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"In Europa dormono"

MessaggioInviato: 01/09/2012, 17:13
da flaviomob
Una lettura per comunisti brutti e cattivi:

http://www.olivierobeha.it/inevidenza/2 ... %99ecuador

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 01/09/2012, 17:20
da franz
dormono?
qualcuno dice che l'Europa sia morta.
Ocome minimo in agonia.

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 01/09/2012, 17:25
da ranvit
il link indicato porta a Sapete niente di Assange e dell’Ecuador?

Qualcuno puo' smentire quanto scritto???


http://www.olivierobeha.it/inevidenza/2 ... %99ecuador

Sapete niente di Assange e dell’Ecuador?
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Julian Assange

E se di tutto questo si parlasse sui media italiani sarebbe davvero una tragedia imperdonabile? O un nuovo inizio?
(o.b.)

Articolo di Sergio Di Cori Modigliani, tratto da www.beppegrillo.it

“Julian Assange, il 15 giugno 2012 capisce che per lui è finita. Si trova a Londra. Gli agenti inglesi l’arresteranno la settimana dopo, lo porteranno a Stoccolma, dove all’aereoporto non verrà prelevato dalle forze di polizia di Sua Maestà la regina di Svezia, bensì da due ufficiali della Cia, e un diplomatico statunitense, i quali avvalendosi di accordi formali tra le due nazioni farà prevalere il “diritto di opzione militare in caso di conflitto bellico dichiarato” sostenendo che Assange è “intervenuto attivamente” all’interno del conflitto Nato-Iraq mentre la guerra era in corso. Lo porteranno direttamente in Usa, nel Texas, dove verrà sottoposto a processo penale per attività terroristiche, chiedendo per lui l’applicazione della pena di morte sulla base del Patriot Act Law. Si consulta con il suo gruppo, fanno la scelta giusta dopo tre giorni di vorticosi scambi di informazioni in tutto il pianeta: “Vai all’ambasciata dell’Ecuador a piedi, con la metropolitana, stai lì”. Alle 9 del mattino del 19 giugno entra nell’ambasciata dell’Ecuador. Nessuna notizia, non lo sa nessuno. Il suo gruppo apre una trattativa con gli agenti inglesi a Londra, con gli svedesi a Stoccolma e con i diplomatici americani a Rio de Janeiro. Raggiungono un accordo: “Evitiamo rischio di attentati e facciamo passare le Olimpiadi, il 13 agosto se ne può andare in Sudamerica, facciamo tutto in silenzio, basta che non se ne parli”. I suoi accettano, ma allo stesso tempo non si fidano degli anglo-americani. Si danno da fare e mettono a segno due favolosi colpi. Il primo il 3 agosto, il secondo il 4.

Il 3 agosto, con un anticipo rispetto alla scadenza di 16 mesi, la presidente della Repubblica Argentina, Cristina Kirchner, si presenta alla sede di Manhattan del FMI con il suo ministro dell’economia e il ministro degli esteri ecuadoregno Patino, in rappresentanza di “Alba” (acronimo che sta per Alianza Laburista Bolivariana America), l’unione economica tra Ecuador, Colombia e Venezuela. La Kirchner si fa fotografare e riprendere dalle televisioni con un gigantesco cartellone che mostra un assegno di 12 miliardi di euro intestato al FMI con scadenza 31 dicembre 2013, che il governo argentino ha versato poche ore prima.

“Con questa tranche, l’Argentina ha dimostrato di essere solvibile, di essere una nazione responsabile, attendibile e affidabile per chiunque voglia investire i propri soldi. Nel 2003 andammo in default per 112 miliardi di dollari, ma ci rifiutammo di chiedere la cancellazione del debito: scegliemmo la dichiarazione ufficiale di bancarotta e chiedemmo dieci anni di tempo per restituire i soldi a tutti, compresi gli interessi. Per dieci, lunghi anni, abbiamo vissuto nel limbo. Per dieci, lunghi anni, abbiamo protestato, contestato e combattuto contro le decisioni del FMI che voleva imporci misure restrittive di rigore economico sostenendo che fossero l’unica strada. Noi abbiamo seguito una strada opposta: quella del keynesismo basato sul bilancio sociale, sul benessere equo sostenibile e sugli investimenti in infrastrutture, ricerca, innovazione, investendo invece di tagliare. Abbiamo risolto i nostri problemi. Ci siamo ripresi e siamo in grado di saldare l’ultima tranche con 16 mesi di anticipo. Le idee del FMI e della Banca Mondiale sono idee errate, sbagliate. Lo erano allora, lo sono ancor di più oggi. Chi vuole operare, imprendere, creare lavoro e ricchezza, è benvenuto in Argentina: siamo una nazione che ha dimostrato di essere solvibile, quindi pretendiamo rispetto e fedeltà alle norme e alle regole, da parte di tutti, dato che abbiamo dimostrato, noi per primi, di rispettare i dispositivi del diritto internazionale.”.

