La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

No al femminicidio

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

No al femminicidio

Messaggioda flaviomob il 23/10/2012, 11:11

dal Manifesto:

No More Femmincidio! una firma antiviolenta

Per fermare il femminicidio in Italia la Convenzione nazionale contro la violenza maschile sulle donne – femminicidio (redatta dalle associazioni che lavorano in tutta Italia contro la violenza di genere), lancia un appello che può riassumersi con il grido ”No More femminicidio!” e invita ad aderire e a sottoscrivere la Convenzione nazionale mandando una email a convenzioneantiviolenza@gmail.com La Convenzione “No More!”, presentata una settimana fa a Roma, mette sul piatto l’idea di una sorta di Stati generali su violenza – femminicidio promuovendo una mobilitazione permanente fatta di incontri, eventi e iniziative per informare e sensibilizzare l’opinione pubblica su quello che accade oggi in Italia: iniziative che culmineranno il 25 novembre nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne in cui le associazioni e le realtà della società civile che hanno redatto, condiviso, o aderito ai contenuti e le richieste di questa proposta, potranno coordinarsi in un unica grande iniziativa “No More!” con eventi sparsi su tutto il territorio nazionale. Su questa base la Convenzione fa APPELLO alle realtà nazionali e locali, alle singole persone, a chi vuole che questa mattanza abbia fine, a sottoscrivere questa Convenzione (mandando una email con scritto: “aderisco alla Convenzione No More!”), e a promuovere fino al 25 novembre iniziative nella propria città, nelle proprie regioni, nelle proprie sedi locali, portando ovunque il documento della Convenzione a cui hanno già aderito, tra le altre, Bianca Pomeranzi dell’Onu (Comitato Cedaw) e l’On. Rosa Villecco Calipari.

Nei suoi contenuti, che hanno lo scopo di combattere la violenza e di tutelare le donne (e per questo firmare la Convenzione significa combattere la violenza contro le donne – femminicidio), la Convenzione “No More!” chiede alle istituzioni e al governo di verificare fin da subito l’efficacia del Piano Nazionale contro la violenza varato dal governo nel 2011, e l’immediata revisione del Piano stesso ritenendo fondamentale che

- sia ratificata immediatamente la Convenzione del Consiglio d’Europa (Istanbul 2011) sulla prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne e della violenza domestica, e siano ottemperate le raccomandazioni conclusive rivolte all’Italia dal Comitato CEDAW del 2011 e dalla Relatrice Speciale ONU contro la violenza sulle donne del 2012;
- sia costruito e rafforzato il sistema di servizi pubblici e convenzionati sul territorio a partire dai centri antiviolenza;
- sia garantita la formazione di tutti i soggetti che lavorano, nei vari settori, con le vittime di violenza e i minori in un’ottica di genere;
- sia vietato, in caso di separazione e affido dei minori, nei casi di violenza domestica e assistita o subita dai figli chiediamo, l’affido condiviso e che venga applicato come prassi l’affido esclusivo al genitore non violento; sia vietato l’utilizzo della sindrome di alienazione parentale (PAS) in ambito processuale ed extraprocessuale; e non sia consentito l’utilizzo di tecniche di mediazione familiare in ambito processuale e da assistenti sociali.
- vi siano interventi tempestivi a difesa dell’incolumità delle donne che denunciano violenze in conformità agli obblighi derivanti allo Stato dagli accordi internazionali ed in attuazione dei principi stabiliti dalla Corte Europea dei Diritti Umani in materia di violenza sulle donne;
- sia stabilita una rilevazione dei dati sistematica, integrata e omogenea in materia di violenza sulle donne su tutto il territorio nazionale, da parte dei diversi servizi coinvolti con la loro rielaborazione e la pubblicazione da parte dell’ISTAT;
- vengano rese comunicanti le banche dati delle forze dell’ordine;
- si adottino corsi di formazione su violenza di genere – femminicidio per i giornalisti che già svolgono la professione nelle redazioni e per chi si appresta a svolgerla (scuole di giornalismo e master);
- vengano rivolte campagne di sensibilizzazione nazionali e locali a contrasto della violenza maschile sulle donne rivolte a tutta la popolazione e in particolare agli uomini;
- nella scuole e nelle università, la didattica contenga anche gli argomenti della discriminazione e la violenza di genere, e che in particolare sia fatta attenzione all’adozione di libri di testo che non veicolino pregiudizi di genere nel linguaggio e nei contenuti.
- in particolare chiede al Presidente del consiglio Mario Monti e ai suoi Ministri
di incontrare il coordinamento della Convenzione.

