare nuovi posti di lavoro la detassazione è una condizione necessaria ma non sufficiente. Per un lavoratore di prima fascia io pago allo Stato circa 1500 euro. Anche dimezzando questi contribuiti non potrei assumere».
Chi parla è Andrea Balleggi, 70 anni, ex presidente dell’Api, l’associazione delle piccole imprese della Toscana e titolare dell’Iab, un’azienda di Campi Bisenzio, che fabbrica accessori metallici per borse e calzature, 50 dipendenti e 7 milioni e mezzo di fatturato nel 2012.
L’azienda va bene perché è al traino delle griffe della moda del made in Italy. Non licenzia nessuno. E se qualche dipendente va in pensione, Balleggi lo sostituisce. Tuttavia zero assunzioni nuove.Perché?
«Oggi un imprenditore prima di assumere qualcuno ci pensa tre volte perché è come firmare una cambiale per la vita».
Ma l’Iab va bene?
«Noi abbiamo 50 dipendenti. Se oltrepasso questo limite entro nel novero delle aziende medie con più obblighi e meno agevolazioni. Non conviene».
Neanche con la detassazione del costo del lavoro?
«Attenti ai luoghi comuni. Certo una minore pressione fiscale sul lavoro aiuta le imprese, ma non è risolutiva».
Perché?
«Un lavoratore di prima fascia mi costa 2.700. Ebbene, di questa cifra 1200 euro vanno in tasca al lavoratore mentre il resto è destinato all’Inps e all’Inail per la pensione, gli infortuni, le malattie e una mensilità viene accantonata per la liquidazione».
Più di metà di quanto paga va allo Stato.
«Sì, un’anomalia solo italiana. In Germania e in Francia si paga di meno e i lavoratori hanno in busta paga più soldi. Il che consente maggiori consumi e quindi un più alto tasso di sviluppo economico».
Se le riducono gli oneri lei assumerebbe?
«Anche se gli oneri previdenziali e contributivi venissero dimezzati io non vedo grossi effetti positivi per l’occupazione. Se lo Stato mi fa risparmiare 750 euro a lavoratore non è che possa permettermi di assumerne un altro. Parliamoci chiaro. Se ad un’impresa arriva una grande commessa di lavoro per 5 anni, non è che sta a guardare il costo del lavoro: assume senza problemi. Ma se il mercato va male, un imprenditore difficilmente assume anche in presenza di una diminuzione della pressione fiscale».Allora che fare per creare nuovi posti di lavoro?
«Il vero problema è la recessione. Se non riprende lo sviluppo economico, tutto rischia di tramutarsi in palliativi».
E la ripresa sembra lontana.
«Le previsioni non sono rosee».
Cosa chiede al governo e al parlamento?
«Di evitare la contrapposizione tra il partito dell’Imu e quella della detassazione del lavoro. Per rilanciare lo sviluppo serve una riduzione della fiscalità. Sia quella alle persone che alle aziende. La verità è che in Italia siamo tartassati e i lavoratori percepiscono bassi stipendi rispetto ai colleghi degli altri Paesi. La mancanza di soldi deprime i consumi e se la gente non consuma le aziende smettono di produrre. E’ questa la ruota dello sviluppo. Per farla girare occorre meno tasse alle imprese ma anche ai cittadini».
Intanto i disoccupati aumentano.
«E’ il dramma del nostro Paese e dell’Europa. Che può essere affrontato rilanciando lo sviluppo, ma anche con un nuovo sistema dell’istruzione della formazione».
In che senso?
«Le aziende, come le ho detto, ci pensano tre volte ad assumere un lavoratore, ma fanno a gara a prendere quelli qualificati, che scarseggiano. E’ la bassa manovalanza che sta soffrendo: ci sono tante domande di lavoro e poche offerte. Invece per le professionalità più qualificate scarseggia l’offerta. Una contraddizione che è figlia di un sistema scolastico sbagliato. Che finora ha guardato al proprio ombelico anziché all’evolversi delle imprese».
Se il presidente Letta la dovesse chiamare per chiederle un consiglio su come aumentare l’occupazione cosa le risponderebbe?
«Che un posto di lavoro riflette lo stato di salute di un’economia. E’ tutto il sistema Italia che va cambiato. Dalla scuola alla fiscalità. Pensando di risolvere il problema con un solo aspetto, si va poco lontano».
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09 maggio 2013