Subito dopo la Kirchner ha presentato una denuncia formale contro la Gran Bretagna e gli Usa al WTO, coinvolgendo il FMI grazie ai file messi a disposizione da Wikileaks, cioè Assange. L’Argentina ha saldato i debiti, ma adesso vuole i danni. Con gli interessi composti. “Volevano questo, bene, l’hanno ottenuto. Adesso che paghino”. E’ una lotta tra la Kirchner e la Lagarde. Le due Cristine duellano da un anno impietosamente. Grazie ad Assange, dato che il suo gruppo ha tutte le trascrizioni di diverse conversazioni in diverse cancellerie del globo, che coinvolgono gli Usa, la Gran Bretagna, la Francia, l’Italia, la Germania, il Vaticano, dove l’economia la fa da padrone. Osama Bin Laden è stato mandato in soffitta e sostituito da John Maynard Keynes. Lui è diventato il nemico pubblico numero uno delle grandi potenze; in queste lunghe conversazioni si parla di come mettere in ginocchio le economie sudamericane, come portar via le loro risorse energetiche, come impedir loro di riprendersi e crescere, come impedire ai governi di far passare i piani economici keynesiani applicando invece i dettami del FMI il cui unico scopo consiste nel praticare una politica neo-colonialista a vantaggio soprattutto di Spagna, Italia e Germania, con capitali inglesi. Gran parte dei file sono già resi pubblici su internet. Gran parte dei file sono offerti da Assange all’ambasciatore in Gran Bretagna dell’Ecuador, la prima nazione del continente americano, e unica nazione nel mondo occidentale dal 1948, ad aver applicato il concetto di “debito immorale” ovvero “il rifiuto politico e tecnico di saldare alla comunità internazionale i debiti consolidati dello Stato perché ottenuti dai precedenti governi attraverso la corruzione, la violazione dello Stato di Diritto, la violazione di norme costituzionali”.

Il 12 dicembre del 2008, il neo presidente del governo dell’Ecuador Rafael Correa (Pil di 50 miliardi di euro, circa 30 volte meno dell’Italia) dichiara in diretta televisiva in tutto il continente americano (l’Europa non ha mai trasmesso neppure un fotogramma e difficilmente si trova nella rete europea materiale visivo) di “aver deciso di cancellare il debito nazionale considerandolo immondo, perché immorale; hanno alterato la costituzione per opprimere il popolo raccontando il falso. Hanno fatto credere che ciò chè è Legge, cioè legittimo, è giusto. Non è così: da oggi in terra d’Ecuador vale il nuovo principio costituzionale per cui ciò che è giusto per la collettività allora diventa legittimo”. Cifra del debito: 11 miliardi di euro. Il FMI fa cancellare l’Ecuador dal nòvero delle nazioni civili: non avrà mai più aiuti di nessun genere da nessuno “Il paese va isolato” dichiara Dominique Strauss Kahn, allora segretario del FMI. Il Paese è in ginocchio.

Il giorno dopo, Hugo Chavez annuncia che darà il proprio contributo con petrolio e gas gratis all’Ecuador per dieci anni. Quattro ore più tardi, il presidente Lula annuncia in televisione che darà gratis 100 tonnellate al giorno di grano, riso, soya e frutta per nutrire la popolazione, finchè la nazione non si sarà ripresa. La sera, l’Argentina annuncia che darà il 3% della propria produzione di carne bovina di prima scelta gratis all’Ecuador per garantire la quantità di proteine per la popolazione. Il mattino dopo, in Bolivia, Evo Morales annuncia di aver legalizzato la cocaina considerandola produzione nazionale e bene collettivo. Tassa i produttori di foglie di coca e offre all’Ecuador un prestito di 5 miliardi di euro a tasso zero restituibile in dieci anni in 120 rate. Due giorni dopo, l’Ecuador denuncia la United Fruit Company e la Del Monte & Associates per “schiavismo e crimini contro l’umanità”, nazionalizza l’industria agricola delle banane (l’Ecuador è il primo produttore al mondo) e lancia un piano nazionale di investimento di agricoltura biologica ecologica pura. Dieci giorni dopo, i verdi bavaresi, i verdi dello Schleswig Holstein, in Italia la Conad, e in Danimarca la Haagen Daaz, si dichiarano disponibili a firmare subito contratti decennali di acquisto della produzione di banane attraverso regolari tratte finanziarie in euro che possono essere scontate subito alla borsa delle merci di Chicago.

