"Così l'Italia taglierà 200 punti di spread"

Ce la faranno Fmi e Bce o quei testoni di tedeschi si metteranno ancora di traverso....fino a sfasciare l'euro?
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ef=HRER2-1
DOSSIER
"Così l'Italia taglierà 200 punti di spread"
lo scudo di Draghi benedetto dall'Fmi
Il Fondo monetario stima gli effetti degli interventi dell'Eurotower. I tassi zero della Germania sono anomali, gonfiano la liquidità e rischiano di creare inflazione. Il dilemma: come evitare che la polizza d'assicurazione europea rallenti le riforme dei governi di MAURIZIO RICCI
IN UN MONDO migliore o, almeno, in un mondo in cui lo spread non fosse gonfiato dal rischio che l'Italia esca dall'euro e ripaghi i suoi creditori in lire, la differenza di rendimenti fra i titoli pubblici italiani e quelli tedeschi sarebbe 200 punti base più piccola e farebbe molta meno paura. Alle quotazioni di ieri, infatti, il famigerato spread sarebbe quasi la metà: non 445 punti, ma 245.
Non è una favola con cui si trastullano a Palazzo Chigi. E' la conclusione a cui giunge il Fondo monetario internazionale (uno dei componenti, con Ue e Bce, della Troika che gestisce i salvataggi di Grecia, Irlanda e Portogallo) che, nell'ultimo aggiornamento al Fiscal Monitor, il mese scorso, ha provato a calcolare la quota di spread fra Btp decennali ed equivalenti Bund tedeschi che, nella media fra gennaio e giugno, non può essere spiegata dai consueti dati fondamentali del bilancio pubblico e dell'economia.
Neanche al Fmi si sono fumati qualcosa di sospetto. Grosso modo ad uno spread giustificato intorno ai 200 punti (comunque, quasi il doppio di quello che si registrava 18 mesi fa) sono arrivati anche gli analisti di due grandi banche d'investimento, come Goldman Sachs e Nomura. Dobbiamo allora aspettarci che sia questo l'obiettivo su cui punterebbe la Bce, se e quando dovesse intervenire, accanto al Fondo salva-Stati, per puntellare il debito di Italia e Spagna? A Francoforte, il dibattito è, tuttora, apertissimo, anche sulla misura degli interventi: limitati alle punte estreme di speculazione, come vorrebbe non solo la Bundesbank, o, in linea di principio, illimitati per assicurarne l'impatto, come ha promesso Draghi?
Braccio di ferro all'Eurotower. E' il più importante, ma non l'unico punto ancora sul tavolo. Ecco i principali. E', anzitutto, probabile, sulla scorta dei calcoli del Fmi, che uno spread di 200 punti sia l'orizzonte verso il quale si muoverebbe Draghi, ma è improbabile che lo dica. Annunciare ufficialmente l'obiettivo avrebbe senso: garantire, di fatto, un determinato prezzo ai titoli, ad esempio, italiani richiamerebbe quei real money investors (fondi pensioni, fondi d'investimento, assicurazioni) che sono, tradizionalmente, i protagonisti dei mercati del debito pubblico e che ne sono scappati, lasciando campo libero agli speculatori. Ma viene ritenuto politicamente rischioso: significherebbe fornire ai governi interessati una sorta di polizza di assicurazione contro i mercati, che potrebbe rallentarne la volontà di riforme.
La questione si incrocia con un problema cruciale, delicatissimo e, ancora, insoluto che, per brevità, nei circoli europei viene definito "il dilemma Berlusconi": come ritirare, senza creare troppi sconquassi, l'intervento Bce, nel caso il governo beneficiato faccia marcia indietro sugli impegni di riforme? C'è anche questo rovello nella scelta - questa già annunciata - di concentrare le manovre di mercato della Bce ai titoli a scadenza più breve, forse anche meno che biennali. Infatti, operativamente, sono i più semplici da abbandonare, dato che le scadenze sono più serrate. Ma c'è una motivazione anche ideologica, per tappare la bocca alla Bundesbank: l'influenza della banca centrale sui tassi, attraverso i titoli a breve e brevissima scadenza, è uno strumento tradizionale di politica monetaria, che nulla ha a che vedere - come accusa, invece, la Buba - con un sostegno ai bilanci degli Stati.
