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Grilli - « Ecco il piano per ridurre il debito»

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Grilli - « Ecco il piano per ridurre il debito»

Messaggioda ranvit il 15/07/2012, 10:24

Finalmente un buon proposito...


http://www.corriere.it/economia/12_lugl ... 83bd.shtml



L'intervista - Il ministro dell'Economia
« Ecco il piano per ridurre il debito»
Grilli: «Vendite da 15-20 miliardi l'anno. C'è chi scommetteva sul fallimento del Paese, adesso i tassi migliorano»

(f. de b.) Tutti si chiedono chi prenderà il posto di Monti, intanto un primo successore del premier, come ministro dell'Economia, c'è già, da giovedì scorso, e ha il nome di Vittorio Grilli, 55 anni, economista, milanese, bocconiano - qualcuno dirà, dov'è la novità? -, a lungo direttore generale del Tesoro con Tremonti. Una personalità quest'ultima agli antipodi rispetto all'attuale premier. Vero? Lo chiediamo al neoministro. «Il rapporto personale con Giulio non è cambiato, quello gerarchico era molto diverso, prima io ero parte dell'amministrazione dello Stato, oggi sono membro di un governo che fa della collegialità un punto di forza, lo dimostra se non altro la durata dei consigli dei ministri, ma va subito detta una cosa fondamentale». Quale? «La legittimazione di questo governo è nella persona del presidente del Consiglio; la mia, di conseguenza, ne è una derivata». Sì, d'accordo, ma il comitato di coordinamento costituito a Palazzo Chigi con Passera e Visco non lo vede come un limite ai suoi poteri? «Assolutamente no». E la presenza del Governatore della Banca d'Italia in un organismo governativo non rappresenta un'anomalia? «Non credo, non riduce minimamente il suo livello di autonomia». Allora diciamo che con un governo politico la cosa non sarebbe avvenuta. «Forse sì».

All'indomani dell'ennesima bocciatura di Moody's, che ha ridotto di due gradini la valutazione del debito italiano (da A3 a Baa2), la delusione per il voto ritenuto ingiusto non scalfisce in Grilli la soddisfazione per l'andamento delle aste dei titoli pubblici con rendimenti in calo. «Una grande differenza rispetto a poco meno di un anno fa». Io non mi farei, ministro, grandi illusioni, lo spread è sceso di poco dai massimi di novembre (575). «Sì, ma la curva dei rendimenti dei nostri titoli è completamente diversa. Prima, quelli a breve erano superiori a quelli a lungo termine, segno che per l'Italia l'accesso ai mercati si stava chiudendo. Oggi accade il contrario. I tassi a breve sono più bassi di quelli a lunga. Ancora troppo elevati, però». Così alti da far salire il servizio del nostro debito pubblico al 5,8 per cento del Pil (Prodotto interno lordo), qualcosa come 85 miliardi di interessi all'anno. Hai voglia a mettere tasse e tagliare le spese. «I mercati non riconoscono ancora la bontà degli sforzi compiuti dal nostro Paese per mettere in ordine i conti, il pareggio di bilancio è a portata di mano, le riforme strutturali sono avviate. Nessun altro Paese ha fatto tanto, in così poco tempo». Lo spieghi alle agenzie di rating , ci ha provato? «Certo, anche se i rapporti sono diventati difficili, se non impossibili. Prima il confronto era più facile». Che cosa è accaduto nella vostra relazione con le agenzie di rating? «Prima della crisi dei subprime (i prestiti immobiliari senza garanzie, ndr ) veniva data la tripla A, il voto massimo, anche a degli autentici pericoli pubblici, come gli special purpose vehicle , società fuori dai bilanci principali. Dopo lo scoppio della bolla, le procedure si sono ingessate. Le agenzie di rating , che sono aziende private in potenziale conflitto d'interesse con i propri clienti, esponenti di una cultura solo americana, si sono mosse sempre in ritardo, finendo per ampliare gli effetti dei fenomeni, anziché anticiparli. E il dialogo si è interrotto. Oggi ci avvertono quando tutto è deciso, non accettano spiegazioni».
E i governi appaiono impotenti, devono sempre subire? «In un'economia di mercato è assolutamente normale che vi sia una valutazione dei crediti privati, un voto di affidabilità su un debitore, può essere discutibile che ciò possa essere richiesto anche per uno Stato. L'aspetto grave, che una democrazia non dovrebbe sottovalutare, è però un altro. Un giudizio privato, pur legittimo, rientra poi automaticamente nelle procedure, di natura pubblica, di un ente regolatore che difende gli interessi di tutti. Il vero nodo è questo».

