da lucameni il 22/09/2011, 22:39
A parte che sarebbe interessante capire che razza di cantiere hanno messo in atto.
Come c'è da chiedersi se i rallentamenti e i costi siano causati appunto dalle popolazioni del luogo (orde di barbari cavernicoli evidentemente che non si rassegnano all'adagio "facile fare i finocchi col culo degli altri").
Oppure da un sistema contrattuale che incentiva costi e sprechi?
Evidentemente noi - da bravi cavernicoli alla stregua di Cicconi e Settis - pensiamo sia il sistema truffaldino e da riformare imbastito in primis da quello zuccherino di Lunardi nel 2001, sperando peraltro in un'informazione più corretta che racconti quel rapporto costi benefici che - voi - ritenete assodato e non contestabile e che invece - noi - riteniamo al contrario del tutto sproporzionato e voluto a tutti i costi per motivi che esulano il tanto decantato progresso e la crescita. Anzi tale da prospettare un ulteriore e pesante debito sulle spalle delle prossime generazioni.
Paradossale che non sia la cosiddetta destra, storicamente attenta ai conti pubblici, ad opporsi. Ma di questi tempi destra e sinistra si sa come sono messe.
Si ragiona, spesso appassionandosi, non sulla base di fatti che in quanto tali non dovrebbero avere colore politico, ma di quanto un tempo cantava Gaber con "destra e sinistra".
Tant'è voi, esperti ed evoluti, ritenete invece che i futuri costi e il buco nell'erario saranno causati dai valsussini.
Ne prendiamo atto.
Opinioni diverse, che credo non avranno mai punti di convergenza, non fosse altro che la principale divergenza in fondo è sull'ormai nota frase: "ci pisciano addosso e ci dicono che piove".
<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<
Qui sotto due pericolosissimi black blok, peraltro icon sorprendenti convergenze con quella congrega di pericolosi sovvervisi che fa a capo alla Corte dei Conti. La moderna Spectre.
"I benpensanti e il dibattito sulla TAV
Contro l’ipocrisia di chi condanna violenze marginali ed episodiche per non discutere nel merito delle questioni, l’antidoto è l’indignazione dei cittadini.
di Salvatore Settis, da la Repubblica, 18 luglio 2011
Le manifestazioni in Val di Susa hanno provocato molti mal di pancia e qualche ripensamento, ma in compenso hanno dato fiato all’esercito dei benpensanti. "Benpensanti" sono quelli che non pensano, convinti come sono che qualcuno deve pur averlo fatto per loro, e perciò sposano all’istante qualsiasi banalità, purché abbia l’aria "rispettabile" e "condivisa", e sia comunque ready made, per non perder tempo e passare ad altro.
In Val di Susa c’è chi vuole a ogni prezzo la Tav, c’è chi non la vuole a nessun costo, e c’è chi vuol capire meglio, chiede informazioni e garanzie, contesta dati e analisi con altri dati e altre analisi. C’è chi si chiede come mai il sito archeologico della Maddalena di Chiomonte sia recintato e danneggiato dalle ruspe, mentre intanto Arcus (una Spa "di Stato" controllata dal ministero dei Beni Culturali) ha concesso al comune di Chiomonte ben 800.000 euro per un sito che la Tav potrebbe distruggere.
Alcune decine di migliaia di persone hanno manifestato pacificamente intorno a un’area presidiata militarmente; pochissimi hanno ingaggiato scontri con la polizia. Il coro dei benpensanti, al grido di "no alla violenza!" ne ha dedotto che chi vuole la Tav ha sempre e comunque ragione. Un solo esempio, Bersani : «Non possiamo accettare l’idea che il processo decisionale venga bloccato da frange violente. Quello che è successo in Val di Susa è spiacevolissimo ma non si possono fermare i cantieri».
Proviamo ad applicare lo stesso modello a un altro caso.
Poniamo che si svolga a Roma una manifestazione contro i conflitti d’interesse e le bugie di Berlusconi; e che, su centomila manifestanti, venti o cinquanta rovescino una camionetta della polizia e tirino sulle vetrine qualche sanpietrino. Se ne dovrà dedurre che il conflitto d’interessi di Berlusconi è santo e giusto, l’essenza stessa della democrazia? Dovremo aspettarci dichiarazioni del tipo «Non possiamo accettare l’idea che il conflitto d’interesse venga bloccato da frange violente», con quel che segue? Le "frange violente" autorizzano a non pensare, spostano l’attenzione dal cuore del problema (il conflitto d’interesse, la Tav) al margine: la frangia, appunto, anzi la violenza. Di riflesso, si discute animatamente su quanti fossero davvero i manifestanti, su quanti davvero abbiano commesso una qualche violenza, e quale; se vi fossero davvero dei feriti, e quanti, e come. Su tutto, insomma, meno che sulle ragioni civili della protesta. Che restano identiche (se e quando ci sono) anche quando qualcuno le rappresenti in modo improprio, violento (o anche stupido e disinformato: anche questo può succedere).
