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Vogliamo parlare anche di Sofri?

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Vogliamo parlare anche di Sofri?

Messaggioda annalu il 14/09/2008, 17:29

Lo so, è un argomento doloroso.
Tutte le vicende degli anni di piombo sono dolorosissime.
Dolorosissime per le vittime, ma anche per tutti noi, per chi quegli anni li ha vissuti, e anche per chi li ha solo sentiti raccontare.
Stimo molto Mario Calabresi, il cui libro mi ha coinvolto e commosso, nella sua serena pacatezza.
Non voglio esprimere giudizi sul processo e sulla condanna di Sofri, se ne è parlato anche troppo.

Io non desidero parlarne, ma il primo che dovrebbe saper tacere è proprio lui, Sofri.
E invece scrive, dispiaciuto che Calabresi sia stato presente al convegno delle vittime del terrorismo.
Che vorrebbe significare?
Persino Giordano condanna le sie dichiarazioni:

HA RAGIONE SU LICIA PINELLI: STATO INCAPACE DI RICONOSCERE IL DOLORE DI QUELLA FAMIGLIA»
Giordano: «Un commissario
vale quanto un comunista»

L'ex leader del Prc: Sofri sbaglia, il poliziotto fu una vittima come Guido Rossa e Bachelet

ROMA — «Il mio è un giudizio politico, nulla a che fare con le sentenze della magistratura. So bene che gli imputati del caso Calabresi non sono mai stati condannati per terrorismo... però dico che quell'omicidio fu un atto di terrorismo. E che valenza terroristica ebbero tutti gli omicidi di cui si macchiarono le Brigate rosse in quegli anni, per citarne solo due Vittorio Bachelet e Guido Rossa». Parola di Franco Giordano, ex segretario di Rifondazione Comunista dal 2006 al 2008. La sua critica a Adriano Sofri è chiara così come il totale appoggio a Piero Sansonetti, direttore di «Liberazione», che ha attaccato lo scritto dell'ex leader di Lotta continua apparso su «Il Foglio» l'11 settembre scorso.

Piero Sansonetti attacca Sofri: non si può «distinguere in base alla biografia delle vittime», scrive il direttore di «Liberazione».
«Mi ritrovo fedelmente nelle contestazioni di Piero. Quella distinzione di Adriano, anche se maturata in un lungo ragionamento culturale e politico, è sbagliata. Premetto, a scanso di equivoci, di non aver mai creduto alla colpevolezza di Sofri nella vicenda Calabresi. Mi sono sempre battuto per una soluzione politica e continuerò a farlo: Adriano deve poter lasciare, dopo anni, una condizione dolorosa di detenzione che ormai è stata lunghissima. Detto questo, non posso condividere la separazione che lui sembra voler compiere tra un terrorismo di natura stragista, che fa della violenza il fine per gettare nel panico un nemico indistinto, dagli atti di sangue contro i singoli che in qualche modo potrebbero — secondo lui — portare a un recupero, in via drastica, di torti subiti...».
Anche quello è terrorismo, dunque?
«Lo ripeto. Senza dubbio. Come potrei maturare un giudizio diverso? Sansonetti parla correttamente di giustizialismo. E io non sono un giustizialista. Non lo sono nella versione vendicativa con cui spesso le istituzioni statali decidono di rivalersi verso una persona che ha sbagliato: sono culturalmente contro l'ergastolo e a favore di pene alternative al carcere. Figuriamoci se posso essere giustizialista nel caso di forme violente, e magari nel nome di una "altra giustizia"».
Tornando alla distinzione di Sofri...
«Ecco, ripeto, qui Adriano veramente sbaglia. Prendendo per buono quel distinguo, come ha correttamente argomentato Piero Sansonetti, si potrebbe arrivare a sostenere che l'omicidio di un poliziotto non è un atto di terrorismo. Non sono d'accordo. Io non posso distinguere tra un militante comunista e un commissario di polizia».

Sansonetti arriva anche a un'altra conclusione. Cioè che così si azzererebbero anni di discussione politica.
«Giustissimo. Ammettere una diversa classificazione vorrebbe dire veramente annullare un dibattito maturato a sinistra e che ha permeato ormai persino chi ha praticato la lotta armata negli anni Settanta. Sansonetti paventa possibili disastri culturali e politici, e anche qui concordo con l'analisi. Su un punto, però, sono completamente d'accordo con Adriano. Trovo il passaggio su Licia Pinelli giustissimo. C'è stata incapacità, da parte dello Stato e delle istituzioni pubbliche così come della società civile, di riconoscere alla famiglia Pinelli la stessa intensità del dolore della famiglia Calabresi».

In quanto, appunto, al comportamento negli anni della famiglia Calabresi?
«Ho sempre avuto la massima considerazione per loro. Ho conosciuto Mario, il figlio giornalista, negli anni di lavoro alla Camera e ne ho sempre apprezzato la bravura e la correttezza. In quanto alla vedova e a tutti loro, trovo straordinaria la modalità in cui sono riusciti a vivere il loro dolore: indiscutibile compostezza, sempre la ricerca della giustizia e mai della vendetta. Il tutto con profonda sofferenza e non comune dignità».

Paolo Conti
14 settembre 2008
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Re: Vogliamo parlare anche di Sofri?

Messaggioda lucameni il 14/09/2008, 18:10

Sofri?
Un'intelligenza sprecata, ma ne avevo già accennato in altro post. Ovviamente polemizzando con chi non ricordava o non riteneva importante l'epilogo della sua vicenda giudiziaria.
Purtroppo il personaggio - e non è la prima volta - dà un'immagine tale da mostrare il prototipo dell'intellettuale di sinistra pieno di sè e privo di qualsivoglia umiltà (non è il solo).
Il tutto condito da una buona dose di prosopopea.
Sicuramente il Sofri del 2008 non è più il piccolo e spietato leninista degli anni '70 ma quel vezzo sgradevolissimo è rimasto intatto.
Credo che la motivazione di queste uscite non sia tanto la cattiva coscienza quanto la pretesa intellettuale di infallibilità.
Comunque una gran brutta caduta di stile.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Vogliamo parlare anche di Sofri?

Messaggioda matthelm il 14/09/2008, 21:14

Sì, concordo con voi non dimenticando il particolare che Sofri è sempre stata un'icona della sinistra. Condannato in via definitiva! non dimentichiamolo.
Intervistato in abbondanza in carcere e fuori. pubblicizzato e messo in ogni salsa.
Giordano, finalmente, si accorge che qualcosa non quadra. Meglio tardi che mai.

E' tempo di quaresima. Finalmente.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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