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Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda ranvit il 16/07/2012, 11:49

Che dire??' Io lo sto dicendo da un bel po'...ma Franz non è d'accordo :cry:


http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ef=HRER1-1

L'ANALISI
Così i Piigs pagano la crescita tedesca
di CARLO CLERICETTI


"SE SI HA una moneta comune questo significa, naturalmente, che oltre ai vantaggi ci sono degli obblighi e che le decisioni politiche di ogni singolo membro hanno effetto sugli altri paesi". Così ha detto Angela Merkel in un'intervista alla tv Zdf: incautamente, perché proprio questo concetto può essere ritorto contro l'attuale politica tedesca.

Accade infatti che, da quando la crisi finanziaria ha cominciato a colpire in particolare l'Eurozona, una serie di meccanismi abbiano generato un paradosso: sono i paesi sotto attacco, sprezzantemente detti Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Spagna e Grecia), che stanno 'aiutando' la Germania in misura forse maggiore del contributo in marchi che la Germania ha sborsato per i vari aiuti degli organismi europei.

Per capire come questo sia possibile bisogna ricordare che i tassi sui Bund a 10 anni (i titoli di Stato tedeschi, quelli sulla base dei quali si misura il famigerato spread) offrono rendimenti ai minimi di sempre, attualmente all'1,4%; il che, considerata un'inflazione che viaggia vicino al 3%, significa un rendimento negativo, ossia che gli investitori di fatto pagano per avere quei titoli invece di ricavarne un rendimento. Nell'ultima asta dei titoli a breve, tre e sei mesi, i rendimenti sono andati addirittura sottozero, un evento di cui è difficile trovare l'uguale.

Perché accade questo? Una parte della spiegazione è la "sindrome da cassetta di sicurezza": la Germania ha un'economia solida, un surplus record nella bilancia commerciale che gioca al sorpasso con quelli altrettanto elevati di Cina e Giappone. Dunque i soldi messi nei suoi titoli sono al sicuro, e in una situazione come questa di disordine mondiale molti sono disposti a pagare per la sicurezza.

Ma c'è anche un'altra parte della spiegazione, che non ha a che fare con la sicurezza ma con la speculazione. Comprare titoli tedeschi è anche una scommessa contro l'euro. Se la moneta unica dovesse saltare, il deutsche mark di ritorno farebbe un balzo rispetto al valore attuale dell'euro: di quanto è difficile dirlo (e ovviamente le variazioni sarebbero diverse rispetto alle diverse monete), ma pensare a un 10% almeno contro dollaro, yen e sterlina non sembra affatto una valutazione azzardata. Lasciamo fuori dal discorso il renmimbi cinese, il cui cambio è strettamente controllato e va dove vogliono le autorità di Pechino. Se così fosse, quel 10% sarebbe un grosso guadagno in conto capitale per i possessori stranieri di titoli tedeschi.

La ricerca di sicurezza e la speculazione convergono dunque nel tenere alta la domanda di titoli tedeschi Ma se questi titoli fossero espressi in una moneta solo tedesca accadrebbe una cosa molto semplice: questo afflusso di fondi dall'estero farebbe salire il cambio, com'è successo per alcuni paesi di nuova industrializzazione ad alta crescita (il Brasile, per esempio) o tradizionalmente usati come 'rifugio' in tempi di incertezza (per esempio la Svizzera, la cui Banca centrale è infatti a un certo punto intervenuta con grande decisione per frenare l'apprezzamento della valuta).

Ma i titoli emessi dalla Germania sono in euro, cioè in quella moneta di cui fanno parte anche i paesi considerati a rischio (anche a torto, come nel caso dell'Italia), ossia i Piigs. E dunque l'euro perde terreno rispetto alle principali monete. Guardando l'andamento nell'ultimo anno rispetto a dollaro, yen, sterlina e corona norvegese (la Norvegia è forse l'unico paese del mondo con un bilancio pubblico in attivo, grazie al petrolio del Mare del Nord) è evidente come tutte le curve siano in salita. Ossia oggi ci vogliono più euro, rispetto a un anno fa, per ognuna di queste valute.