Lasceremo in mano ai "benpensanti" le regole del gioco? Quanto si può alzare la voce in un corteo, che cosa si può scrivere negli striscioni, quanto ci si può avvicinare a una recinzione? Perché, invece, non riportare sulla scena le virtù civili dell’indignazione? Dobbiamo sperare solo nello sguardo profetico dei vecchi, José Saramago che pretende la parola "indignato" sulla propria pietra tombale, Stéphane Hessel che col suo grido Indignez-vous! scuote la Francia? I giovani italiani, indignati perché condannati dalla "macelleria sociale" in atto a scegliere fra disoccupazione e emigrazione, hanno diritto a un po’ di rabbia, almeno quanto gli indignados di Spagna? O la loro protesta sarà accettabile solo se edulcorata e mediata da un qualche partito? E perché i partiti non riescono (più) a farsene interpreti, e sanno solo esortare alla calma? Non sarà stata, invece, l’indignazione dei cittadini a vincere il referendum del 12 giugno?
Quel che è in ballo non è la Val di Susa, ma l’Italia. Non la Tav, ma la democrazia. Si scontrano, in questo come in altri casi, due culture: da un lato, quella di chi difende sempre e comunque i "processi decisionali", cioè gli addetti ai lavori, cioè i politici di mestiere, che non vogliono esser disturbati nelle loro manovre. Dall’altro, la cultura dei cittadini che non si rassegnano al ruolo di spettatori passivi, che vogliono capire in prima persona, che reclamano il diritto di dire la propria: insomma, la cultura delle associazioni spontanee che, ormai a migliaia, sorgono in tutta Italia, spesso per reazione a violenze estreme contro il territorio (come le 3000 pale eoliche che si vorrebbero imporre sui 4000 chilometri quadrati del Molise). Questa sfiducia nella politica dei politici ha un forte argomento in una legge elettorale iniqua (sperimentata "a sinistra" dalla Regione Toscana, e poi adottata "a destra" dal governo nazionale), che vieta all’elettore di scegliere per nome i propri rappresentanti, e irregimenta gli eletti al servizio di capi e partiti a cui devono tutto. Ma il movimento spontaneo dei cittadini può essere una grande occasione per la democrazia, innescando una più alta dimensione della politica non come mestiere ma come diritto di cittadinanza, dignità della polis, rivendicazione di eguaglianza. Non ripudiando i partiti, ma invitandoli a pensare, a ri-pensarsi.
La reazione difensiva dei politici (da destra a sinistra) non sorprende. "Lasciateci lavorare", essi dicono in sostanza: con l’implicazione perversa che i cittadini non possono e non devono interloquire nei "processi decisionali" se non ponendo disciplinatamente nell’urna schede predeterminate dagli apparati di partito. E quando dai cittadini vengono proteste e proposte (non sempre ingenue), anziché discuterle nel merito, il politico di mestiere tende a dichiarare con sufficienza che "ci vuol ben altro".
Benpensantismo e benaltrismo sono fratelli siamesi: due modi di espropriare il cittadino dei propri diritti, di chiudersi nella stanza dei bottoni (e dei bottini) al grido di "Non parlate al manovratore". Perciò le "frange violente" fanno comodo: come si è visto lo scorso dicembre, quando le proteste degli studenti contro la riforma dell’università si infransero non per mancanza di ragioni e di energie, non per incapacità di argomentare, ma perché di fronte ad alcune violenze si compattò sull’istante un solido fronte di benpensanti, che (giustamente) ripudiavano la violenza e (sbagliando) accantonavano senza discuterle le ragioni civili della protesta. Quei moti studenteschi, i primi di un qualche rilievo dopo decenni, coincisero (lo abbiamo già dimenticato?) con un momento di grande difficoltà di Berlusconi, si incrociarono con la sua campagna acquisti per conquistare il voto di fiducia svendendo la residua dignità del Parlamento. Potevano, senza le violenze e senza la retorica dell’antiviolenza che seppellisce le ragioni di chi protesta, contribuire a una caduta che non ci fu. E siamo proprio sicuri, sette mesi dopo, che sia stato meglio così?