L'indirizzo ai mercati. Il fatto che non ci sia un effetto-annuncio ("Vogliamo lo spread a 200") non significa, peraltro, che la Bce rinunci ad indirizzare, nel senso voluto, anche le aspettative dei mercati. A Francoforte hanno fatto sapere che i prossimi, eventuali, interventi, al contrario di quanto è avvenuto con i rastrellamenti di titoli di un anno fa, saranno, a cose fatte, specificati: quali titoli sono stati comprati (o venduti) e quanti.
Se la Bce ha comprato un miliardo di euro di Bot a sei mesi (facendone salire il prezzo e, dunque, scendere il rendimento) i mercati non faranno fatica a capire che Draghi vuole che il rendimento di quel titolo scenda. Ma, sui terminali delle sale operative dell'Eurotower, ci si porrà, titolo per titolo, un obiettivo di rendimento o di spread? Puntare sui rendimenti significa influenzare direttamente i tassi d'interesse destinati a famiglie e imprese, che è uno degli obiettivi di Draghi. Ma odora più forte di finanziamento diretto agli Stati, da evitare assolutamente.
Più facile, dunque, che il parametro non detto per governare gli interventi siano gli spread. Questo darà più margini di manovra agli operatori della Bce, che potranno comprare titoli italiani (per far scendere i rendimenti) e vendere quelli tedeschi (per farli salire).
Spread anomali. Lo spread, inoltre, è la manifestazione più diretta della disgregazione dell'unione monetaria, dove, ormai, un imprenditore italiano paga - sulla scia dello spread - un prestito in banca tre, quattro volte di più di un imprenditore tedesco. C'è di più: tassi d'interesse vicini al 6 per cento, come quelli italiani, sono allarmanti, ma anche i tassi zero tedeschi sono malsani. Sono il segnale di un afflusso fuori misura di fondi verso la Germania che, gonfiando la liquidità, rischia di alimentare quell'inflazione che la Buba, opponendosi agli interventi anti-spread, vorrebbe evitare.
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(31 agosto 2012)
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ef=HRER2-1
DOSSIER
"Così l'Italia taglierà 200 punti di spread"
lo scudo di Draghi benedetto dall'Fmi
Il Fondo monetario stima gli effetti degli interventi dell'Eurotower. I tassi zero della Germania sono anomali, gonfiano la liquidità e rischiano di creare inflazione. Il dilemma: come evitare che la polizza d'assicurazione europea rallenti le riforme dei governi di MAURIZIO RICCI
IN UN MONDO migliore o, almeno, in un mondo in cui lo spread non fosse gonfiato dal rischio che l'Italia esca dall'euro e ripaghi i suoi creditori in lire, la differenza di rendimenti fra i titoli pubblici italiani e quelli tedeschi sarebbe 200 punti base più piccola e farebbe molta meno paura. Alle quotazioni di ieri, infatti, il famigerato spread sarebbe quasi la metà: non 445 punti, ma 245.
Non è una favola con cui si trastullano a Palazzo Chigi. E' la conclusione a cui giunge il Fondo monetario internazionale (uno dei componenti, con Ue e Bce, della Troika che gestisce i salvataggi di Grecia, Irlanda e Portogallo) che, nell'ultimo aggiornamento al Fiscal Monitor, il mese scorso, ha provato a calcolare la quota di spread fra Btp decennali ed equivalenti Bund tedeschi che, nella media fra gennaio e giugno, non può essere spiegata dai consueti dati fondamentali del bilancio pubblico e dell'economia.
Neanche al Fmi si sono fumati qualcosa di sospetto. Grosso modo ad uno spread giustificato intorno ai 200 punti (comunque, quasi il doppio di quello che si registrava 18 mesi fa) sono arrivati anche gli analisti di due grandi banche d'investimento, come Goldman Sachs e Nomura. Dobbiamo allora aspettarci che sia questo l'obiettivo su cui punterebbe la Bce, se e quando dovesse intervenire, accanto al Fondo salva-Stati, per puntellare il debito di Italia e Spagna? A Francoforte, il dibattito è, tuttora, apertissimo, anche sulla misura degli interventi: limitati alle punte estreme di speculazione, come vorrebbe non solo la Bundesbank, o, in linea di principio, illimitati per assicurarne l'impatto, come ha promesso Draghi?
