Intervista a Renzi. Tanto di cappello...

Intervista al sindaco di Firenze. "Con una corrente avrei 160 parlamentari. Saranno 50. "Fini e Casini sono entrati in Parlamento quando la Roma di Falcao ha vinto lo scudetto. Stare con loro è fantascienza". "Vendola ha una grande responsabilità"
di GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA - "Non sapevo che a Monti piacesse la fantascienza. Perché pensare di innovare la politica con Casini e Fini è come circumnavigare Capo Horn con il pedalò. Fantascienza appunto". Matteo Renzi torna sulla scena sposando senza riserve la campagna elettorale di Pier Luigi Bersani. A partire dalla critica al premier uscente per continuare con la scomunica dei suoi seguaci che scelgono la lista civica del centro: "Rispetto il travaglio degli elettori e il Pd dovrà convincerli. Rispetto meno quello di quattro o cinque parlamentari che oggi agitano lo spauracchio di Vendola e Fassina ma non hanno esitato a votare la fiducia ai governi di Turigliatto e Diliberto". Si mette a disposizione del Partito democratico e del suo candidato. È la logica delle primarie, la sfida di un politico moderno: "La credibilità viene prima di tutto. Mantenere la parola data, questa è la strada".
In cosa consiste il suo contributo al centrosinistra per le elezioni?
"Proveremo a mantenere vivo l'entusiasmo e la speranza dei giorni delle primarie. Abbiamo scritto pagine di impegno bellissime. Adesso gioco in una squadra che non alleno io ma che è la mia squadra. Con le primarie il Pd ha scelto il suo leader. Noi possiamo solo affermare un modello di conduzione delle battaglie politiche. Che consiste in tre fasi. La prima era la rottamazione ossia il ricambio del gruppo dirigente".
L'ha vinta.
"No, non l'ho vinta. L'avrei fatta in modo diverso ma è un tema che si è imposto e questo va bene".
La seconda fase?
"Chiedevo un partito capace di presentare una proposta agli italiani anziché rinchiudersi nel labirinto delle correnti. E le primarie sono state il contrario del male assoluto o della prova di un'intelligenza con il nemico come sostenevano certi dirigenti. Il Pd ha guadagnato 10 punti nei sondaggi dimostrando una grande serietà".
La terza?
"Mi sarebbe piaciuto non viverla.... È la fase della dignità, della lealtà e della correttezza nella sconfitta. Viviamo un tempo in cui chi perde ha un'alternativa: o se ne va dall'altra parte magari con liste personali oppure rimane dentro il partito in una logica di guerriglia interna. È un male per tutti. Io scelgo un'altra via che è anche l'unica per riprovare in futuro a lanciare una nuova sfida. Lo vivo come un piccolissimo contributo a una democrazia compiuta".
Come farà sentire il suo peso e la sua novità in questa campagna? È un possibile ministro del governo Bersani?
"No. Non ho fatto tutta questa battaglia per una poltrona. Bersani mi ha chiesto di dare una mano sul tema dell'innovazione, un campo che sente comprensibilmente insidiato da Monti".
Per lei però il premier ha scelto compagnie vecchie altro che innovazione.
"Fini e Casini sono entrati in Parlamento quando la Roma ha vinto lo scudetto con Falcao e Pruzzo. E noi, con le primarie dei parlamentari, abbiamo scelto candidati che non erano nemmeno nati quando Fini ha messo piede in Parlamento per la prima volta".
È deluso da Monti?
"A lui va tutta la nostra riconoscenza. Ma la credibilità è il valore più importante di un politico. È come la reputazione di un brand: ci si mette anni a conquistarla, ci vuole un minuto a perderla".
Monti l'ha persa?
"Spero di no, perché io sono un italiano prima che un democratico. Però non avrei mai detto non mi candido se pensavo di candidarmi. E poi sono un bipolarista convinto. Mettersi nel mezzo è un errore, si sente l'unghia che stride sullo specchio. Adesso dice giù le tasse. Ma non puoi essere quello che alza le tasse per salvare il Paese e promette di ridurle per affrontare la campagna elettorale. Sembra demagogia. Se lo faccia dire da un sindaco che ha tagliato l'addizionale Iprpef e lo ha comunicato dopo averlo fatto".
