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Torta ad Alta Velocità...

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 08/09/2011, 16:06

Questa volta è l’istantanea di Pietro Pipicella, 37 anni, detto Petri di Giusi ‘u zoppo. La riconosce: per lui è affiliato alla ‘ndrangheta, riveste il grado di picciotto èd stato nel 2006 “capo giovani”. Eh sì, le cosche ci tengono alle nuove leve. Lavora in un impresa edile dell’Alta velocità nel Nord e secondo la Procura di Torino che il 9 giugno 2011 lo prenderà nell’ambito dell’operazione Minotauro con la quale assesta un colpo durissimo alle cosche calabresi in Piemonte, nel frattempo ha fatto carriera. I pm scoprono che è diventato esponente del locale di Natile di Careri a Torino, partecipe della “società minore” ed è affiliato alla ‘ndrangheta almeno dal ‘97.
Pipicella non è l’unico picciotto con un pedigree pronto da spendere proprio mentre i lavori dell’Alta velocità in Piemonte sono partiti. La torta miliardaria di quest’opera faraonica e discussa non sfugge agli appetiti delle cosche e ben lo sa chi è già passato attraverso questa esperienza. “Ho conosciuto la mafia in occasione dei cantieri dell’Alta velocità – dichiara il presidente della Camera di commercio di Reggio Emilia, Enrico Bini – Venivano a proporsi offrendo una grande disponibilità economica e di mezzi, nascondendo dietro a una faccia pulita lavoratori in nero, camion sovraccarichi e frequentazioni ambigue. Non era facile capire, anche se c’era chi girava con l’auto blindata e la scorta. Non sarà facile neppure ora”.
Se lo Stato, le Istituzioni, i sindacati, la Chiesa e le associazioni datoriali stanno alzando il muro, la ‘ndrangheta si è già posizionata da tempo lungo il percorso della Tav, anche se l’operazione Minotauro ha inferto un colpo tremendo ai loro equilibri e alle cordate in vista dei lavori.
Leggere il tracciato della Lione-Torino equivale, sinistramente, a sovrapporre il percorso alla mappa dei boss, delle famiglie mafiose e dei loro traffici criminali che, guarda caso, ruotano quasi tutti nel ciclo del cemento. Prima di analizzare, bisogna premettere che la sentenza n.362 del 2009 della Corte di Cassazione ha già riconosciuto definitivamente “un’emanazione della ‘ndrangheta nel territorio della Val di Susa e del Comune di Bardonecchia”.
Il percorso “parallelo” delle cosche inizia dai comuni di Chiusa San Michele, Villardora e Sant’Ambrogio. A cavallo di questi due ultimi paesi, il 13 dicembre 2009, nel corso di un pranzo al quale parteciparono molti boss, avvennero i festeggiamenti per conferire la dote di “santista” di ‘ndrangheta a due indagati nell’operazione Minotauro. Il loro referente era Giuseppe Commisso, detto ‘u mastru, nato a Siderno e considerato dai magistrati un padrino a Torino.
A Buttigliera Alta già nel lontano 9 dicembre 1987, quando era il clan Belfiore a dettare legge nel narcotraffico, ci fu un regolamento di conti che lasciò sull’asfalto tre morti e un ferito. Basta spostarsi di qualche chilometro ed entrare a Rivoli dove esisteva un locale (vale a dire una cellula strategica e strutturata) riconducibile alla ‘ndrina Romeo di San Luca. Oggi quel locale, racconta l’operazione Minotauro, è stato rivitalizzato da Salvatore Demasi (ritenuto padrino e capo storico), Gaetano Cortese, il “santista” Bruno Pollifroni e altri personaggi.
Sempre il pentito Varacalli racconta dei traffici della ‘ndrangheta ad Orbassano, comune delicatissimo nello scacchiere non solo geografico e commerciale ma anche politico. Qui, nelle consultazioni amministrative del 2008 è stato eletto consigliere comunale nella lista del Pdl Luca Catalano, nipote di Giuseppe Catalano, considerato dalla Procura “capo locale”di Siderno a Torino, affiliato alla ‘ndrangheta almeno dal 2006, partecipe della “società maggiore” con dote superiore a quella di “padrino”.
Luca Catalano, chiariamo, non è indagato, proclama l’innocenza dei congiunti e si è dimesso dopo l’arresto del padre Giovanni, già nel luglio dello scorso anno. Il 22 maggio 2009, nell’ambito di un incontro politico, scrivono i pm, Luca insistette perché partecipasse anche Francesco D’Onofrio, padrino e fino a febbraio 2010 reggente del “crimine” a Torino, in quanto quest’ultimo sembra avesse il controllo di Vinovo, Nichelino e Moncalieri, dove era amministratore di una casa di riposo per anziani la cui sede operativa è a Cintano. Anche D’Onofrio è caduto nelle maglie dell’operazione Minotauro.
A Grugliasco ci sono Francesco Tamburi, capo società del locale di Siderno a Torino e a Collegno, sempre secondo le cariche ricostruite il 23 giugno dai pm della Dda di Torino, e il “santista” Angelo Giglio, attivo nello stesso locale di Tamburi.
Venaria è un punto sensibile sul tracciato. Come dimostrano le indagini e una dettagliata informativa dei Carabinieri del luogo, datata 7 aprile 2010, vive “un clima di violenza e di intimidazione che connota l’attività edile in questa particolare zona dell’hinterland torinese, dove, al pari del cuorgnatese, la presenza cospicua di affiliati alla ‘ndrangheta ha reso di fatto impensabile lo svolgimento dell’attività edile senza dover corrispondere agli stessi costanti esborsi di denaro, per lo più destinati dagli affiliati al mantenimento dei carcerati”. Più chiaro di così – in vista dei lavori della Tav – si muore.
A Borgaro Torinese, secondo la ricostruzione della Procura di Torino, si staglia la figura di Benvenuto Praticò, appartenente al “crimine”, la cui presenza costante nel territorio di Borgaro e comuni limitrofi gli ha permesso di mantenere contatti con amministratori locali e di proporsi come punto di riferimento anche per personalità politiche non direttamente legate con ambienti malavitosi, come è emerso in occasione del convegno “politico-finanziario” del 19 gennaio 2009 da lui organizzato presso l’Hotel Atlantic di Borgaro Torinese.
Il percorso della Tav si dovrebbe concludere a Settimo Torinese. Questo territorio è sempre stato il feudo di Giuseppe Gioffrè, imprenditore edile, ritenuto dagli inquirenti capo società di Natile di Careri a Torino e nipote del supposto capo cosca di Seminara, Rocco. Proprio a Seminara (Reggio Calabria), Giuseppe troverà la morte nel 2009.
Per i pm il figlio Arcangelo riceve il “battesimo” di ‘ndrangheta il 16 novembre 2008. Quel giorno partecipano, tra gli altri, anche Paolo Cufari, ritenuto “capo del locale” di Natile di Careri a Torino, Girolamo Napoli, considerato “mastro di giornata” dello stesso locale e Antonio Agresta, indicato come “capo società” del locale di Volpiano (tutti caduti nella rete dell’operazione Minotauro). Nonostante l’ingresso del figlio nell’onorata società, alla morte del carismatico Giuseppe, gli inquirenti ritengono che il ruolo a Settimo Torinese sia stato “assorbito” da Francesco Perre, attuale capo del locale di Volpiano, che nella zona di Settimo Torinese starebbe raccogliendo soldi che dovranno finanziare la permanenza in carcere degli affiliati del suo “locale” di cui fanno parte anche i membri della famiglia Marando. Perre è rimasto impigliato nell’operazione Minotauro.
Un quadro, quello tracciato finora, che non comprende, paradossalmente, la città di Torino, dove la ‘ndrangheta è di casa e che non comprende comuni comunque vicini al tracciato, come Borgone di Susa (dove vivono, secondo la ricostruzione dei pm, i santisti Antonio Carrozza e Francesco Marando) o Moncalieri, dove opera un locale attivato dalla cosca Ursino di Gioiosa Ionica e formato da personaggi delle ‘ndrine Ursino-Scali di Gioiosa Ionica e Aquino-Coluccio di Marina di Gioiosa Ionica.
Contro le infiltrazioni lo Stato e le Istituzioni stanno muovendo le prime mosse sullo scacchiere, forti anche delle esperienze maturate nei cantieri emiliano-romagnoli e lombardi, dove in particolar modo hanno operato prestanome delle famiglie di ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, Crotone e dell’immancabile Locride, oltre alle famiglie siciliane di Catania e Caltanissetta e camorristiche di Caserta.
I cantieri controllati dalle cosche, che si insinuano attraverso i subappalti, il noleggio e la manodopoera, diventano spesso rifugi criminali attraverso i quali governare i più svariati traffici. Armi ed esplosivi furono ad esempio rinvenuti nei pressi di un cantiere dell’alta velocità lungo la tratta Milano –Mortara.
La Direzione investigativa antimafia è pronta agli accessi ai cantieri sotto il coordinamento della Prefettura di Torino. L’8 giugno il ministro dell’Interno Roberto Maroni, alla presenza del prefetto Alberto Di Pace, ha già annunciato che per prevenire i tentativi di infiltrazione mafiosa negli appalti sarà creato un gruppo investigativo interforze sul modello di quanto è stato fatto per la ricostruzione all’Aquila e per l’Expo 2015 di Milano.
A quell’incontro era presente anche il capo della Procura Giancarlo Caselli. I suoi uomini sono pronti più che mai a vigilare.