Il 20 dicembre del 2008, facendosi carico della protesta della United Fruit Company, il presidente George Bush dichiara “nulla e criminale la decisione dell’Ecuador” annunciando la richiesta di espulsione del paese dall’Onu: “siamo pronti anche a una opzione militare per salvaguardare gli interessi statunitensi”. Il mattino dopo, il potente studio legale di New York Goldberg & Goldberg presenta una memoria difensiva sostenendo che c’è un precedente legale. Sei ore dopo, gli Usa si arrendono e impongono alla comunità internazionale l’accettazione e la legittimità del concetto di “debito immorale”. La United Fruit company viene provata come “multinazionale che pratica sistematicamente la corruzione politica” e condannata a pagare danni per 6 miliardi di euro. Da notare che il “precedente legale” (tuttora ignoto a gran parte degli europei) è datato 4 gennaio 2003 a firma George Bush. E’ accaduto in Iraq che in quel momento risultava “tecnicamente” possedimento americano in quanto occupato dai marines con governo provvisorio non ancora riconosciuto dall’Onu. Saddam Hussein aveva lasciato debiti per 250 miliardi di euro (di cui 40 miliardi di euro nei confronti dell’Italia grazie alle manovre di Taraq Aziz, vice di Hussein e uomo dell’Opus Dei fedele al Vaticano) che gli Usa cancellano applicando il concetto di “debito immorale” e aprendo la strada a un precedente storico. Gli avvocati newyorchesi dell’Ecuador offrono al governo americano una scelta: o accettano e stanno zitti oppure, se si annulla la decisione dell’Ecuador, allora si annulla anche quella dell’Iraq e il tesoro Usa deve pagare subito i 250 miliardi di euro a tutti compresi gli interessi composti per quattro anni. Obama, non ancora insediato, ma già eletto, impone a Bush di gettare la spugna. La solida parcella degli avvocati newyorchesi viene pagata dal governo brasiliano.

Nasce allora il Sudamerica moderno. E cresce e si diffonde il mito di Rafael Correa, presidente eletto dell’Ecuador. Non un contadino indio come Morales, un sindacalista come Lula, un operaio degli altiforni come Chavez. Tutt’altra pasta. Proveniente da una famiglia dell’alta borghesia caraibica, è un intellettuale cattolico. Laureato in economia e pianificazione economica a Harvard, cattolico credente e molto osservante, si auto-definisce “cristiano-socialista come Gesù Cristo, sempre schierato dalla parte di chi ha bisogno e soffre”. Il suo primo atto ufficiale consiste nel congelare tutti i conti correnti dello Ior nelle banche cattoliche di Quito e dirottarli in un programma di welfare sociale per i ceti più disagiati. Fa arrestare l’intera classe politica del precedente governo che viene sottoposta a regolare processo. Finiscono tutti in carcere, media di dieci anni a testa con il massimo rigore. Beni confiscati, proprietà nazionalizzate e ridistribuite in cooperative agricole ecologiche. Invia una lettera a papa Ratzinger dove si dichiara “sempre umile servo di Sua Illuminata Santità” dove chiede ufficialmente che il Vaticano invii in Ecuador soltanto “religiosi dotati di profonda spiritualità e desiderosi di confortare i bisognosi evitando gli affaristi che finirebbero sotto il rigore della Legge degli uomini”. Tutto ciò lo si può raccontare oggi, grazie alla bella pensata del Foreign Office, andato nel pallone. In tutto il pianeta si parla di Rafael Correa, dell’Ecuador, del debito immorale, del nuovo Sudamerica che ha detto no al colonialismo e alla servitù alle multinazionali europee e statunitensi. In Italia lo faccio io sperando di essere soltanto uno dei tanti. Questo, per spiegare “perché l’Ecuador”.