Vendola è un alleato affidabile?
"Vendola ha una grande responsabilità. Non può far crollare il centrosinistra, l'ha già fatto una volta. Conto sulla sua intelligenza anche se è stato uno dei più duri con me sul piano personale. Ma le polemiche contro Vendola e Fassina lasceranno il tempo che trovano nel momento in cui Bersani sarà capace di attuare un programma riformista europeo, come tutti i grandi leader progressisti del continente. Se sarà così non vedo problemi. I cittadini devono scegliere tra Bersani e Berlusconi, non Vendola".
C'è una congiura contro i renziani nelle liste elettorali?
"Se il criterio è quello della rappresentazione correntizia, siamo sotto rappresentati. Avremmo diritto al 40 per cento degli eletti, cioè a 160 parlamentari. Ma...".
La sua logica è diversa?
"Sì. Chi vince ha la responsabilità delle scelte, le liste non sono nella mia disponibilità. Alla fine avremo una cinquantina di rappresentanti, molti usciti dalle primarie che sono state una giusta intuizione di Bersani. Ma non saranno una corrente. Saranno del Pd. Abbiamo troppo sofferto dello scilipotismo per farlo crescere in casa nostra".
Ci riproverà?
"Prima o poi ci riproveremo. Ci saranno altre stagioni. Non disperderemo lo straordinario patrimonio delle primarie. Abbiamo riattivato la bella politica, è stata una grande conquista. Conservo lettere del dopo sconfitta che mi sembrano bellissime".
E adesso?
"Sono impegnato perché il mio partito vinca e convinca. La sfida è dura. Guai a sottovalutare Berlusconi che è uno straordinario combattente. Ma il Pd sta alzando molto il livello della politica, ha avviato un profondo rinnovamento dei gruppi dirigenti. Se avessimo vinto noi sarebbe stata un'Italia diversa e un Pd diverso. Non mi consolo e non mi accontento. Ma ho la certezza di averci provato. Agli under 40 veniva negato persino lo spazio fisico in politica. Alle primarie invece tanti under 40, anche bersaniani, si sono messi in gioco. Abbiamo almeno dato la scossa a un Paese in cui quelli della mia generazione venivano definiti solo bamboccioni".
8 gennaio 2013 Repubblica
di GOFFREDO DE MARCHIS
ROMA - "Non sapevo che a Monti piacesse la fantascienza. Perché pensare di innovare la politica con Casini e Fini è come circumnavigare Capo Horn con il pedalò. Fantascienza appunto". Matteo Renzi torna sulla scena sposando senza riserve la campagna elettorale di Pier Luigi Bersani. A partire dalla critica al premier uscente per continuare con la scomunica dei suoi seguaci che scelgono la lista civica del centro: "Rispetto il travaglio degli elettori e il Pd dovrà convincerli. Rispetto meno quello di quattro o cinque parlamentari che oggi agitano lo spauracchio di Vendola e Fassina ma non hanno esitato a votare la fiducia ai governi di Turigliatto e Diliberto". Si mette a disposizione del Partito democratico e del suo candidato. È la logica delle primarie, la sfida di un politico moderno: "La credibilità viene prima di tutto. Mantenere la parola data, questa è la strada".
In cosa consiste il suo contributo al centrosinistra per le elezioni?
"Proveremo a mantenere vivo l'entusiasmo e la speranza dei giorni delle primarie. Abbiamo scritto pagine di impegno bellissime. Adesso gioco in una squadra che non alleno io ma che è la mia squadra. Con le primarie il Pd ha scelto il suo leader. Noi possiamo solo affermare un modello di conduzione delle battaglie politiche. Che consiste in tre fasi. La prima era la rottamazione ossia il ricambio del gruppo dirigente".
L'ha vinta.
"No, non l'ho vinta. L'avrei fatta in modo diverso ma è un tema che si è imposto e questo va bene".
La seconda fase?
"Chiedevo un partito capace di presentare una proposta agli italiani anziché rinchiudersi nel labirinto delle correnti. E le primarie sono state il contrario del male assoluto o della prova di un'intelligenza con il nemico come sostenevano certi dirigenti. Il Pd ha guadagnato 10 punti nei sondaggi dimostrando una grande serietà".