(18 luglio 2011)
<<<<<<<<<<<<<<<<<<
“Caro Bersani… la Tav è truffaldina”. Ivan Cicconi scrive al segretario Pd"
di Ivan Cicconi*
Caro Bersani, Conosci il mio lavoro ed i miei scritti sulle problematiche connesse col Progetto Tav. Come sai, sono fra i pochi ad aver dato conto del fatto che sei stato l’unico Ministro dei Trasporti che ha provato a rimettere sui binari della legalità il sistema di finanziamento e di affidamento delle infrastrutture per il treno ad AV. Ci hai provato nel 2001 con la legge finanziaria e ci hai riprovato nel 2006 con la cosiddetta lenzuolata. Il governo di centro-destra, in entrambi i casi, ha cancellato quelle norme ripristinando sic et simpliciter i contratti affidati a trattativa privata da Tav Spa nel 1991, con i costi, nel frattempo, lievitati di oltre il 400%.
Come ti è noto, quel progetto di AV è stato costruito su di una architettura contrattuale e finanziaria truffaldina ed ha già prodotto uno scandaloso debito pubblico: 12.950 milioni di euro, accumulati dal 1994 al 2005 da Tav spa e da Infrastrutture spa, tenuti fuori dai conti pubblici. Come sai, con il comma 966 della legge finanziaria per il 2007, quei 26.000 miliardi di vecchie lire, millantati come finanziamento privato, sono stati tutti trasferiti nel debito pubblico. La Corte dei Conti è arrivata a definire questo accollo del debito una norma “anodina” nei confronti delle future generazioni. Questo dunque lo sfondo, non oscurabile, che ospita la rappresentazione odierna del “confronto” sul progetto della nuova linea Tav/Tac Torino-Lione. Il primo accordo del 2001 con i francesi porta la tua firma e sai bene che prevedeva la ripartizione dei costi per la tratta internazionale in modo paritario fra i due Paesi. Nel 2003 il Cipe, con le procedure speciali della legge obbiettivo, approvava il progetto preliminare della tratta internazionale, con delle previsioni di traffico passeggeri e merci a dir poco fantasiose. Proprio quelle previsioni inattendibili portavano la società ferroviaria nazionale SNCF a esprimere forti dubbi e comunque a valutare in modo negativo il rapporto costo/benefici. Per convincere i Francesi, nel maggio del 2005, Berlusconi e Lunardi sottoscrissero un nuovo accordo nel quale si stabilisce che il costo della tratta internazionale per due terzi sarà a carico dell’Italia.
Nel 2006, dopo le drammatiche vicende di Venaus, due governi, Berlusconi e Prodi, decisero di fare uscire la Torino-Lione dal perimetro delle norme speciali della legge obbiettivo. Proprio in virtù di questa decisione il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4482 del 23.8.2007, dichiarava “improcedibile per cessata materia del contendere il ricorso in appello proposto dalla Comunità Montana Bassa Valle di Susa e Val Cenischia, nel presupposto che il progetto di realizzazione per la realizzazione della linea ferroviaria Torino-Lione, approvato dal CIPE con la delibera 113/2003, sia stato stralciato dall’ambito applicativo della legge 443/2001 e ricondotto nell’alveo delle procedure ordinarie”. Oggi, in palese contrasto con decisioni politiche e sentenze, il progetto per la nuova galleria di servizio è stato approvato solo grazie alle norme speciali della legge obbiettivo, senza che nessuna autorità abbia mai fornito risposta ai ricorsi che la Comunità montana ha prodotto in proposito. Il nuovo progetto preliminare della tratta internazionale, per il quale non vi è ancora nessun cantiere aperto in Italia ed in Francia, prevede oggi un costo di 10,369 miliardi di euro. I francesi chiedono però che siano per intero a carico dell’Italia le modifiche apportate alla tratta in territorio italiano e ciò porterebbe a circa 8 miliardi la quota a carico del nostro Paese. Le mie stime, come sai le uniche risultate affidabili, valutano in capo al nostro Paese, considerando anche la tratta nazionale, un costo non inferiore ai 20 miliardi di euro. Il finanziamento europeo, stante il regolamento in essere, potrebbe coprire fra l’1,2 e l’1,6 miliardi di euro. Restano da trovare nelle casse dello Stato almeno 18,4 miliardi; cifra per la quale non vi è la benché minima ipotesi di copertura. Con il traffico merci realmente prevedibile, oggi il solo a motivare la realizzazione di questa infrastruttura, i ricavi consentirebbero a stento di coprire i costi di gestione e manutenzione della nuova infrastruttura.