Per 400 anni, da quando gli europei scoprirono le banane ricche di potassio, gli ecuadoregni hanno vissuto nella povertà, nello sfruttamento, nell’indigenza, mentre per centinaia di anni un gruppo di oligarchi si arricchiva alle loro spalle. Non lo sarà mai più. A meno che non finiscano per vincere Mitt Romney, Draghi, Monti, Cameron e l’oligarchia finanziaria. L’esempio dell’Ecuador è vivo, può essere replicato in ogni nazione africana o asiatica del mondo. Anche in Europa. Per questo JulianAssange ha scelto l’Ecuador. Il colpo decisivo viene dato da una notizia esplosiva resa pubblica (non a caso) il 4 agosto del 2012. “Julian Assange ha firmato il contratto di delega con il magistrato spagnolo Garzòn che ne rappresenta i diritti legali a tutti gli effetti in ogni nazione del globo”. Chi è Garzòn? E’ il nemico pubblico numero uno della criminalità organizzata. E’ il nemico pubblico numero uno dell’Opus Dei. E’ il più feroce nemico di Silvio Berlusconi. E’ in assoluto il nemico più pericoloso per il sistema bancario mondiale. Magistrato spagnolo con 35 anni di attività ed esperienza alle spalle, responsabile della Procura reale di Madrid, ha avuto tra le mani i più importanti processi spagnoli degli ultimi 25 anni. Esperto in “media & finanza” e soprattutto grande esperto in incroci azionari e finanziari, salì alla ribalta internazionale nel 1993 perché presentò all’Interpol una denuncia contro Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri (chiedendone l’arresto) relativa a Telecinco, Pentafilm, Fininvest, Reteitalia e Le cinq da cui veniva fuori che la Pentafilm (Berlusconi e Cecchi Gori soci, cioè PD e PDL insieme) acquistava a 100$ i diritti di un film alla Columbia Pictures che rivendeva a 500$ alla Telecinco che li rivendeva a 1000$ a Rete Italia che poi in ultima istanza vendeva a 2000$ alla Rai, in ben 142 casi tre volte: li ha venduti sia a Rai1 che a Ra2 che a Rai3. Lo stesso film. Cioè la Rai ha pagato i diritti di un film 20 volte il valore di mercato e l’ha acquistato tre volte, così tutti i partiti erano presenti alla pari. Quando si arrivò al nocciolo definitivo della faccenda, Berlusconi era presidente del consiglio, quindi Garzòn venne fermato dalla UE. Ottenne una mezza vittoria. Chiuse la Telecinco e finirono in galera i manager spagnoli. Ma Berlusconi rientrò dalla finestra nel 2003 come Mediaset. Si riaprì la battaglia, Garzòn stava sempre lì. Nel 2006 pensava di avercela fatta, ma il governo italiano di allora (Prodi) aiutò Berlusconi a uscirne. Nel 2004 aprì un incartamento contro papa Woytila e contro il managament dello Ior in Spagna e in Argentina, in relazione al finanziamento e sostegno da parte del Vaticano delle giunte militari di Pinochet e Videla in Sudamerica.

Nel 2010 Garzòn si dimise andando in pensione, ma aprì uno studio di diritto internazionale dedicato esclusivamente a “media & finanza” con sede all’Aja in Olanda. E’ il magistrato che è andato a mettere il naso negli affari più scottanti, in campo mediatico, dell’Europa, degli ultimi venti anni. In quanto legale ufficiale di Assange, il giudice Garzòn ha l’accesso ai 145.000 file ancora in possesso di Assange che non sono stati resi pubblici. Ha già fatto sapere che il suo studio è pronto a denunciare diversi capi di stato occidentali al tribunale dei diritti civili con sede all’Aja. L’accusa sarà “crimini contro l’umanità, crimini contro la dignità della persona”. La battaglia è dunque aperta. E sarà decisiva soprattutto per il futuro della libertà in Rete. In Usa non fanno mistero del fatto che lo vogliono morto. Anche gli inglesi. Ma hanno non pochi guai perché, nel frattempo, nonostante sia abbastanza paranoico (e ne ha ben donde) Assange ha provveduto a tirar su un gruppo planetario che si occupa di contro-informazione (vera non quella italiana). I suoi esponenti sono anonimi. Nessuno sa chi siano. Non hanno un sito identificato. Semplicemente immettono in rete dati, notizie, informazioni, eventi. Poi, chi vuole sapere sa dove cercare e chi vuole capire capisce. Quando la temperatura si alza, va da sé, il tutto viene in superficie. E allora si balla tutti. In Sudamerica, oggi, la chiamano “British dance”. Speriamo soltanto che non abbia seguiti dolorosi o sanguinosi.

Per questo Assange sta dentro l’ambasciata dell’Ecuador. Per questo Garzòn lo difende. Per questo la storia del Sudamerica, va raccontata. Per questo l’Impero Britannico ha perso la testa e lo vuole far fuori. Perché Assange ha accesso a materiale di fonte diretta. E il solo fatto di dirlo, e divulgarlo, scopre le carte a chi governa, e ricorda alla gente che siamo dentro una Guerra Invisibile Mediatica. Non sanno come fare a fermare la diffusione di informazioni su ciò che accade nel mondo. Finora gli è andata bene, rimbecillendo e addormentando l’umanità. Ma nel caso ci si risvegliasse, per il potere sarebbero dolori imbarazzanti. Wikileaks non va letto come gossip. C’è gente che per immettere una informazione da un anonimo internet point a Canberra, Bogotà o Saint Tropez rischia anche la pelle. Questi anonimi meritano il nostro rispetto. E ci ricordano anche che non potremo più dire, domani “ma noi non sapevamo”. Chi vuole sapere, oggi, è ben servito. Basta cercare. Se poi, con questo “Sapere” un internauta non ne fa nulla, è una sua scelta. Tradotto vuol dire: finchè non mandiamo a casa l’immonda classe politica che mal ci rappresenta, le chiacchiere rimarranno a zero. Perché ormai sappiamo tutti come stanno le cose. Altrimenti, non ci si può lamentare o sorprendersi che in Italia nessuno abbia mai parlato prima dell’Ecuador, di Rafael Correa, di ciò che accade in Sudamerica, dello scontro furibondo in atto tra la presidente argentina e brasiliana da una parte e Christine Lagarde e la Merkel dall’altra. Perché stupirsi, quindi, che gli inglesi vogliano invadere un’ambasciata straniera? Non era mai accaduto neppure nei momenti più bollenti della cosiddetta Guerra Fredda. Come dicono in Sudamerica quando si chiede “ma che fanno in Europa, che succede lì?” Ormai si risponde dovunque “In Europa dormono. Non sanno che la vita esiste”.
Postato da Redazione