A cinque anni dallo scoppio della bolla dei subprime , qual è la sua personale valutazione, qual è stato il più grande errore commesso? «La velocità della globalizzazione ci ha colto di sorpresa e nessuno di noi pensava che l'attività di supervisione dei governi fosse così lenta e miope, a volte persino inconsapevolmente complice delle patologie dei mercati». Lei pensa che la scelta della banca universale, senza la separazione dell'attività di investimento da quella commerciale, sia la causa principale? «Il modello andrebbe cambiato. Dovremmo avere l'onestà di dirlo. Guardi, una volta le banche d'affari erano boutique e tutti conoscevano tutti. Oggi sono istituzioni estremamente complesse con migliaia di persone dove la cultura super tecnocratica dei prodotti finanziari domina su tutti».
Sono tornati gli investitori esteri, nonostante tutto, sui nostri titoli? «È presto per dirlo». Quant'è attualmente la quota del nostro debito pubblico in mano straniera? «Grosso modo il 40 per cento». Teme l'agosto sui mercati? «L'agosto è sempre un mese difficile perché i mercati sono più sottili e volatili». Lo scudo anti-spread riuscirà nell'intento di convincere gli investitori ad accettare un premio al rischio più basso, quello fisiologico secondo il Governatore della Banca d'Italia dovrebbe essere intorno a quota 200? «Condivido l'analisi di Visco, dopo il summit di Bruxelles e l'ultimo Eurogruppo è in corso un intenso lavoro tecnico per dare corpo definitivo a questo strumento, ma molto dipenderà dalla volontà politica di proseguire, a tappe forzate, lungo una maggiore unione politica e fiscale dando ai fondi Efsf ( European Financial Stability Facility ) e Esm ( European Stability Mechanism ) compiti precisi e dotazioni adeguate».

Diciamo la verità, lo scudo non piace a tedeschi e olandesi e forse resterà sulla carta. «Io non credo. Sa perché è necessario a tutta l'Unione? Perché la moneta unica ha spento i tradizionali meccanismi macroeconomici di riequilibrio delle economie nazionali. Prima, una recessione spingeva la banca centrale a ridurre i tassi e a favorire il riequilibrio, consentendo a famiglie e imprese di indebitarsi a costi più bassi. Oggi questo non funziona. E quando la Bce taglia il costo del denaro, per noi non cambia nulla. Colpa dello spread troppo alto. Una volta, quando i flussi di capitale in uscita da un Paese erano eccessivi, i tassi di cambio si muovevano di conseguenza. La Svizzera ha fatto recentemente così, impedendo tra l'altro di apprezzare troppo il franco. La Germania, se avesse ancora il marco, lo avrebbe visto schizzare verso l'alto e si sarebbe preoccupata per le sue esportazioni. Come Berna. Oggi, con lo spread elevato, Berlino riceve addirittura un sussidio pagando tassi negativi. Ecco alcune ragioni che rendono lo scudo anti-spread importante per tutti». E l'ostacolo maggiore da superare qual è? «Dimostrare a tutti i partner che non vi è alcuna intenzione di monetizzare i disavanzi di bilancio. L'Italia ha quasi annullato il proprio deficit, mettendo poi il pareggio di bilancio in Costituzione. Si tratta di stabilizzare i mercati e dare più assicurazioni sulla liquidità e la stabilità dell'Eurozona nel suo complesso. Oggi sta avvenendo un sostanziale ritorno di sistemi finanziari operanti prevalentemente all'interno dei propri confini nazionali con danni per tutti». Sono molti i capitali in fuga dall'Italia e anche dall'euro? «Non mi risultano fenomeni apprezzabili». Io non sarei così sicuro. State trattando con la Svizzera per raggiungere un accordo sulla tassazione dei capitali italiani? «Il negoziato è avviato, esaminiamo le intese già raggiunte da Berna con tedeschi e inglesi. Sono ottimista».