Per i Piigs la situazione è specularmente negativa. Per finanziare i loro debiti devono offrire rendimenti molto alti, subiscono comunque un deflusso di capitali verso la Germania ma il "loro" euro non scende abbastanza, perché chi compra titoli tedeschi compra comunque euro. E dunque contribuiscono a non far apprezzare troppo la moneta comune, ma pagano interessi come se avessero una valuta a rischio. Perché anche la scommessa speculativa si rovescia: in caso di rottura dell'euro, le monete a cui tornerebbero subirebbero svalutazioni più o meno pesanti, e quindi gli investitori pretendono che la potenziale perdita in conto capitale sia compensata da tassi d'interesse alti.

Quanto più la Germania (e i paesi nordici suoi satelliti, per i quali vale lo stesso discorso) fa la faccia feroce aumentando il rischio di rottura dell'euro, tanto più si alimenta questo meccanismo perverso. Un meccanismo che alla Germania fa assai comodo. Prima della crisi il suo debito pubblico era a poco più del 60% rispetto al Pil, oggi ha superato l'80. Anche la signora Merkel ha avuto le sue spesucce per salvare banche non meno piene di porcherie di quelle americane e inglesi, e anche per finanziare le riduzioni di orario di lavoro che le hanno permesso di non far aumentare la disoccupazione, che anzi da qualche mese è scesa sotto i livelli pre-crisi. Avesse i tassi italiani, non starebbe tanto tranquilla per i suoi conti pubblici. Invece, grazie a questa situazione, il suo debito lo finanzia guadagnandoci sopra. Avesse il marco rivalutato, le sue esportazioni non andrebbero così bene e dunque la sua economia non sarebbe così florida.

E dunque, cosa diceva la signora Merkel? Ripetiamolo: "Se si ha una moneta comune questo significa, naturalmente, che oltre ai vantaggi ci sono degli obblighi e che le decisioni politiche di ogni singolo membro hanno effetto sugli altri paesi". Ora, ci sembra che sia chiaro che la moneta comune alla Germania porta dei vantaggi. Quali potrebbero essere gli obblighi? Un obbligo è del tutto evidente: dato che lo spread tra titoli tedeschi e titoli dei paesi mediterranei è in parte dovuto alla situazione di cui abbiamo parlato (e in parte, non misurabile ma non trascurabile, proprio al comportamento della Cancelliera), il primo di questi obblighi è il preciso, netto e non ambiguo impegno a far diminuire questo spread. Il modo esiste ed è declinabile in varie delle soluzioni tecniche che sono state elaborate da economisti e istituzioni. Quello che finora è mancato è la volontà politica di metterne in pratica una.

La più semplice sarebbe quella di far accedere il "Fondo salva-Stati", l'Efsf che poi diventerà Esm, ai finanziamenti della Bce. Si è svolta una battaglia sulla concessione della licenza bancaria all'Esm, a cui, tanto per cambiare, Merkel si è opposta. E' una battaglia priva di senso. Leggiamo parte dell'articolo 18 dello Statuto della Bce:

Articolo 18 - Operazioni di credito e di mercato aperto
18.1. Al fine di perseguire gli obiettivi del Sebc (Sistema europeo delle Banche centrali) e di assolvere i propri compiti, la Bce e le Banche centrali nazionali hanno la facoltà di (...) effettuare operazioni di credito con istituti creditizi ed altri operatori di mercato, erogando i presiti sulla base di adeguate garanzie.

Abbiamo sottolineato in neretto le parole-chiave: l'Efsf e l'Esm sono di certo "altri operatori di mercato", e dunque non è necessaria alcuna licenza bancaria. Quanto alle "adeguate garanzie", la stessa Bce ha appena detto di accettare in garanzia (per i prestiti alle banche) i titoli con rating fino a BBB, e dunque vi rientrano perfettamente anche i titoli italiani e spagnoli. E' appena il caso di ripetere che, se fosse attivato questo meccanismo, avendo il Fondo salva-Stati una potenza di fuoco illimitata grazie all'accesso ai finanziamenti Bce, gli speculatori si guardarebbero bene dallo scommettergli contro e dunque di fatto quelle risorse non sarebbero usate.