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 01/09/2012, 18:11
da franz
ranvit ha scritto:il link indicato porta a Sapete niente di Assange e dell’Ecuador?

Qualcuno puo' smentire quanto scritto???

Ma figuriamoci, ... si possono smentire solo notizie certe e circostanziate, quando ci sono.
Non le legitttime opinioni. Quelle sono sacre ed è giusto chiunque le possa e debba esprimere.
Quanto al debito, se è vero che è stato reso il debito verso il FMI, esso è il 10% del debito complessivo verso investitori privati, compresi decine di migliaia di pensionati anche italiani, che stanno ancora aspettando visto che gli è stato solo offerto mi pare meno del 35% del valore originale. Per non parlare di chi in Argentina, con la svalutazione del cinquemila per cento ha perso praticamente tutto.

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 01/09/2012, 21:28
da flaviomob
Un'altra visione sull'Europa:

Banche e politici non eletti impongono la loro legge.
Altrimenti, dicono, sarà la fine del Vecchio Continente.
Che invece, ha ancora molte risorse. La visione di un grande intellettuale. Controcorrente
DI HANS MAGNUS ENZENSBERGER


(A 83 anni compiuti Hans Magnus Enzensberger non ha intenzione di abidicare al suo ruolo di intellettuale. Continua a interrogarsi sul linguaggio del potere, per scoprirne il lato oscuro e poco trasparente, come fa in questo testo che L’Espresso" pubblica in esclusiva per l’Italia.)