È allo studio una terapia antidebito? «Premetto subito - è il ragionamento di Grilli - che sarei felice di dare un colpo secco al nostro debito pubblico, oggi intorno al 123 per cento, e portarlo sotto quota 100, sarebbe bellissimo. Purtroppo, diciamo la verità, non ci sono più gli asset vendibili dello Stato e degli enti pubblici, come vent'anni fa. Vi è un patrimonio immobiliare di difficile valorizzazione, come insegnano le esperienze non felici di Scip 1 e Scip 2 (società create per vendere o cartolarizzare le proprietà degli enti, ndr ), molte attività sparse a livello locale». Ma sulle privatizzazioni potreste avere più coraggio, no? «Giusto, alcuni passi significativi sono già stati compiuti, per esempio costituendo alcuni veicoli, come quello del Demanio o le due società di gestione del risparmio (Sgr) per gli immobili e le utilities locali della Cassa depositi e prestiti (Cdp), molto sarà fatto con il recente decreto sulla spending review e riducendo drasticamente le società municipali in house , ovvero con un solo cliente, l'ente fondatore, in modo da favorire l'apertura dei mercati ai privati».

Ma, insomma, un possibile percorso di rientro del debito c'è o no? «Io non credo alle virtù di prestiti forzosi, la mia cultura liberale fa sì che certe soluzioni non mi convincano». E allora? «Non potremo vivere all'infinito con un fardello così pesante sulla testa degli italiani? «La strada praticabile è quella di garantire, con un programma pluriennale, vendite di beni pubblici per 15-20 miliardi l'anno, pari all'1 per cento del Pil». Un po' poco, ministro. «No, tutt'altro, se lei pensa che già abbiamo un avanzo primario, cioè prima del pagamento degli interessi sul debito, del 5 per cento e calcoli una crescita nominale del 3 per cento, cioè tolta l'inflazione all'1, vorrebbe dire ridurlo del 20 per cento in 5 anni».

Le tasse, specie sul lavoro, sono troppo elevate, ministro. I malumori sono giustificati. «Intanto le abbiamo ridotte». Scusi? «Sì, quello che si dimentica è che l'aumento dell'Iva al 23 per cento era già previsto per legge». È stato solo rinviato al luglio del 2013. «E cercheremo di creare le condizioni perché non aumenti del tutto. La spending review del ministro Giarda consente risparmi al di là delle cifre di cui si parla in questi giorni. Si possono ridurre ancora le agevolazioni fiscali e assistenziali, intervenire sui trasferimenti alle imprese, le ipotesi sono tante». E le imposte sul lavoro scenderanno mai in questo Paese? «Io me lo auguro e la lotta all'evasione fiscale dovrebbe creare le condizioni per renderlo possibile». Quanto pensate di incassare quest'anno dalla lotta all'evasione fiscale? «Più dei dieci miliardi previsti». Perché è così ottimista? «Perché l'Agenzia delle Entrate ha a disposizione nuovi strumenti. Ha, per esempio, una migliore accessibilità agli istituti di credito. Sono stati fotografati due milioni di immobili fantasma non accatastati. L'uso del contante è stato limitato». Ma la crisi che colpisce duramente famiglie e imprese farà inevitabilmente calare il gettito. Qual è la vostra previsione sull'andamento dell'economia, in vista della nota di aggiornamento del Def, il documento di economia e finanza, previsto a settembre? Quanto morde la recessione? Visco prevede un calo del 2 per cento, il Fondo monetario è più pessimista. «Io direi un po' meno del 2».
Il ministero dell'Economia è anche azionista di peso di molte società. Una di queste, la Rai, ha da qualche giorno un nuovo vertice con la nomina di Anna Maria Tarantola. Ma la Rai verrà mai privatizzata? «L'obiettivo principale oggi è la qualità dei programmi, la trasparenza e l'efficienza della gestione, poi sarà forse possibile tracciare una linea di confine tra ciò che è servizio pubblico e ciò che è pura attività commerciale». Finmeccanica tra scandali e vertici in discussione. «Osserviamo da vicino, anche qui la trasparenza è indispensabile». La Cassa depositi e prestiti, secondo alcuni critici, si avvia ad essere una sorta di nuovo Iri, l'ente pubblico in vita dal '33 al 2002? «Lo escludo, la Cdp svolge, in un'economia profondamente cambiata, un ruolo insostituibile di motore della crescita, pubblico e privato, garantisce lo sviluppo e la tutela nazionale delle grandi reti, con le sue partecipazioni in Terna, Snam, Metroweb, ma anche in F2I, nel Fondo strategico e in quello per le piccole e medie imprese».