http://blog.ilmanifesto.it/antiviolenza ... iviolenta/


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: No al femminicidio

Messaggioda flaviomob il 23/10/2012, 14:02

Il femminicidio in famiglia che non lede la morale
Perché un uomo che abusa della «sua» donna non rappresenta una vera minaccia per la società.
di Lia Celi
>

Una manifestazione contro il femminicidio.

A quest'ora, la prossima condannata a morte sta probabilmente cucinando il suo ultimo pasto. Probabilmente lo consumerà insieme al boia.
Il femminicidio - la privatizzazione della pena capitale per infrazione dei tabù patriarcali che l’Italia ha tacitamente adottato, nella totale apatia delle istituzioni, e che nel 2012 procede al ritmo di un omicidio ogni due giorni - toglie alle giustiziate anche il piccolo, estremo lusso riservato ai morti che camminano: non dover lavare i piatti dell’ultima cena.
UN OMICIDIO OGNI DUE GIORNI. Se dall'inizio dell'anno anziché 101 madri, lavoratrici o studentesse fossero stati uccisi 101 preti, poliziotti o, Dio non voglia, politici, ci sarebbe la legge marziale (se poi fossero stati 101cagnolini sarebbero scoppiate sommosse di piazza.)
L'opinione pubblica chiede pene esemplari, polizia per le strade e telecamere ovunque se una madre, una lavoratrice o una studentessa (specie se italiana) viene aggredita o uccisa in un parco o in una stazione ferroviaria da balordi sconosciuti (soprattutto se stranieri).
Visto che le donne appartengono sempre a qualcuno - padre, marito o partner - le aggressioni da parte di un estraneo creano più allarme, in quanto ledono la proprietà, oltre che la morale pubblica.
DONNE DI PROPRIETÀ. Ma il discorso cambia se a picchiare e a uccidere una donna sono il padre, il marito o il partner. Finché usa e abusa della donna di sua proprietà, l’uomo non rappresenta una vera minaccia per la società. Il femminicidio non è considerato eversivo rispetto allo Stato o alla morale, anzi: visto che questi hanno ancora una base sostanzialmente patriarcale, in un certo senso li consolida.
Quindi, non si avverte il bisogno di elaborare appositi strumenti di giustizia e di prevenzione per fronteggiare la violenza di genere (o quella omofoba), a differenza di quanto si fece per il terrorismo e per la mafia.
CONDANNATE DAGLI UOMINI. La prossima condannata, quindi, sta apparecchiando la tavola.
Forse ascolta in tivù gli ultimi particolari sulla tragedia delle sorelle Petrucci: i carabinieri di Palermo che, alla richiesta d’aiuto della povera Lucia, perseguitata da un Renzo diventato il peggiore dei don Rodrigo, si erano limitati a suggerirle di cambiare numero di cellulare; la madre dell’assassino che giura «è un bravo ragazzo»; il raptus accuratamente premeditato.
Il femminicidio è presente anche nei Paesi più evoluti e paritari


(© Ansa) Una foto recente di Carmela Petrucci, la giovane uccisa a Palermo a coltellate nell'androne di casa.