Il ritornello che si vorrebbero "salvare i paesi spreconi con i soldi dei tedeschi" è dunque, oltre che piuttosto odioso viste le condizioni sociali in cui quei paesi versano, anche doppiamente sbagliato: una prima volta perché quei soldi di fatto non sarebbero usati, e una seconda volta, ben più sostanziale, perché una parte di quei soldi sono dei tedeschi proprio perché arrivano loro dai "paesi spreconi".

Una volta risolto in questo modo il problema dei debiti sovrani, i paesi in difficoltà avrebbero più risorse per attuare politiche di rientro meno recessive e senza dover ricorrere alla macelleria sociale a cui oggi sono costretti. Certo, i tassi dei tedeschi e dei loro fiancheggiatori salirebbero un po', perché svanirebbe la componente che scommette contro l'euro. Ma è l'attuale situazione che è anomala, un "dividendo" frutto di una insopportabile prepotenza. Superata l'emergenza, si potrebbe riprendere più serenamente a parlare delle necessarie riforme per il completamento anche politico dell'Unione europea.


(16 luglio 2012)
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda franz il 16/07/2012, 12:36

... e continuo a non essere d'accordo ;)
dato che lo spread tra titoli tedeschi e titoli dei paesi mediterranei è in parte dovuto alla situazione di cui abbiamo parlato (e in parte, non misurabile ma non trascurabile, proprio al comportamento della Cancelliera), il primo di questi obblighi è il preciso, netto e non ambiguo impegno a far diminuire questo spread.

Ma che stupidata galattica! Lo spread attuale NON è dovuto all'atteggiamento della germania o degli altri paesi a tripla A e nemmeno al rischio valuta. Il problema è il rischio paese, il rischio dei singili PIIGS, il loro debito pubblico. Risciranno a pagarlo? Se gli investitori pensano di si, lo spread cala, altrimenti sale. Questo giornalista, che non si intende di economia (è laureato in filosofia) sta dicendo che se esistono cicale e formiche è colpa delle formiche, che alla formiche fa comodo avere i magazzini pieni e che se le cicale stanno male la colpa è anche delle formiche.
Un ragionamento psicologicamente comprensibile da parte di un filosofo delle cicale. :lol:
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda ranvit il 16/07/2012, 12:37

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... d=AbfQPD1F


Ma i tedeschi hanno più debito degli italiani

di Marco Fortis


Nel 1999 soltanto tre Paesi Ue (Italia, Belgio e Grecia) avevano un debito pubblico superiore all'80% del Pil e solo un altro (Bulgaria) sopra il 70%. Nel 2013, invece, secondo le ultime proiezioni della Commissione, vi saranno nove economie con debiti pubblici oltre l'80% (Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo, Belgio, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Germania) e altre tre sopra il 70% (Cipro, Malta, Austria). Inoltre, secondo l'Fmi, il debito pubblico Usa nel 2013 sarà balzato al 113% del Pil.

Il tutto senza considerare i debiti degli Stati federali (molti dei quali, come la California, versano in gravi difficoltà finanziarie), altrimenti il debito Usa risulterebbe già oggi superiore a quello del nostro Paese.

Nel 2013 il debito pubblico italiano sarà pari a 1.988 miliardi di euro. Quello tedesco sarà di 2.082 miliardi, quello francese di 1.946 miliardi e quello inglese di 1.532 miliardi di sterline, che al cambio attuale significano circa 1.900 miliardi di euro. Da notare, che i debiti pubblici di Francia e Gran Bretagna in valore assoluto venti anni fa erano poco più della meta di quello italiano e quello tedesco era inferiore. Mentre ora i debiti dei quattro maggiori Paesi europei sono sostanzialmente simili tra loro, con quello tedesco una spanna sopra gli altri.

Questi dati dimostrano inequivocabilmente che ormai l'Italia non è più la pecora "nera" del debito pubblico europeo e mondiale. Eppure, nel 2013 pagheremo interessi sul debito per la ragguardevole cifra di 91 miliardi di euro: 36 miliardi in più della Francia, che ha un'esposizione statale uguale a quella italiana, 21 in più della Gran Bretagna, che si sta avvicinando ai nostri livelli di indebitamento, e 27 in più della Germania, il cui debito è più alto di quello italiano.