Il governo, di cui Grilli è ministro dell'Economia, e successore oltre che di Monti di Quintino Sella, durerà fino alla primavera del 2013. Ormai, le sorprese sembrano escluse. E dopo che farà, non Monti, lei? «Guardi, io non ci penso, la politica non fa per me. Sono orgoglioso di fare qualcosa per il mio Paese». Pagato meno di prima? «Sì, guadagno il 40 per cento rispetto a quand'ero direttore generale, ma non mi lamento, ci mancherebbe altro».

15 luglio 2012 | 8:12
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Re: Grilli - « Ecco il piano per ridurre il debito»

Messaggioda trilogy il 16/07/2012, 10:35

Caserme, uffici, aree demaniali
Ecco la lista delle privatizzazioni
Entro luglio 6 mld dal passaggio di Sace e Fintecna a Cassa depositi. Il patrimonio immobiliare vale circa 300 miliardi

ROMA - Vendere beni pubblici per 15-20 miliardi all'anno, pari all'1% del Pil (prodotto interno lordo) per dare «un colpo secco al debito pubblico» e portarlo sotto quota 100 del Pil. E' questo l'obiettivo indicato dal ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, nell'intervista di ieri al Corriere .

L'operazione è già in corso. Prima ancora che venga creata la Sgr (società gestione risparmio) che opererà come «fondo dei fondi» per la messa sul mercato dei migliori cespiti dello Stato e degli enti locali, immobili e società di servizi, il ministro si è già messo al lavoro per verificarne la concretezza. Per questo Grilli avrebbe già incontrato banche d'affari, come i giapponesi di Nomura, e fondi potenzialmente interessati, cogliendo in particolare l'attenzione di quelli statunitensi, ma anche arabi, a partire da quell'emiro del Qatar che ha appena acquistato in Italia la casa di moda Valentino.

L'intenzione del governo è di procedere con pacchetti da offrire sul mercato in rapida successione. Solo il patrimonio dello Stato, secondo l'indagine conoscitiva della commissione Finanze della Camera, conta 222 milioni di metri quadri e vale 300 miliardi di euro. Altri 350 miliardi vale il patrimonio dei Comuni, secondo uno studio del Cresme.

Il ruolo della Cdp
Ma il primo risultato tangibile, del valore di circa mezzo punto di Pil, è quello che verrà colto con il passaggio immediato delle quote di Fintecna, Sace e Simest dal Tesoro alla Cassa depositi e prestiti, operazione che dovrebbe fruttare circa 10 miliardi. Cifra cui bisogna sottrarre quella parte di risorse che il decreto sulle dismissioni ha destinato al pagamento dei crediti della pubblica amministrazione.

L'esborso della Cdp di una prima tranche sarà subitaneo: 6 miliardi già entro luglio. A giorni si conoscerà il nome dell' advisor (consulente) che realizzerà la due diligence (valutazione) delle tre società che porteranno alla Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro per il 70% e per il resto dalle fondazioni bancarie, una buona dote di liquidità e di utili: solo Sace ne ha fatti per 3,4 miliardi a partire dal 2004, quando è stata trasformata in società per azioni, e ha distribuito all'azionista 2,3 miliardi di dividendi.

Le sinergie possibili
Oltre che a trovare risorse per abbattere il debito pubblico, l'operazione ha anche l'obiettivo di razionalizzare il portafoglio delle partecipazioni statali e valorizzare le collaborazioni possibili, e già esistenti, fra la Cassa depositi e prestiti e le tre società che adesso passeranno sotto il suo controllo. A partire da Fintecna, che probabilmente controllerà al 40%, insieme con l'Agenzia del Demanio, con il 60%, la Sgr che gestirà tutta l'operazione delle dismissioni. In realtà tale veicolo non sarà creato dal nulla: la ristrettezza dei tempi a disposizione renderà necessario l'utilizzo di una società già esistente.

Intanto entro la fine del mese l'Agenzia del Demanio, guidata da Stefano Scalera, avrà messo a punto la lista dei primi cento immobili dello Stato e degli enti locali da conferire alla Sgr sui potenziali 350 già individuati (valore complessivo di base 1,5 miliardi).

La «white list»
Di certo della lista faranno parte molte caserme, come la Sani, quella bolognese che si trova in pieno centro, o il vecchio carcere militare di Forte Boccea e l'ex caserma di via Guido Reni, entrambe a Roma. E poi due magazzini, quelli di via Papareschi e di via del Porto fluviale, sempre nella Capitale.