A seguire, gli autorevoli pareri di opinioniste e tuttologi su questi uomini che «non sanno gestire la rabbia e la sofferenza alla fine della relazione». E già, poverini, «non sanno gestire», come dicono le educatrici alla scuola materna quando un bimbo dà uno spintone al compagno che gli ha strappato il giocattolo.
BAMBINI NON IMPUTABILI. I bambini dell’asilo non sono imputabili, nemmeno quando hanno 20, 40, 60 anni. Ma lei, la condannata, non ci fa più caso e torna in cucina. Cose sentite fin troppe volte, e sempre dalle stesse persone.
Soprattutto giornaliste e qualche sparuto intellettuale, categorie la cui influenza sull'Italia reale è perfino più debole di quella della povera Lucia sui carabinieri di Palermo.
Eppure, le anime buone insistono: «Il femminicidio è prima di tutto un problema culturale». Ora, affermazioni come «il problema è innanzitutto culturale» o «ci vuole una cultura del…» (completare a piacere con: rispetto, legalità, salute, prevenzione…) sono sinonimi politicamente corretti di «c'è poco da fare».
L'UTOPIA DEI BENPENSANTI. I benpensanti, ahimé soprattutto di sinistra, sognano un mondo in cui nessuna donna verrà più uccisa perché nessun maschio, opportunamente imbevuto di cultura (del rispetto, della legalità, ecc...) sentirà più bisogno di torcere un capello a una donna.
Il che è utopia: il femminicidio, seppure con ben altre cifre rispetto al Pakistan o all’Italia, è presente anche nei Paesi più evoluti e paritari. E non c’entra con l’emancipazione femminile, come vogliono suggerire alcuni (sottintendendo: donne, la vostra libertà spaventa il maschio, poi scegliete voi se è meglio essere una schiava viva che una suffragetta morta).
VIOLENZA A TUTTE LE LATITUDINI. Nell’'800, quando le donne valevano poco più di niente, venivano ammazzate ugualmente come mosche da mariti e amanti, complice il diffuso alcolismo che non aiutava certo gli uomini a «gestire la fine delle relazioni».
La violenza è sempre lì, nel pozzo nero delle più antiche e indicibili pulsioni umane, a tutte le latitudini. E ogni uomo, fin da ragazzo, deve imparare a rinnegarla e a schiacciarla dentro se stesso.
Cultura della legalità significa far capire che lo Stato è a fianco delle donne


Dall'inizio dell'anno sono state uccide 101 donne.

La più elementare cultura della legalità è disincentivare la violenza di genere mostrando che chi la commette viene immancabilmente punito con equità, rapidità e certezza. E che la «passione» è un’aggravante, quando significa negazione della libertà dell’altro.
Cultura della legalità significa far capire che lo Stato, con tutta la sua forza e autorevolezza, è sempre attivamente a fianco delle donne e sempre contro chi fa loro del male, con atti e minacce.
BASTA GIUSTIFICAZIONI. I maschi smettano di considerare i femminicidi come «compagni che sbagliano»: le spiegazioni, le giustificazioni dolciastre, le teorie sulla crisi del maschio occidentale lasciamole agli psicologi del carcere. In terza battuta, occorre che si senta molto più forte e chiara, e a ogni livello, la riprovazione sociale contro chi tratta una donna come «la roba» di Mazzarò, nella famosa novella di Giovanni Verga: distruggendola, quando non può più essere sua.
Ma finché ne parliamo solo noi donne e qualche giornalista maschio d’animo sensibile, ci sono poche speranze che la lotta al femminicidio diventi questione nazionale.
Così, per dire: anziché battibeccare su jet privati e Cayman, i candidati alle primarie del Partito democratico (che si svolgeranno, guarda caso, il 25 novembre, la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne), potrebbero raccontarci che cosa pensano di fare affinché l'Italia perda il record europeo di morte ammazzate.
TASSA DI DISSUASIONE. Ci piacerebbe sapere che cosa ha in mente in merito il presidente del Consiglio Mario Monti: chissà, una tassa sul femminicidio potrebbe essere un valido strumento di dissuasione.
Alla ministre Elsa Fornero, Annamaria Cancellieri e Paola Severino dico: «Alzate un po' la voce, grazie». Una parola di Beppe Grillo sarebbe gradita, visto che la violenza maschile uccide più donne perfino del cancro provocato dagli inceneritori. Di un altro monito di Giorgio Napolitano possiamo anche farne a meno. Possiamo riutilizzarne uno vecchio e nessuno se ne accorgerà. E, comunque, per la prossima donna condannata sarà sempre troppo tardi.
Martedì, 23 Ottobre 2012