Gli svantaggiosi tassi pagati dal nostro Paese riflettono, innanzi tutto, un deficit di credibilità dell'Italia, cresciuto a dismisura nell'estate-autunno dello scorso anno, a cui Monti sta cercando laboriosamente di porre rimedio nonostante i teatrini della nostra politica.

Ma, oltre a ciò, il differenziale sugli interessi a nostro sfavore è anche una conseguenza della rigida misurazione statistica del debito pubblico in rapporto al Pil. Tale rapporto, nel 90% dei casi, fornisce un'idea accettabilmente approssimativa, anche se non matematica (vedi Irlanda e Spagna), della sostenibilità attuale e futura del debito stesso. Ma nel restante 10% dei casi, come succede per Giappone, Belgio ed Italia, il debito/Pil è un parametro assai riduttivo e di ciò il nostro Paese farebbe bene a prendere coscienza anche per meglio argomentare la sua posizione a livello internazionale.

L'Italia, infatti, ha un patrimonio delle famiglie molto elevato che, anche solo limitatamente alla parte finanziaria, equivale a circa il 175% del Pil (il dato corrispondente è appena del 126% in Germania). Sicché il rapporto tra debito pubblico e ricchezza finanziaria netta privata fornisce un'idea più precisa della dimensione comparata del nostro debito statale che non il suo confronto con il Pil. Ciò non significa, ovviamente, che non debba essere avviata in Italia un'azione estremamente determinata di taglio della spesa pubblica improduttiva e degli sprechi che stridono con le virtù implicite nel nostro elevato stock di risparmio privato. Ma il rapporto debito/ricchezza cambierebbe parecchio la prospettiva di assegnazione dei rating dei debiti sovrani ed in particolare il rating italiano.

In questi giorni sulla stampa nazionale è stata rilanciata l'idea di un abbattimento del debito pubblico con varie modalità, ivi inclusa quella di una tassa patrimoniale sulle ricchezze più elevate. A nostro avviso il problema è mal posto. Non solo per le possibili conseguenze negative di una simile manovra sull'economia e sui movimenti di capitali. Ma, soprattutto, perché non si capisce per quale ragione la patrimoniale dovrebbe essere applicata unilateralmente solo da un singolo Paese, vale a dire il nostro. E ciò al semplice scopo di dimostrare alle altre economie e ai mercati che siamo capaci di ridurre drasticamente un puro rapporto simbolico, il debito/Pil, che nel caso dell'Italia è totalmente fuorviante circa la sostenibilità del debito stesso.

La riprova teorica di ciò si avrebbe qualora Monti sfidasse la Merkel ad introdurre una tassa patrimoniale in tutta l'Eurozona, eventualmente anche spalmabile su più anni. In Italia ciò comporterebbe sacrifici durissimi ma anche a Berlino, di fronte alla prova del fuoco, i cittadini tedeschi non riderebbero di certo. Che cosa accadrebbe, infatti, se tutti i Paesi della moneta unica decidessero di ridurre simultaneamente i propri debiti pubblici al livello del 60% del Pil mediante un prelievo sulla ricchezza finanziaria netta delle famiglie? In quel caso, come appare dalla tabella, anche dopo aver applicato una tassa patrimoniale relativamente più sostanziosa delle altre nazioni per abbattere il debito eccedente, l'Italia resterebbe tra le economie dell'Eurozona col più alto rapporto ricchezza/Pil, assieme al Belgio e all'Olanda. Più indietro vi sarebbero Francia, Austria e Germania. Questa ultima, in particolare, avrebbe una ricchezza finanziaria netta delle famiglie post tassa patrimoniale di 8 punti di Pil inferiore a quella delle famiglie italiane (senza considerare il patrimonio immobiliare, che nel nostro Paese è superiore).

