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Il liberismo non è di sinistra

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Il liberismo non è di sinistra

Messaggioda flaviomob il 30/09/2012, 12:35

Perché il liberismo non è di sinistra
Un brano di Zygmunt Bauman. L'ideologia della privatizzazione. Il pensiero unico. I reality show. La pratica dell'esclusione. L'individuo come valore di mercato.
Enzo Puro
domenica 30 settembre 2012 10:12




Con il solito provincialismo italico è in corso una rivalutazione del liberismo da parte di alcuni soggetti di diversa estrazione politica e culturale. Si va dal Matteo Renzi che sostiene il "liberismo" essere di sinistra (scopiazzando le teorie del duo Alesina e Giavazzi), ai sottoscrittori dell'appello "fermare il declino" che tentano di introdurre nella vita economica e politica italiana concetti che sono ormai da tempo sottoposti a critica in tutto il mondo occidentale.

Ne ho parlato spesso qui su Globalist e non mi dilungo molto.
Riporto soltanto un brano di colui a mio avviso ha saputo descrivere al meglio le caratteristiche dell'epoca contemporanea.
Nel brano che segue Zygmunt Bauman traccia una cornice straordinaria del liberismo e ne mette in luce le conseguenze più perverse sulla vita quotidiana degli individui.

Brano tratto dal libro "l'arte della vita" Ed. Laterza.

Contrariamente ad una lunga tradizione, l'ideologia oggi propugnata dall'alto a uso del popolo consiste nella convinzione che pensare ad una "totalità" ed elaborare la visione di una "società buona" siano perdite di tempo, irrilevanti ai fini della felicità individuale e del successo nella vita.

E' una "ideologia della privatizzazione".
L'appello a lavorare di piu' ed a guadagnare di più, rivolto agli individui e ad uso esclusivamente individuale, sta eliminando e rimpiazzando gli appelli rivolti del passato a pensare alla società ed a preoccuparsi della società (comunità, nazione, Chiesa, causa).
Margaret Thatcher fu la prima a dire " la società è qualcosa che non esiste. Esistono solo uomini e donne, ed esistono famiglie".
Si tratta dunque di una nuova ideologia per la nuova società individualizzata in cui, come ha scritto Ulrich Beck, ogni individuo, uomo o donna che sia, è invitato, sospinto,e trascinato a cercare soluzioni individuali a problemi creati socialmente e ad applicare tali soluzioni a livello individuale utilizzando capacità e risorse individuali.

Questa ideologia proclama che è inutile (anzi controproducente) essere solidali, unire le forze e subordinare le azioni individuali ad una "causa comune". Essa si prende gioco del principio della responsabilità collettiva per il benessere dei suoi membri, addossando ad esso la colpa di un debilitante "Stato balia" ed ammonendo a non curarsi degli altri perchè ciò porta ad una odiosa e detestabile dipendenza.

Tale ideologia presenta il mondo come potenziali oggetti di consumo e l'esistenza individuale come perenne ricerca di buone occasioni, indica il suo scopo nella massima soddisfazione del consumatore ed il successo nella vita come accrescimento del valore di mercato dell'individuo.
Accettata diffusamente ed in modo convinto essa respinge le filosofie di vita rivali con un secco "non esiste alternativa" e da quando ha screditato e messo a tacere la concorrenza è davvero, secondo la memorabile espressione di Pierre Burdieu, "la pensèe unique".

Non per nulla i programmi come il Grande fratello sono chiamati reality TV. Questa definizione suggerisce che la vita fuori, la realtà, onda sia identica alla popolarissima saga televisiva.

Nello show nessuno dei partecipanti al gioco è certo di sopravvivere, il permesso di restare in gioco è solo un rinvio temporaneo della sentenza e la fedeltà al gruppo è solo fino a nuovo avviso: durerà cioè fino a che servirà all'interesse individuale.

Che qualcuno venga escluso è fuori discussione. L'unica questione che si pone è "chi" sarà escluso.
Dunque la posta in gioco non è l'abolizione della esclusione (compito che promuoverebbe l'unione delle forze e la solidarietà attiva) ma l'allontanamento da sè del rischio di esclusione per sospingerlo verso gli latri (attività che spinge alla cura di sè e fa della solidarietà qualcosa di irragionevole e persino suicida).
L'esclusione è nella natura delle cose, è un aspetto inseparabile dell'essere al mondo, una sorta di legge di natura e dunque ribellarsi ad essa non ha senso. L'unica questione su cui valga la pena di riflettere è come evitare la prospettiva di essere esclusi al prossimo giro di esclusioni.