Nella maggior parte dei casi si pescherà dalla cosiddetta white list , l'elenco di 13 mila immobili che in base al decreto di due anni fa sul federalismo demaniale sarebbero dovuti passare dallo Stato agli enti locali. Per questi immobili il ricavato del conferimento al fondo che verrà istituito dalla Cassa depositi e prestiti sarà destinato per tre quarti all'abbattimento del debito del Comune e per un quarto alla riduzione del debito pubblico nazionale.

Ma nel piano potrebbero entrare anche altri immobili che non fanno parte di quella lista. Per quelli tuttora di proprietà dello Stato l'incasso servirà tutto a far scendere il debito nazionale, mentre per quelli interamente dei Comuni il valore dell'immobile assegnato sarà destinato tutto all'ente locale, ma diviso in due parti: un quarto come liquidità, tre quarti come partecipazione al fondo immobiliare che avrà il compito di valorizzare e mettere a reddito tutti i beni da dismettere.

La normativa esclude espressamente dalla procedura gli immobili utilizzati per finalità istituzionali. Questo perché la previsione di un eventuale trasferimento di detti beni ai fondi determinerebbe effetti pregiudizievoli in termini di finanza pubblica, generando costi ascrivibili a locazioni passive. Di conseguenza, dei 62 miliardi di beni statali collocabili subito sul mercato, ne potranno essere venduti per ora soltanto sette.

Le difficoltà
Fin qui tutto sembra filare liscio. Ma è stato lo stesso ministro Grilli a mettere in guardia circa l'esito del piano di dismissioni per l'abbattimento del debito pubblico. «Non ci sono più gli asset vendibili dello Stato e degli enti pubblici, come vent'anni fa» ha avvertito nell'intervista. C'è «un patrimonio immobiliare di difficile valorizzazione, come insegnano le esperienze non felici di Scip 1 e Scip 2 (società create per vendere o cartolarizzare le proprietà degli enti), molte attività sparse a livello locale». E a questo proposito, si avrebbe gioco facile a ricordare come, quando si mise mano alla privatizzazione dell'Ina, una delle difficoltà fu quella di ripercorrerne l'intero patrimonio immobiliare.

Quanto all'esito delle precedenti operazioni immobiliari, è stata la Corte dei Conti, di recente, in audizione, a avvertire che nelle attuali condizioni di mercato, che solo nel primo trimestre di quest'anno ha visto le quotazioni scendere del 20%, «c'è il rischio di una svendita». Come sta accadendo per gli immobili degli enti previdenziali: dopo il fallimento dell'operazione di cartolarizzazione Scip2, ad Inps, Inail ed Inpdap sono rimasti invenduti migliaia di appartamenti. Per la precisione, all'Inps sono ritornati 542 immobili da Scip 1 e ben 10 mila dal pacchetto conferito a Scip2, mentre all'Inpdap, dalla seconda operazione di cartolarizzazione sono stati stornati 12 mila appartamenti. Ed in tre anni, dal 2009 al 2011, ne sono stati venduti solo 1.200, quindi appena il 10%, con un incasso di 93 milioni di euro (per una media di 77.500 euro ad immobile).

Le municipalizzate
L'altro punto difficile del piano riguarda il «capitalismo municipale»: le 6.800 società che fanno capo non solo ai Comuni ma anche alle Province e alle Regioni.

Il pacchetto più appetibile riguarda le 4.800 aziende comunali, con un fatturato complessivo di 43 miliardi di euro, e 16 mila manager tra presidenti, amministratori e componenti dei consigli d'amministrazione. Di queste, circa 3 mila svolgono in realtà servizi un tempo interni alle amministrazioni e adesso esternalizzati, come la riscossione dei tributi. E quindi sono fuori dalle dismissioni. Ne restano però 1.800 che si occupano di sevizi pubblici locali: acqua, elettricità, gas, rifiuti e trasporti. Ed è proprio su queste che si concentra l'attenzione. Anche qui la Corte dei Conti avverte che oltre il 20% delle società risulta in perdita soprattutto nel Mezzogiorno. Quanto alle società quotate, hanno perso in media il 30% del loro valore e quindi potrebbero essere non proprio un affare.