Mentre nel caso dei Paesi "periferici" e della Spagna, il prelievo sulla ricchezza farebbe emergere lo stato effettivo delle difficoltà finanziarie di tali economie, dove il debito pubblico sta crescendo rapidamente a fronte di un netto ridimensionamento del patrimonio privato. Al punto che, dopo la teorica tassa patrimoniale, il già esiguo rapporto ricchezza finanziaria delle famiglie/Pil della Spagna si ridurrebbe al 51% (meno della metà di quello dell'Italia), quello dell'Irlanda scenderebbe al 15% e quello della Grecia andrebbe addirittura sotto zero.
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda ranvit il 16/07/2012, 12:44

franz ha scritto:... e continuo a non essere d'accordo ;)
dato che lo spread tra titoli tedeschi e titoli dei paesi mediterranei è in parte dovuto alla situazione di cui abbiamo parlato (e in parte, non misurabile ma non trascurabile, proprio al comportamento della Cancelliera), il primo di questi obblighi è il preciso, netto e non ambiguo impegno a far diminuire questo spread.

Ma che stupidata galattica! Lo spread attuale NON è dovuto all'atteggiamento della germania o degli altri paesi a tripla A e nemmeno al rischio valuta. Il problema è il rischio paese, il rischio dei singili PIIGS, il loro debito pubblico. Risciranno a pagarlo? Se gli investitori pensano di si, lo spread cala, altrimenti sale. Questo giornalista, che non si intende di economia (è laureato in filosofia) sta dicendo che se esistono cicale e formiche è colpa delle formiche, che alla formiche fa comodo avere i magazzini pieni e che se le cicale stanno male la colpa è anche delle formiche.
Un ragionamento psicologicamente comprensibile da parte di un filosofo delle cicale. :lol:
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Temo che la stupidata galattica la stia sostenendo tu caro Franz!

Innanzi tutto perchè l'articolista sostiene giustamente che con un fondo salva-stati in funzione lo spread diminuerebbe subito! E questo dipende dalla Germania.
Secondo perchè, come sostenuto da molti autorevoli economisti, lo spread attuale è per buona parte psicologico-speculativo.

Io credo sia ora di "battere i pugni" per davvero....se la Germania vuole continuare ad avere "la botte piena e la moglie ubriaca" dall'euro o esce la Germania o usciamo noi....e quindi tutti!
La situazione è insostenibile e con quest'atteggia,mento della Germania andremo dritti al default!!!

E non c'entra una mazza la politica del rigore, che va comunque perseguita!
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda franz il 16/07/2012, 13:18

ranvit ha scritto:
Temo che la stupidata galattica la stia sostenendo tu caro Franz!

Innanzi tutto perchè l'articolista sostiene giustamente che con un fondo salva-stati in funzione lo spread diminuerebbe subito! E questo dipende dalla Germania.
Secondo perchè, come sostenuto da molti autorevoli economisti, lo spread attuale è per buona parte psicologico-speculativo.

Non solo "dipende" come decisione". Dipende anche economicamente. E i paesi forti pagano di piu' per cui chiedono in cambio (giustamente, aggiungo) garanzie e controlli. Nulla è gratis. Se qualche cosa scende, qualche cosa d'altro sale.
Sullo spread alto per motivi speculativi abbiamo già ironizzato a lungo. Chi lo sosteneva non è per nulla autorevole ma un mentitore in mala fede (a suo tempo berlusconi e tremonti e tulla la Banda Bassotti, ... avanti il prossimo).
I motivi "psicologici" sono una novità ma tutto sta a vedere se il mercato è psicologicamente razionale o irrazionale.
Se è irrazionale possiamo buttare tutto a mare e smettere di investire soldi insieme ad un manica di pazzi.
Se è razionale o basato su aspettative razionali (come la moderna teoria economica sostiene http://it.wikipedia.org/wiki/Aspettative_razionali ) allora se gli spread spagnoli ed italiani sono alti è perché razionalmente gli investitori dubitano sulla possibilità di essere ripagati e chiedono rendimenti piu' alti, adeguati al rischio. Se questa è psicologia, mi pare molto valida.