Tale ideologia ha il suo fulcro nella questione della identità. Chi sono io? Qual'è il mio posto tra gli altri (tra le persone che conosco, di cui conosco l'esistenza o di cui non ho mai sentito parlare') Quali sono le minacce che rendono insicuro il mio posto? Chi c'è dietro quelle minacce? E per neutralizzare lui e le sue minacce che genere di contro misure devo prendere? Questo è il modo in cui vengono riformulate ad uso della società individualizzata le domande cui le ideologie si riteneva e si ritiene rispondessero con decisione ed autorevolezza.
Siamo in presenza di una ideologia conservatrice in quanto essa innalza a leggi insuperabili dell'universo le esperienze quotidiane del mondo in cui si vive in quel momento ed eleva ad unico punto di vista da cui sia possibile definire lo Stato dell'Universo la prospettiva dell'individuo per decreto.

Chi per ingegno e abilità si sente a suo agio in tale mondo non si rende conto forse del divario che si pare tra le aspettative che l'ideologia della privatizzazione punta a suscitare in tutti gli individui per decreto e le possibilità realistiche di tanti uomini e donne, privi delle risorse ed abilità senza cui è impensabile che gli individui di diritto possano ascendere allo stato di individui di fatto.

Questa ideologia divide l'umanità. Ma divide anche i suoi segnaci, abilitandone alcuni ed esautorando il resto.
In tal modo essa aggrava la conflittualità della società individualizzata/privatizzata.
Disattivando le energie e neutralizzando le forze che potrebbero in potenza indebolirne l fondamenta. Questa ideologia cristallizza tale società e ne oscura le prospettive di riforma.

http://www.globalist.it/Detail_News_Dis ... i-sinistra


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Re: Il liberismo non è di sinistra

Messaggioda lucameni il 30/09/2012, 13:25

Francamente non è che veda poi tutto questo liberismo nei citati, Monti in primis.
Nel senso che viene spesso evocato, salvo non specificare che ci sono vari modi per implementare una politica cosiddetta liberista.
Ma - tanto per fare un esempio - se si usa la leva delle opere pubbliche monstre, peraltro fregandosene degli effetti sull'ambiente, quando poi è lo stato che paga nonostante tutti gli artifici giuridici messi in atto, e quando i grandi imprenditori sono foraggiati dallo stato, quando sono i piccoli imprenditori quelli più colpiti dalle politiche governative, allora dove sta il tanto temuto liberismo?
Non c'è. E' altra cosa. E' una versione tutta italiana di politiche furbe, messe in atto per parare le terga a caste potenti e ben rappresentate nei piani alti della politica, non altro.
Arriviamo al paradosso di finanziamenti statali, come una sorta di keines stravolto, spacciati per liberismo e magari crescita.
Temo che molte definizioni siano buttate là con scarsa consapevolezza, dove certi personaggi, liberisti da operetta, si possono definire tali giusto per l'ottusità dei loro fans.
Mi sembrerebbe giusto contestare o approvare il liberismo quando fossero messe in atto davvero politiche "liberiste".
Per ora vedo solo obrobi giuridici, mezzucci per difendere privilegi dei soliti noti, mezzi occulti (ma non troppo) per finanziare - con le nostre tasche - personaggi indecorosi (si veda cosa hanno fatto i "liberisti" con Alitalia e con la società di Montezemolo), ma di liberismo propriamente detto proprio poco.
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Leve

Messaggioda franz il 30/09/2012, 15:13

Tanto per chiarire, la leva delle "opere pubbliche monstre" non è del liberalismo ma keynesiana.
Al limite si scavano, keynesianamente, immense buche per riempirle il giorno dopo.
Comunismo in salsa moderna.
Se dobbiamo solo vedere le opere pubbliche che servono (per quelle private la desisione è privata) questa è pura scelta pubblica, la quale non è garantita come "giusta" (visto che la democrazia non assicura questo esito) ma solo come "volere della maggioranza", giusto o sbagliato che sia.
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Re: Il liberismo non è di sinistra

Messaggioda lucameni il 30/09/2012, 16:03

Si ma il liberismo viene messo in mezzo anche in quel caso proprio dai "liberisti" che però - decisamente molto coerenti - si aspettano foraggio pubblico a go go.
Nel merito è altro discorso su cui è stato detto molto e che investe anche altri valori e altre scelte scelte, di carattere politico e democratico. Per quanto mi riguarda ambiente, corretta informazione, normativa penale riformata al fine di limitare l'emergere di fattispecie corruttive e di abuso d'ufficio.
Ma sicuramente è roba in salsa keinesiana.
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Re: Il liberismo non è di sinistra

Messaggioda franz il 30/09/2012, 16:22

lucameni ha scritto:Si ma il liberismo viene messo in mezzo anche in quel caso proprio dai "liberisti" che però - decisamente molto coerenti - si aspettano foraggio pubblico a go go.
...
Ma sicuramente è roba in salsa keinesiana.

Si tratta dei liberisti de noialtri, alle vongole, stretti parenti riciclati dei comunisti e socialisti de noialtri, alle cozze.
Come riconoscerli? Chiedono soldi allo Stato. Che siano alle vongole o alle cozze, chiedono soldi.
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