Il PPE e il senso della vergogna

Ci si domanda spesso, in particolare dopo le dichiarazioni di Jospeh Daul, perché il PPE accetti ancora tra le sue fila un personaggio discutibile, populista e compromesso come Berlusconi. Un leader politico che accetta di allearsi con forze di stampo razzista e/o di estrema destra pur di sfruttare al massimo la "pancia" più involuta dell'elettorato italiano. E senza dubbio il principale responsabile di una crisi profonda e prolungata che riguarda la società italiana nel suo insieme, sia nella mancata crescita economica, sia nel dilagare di fenomeni di corruzione e di espansione della malavita (la Lombardia è la prima regione per "PIL" legato alla criminalità organizzata), sia nella parcellizzazione e nella precarizzazione delle relazioni sociali con un precariato dilagante e una contrazione dei diritti sociali che comporta un diffuso senso di insicurezza e di instabilità, con la conseguenza di frenare drasticamente consumi ed investimenti. Tutte queste tendenze sono precipitate in una crisi profonda, tanto da portare alcuni economisti a parlare di grande depressione italiana.
In realtà il Partito popolare europeo non sembra più costituire un contraltare al malaffare berlusconiano, ma piuttosto un coacervo di tendenze contraddittorie e torbide, atto anch'esso alla pratica nefanda di imbarcare gli autori di politiche più che discutibili per "fare numero" all'europarlamento.
In Spagna gli esponenti locali dei popolari si rivelano da anni, ad ogni conquista della maggioranza parlamentare nazionale, gravemente compromessi sul piano morale. Aznar riuscì a generare uno scandalo che gli costò la conferma alla guida del paese nel 2004, mentendo solennemente sulle origini dell'attentato a Madrid, con dichiarazioni amplificate dall'ingerenza politica esercitata sulle tv pubbliche ma smentite dai media digitali. Oggi un nuovo scandalo, stavolta legato alla dilagante corruzione negli appalti pubblici tocca i massimi vertici del partito di centrodestra; malcostume talmente radicato nel tempo da non risparmiare neppure il periodo storico del "vecchio" leader José Maria.
Sembra superfluo aggiungere che i partiti italiani riconducibili al PPE negli ultimi anni hanno avuto un record di indagati e condannati, anche per reati inerenti alla mafia (Cuffaro e Dell'Utri su tutti).
Meno noti sono forse i fatti che legano al raggruppamento popolare esponenti politici discussi nei paesi dell'Est. In Ungheria il PPE non ha mai preso le distanze efficacemente dal partito Fidesz che controlla oltre i due terzi dei parlamentari nazionali (pur con un consenso elettorale di poco superiore al 50%), adoperandosi quindi per modificare la costituzione in senso fortemente reazionario e illiberale, stabilendo la centralità della religione cattolica e della famiglia tradizionale, ponendo la tv pubblica, il CSM, la Banca centrale e l'istruzione sotto un forte controllo governativo mentre a livello politico il partito di maggioranza accoglie molti esponenti chiaramente nostalgici della dittatura nazifascista tra le due guerre mondiali.
Nonostante le condanne espresse dalla UE per questa involuzione antidemocratica, il PPE non ha mai preso in considerazione l'idea di allontanare i membri di Fidesz.
E, tanto per gradire, In Romania il premier, guardacaso ancora un popolare, si trova indagato in ben tre processi per corruzione, mentre diversi procedimenti riguardano altri membri del suo partito.
In realtà il Partito popolare europeo non sembra più costituire un contraltare al malaffare berlusconiano, ma piuttosto un coacervo di tendenze contraddittorie e torbide, atto anch'esso alla pratica nefanda di imbarcare gli autori di politiche più che discutibili per "fare numero" all'europarlamento.
In Spagna gli esponenti locali dei popolari si rivelano da anni, ad ogni conquista della maggioranza parlamentare nazionale, gravemente compromessi sul piano morale. Aznar riuscì a generare uno scandalo che gli costò la conferma alla guida del paese nel 2004, mentendo solennemente sulle origini dell'attentato a Madrid, con dichiarazioni amplificate dall'ingerenza politica esercitata sulle tv pubbliche ma smentite dai media digitali. Oggi un nuovo scandalo, stavolta legato alla dilagante corruzione negli appalti pubblici tocca i massimi vertici del partito di centrodestra; malcostume talmente radicato nel tempo da non risparmiare neppure il periodo storico del "vecchio" leader José Maria.
Sembra superfluo aggiungere che i partiti italiani riconducibili al PPE negli ultimi anni hanno avuto un record di indagati e condannati, anche per reati inerenti alla mafia (Cuffaro e Dell'Utri su tutti).
Meno noti sono forse i fatti che legano al raggruppamento popolare esponenti politici discussi nei paesi dell'Est. In Ungheria il PPE non ha mai preso le distanze efficacemente dal partito Fidesz che controlla oltre i due terzi dei parlamentari nazionali (pur con un consenso elettorale di poco superiore al 50%), adoperandosi quindi per modificare la costituzione in senso fortemente reazionario e illiberale, stabilendo la centralità della religione cattolica e della famiglia tradizionale, ponendo la tv pubblica, il CSM, la Banca centrale e l'istruzione sotto un forte controllo governativo mentre a livello politico il partito di maggioranza accoglie molti esponenti chiaramente nostalgici della dittatura nazifascista tra le due guerre mondiali.
Nonostante le condanne espresse dalla UE per questa involuzione antidemocratica, il PPE non ha mai preso in considerazione l'idea di allontanare i membri di Fidesz.
E, tanto per gradire, In Romania il premier, guardacaso ancora un popolare, si trova indagato in ben tre processi per corruzione, mentre diversi procedimenti riguardano altri membri del suo partito.