Scrittore, poeta, tra i più importanti in Europa e non solo nella sua natia Germania, la storia della cultura tedesca dei dopoguerra coincide, in una certa misura, con la sua biografia (e basti pensare al ruolo che negli anni Sessanta ha svolto la sua rivista “Kursbuc”). Oggi, dalla sua casa di Monaco di Baviera, Enzensberger si pone domande fondamentali sul futuro dell'Europa. L'occasione è evidente: settembre sarà un mese cruciale per l'avvenire dei nostro continente e della moneta unica. È atteso il verdetto della Corte costituzionale tedesca sui meccanismi salva Stato; sono previsti incontri. bilaterali e non solo. tra i capi di Stato e di governo. Saranno chiamati a prendere decisioni importanti il Governatore della Bce, ma anche quelli delle Banche nazionali. Ecco perché Enzensberger, proprio ora ha voluto lanciare la sua provocazione. Da bravo lavoratore della parola è delle parole che si occupa. Chiede che siano più chiare e più aderenti alla realtà, per salvare la democrazia. Si può dissentire da Enzensberger, ma il suo appello merita una riflessione profonda.
Crisi? Ma quale crisi! I caffè, i ristoranti, i bar sono strapieni. Negli aeroporti si accalcano i turisti. Ovunque si sente parlare di fatturati record nelle esportazioni e della disoccupazione che diminuisce. Come se la realtà dell' Unione europea sia davvero quel che ne dice la tv. Con i telespettatori che seguono ormai sbadigliando gli ultimi vertici scalati, settimana dopo settimana, dai politici, e le sempre più confuse diatribe degli esperti di turno. E tutto ciò sembra aver luogo in una retorica "terra di nessuno" piena zeppa di incomprensibili formule linguistiche, che coni cosiddetti inondi della nostra vita quotidiana non hanno proprio più nulla a che fare.
Evidentemente, non sorprende più nessuno Cile, da un bel po' di tempo in qua, i paesi europei non sono più governati da istituzioni legittimamente democratiche. Ma da tutta una serie di sigle che ne hanno preso il posto. Sono sigle copie Efsf, Efsm, lice, Eba o limi che orinai determinano qui in Europa il corso degli eventi. Solo alcuni esperti sono in grado di decrittare tutti questi acronimi. D'altronde, anche chi, come e che cosa si decide all'interno della Commissione europea o nella Eurozona sono solo degli adepti ad intuirlo. Quel che tutte queste istituzioni e decisioni hanno in comune è di non esser previste in nessuna costituzione del mondo. E che nessuno di noi normali elettori può mai esprimere la sua riguardo alle loro decisioni. l' unico vero attore a cui queste istituzioni prestano ancora ascolto sono i cosiddetti "mercati", il cui potere si esprime nelle oscillazioni dei tassi d'interesse e dei corsi delle valute come nei rating di alcune agenzie americane.
Ha qualcosa di fantomatico la quiete con cui gli abitanti del nostro piccolo continente hanno accettato la loro espropriazione politica. Probabilmente ciò dipende dal fatto che si tratta di una vera e propria novità storica. A differenza delle precedenti rivoluzioni, dei colpi di Stato o dei putsch militari, di cui la storia d'Europa è ricca, oggi la nostra realtà procede senza schiamazzi di sorta e priva d'ogni violenza. E proprio qui sta l'originalità della nuova conquista del potere: è avvenuta in Europa senza fiaccolate, senza marce, senza issare barricate, e senza l'uso di un panzer! Oggi, al contrario, tutto si decide, e molto pacificamente, in un qualche segreto retrobottega.
Non dovrà pertanto sorprendere più di tanto se poi le norme ratificate dai Trattati non vengano minimamente rispettate. Regole sottoscritte come il "Principio di sussidiarietà" nei Trattati di Roma o la clausola del "no bailout" nei Trattati di Maastricht vengono infrante a piacere. Pacta sunt servanda: questo principio risuona oggi come una frase vuota, che un qualche cavilloso giurista dell'antichità deve essersi inventato.
Del tutto apertamente si proclama ad esempio, per quanto concerne i Trattati Esm (il meccanismo europeo di stabilità), la destituzione dello stato di diritto. Solo le decisioni dei membri interni di questo "Comitato di salvezza" sono, dal punto di vista formale, immediatamente vigenti, e in ogni caso non dipendono dalla ratifica di nessun parlamento nazionale. Non per niente, come ai tempi dei vecchi regimi coloniali, questi burocrati si chiamano Governatori e, allo stesso titolo dei Direttori delle banche centrali, non sono affatto obbligati a giustificare davanti alla pubblica opinione le loro decisioni. Al contrario, loro sono espressamente vincolati al segreto. Ciò che ricorda molto il principio dell'omertà, ossia quel codice d'onore a cui la mafia ubbidisce. I nostri "Padrini" europei sono quindi oggi politici sottratti ad ogni controllo giuridico e ad ogni istanza legale. Anzi, godono ormai di un privilegio che non spetta neanche a un boss della camorra: e cioè, l’assoluta immunità giuridica. (Così almeno è scritto negli articoli 32 bis 35 del TrattatoEstin ).
L'espropriazione politica dei cittadini europei ha in tal modo oggi raggiunto il suo apice. Il processo di espropriazione è invero iniziato molto prima, al più tardi con l'introduzione dell'euro. Questa valuta comune è il risultato di un mercimonio politico che, con la massima scioltezza, si è sbarazzato di tutti i criteri e presupposti economici. Sono state completamente ignorate tutte le diversità strutturali delle varie economie nazionali, le loro divergenti competitività così come i loro straripanti debiti sovrani. Il piano di omogeneizzare in tal modo l'Europa non ha poi prestato la benché minima attenzione alle differenze storiche tra le culture e le distinte mentalità del Vecchio continente.
