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Un ricordo

MessaggioInviato: 03/11/2012, 12:25
da flaviomob
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Pasolini, una morte annunciata e mai capita

37 anni fa moriva Pierpaolo Pasolini. La ricostruzione del suo omicidio, a oggi ancora irrisolto. L'anno scorso le indagini sono state riaperte.

di Emiliano Ventura

La sera del primo novembre 1975 Pierpaolo Pasolini va a cena con Ninetto Davoli e la moglie al Pomidoro, nel quartiere San Lorenzo a Roma. Il proprietario racconta che quella sera Pasolini non era tranquillo; rivolto a lui, a un certo punto gli dice: «Vattene da questo paese perché i cretini saranno padroni della tua vita». Lasciato San Lorenzo, Pasolini va alla stazione Termini dove trova Pino Pelosi che conosceva da giorni o settimane e ripartono insieme. I due si fermano al Biondo Tevere sull'Ostiense. Sono le undici di sera ma i signori Panzironi, proprietari del ristorante, non fanno fatica ad accogliere il poeta. Usciti dal ristorante, i due prendono la via del Mare per andare all'idroscalo di Ostia. È probabile che abbiano un appuntamento con qualcuno per uno scambio, per riavere le pizze del film Salò; Pasolini ha con sé tre milioni di lire; un'auto li sta già seguendo. Qualcuno con un maglione verde e una scarpa sinistra numero quarantuno entra, o entrano, nell'auto di Pasolini; questi oggetti, che non appartengono né a Pelosi né a Pasolini, verranno ritrovati all'interno dell'Alfa.

Arrivati all'idroscalo, Pelosi e Pasolini vengono fatti scendere dall'auto. Pelosi è sbattuto sulla recinzione, la rete metallica ne conserva ancora l'impronta, e gli viene intimato di non impicciarsi; Pasolini viene aggredito da più persone, tre o quattro adulti con accento meridionale, che lo picchiano al suono ingiurioso di «fetuso! frocio! comunista!». Il poeta si difende e urla. «Mamma, m'ammazzano... aiuto mamma!». Riesce a sottrarsi al pestaggio, si sfila la camicia con cui tenta di asciugarsi il sangue dal viso: lo hanno colpito con un oggetto metallico, forse un cric. A questo punto i cani di qualche residente hanno già cominciato ad abbaiare con forza. Un pescatore, Ennio Salvitti, sente le grida e vede l'aggressione che si sta compiendo poco lontano, molti altri che hanno passato la notte nelle baracche hanno visto e sentito, nessuno parla. Lui sì. Racconta tutto a Furio Colombo ma nessun inquirente lo vuole ascoltare né lo rintraccia. Il massacro continua; dita spezzate, un orecchio quasi staccato, contusioni in tutto il corpo, poi una macchina simile alla sua, un'Alfa 2000, lo investe e lo uccide. Il branco si dilegua e minaccia Peolsi: «Sei stato tu, fatti i cazzi tuoi o sono guai». Il ragazzo scappa con l'auto di Pasolini e viene arrestato da due carabinieri sul lungomare di Ostia.

La mattina del 2 novembre la signora Lollobrigida, proprietaria di una delle baracche dell'Idroscalo, vede il corpo del poeta a terra e lo scambia per immondizia. In poco tempo lì attorno si crea un gruppetto di curiosi; nessuno isola la scena del delitto. È tutto un cancellare tracce. Un poliziotto trova la camicia dello scrittore con un'etichetta della lavanderia con scritto "Pasolini", tra i presenti si crea il gelo. Non è un morto qualunque. La polizia di Stato ha il cadavere del poeta, i carabinieri hanno già il presunto omicida, ma l'atavica competizione tra le due forze dell'ordine non facilita la collaborazione.
Pelosi confessa subito e si prenderà per trent'anni la responsabilità dell'omicidio. Il suo avvocato, quel Rocco Mangia che ha già difeso le belve del Circeo, i tre ragazzi fascisti che violentarono due ragazze uccidendone una, viene presentato alla famiglia Pelosi da un giornalista del Tempo iscritto alla P2 e presta gratuitamente la sua opera. La perizia psichiatrica verrà fatta dal professor Semerari, colui che si occuperà delle perizie "truccate" dei componenti della banda della Magliana: quello stesso Semerari che verrà ucciso dalla malavita.
Il processo Pasolini giudicherà Pelosi colpevole e unico responsabile dell'omicidio del poeta; il movente: reazioni alle avance dell'uomo ricco e "frocio" verso un ragazzino povero. Nel 2011 le indagini verranno riaperte grazie a nuove testimonianze come quella di Silvio Parrello, amico del poeta, e grazie all'impegno di magistrati, avvocati e criminologi che oggi possono avvalersi di nuove tecniche investigative. Nell'attesa che venga fatta luce su uno dei tanti misteri d'Italia.

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Per chi conosce solo il tuo colore, bandiera rossa,
tu devi realmente esistere, perché lui esista:
chi era coperto di croste è coperto di piaghe,
il bracciante diventa mendicante,
il napoletano calabrese, il calabrese africano,
l'analfabeta una bufala o un cane.
Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa,
sta per non conoscerti più, neanche coi sensi:
tu che già vanti tante glorie borghesi e operaie,
ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli.

Pier Paolo Pasolini Alla bandiera rossa