http://www.lettera43.it/cronaca/il-femm ... 569287.htm


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51

Re: No al femminicidio

Messaggioda ranvit il 23/10/2012, 15:52

Io non ho parole per spiegare quest' orribile andazzo....mi spiace ma non so che dire...
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
ranvit
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 10669
Iscritto il: 23/05/2008, 15:46

Re: No al femminicidio

Messaggioda flaviomob il 23/10/2012, 20:51

“Non è un pazzo quello che ha ucciso Carmela. E' uno che l'omicidio lo ha premeditato e che si è sentito legittimato a farlo da una società in cui una donna non è libera di lasciare il suo ragazzo, perché nella nostra società la donna è trattata come un oggetto.”
Queste parole sono di una compagna di Carmela.

Siamo scese in piazza per la seconda volta dopo il 21 luglio, (allora in occasione della morte di Maria Anastasi, uccisa dal marito al nono mese di gravidanza), questa volta per Carmela, morta “per errore” a 17 anni, per difendere la sorella dalla furia dell’ex fidanzato.

Abbiamo deciso di esserci, di rompere il silenzio e di disegnare i contorni complessi del fenomeno per individuarlo e definirlo sennò non potremo combatterlo. A luglio siamo scese in piazza con quello striscione per dare un nome alle cose.
“Basta Femminicidi” diceva e dice il nostro striscione. Per chiedere a tutti un’assunzione di responsabilità.

Femminicidio. Parlare di femminicidio in Italia è tabù. Lo scontiamo ogni giorno questo tabù nelle mille resistenze che incontriamo come coordinamento. Tra la gente, tra di voi, tra di noi, nei media, non solo nelle Istituzioni. Il primo passo è questo: dare un nome alle cose. Non è passione, non è follia. E' Femminicidio. Non è omicidio: è Femminicidio. Si ammazza una donna perché si pensa di possederla e perché non si accetta di perderne il possesso.E' sempre lo stesso clichè. Perchè "o mia o di nessuno". Perché non se ne accettano indipendenza e autonomia. Perché si vuol ledere la sua libertà. Ecco cos'è il femminicidio e non esistono altre parole.
Si picchia, si violenta e si uccide. Accade continuamente ed è accaduto due giorni fa e continuerà ad accadere se non facciamo qualcosa. I numeri delle violenze sono agghiaccianti. Come i numeri del femminicidio. Una donna ogni due giorni.

Dopo il dolore è necessario trasformare l’indignazione in azione, per questo è il momento di assumerci delle responsabilità politiche, tutti quanti, per chiedere una presenza reale delle Istituzioni con azioni precise e concrete. Presenza che ad oggi non c’è stata. L'ONU ha accusato le Istituzioni italiane di negligenza per quel che riguarda le morti violente delle donne causate da motivi di genere, definendo il Femminicidio in Italia come CRIMINE DI STATO.
Ci sono provvedimenti e azioni concrete che possono essere messe in campo: le conosciamo, le indichiamo, ma nessuno le mette in campo. E' inutile piangere e indignarsi ogni volta se poi tutto si riassesta nel nulla.

1. Chiediamo che venga introdotto il reato di Femminicidio. Con le specificità che ciò comporta.

Chiediamo che si agisca concretamente sul piano dell’educazione, della prevenzione e della tutela.

2. L’educazione riguarda la sfera culturale collettiva. Il problema della violenza sulle donne è culturale, sociale e investe tutti.

