lodes ha scritto:... Si parla di ridurre la spesa pubblica -perchè questa è una necessità che ci consegna il mutato quadro demografico e perchè nella spesa pubblica c'è un carico di inefficienza e di sprechi non più sopportabile- ed ecco subito le vestali della difesa ad oltranza del ruolo del "pubblico" che alzano gli scudi. Non c'è problema che riguarda come lo stato spende i soldi che veda la sx all'attacco o meglio in difesa dell'esistente. Non c'è, cioè una idea di riforma che tenga conto del mondo che cambia: con il risultato di perdita di credibilità. Questo ceto politico della sx ha perso da tempo la capacità di guardare al futuro e di guidare i processi di cambiamento. E' triste ma è così.
Seguo ed apprezzo le diverse opinioni sull'argomento (come questa di lodes, viewtopic.php?f=4&t=5649&start=50 ) ... i punti di vista di ciascuno non possono non risentire di quel che gli "occhi" vedono, cioè della propria realtà quotidiana. La mente comunque va anche al di là per progettare un futuro sempre meglio soprattutto quando altri popoli godono i benefici di un'elevata organizzazione sociale, mentre non si guardano nello stesso modo quei popoli che presentano certe arretratezze o carenze, tanto meno si è propensi a ricercare "i lacci ed i laccioli" alla base dei loro "ritardi".
In Italia è difficile non notare la differenza fra Milano e Napoli, Bologna e Catania, Verona e Taranto, Alessandria e Caserta, Udine e Reggio Calabria (più marcata se si considerano le rispettive province); non si nota della stessa entità, invece, fra due città del Nord o fra due del Sud.
L'impostazione politica è la stessa, ma questa disparità geografica è percettibile agli occhi di tutti per il tenore di vita, il livello occupazionale, l'assistenza sanitaria, i collegamenti stradali, ferroviari ed aeroportuali; per la rete stradale ed autostradale, i trasporti urbani, gli asili nido, le strutture scolastiche, sportive e ricreative; per la quantità di verde urbano ed il rispetto di ciò che è di uso collettivo; per lo smaltimento dei rifiuti, la raccolta differenziata; per la funzionalità degli acquedotti comunali, dei depuratori; per l'abusivismo edilizio, il clientelismo, il numero delle imprese, il numero di emigrati interni ed all'estero, l'esistenza di sottopotere e di lavoro nero; per lo stato della legalità; per le intimidazioni e le protezioni mafiose ...
Molti provano a nascondere questa disparità, altri a farne discriminazioni, altri ancora a condannarla (per porvi rimedio o per differenziarsi) e a spiegarla in qualche modo, tanti altri (oltre a coloro che la soffrono) la vorrebbero sanare concretamente.
L'origine delle differenze socio-economiche all'interno della penisola italiana, senz'altro, è antecedente alla sua Unità politica; da questo evento, però, non è venuto, per le popolazioni dell'ex Regno delle Due Sicilie, il cambiamento che esse aspettavano, anzi la visione di una giustizia sociale, che le aveva fatto mobilitare fino al sacrificio estremo, è stata in un primo momento combattuta a cannonate e, in seguito, ignorata dai nuovi governanti.
Con molta approssimazione, io ci vedo riflesso il rapporto che lo Stato italiano ha costruito con i suoi cittadini e quello che ha fatto nascere nei loro animi, in modo continuato per 152 anni: ci sono, allora, le comunità in cui prevalgono coloro che si sentono parti integranti dello stesso e altre comunità nelle quali sono maggioranza i cittadini che lo sentono distante o sono succubi della delinquenza organizzata ("lo Stato è il nemico principale"), sicché in condizioni di impunibilità, le "occasioni" offerte dal "pubblico" sono opportunità da cogliere e da sfruttare per il proprio interesse, "a mo' di mucca da mungere".
Le prime naturalmente partecipano e sono esse stesse (tramite i loro rappresentanti) che propongono le novità o le soluzioni in armonia con le esigenze collettive, le seconde anche se reclamano più presenza dello Stato e più giustizia risultano poco propositive e finiscono per accogliere qualsiasi cosa decida una classe "politica" eletta verosimilmente per ragioni clientelari.
Le privatizzazioni delle aziende municipalizzate, allora, non possono avere ovunque in Italia gli stessi risultati: in certe aree garantiscono servizi impeccabili a costi concorrenziali, in altri sono solo fonti di guadagno per le ditte che "si propongono a forza di intimidazioni" nel territorio, le quali, naturalmente, guadagneranno oltre il lecito a danno dei diritti dei lavoratori e dell'efficacia dei servizi appaltati.
La gestione pubblica potrebbe avere gli stessi inconvenienti, ma con più difficoltà (a meno di amministratori collusi con la delinquenza), perché soggetta a più rigorosi controlli dell'Ente e dei privati.
Se lo smaltimento dei rifiuti speciali non si fosse dato ai privati si saprebbero i tempi, le modalità ed i responsabili delle operazioni, nonché il luogo di deposito dei fanghi terminali ... invece, i privati hanno incassato le somme (pagate le tangenti) e i rifiuti speciali, a distanza di tempo, tornano a far sentire la loro presenza nei mari o in qualche area poco abitata!