Il giorno successivo alla apertura manu militari del cantiere per la galleria di servizio per la nuova linea Torino-Lione, la cronaca ti ha attribuito queste dichiarazioni:“ Non possiamo accettare l’idea che il processo di decisione venga bloccato da frange violente. ..quello che è successo in Valdisusa è spiacevolissimo ma non si possono fermare i cantieri”. Ho sperato, nei giorni successivi, nella lettura di una riflessione meno banale di quella che ti è stata attribuita. Al contrario, alle tue si sono aggiunte quelle ancor più generiche e arroganti del sindaco e dell’ex sindaco di Torino. Attesa vana anche dopo il 3 luglio, grazie allo spettacolo degli scontri fra frange violente e forze di polizia che ha consentito di oscurare la più grande e ordinata manifestazione mai vista in Italia su di un tema così specifico.
Non credi sia da irresponsabili prendere a pretesto il comportamento di alcune frange violente e glissare totalmente sulle ragioni del NO di una intera comunità e dei loro rappresentanti? Non è da te per come ti conosco, non credo sia consentito al segretario del maggior partito di opposizione che ha fatto della consultazione popolare la sua ragion d’essere. La Comunità Montana della Valdisusa e Valsangone ha prodotto non solo osservazioni puntuali e dettagliate sui nuovi progetti della nuova galleria di servizio della Maddalena e della tratta internazionale Torino-Lione. Ha presentato anche esposti e ricorsi sulla illegittimità delle procedure di approvazione e sulle modalità di affidamento della nuova galleria di servizio della Maddalena alla cooperativa CMC di Ravenna (rigorosamente a trattativa privata, compresi i lavori fuori sacco affidati a tre piccoli imprenditori locali usati come scudo mediatico). Posso assicurarti, e sai quanto io sia rigoroso in queste valutazioni, che tutte le procedure e gli atti connessi adottati dalla società LTF sono quanto di peggio, e illegale forse, possa essere messo in atto a fronte delle norme europee e nazionali.
Non ho alcuna pretesa di essere creduto sulla parola, ma un partito importante come il PD credo abbia il dovere di confrontarsi nel merito delle ragioni del NO o del SI. Il NO a quel progetto è il frutto della conoscenza scientifica dei numeri usati per sostenerne la fattibilità: numeri che non hanno il minimo di credibilità, anzi clamorosamente smentiti dalla realtà. Nel 2003 transitavano su quella linea 1,5 milioni di passeggeri e 9,7 milioni di tonnellate di merci; il progetto preliminare approvato nello stesso anno dal Cipe prevedeva la saturazione della linea storica nel 2020 con oltre 6 milioni di passeggeri e 22 milioni di tonnellate di merci. Nel 2010 i passeggeri sono stati 700 mila e le merci 2,4 milioni di tonnellate. Previsioni sbagliate, no semplicemente false, oggi traslate di sette anni e riproposte pari pari. Conosco nel dettaglio quel progetto, essendo uno dei tecnici nominati, dalla Comunità montana, per valutarne il merito tecnico e le procedure per la sua realizzazione. Conosco la consapevolezza informata e diffusa delle ragioni del NO, dei Valsusini e di tutti i tecnici che hanno almeno una minima conoscenza di quel progetto. Posso sinceramente testimoniare che da quando mi occupo di questo progetto non ho mai avuto occasione di misurarmi con ragioni tecniche del SI minimamente affidabili.
I cantieri, se si apriranno, rischiano di tenere in piedi per decenni questo confronto dissociato fra le ragioni tecniche e scientifiche del NO ad un’opera inutile e le ragioni del NO alle frange violente. Dissociazione utile solo a chi, schierato per il SI, senza alcuna motivazione tecnica, si nasconde dietro il NO alle violenze vere e presunte di quattro gatti. Un paravento che solo l’occultazione della verità e la disinformazione può tenere in piedi.
La TAV Torino-Lione rischia di diventare per il PD e per la Politica, non solo in Valdisusa ed in Piemonte, ma in Italia, la questione dirimente della credibilità del tuo partito e della politica tutta, forse l’ultima occasione mancata per agganciare un rapporto con la nuova aria proposta dal popolo dei referendum dei beni pubblici e della legalità. Il NO al Tav, e non solo in quella Valle, è semplicemente una domanda di trasparenza e confronto nel merito. La politica, con la p maiuscola, non può disattenderla. La mia stima e la mia attesa fiduciosa."
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)