La terza?
"Mi sarebbe piaciuto non viverla.... È la fase della dignità, della lealtà e della correttezza nella sconfitta. Viviamo un tempo in cui chi perde ha un'alternativa: o se ne va dall'altra parte magari con liste personali oppure rimane dentro il partito in una logica di guerriglia interna. È un male per tutti. Io scelgo un'altra via che è anche l'unica per riprovare in futuro a lanciare una nuova sfida. Lo vivo come un piccolissimo contributo a una democrazia compiuta".
Come farà sentire il suo peso e la sua novità in questa campagna? È un possibile ministro del governo Bersani?
"No. Non ho fatto tutta questa battaglia per una poltrona. Bersani mi ha chiesto di dare una mano sul tema dell'innovazione, un campo che sente comprensibilmente insidiato da Monti".
Per lei però il premier ha scelto compagnie vecchie altro che innovazione.
"Fini e Casini sono entrati in Parlamento quando la Roma ha vinto lo scudetto con Falcao e Pruzzo. E noi, con le primarie dei parlamentari, abbiamo scelto candidati che non erano nemmeno nati quando Fini ha messo piede in Parlamento per la prima volta".
È deluso da Monti?
"A lui va tutta la nostra riconoscenza. Ma la credibilità è il valore più importante di un politico. È come la reputazione di un brand: ci si mette anni a conquistarla, ci vuole un minuto a perderla".
Monti l'ha persa?
"Spero di no, perché io sono un italiano prima che un democratico. Però non avrei mai detto non mi candido se pensavo di candidarmi. E poi sono un bipolarista convinto. Mettersi nel mezzo è un errore, si sente l'unghia che stride sullo specchio. Adesso dice giù le tasse. Ma non puoi essere quello che alza le tasse per salvare il Paese e promette di ridurle per affrontare la campagna elettorale. Sembra demagogia. Se lo faccia dire da un sindaco che ha tagliato l'addizionale Iprpef e lo ha comunicato dopo averlo fatto".
Vendola è un alleato affidabile?
"Vendola ha una grande responsabilità. Non può far crollare il centrosinistra, l'ha già fatto una volta. Conto sulla sua intelligenza anche se è stato uno dei più duri con me sul piano personale. Ma le polemiche contro Vendola e Fassina lasceranno il tempo che trovano nel momento in cui Bersani sarà capace di attuare un programma riformista europeo, come tutti i grandi leader progressisti del continente. Se sarà così non vedo problemi. I cittadini devono scegliere tra Bersani e Berlusconi, non Vendola".
C'è una congiura contro i renziani nelle liste elettorali?
"Se il criterio è quello della rappresentazione correntizia, siamo sotto rappresentati. Avremmo diritto al 40 per cento degli eletti, cioè a 160 parlamentari. Ma...".
La sua logica è diversa?
"Sì. Chi vince ha la responsabilità delle scelte, le liste non sono nella mia disponibilità. Alla fine avremo una cinquantina di rappresentanti, molti usciti dalle primarie che sono state una giusta intuizione di Bersani. Ma non saranno una corrente. Saranno del Pd. Abbiamo troppo sofferto dello scilipotismo per farlo crescere in casa nostra".
Ci riproverà?
"Prima o poi ci riproveremo. Ci saranno altre stagioni. Non disperderemo lo straordinario patrimonio delle primarie. Abbiamo riattivato la bella politica, è stata una grande conquista. Conservo lettere del dopo sconfitta che mi sembrano bellissime".
E adesso?
"Sono impegnato perché il mio partito vinca e convinca. La sfida è dura. Guai a sottovalutare Berlusconi che è uno straordinario combattente. Ma il Pd sta alzando molto il livello della politica, ha avviato un profondo rinnovamento dei gruppi dirigenti. Se avessimo vinto noi sarebbe stata un'Italia diversa e un Pd diverso. Non mi consolo e non mi accontento. Ma ho la certezza di averci provato. Agli under 40 veniva negato persino lo spazio fisico in politica. Alle primarie invece tanti under 40, anche bersaniani, si sono messi in gioco. Abbiamo almeno dato la scossa a un Paese in cui quelli della mia generazione venivano definiti solo bamboccioni".
8 gennaio 2013 Repubblica