Comunque sia la nostra cima della filosofia moderna (l'articolista) sta sostenendo che ai forti conviene essere forti perché diventano piu' forti (mi chiedo se serva studiare all'università per capirlo) ma anche (subdolamente) che i deboli sono tali perché i forti sono sempre piu' forti. Non divide il mondo in formiche e cicale (due tipologie di etica economica, la prima portata al risparmio, la seconda al cazzeggio ed allo spreco) perché mettersi nei panni della cicala non è bello ma addossa la colpa della debolezza dei piigs alla forza dei "tripla A". Vecchio argomento del tipo "è colpa dei ricchi se esistono i poveri" sulla cui insussistenza abbiamo già discusso a lungo che che Gesù 2000 anni fa liquidò con la parabola dei talenti, con la cicala "buttata fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda ranvit il 16/07/2012, 15:41

Ripeto un pezzo dell'articolo di Fortis:

La riprova teorica di ciò si avrebbe qualora Monti sfidasse la Merkel ad introdurre una tassa patrimoniale in tutta l'Eurozona, eventualmente anche spalmabile su più anni. In Italia ciò comporterebbe sacrifici durissimi ma anche a Berlino, di fronte alla prova del fuoco, i cittadini tedeschi non riderebbero di certo. Che cosa accadrebbe, infatti, se tutti i Paesi della moneta unica decidessero di ridurre simultaneamente i propri debiti pubblici al livello del 60% del Pil mediante un prelievo sulla ricchezza finanziaria netta delle famiglie? In quel caso, come appare dalla tabella, anche dopo aver applicato una tassa patrimoniale relativamente più sostanziosa delle altre nazioni per abbattere il debito eccedente, l'Italia resterebbe tra le economie dell'Eurozona col più alto rapporto ricchezza/Pil, assieme al Belgio e all'Olanda. Più indietro vi sarebbero Francia, Austria e Germania. Questa ultima, in particolare, avrebbe una ricchezza finanziaria netta delle famiglie post tassa patrimoniale di 8 punti di Pil inferiore a quella delle famiglie italiane (senza considerare il patrimonio immobiliare, che nel nostro Paese è superiore).


Perchè non provarci Presidente Monti???

Una cosa è certa! Con le attuali "cure" il default è certo!
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda franz il 16/07/2012, 17:50

qualora Monti sfidasse la Merkel ad introdurre una tassa patrimoniale in tutta l'Eurozona, eventualmente anche spalmabile su più anni. In Italia ciò comporterebbe sacrifici durissimi ma anche a Berlino, di fronte alla prova del fuoco, i cittadini tedeschi non riderebbero di certo.

In tutti i paesi? Dovrebbe essere chiaro che per come è strutturata la UE oggi per avere una simile decisione occorerebbero anni ed inoltre in alcuni paesi la patrimoniale c'è già, cosi' come in alcuni lander tedeschi. Essendoci già in alcuni paesi (come tassa ordinaria, non straordinaria come a pensa Fortis) non puo' essere vista come un contributo equo valido per tutti.
Quindi chi ce l'ha già (Francia in testa ma anche Spagna, UK, Grecia e Iralanda) direbbe "no, grazie, abbiamo già dato".
In germania c'era ed è stata abolita (è stata dichiarata incostituzionale) ed è stata abolita anche in Olanda, Svezia, Danimarca ed Austria. Dubito fortemente che la reintrodurrebbero prima di aver concluso accordi bilaterali con la Svizzera (dove comunque una patrimoniale pur blanda esiste da metà del 1800). Quindi tempi lunghi.
La proposta di Fortis (patrimoniale in tutta europa) mi pare che verrebbe immediatamente dichiarata inaccettabile e per me è figlia di una mentalità che vede la diminuzione di un debito pubblico con nuove tasse ai privati e non con la diminuzione della spesa pubblica stessa. Ed ogni paese deve diminuire la sua.
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda ranvit il 16/07/2012, 18:23

La riprova teorica....
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda franz il 16/07/2012, 18:48

ranvit ha scritto:La riprova teorica....

Probabilmente in teoria conta di piu' la teoria che la pratica.
Ma in pratica conta di piu' la pratica che la teoria. ;)
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Re: Così i Piigs pagano la crescita tedesca

Messaggioda ranvit il 16/07/2012, 19:54

Vabbè ...lasciamo perdere ;)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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