Per consentire l'accesso nella Eurozona si sono dovuti inoltre, e sin dall'inizio, allentare a piacere come fossero di plastilina quei criteri economici. E li si è allargati così tanto da permetterne l'accesso anche a paesi come la Grecia e il Portogallo. Paesi ai quali mancavano le prerogative elementari per sussistere nel consorzio monetario europeo.
Del tutto incapaci di ammettere o di correggere gli errori di nascita di questa costruzione monetaria, il regime dei "Salvatori" d'Europa insiste ora per proseguirne a tutti i costi il corso imboccato. La frase che loro ripetono - per cui a tal corso "non ci sono alternative" - nega il potenziale esplosivo derivante dalle differenze sempre più marcate tra le nazioni. Le conseguenze però di queste divergenze ce le abbiamo, e da anni, sotto gli occhi: più che l'integrazione aumentano in Europa le divisioni, i risentimenti, le animosità e le accuse reciproche al posto d'una più profonda comprensione tra i paesi europei.
"Se fallisce l'euro, fallisce l'Europa!".. È con questo slogan assai spiritoso che si prova a convincere un continente con mezzo miliardo d'abitanti a seguire l'avventura di una classe politica completamente isolata. Come se i duemila anni di storia precedente fossero un nonnulla al confronto d'una valuta or ora coniata. Proprio la cosiddetta "crisi dell'euro" dimostra che in realtà non c'è in gioco solo una espropriazione politica dei cittadini, ma che questa conduce logicamente al suo pendant :.e cioè, all'espropriazione economica. E precisamente nel momento in cui vengono a galla i costi economici di tutta l'impresa che si capisce davvero che cosa essa significhi. La gente a Madrid, ad Atene o a Roma scende in massa a protestare per le strade, solo quando non le resta più nessun'altra scelta. E a simili proteste si arriverà senz'altro anche in altri paesi.
E, del tutto indifferente ora con quali e quante metafore la politica tenti di ingioiellare le sue nuove costruzioni: uguale se li si battezzino "Ombrelli" o Bazooka, Eurobond, o Unioni fiscali, bancarie o dei debiti... Non appena emergono le nude cifre dell'impresa, ecco che i popoli si scuotono al volo dalla loro siesta politica. Perché lo intuiscono che, prima o poi, ognuno di loro dovrà pagare per quello che oggi i loro "Salvatori" stanno combinando.
Il numero delle possibili vie d'uscita risulta, in questa situazione, piuttosto limitato. Il modo più semplice per liquidare i debiti, così come i nostri risparmi, resta sempre l'inflazione. Ma si possono sempre prendere in considerazione anche degli aumenti alle imposte, i tagli pensioni e "cut" dei debiti, come in parte già son stati praticati o messi in conto a seconda dei progranuni dei vari partiti. Ci sarebbe poi ancora un ultimo, estremo rimedio da considerare: la riforma monetaria. E un metodo ben comprovato per punire il piccolo risparmiatore, risparmiando invece le banche, e depennare di colpo gli obblighi nei bilanci statali.
Un'unica, semplice via d'uscita da questa trappola in ogni caso non c'è. Le varie, possibili opzioni sinora ventilate sono state tutte, e con successo, bloccate. Il discorso, ad esempio, di un’Europa a più velocità" è risuonato invano. Clausole che prevedano una fuoriuscita dall'euro non sono mai state inserite nei Trattati. Ma è in particolare il "Principio di sussidiarietà" che questa politica europea non rispetta: forse perché è un'idea sin troppo evidente per esser presa sul serio. Quel principio afferma né più né meno che in ogni comune come in ogni provincia, in ogni Stato nazionale come nelle istituzioni europee, è sempre e solo l'istanza più vicina al volere dei cittadini quella davvero vincolante. E che competenze e poteri debbano essere via via trasferite ad istituzioni superiori solo in ultima istanza, qualora cioè non sia possibile altrimenti. Ebbene, come la storia dell'Unione europea purtroppo dimostra, questo Principio è sempre rimasto lettera morta. Altrimenti l'addio alla democrazia non sarebbe avvenuto così facilmente a Bruxelles. Né l'espropriazione politica ed economica dei cittadini europei sarebbe avanzata sino ai livelli attuali.
Quel che ci attende è quindi un fosco futuro? È sicuro che viviamo bei tempi per gli amanti delle catastrofi, per coloro che prevedono
non solo il crollo del sistema bancario ma, con la bancarotta degli Stati più indebitati, l'imminente fine del mondo. Come per la mag
gior parte dei profeti dell'Apocalisse anche queste profezie appaiono leggermente avventate. I 500 milioni di europei non saranno
certo tentati di lasciarsi andare senza opporre la minima resistenza. E seguendo anzi sino alla fine i mantra preferiti dei loro Salvatori: «Non c'è alternativa!», Se falliamo noi, fallisce l'Europa!». Questo continente ha già visto, vissuto e superato conflitti ben più grandi e molto più sanguinosi dell'attuale crisi. Certo, senza costi, gravi conflitti e dolorosi tagli non vi sarà via d'uscita dal vicolo chiuso in cui i nostri Ideologi della Interdizione democratica ci hanno ficcati. Nella situazione in cui ora ci troviamo, il panico è sicuramente il peggiore dei consiglieri. E chi già adesso intona all'Europa un inno funebre non ne conosce tutte le sue potenzialità. E questa l'ora di ricordarsi del motto di Antonio Gramsci che invocava "il pessimismo dell'intelligenza e l'ottimismo della volontà".