E’ necessario educare gli educatori alla cultura e al rispetto per ogni alterità a partire da quella di genere.Che la trasmissione della conoscenza preveda in ogni momento la trasmissione e l'educazione al rispetto reciproco e al valore della libertà di essere uguali e diversi.
E’ necessario educare i genitori.
E infine è necessario educare i ragazzi.

Dobbiamo cambiare la grammatica dell’esistenza. Dal maschile plurale si passi nei libri come nel quotidiano alla somma delle donne e degli uomini, delle ragazze e dei ragazzi. Fin dalla nascita. Ovunque: nelle scuole, nei luoghi di lavoro, sugli organi di informazione.
Non è difficile, basta volerlo.
Educare la società, come anche informarla. Sui numeri come anche nei comportamenti da correggere.

Chiediamo che si agisca sui mezzi di comunicazione e sulla pubblicità con una legge di rispetto e di tutela della persona e del corpo, che aggiri le accuse di bigottismo e separi con maturità e consapevolezza la libertà di espressione collettiva e individuale dal necessario valore da dare all’immagine della donna e dell’uomo.
Per far sì che le donne e gli uomini tornino ad essere soggetti della vita e non oggetti mercificati in una collettività ridotta a clienti.
Perché dai pezzi di corpo che vediamo tutti i giorni ad ogni ora e ovunque è sottilmente e pericolosamente facile passare ai corpi a pezzi. E perchè i bambini ci guardano.

3. Prevenzione.
Chiediamo che la prevenzione si attui in ogni livello: educando le forze dell’ordine e mettendo in rete tutte le informazioni connesse alla tutela e all’aiuto delle donne in pericolo.
Chiediamo, e questo si può fare subito e a costo zero, una giornata di sensibilizzazione nelle scuole, per comunicare, in ogni ordine e grado degli studi la cultura del rispetto. Per istillare in modo semplice, chiaro ma perentorio la complessità e il valore estremo dell’essere diversi, e la condanna di ogni violenza, sempre e comunque, per qualunque motivo, senza attenuanti (follie, raptus, gelosie, atteggiamenti, modo di essere o di vestire...), senza se o ma.
E che si comunichino le informazioni essenziali in caso di pericolo.
Forse molte donne non sarebbero morte se avessero saputo che con una semplice e gratuita telefonata potevano accedere alle reti antiviolenza che sono presenti in ogni città. Ci sono, agiscono, ma le ragazze e i ragazzi non lo sanno. Come anche molte donne. Basta una locandina perenne nella bacheca di ogni scuola per veicolare informazione e consapevolezza.

4. Tutela.
Chiediamo provvedimenti in merito alla tutela. Oltre alle azioni legali e giuridiche da mettere in atto per tutelare le donne in pericolo chiediamo un supporto finanziario e istituzionale ai centri antiviolenza. Alle forze dell’ordine, agli operatori sociosanitari e ai presidi sociali collettivi, intensificando la formazione degli operatori e la messa in rete delle attività e dei servizi.

E infine chiediamo a voi, a noi, di non abbassare mai l’asticella dell’attenzione, di mutare il nostro linguaggio, di non lasciarne passare mai una, di interrogarci sulle parole, sulle azioni, persino sulle battute, per trasformarci tutti quanti in presidio educativo permanente, perché tutto ciò potrebbe accadere anche a noi e ci riguarda in prima persona come donne, uomini, mamme, papà, sorelle, fratelli, amiche o amici.

Per aggredire da dentro la legittimazione e la rimozione collettiva che oggi c’è nei confronti della violenza sulle donne. E il disinteresse come anche la mancata informazione sono facce della rimozione.



Coordinamento Antiviolenza 21 Luglio
Palermo


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
flaviomob
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 12889
Iscritto il: 19/06/2008, 19:51


Torna a Che fare? Discussioni di oggi per le prospettive di domani

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 38 ospiti