Braccio di ferro all'Eurotower. E' il più importante, ma non l'unico punto ancora sul tavolo. Ecco i principali. E', anzitutto, probabile, sulla scorta dei calcoli del Fmi, che uno spread di 200 punti sia l'orizzonte verso il quale si muoverebbe Draghi, ma è improbabile che lo dica. Annunciare ufficialmente l'obiettivo avrebbe senso: garantire, di fatto, un determinato prezzo ai titoli, ad esempio, italiani richiamerebbe quei real money investors (fondi pensioni, fondi d'investimento, assicurazioni) che sono, tradizionalmente, i protagonisti dei mercati del debito pubblico e che ne sono scappati, lasciando campo libero agli speculatori. Ma viene ritenuto politicamente rischioso: significherebbe fornire ai governi interessati una sorta di polizza di assicurazione contro i mercati, che potrebbe rallentarne la volontà di riforme.
La questione si incrocia con un problema cruciale, delicatissimo e, ancora, insoluto che, per brevità, nei circoli europei viene definito "il dilemma Berlusconi": come ritirare, senza creare troppi sconquassi, l'intervento Bce, nel caso il governo beneficiato faccia marcia indietro sugli impegni di riforme? C'è anche questo rovello nella scelta - questa già annunciata - di concentrare le manovre di mercato della Bce ai titoli a scadenza più breve, forse anche meno che biennali. Infatti, operativamente, sono i più semplici da abbandonare, dato che le scadenze sono più serrate. Ma c'è una motivazione anche ideologica, per tappare la bocca alla Bundesbank: l'influenza della banca centrale sui tassi, attraverso i titoli a breve e brevissima scadenza, è uno strumento tradizionale di politica monetaria, che nulla ha a che vedere - come accusa, invece, la Buba - con un sostegno ai bilanci degli Stati.
L'indirizzo ai mercati. Il fatto che non ci sia un effetto-annuncio ("Vogliamo lo spread a 200") non significa, peraltro, che la Bce rinunci ad indirizzare, nel senso voluto, anche le aspettative dei mercati. A Francoforte hanno fatto sapere che i prossimi, eventuali, interventi, al contrario di quanto è avvenuto con i rastrellamenti di titoli di un anno fa, saranno, a cose fatte, specificati: quali titoli sono stati comprati (o venduti) e quanti.
Se la Bce ha comprato un miliardo di euro di Bot a sei mesi (facendone salire il prezzo e, dunque, scendere il rendimento) i mercati non faranno fatica a capire che Draghi vuole che il rendimento di quel titolo scenda. Ma, sui terminali delle sale operative dell'Eurotower, ci si porrà, titolo per titolo, un obiettivo di rendimento o di spread? Puntare sui rendimenti significa influenzare direttamente i tassi d'interesse destinati a famiglie e imprese, che è uno degli obiettivi di Draghi. Ma odora più forte di finanziamento diretto agli Stati, da evitare assolutamente.
Più facile, dunque, che il parametro non detto per governare gli interventi siano gli spread. Questo darà più margini di manovra agli operatori della Bce, che potranno comprare titoli italiani (per far scendere i rendimenti) e vendere quelli tedeschi (per farli salire).
Spread anomali. Lo spread, inoltre, è la manifestazione più diretta della disgregazione dell'unione monetaria, dove, ormai, un imprenditore italiano paga - sulla scia dello spread - un prestito in banca tre, quattro volte di più di un imprenditore tedesco. C'è di più: tassi d'interesse vicini al 6 per cento, come quelli italiani, sono allarmanti, ma anche i tassi zero tedeschi sono malsani. Sono il segnale di un afflusso fuori misura di fondi verso la Germania che, gonfiando la liquidità, rischia di alimentare quell'inflazione che la Buba, opponendosi agli interventi anti-spread, vorrebbe evitare.
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(31 agosto 2012)