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 02/09/2012, 9:55
da ranvit
Opinioni? Mi pare ci siano riportati un bel po' di fatti!

Per quanto riguarda i risparmiatori italiani....chi li ha consigliati a comprare? Speravano di speculare sulla pelle degli argentini? Gli è andata male e ben gli sta! Anch'io, nel mio piccolissimo, ho perso un bel po' di soldi investendo in azioni della germanica Deutsche Telecom 13 anni fa: qualche giorno fa ho venduto ricavandone il 30%....


Anche l'articolo riportato da flaviomob poco sopra ripropone il problema della mancanza di democrazia in Europa a causa della "dittatura" dei tecnocrati europei che, come e forse piu' del FMI nel caso dell'Argentina, ci chiede solo ed esclusivamente rigore....ma chi cavolo li elegge questi "dittatori"?
Certo che è necessario il rigore! Ma di solo rigore si muore!

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 02/09/2012, 11:09
da franz
Chi ha consigliato? Le nostre beneamate banche. Comunque è chiaro che chi investe deve essere consapevole dei rischi e quindi è giusto dire "fatti loro". Se i risparmiatori erano stati informati bene sul rischio. Sulla differenza tra fatti ed opinioni credo che in passato abbiamo già discusso a lungo. I fatti in se' sono fatti e basta. Quello che ci fa discutere tra noi sono le opinioni attorno a questi fatti. Il fatto che i fatti siano fatti, scusa il bisticcio diparole, non li pone in un limbo di insindacabilità ma appunto ci fa discutere sull'interpretazione da dare ad essi. Un rigore è un rigore (calcistico) ed è quindi un fatto. Ma conta piu' la discussione se il fallo fosse in area o simulato, se l'arbitro abbia visto bene o fosse coperto, se è stato pagato per dare quel rigore o per non darlo. Alcune di queste sigle (FMI e Banca Mondiale) sono organismi nati con gli accordi di Bretton Wood e furono voluti proprio da Keynes. Dietro ad ogni fatto c'è un perché, c'è una o piu' cause, ci sono uno o piu' effetti. E qui si discute.
Per esempio tutta questa flilippica sull'argentina ed altri stati che ripudiano il debito nasconde (e nemmeno troppo bene) il tentativo subdolo di cercare di far capire che in fondo anche noi potremmo seguire quella strada. In fondo chi se ne frega se qualcuno ci perde i soldi prestati all'Italia? Magari anche noi tra 10 anni risorgiamo e riusciamo tirar fuori la testa dal guano in cui ci cacceremo per 10 o 15 anni. Parlando di fatti ci si potrebbe limitare a quello che spiega che il nostro debito oggi è 20 volte quello argentino di allora e che i danni (per noi e per gli altri che cadrebbero insieme a noi) sarebbero altrettanto piu' rilevanti, sul piano oggettivo, matematico ed umano. Poi da qui possono partire le opinioni.

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 02/09/2012, 15:11
da pianogrande
Anche tantissimi italiani "hanno prestato soldi all'Italia".
Chi sostiene che il debito non vada pagato non dovrebbe essere troppo popolare neanche in Italia.
A meno che non vogliamo resuscitare la "invidia sociale" che ha da sempre sputtanato la famiglia dei comunisti.

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 02/09/2012, 16:41
da franz
pianogrande ha scritto:Anche tantissimi italiani "hanno prestato soldi all'Italia".
Chi sostiene che il debito non vada pagato non dovrebbe essere troppo popolare neanche in Italia.

Certo. Circa la metà dei quasi 2000 miliardi di euro di debito che abbiamo saggiamente accumulato viene dalla tasche degli italiani e l'altra metà da investitori esteri, istituzionali e anche privati. La botta per l'europa per un simile ammanco sarebbe insostenibile e non sarebbe crisi nera solo per l'Italia e gli italiani (e per chi come spagna o portogallo dovesse essere trascinato nel vortice) ma per tutta l'europa e gli USA (con i BRICS al seguito). Qualcuno si illude che con una nostra lira svalutata le nostre esportazioni dopo un po' farebbero faville ma io lo dubito. Con la crisi nera in tutta europa ed USA le loro importazioni crollerebbero, salvo quelle essenziali (energia ed alimentari) e quindi le nostre importazioni, pur a buon mercato, sarebbero in calo come volume economico. Invece dovremmo importare petrolio e gas ed ogni materia prima che non abbiamo ad un prezzo salatissimo, indcendo una fortissima inflazione (soprattutto se alimentata da stimoli di tipo monetario per tentar edi drogare l'economia). naturalmente se avessimo bisogno di soldi, nessuno ce li presterebbe. Fatti oppure opinioni? Basta provare. :o :(

Re: "In Europa dormono"

MessaggioInviato: 02/09/2012, 16:43
da flaviomob
Gli organismi creati da Bretton Woods, FMI e BM, non seguirono il progetto di Keynes, ma quello di White.

http://it.wikipedia.org/wiki/Conferenza ... tton_Woods

Per quanto concerne la non solvibilità del debito italiano, il problema non è focalizzato su questo per il nostro paese, ma sulla liquidità insufficiente per le imprese e per i prestiti ai cittadini (es. mutui) e sulla mancata crescita che ne consegue per cui ad un costante aumento del debito non corrisponde un aumento del PIL.