L'operazione di dismissione lascia fuori alcuni cespiti importanti dello Stato: le partecipazioni nelle grandi aziende pubbliche, da Eni a Enel a Finmeccanica. Com'è noto, la Cassa depositi e prestiti ha appena acquisito una quota della Snam appena sotto il 30%. Grilli ha escluso per la Cdp un ruolo come quello giocato dall'Iri fino al 2002.

Antonella Baccaro
Link: http://www.corriere.it/economia/12_lugl ... 386b.shtml
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Re: Grilli - « Ecco il piano per ridurre il debito»

Messaggioda franz il 16/07/2012, 13:28

dopo il fallimento dell'operazione di cartolarizzazione Scip2, ad Inps, Inail ed Inpdap sono rimasti invenduti migliaia di appartamenti. Per la precisione, all'Inps sono ritornati 542 immobili da Scip 1 e ben 10 mila dal pacchetto conferito a Scip2, mentre all'Inpdap, dalla seconda operazione di cartolarizzazione sono stati stornati 12 mila appartamenti. Ed in tre anni, dal 2009 al 2011, ne sono stati venduti solo 1.200, quindi appena il 10%, con un incasso di 93 milioni di euro (per una media di 77.500 euro ad immobile).

Insomma, quando si rapinano tasse per un 45% (piu' un 5% a deficit per arrivare al 50% di spesa pubblica) è facile avendo tanti soldi decidere di comprare. Molto piu' difficle è vendere (come ogni persona che cerca di vendere quello che produce impara ben presto) quando nessuno vuole comprare.
Un motivo in piu' per buttare a mare (capitaneria di porto permettendo e speriamo senza inquinare) questa classe politica che in 20 o 30 anni ha portato il paese nello stato attuale, gonfiando la spesa oltre ogni misura (doverose eccezioni per Ciampi e Prodi).
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Re: Grilli - « Ecco il piano per ridurre il debito»

Messaggioda ranvit il 16/07/2012, 15:48

Un motivo in piu' per buttare a mare (capitaneria di porto permettendo e speriamo senza inquinare) questa classe politica che in 20 o 30 anni ha portato il paese nello stato attuale, gonfiando la spesa oltre ogni misura (doverose eccezioni per Ciampi e Prodi).


Su questo siamo d'accodo!

Sul piano di dismissioni invece, ho il timore che stante la "cura" in atto, sarà del tutto inutile: il suicidio è in atto....
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Re: Grilli - « Ecco il piano per ridurre il debito»

Messaggioda Robyn il 19/07/2012, 8:00

L'Imu è una tassa che rimane.In passato abolendo questa tassa si è creato deficit che inevitabilmente và ad aumentare il debito pubblico che ha dato spazio agli attacchi della speculazione.Se le uscite superano le entrate inevitabilmente c'è deficit negativo e la crescita del debito pubblico.I governi di cs inizialmente avevano creato l'avanzo primario la cui differenza diminuiva gradualmente il debito pubblico.Silvio Berlusconi successivamente ha fatto sparire l'avanzo primario aumentando la spesa e successivamente ha creato deficit negativo che ha fatto crescere il debito pubblico al 125%.TPS ex ministro dell'economia successivamente ha riportato il rapporto debito/pil al 102%.Successivamente Berlusconi per fare consenso ha eliminato l'Ici facendo tornare la differenza tra entrate e uscite negativa e facendo crescere il debito pubblico al 120% del pil aprendo quindi la strada al declino programmato e agli attacchi della speculazione.Quindi la strada per ridurre il debito può essere quella di ricostruire<< l'avanzo primario,aumentando le entrate con la crescita>> ciao robyn
Locke la democrazia è fatta di molte persone
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Re: Grilli - « Ecco il piano per ridurre il debito»

Messaggioda flaviomob il 20/07/2012, 12:56

Mia modesta opinione: stiamo semplicemente tentando di rinviare l'appuntamento con il fallimento.
Sarà un default controllato e il compitino di Monti è quello di riportare la maggior parte dell'esposizione all'interno del sistema bancario nazionale, in modo da gestirlo con minori contraccolpi sulla credibilità internazionale. I tedeschi si sono già disfatti dei titoli italiani e la BCE ci permetterà di respirare ancora per 12-18 mesi, poi bisognerà affrontare la realtà. Persino sotto il "virtuoso" governo Monti il debito pubblico è cresciuto di 48 miliardi, in meno di un anno.
Insostenibile. Siamo un morto che cammina.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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