articolo di Roberto Galullo

(Guardie o Ladri – Il Sole 24 Ore, riportato da http://www.pinomasciari.it/?p=17247 )


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda ranvit il 08/09/2011, 16:11

La soluzione? Non fare le opere pubbliche?

Credo non ci sia opera pubblica che non attiri le Mafie, al Sud come al Nord, in Italia come ovunque nel mondo!

Le opere vanno fatte. Le Mafie vanno contrastate.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 08/09/2011, 16:19

Come la Salerno - Reggio Calabria..? :mrgreen:


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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda ranvit il 08/09/2011, 16:28

Senza la Salerno-Reggio per andare con le statali 18 e/o 19 a Reggio ci volevano, 40 anni fa, circa due giorni....oggi forse 1 giorno....
Che vogliamo fa??? Vogliamo consegnare il Sud....ma oggigiorno direi l'Italia, alle Mafie???

Anche la chemioterapia fa star male, molto male, ma spesso si riesce a sopravvivere al cancro....

Se l'alternativa è non fare le opere pubbliche la lascio agli "inceppati" della sinistra-sinistra.....inceppati perchè non riescono a concepire le "vie di mezzo".
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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 08/09/2011, 16:30

Magari farle un po' meglio, no?


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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda ranvit il 08/09/2011, 16:42

Certo! E' questa la speranza....mica non fare le opere!

Intanto pero' bisognerebbe tornare al governo....ma per vincere le elezioni con chi ci coalizziamo? Con gli "inceppati"?
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 08/09/2011, 20:15

Ecco Roberta De Monticelli, un'inceppata e una cavernicola per la gioia di Ranvit.
Per la serie: facciamo a prescindere, senza se e senza ma, senza valutare costi e benefici e poi vediamo.
Gli altri sono degli estremisti, tipo la Corte dei Conti.

http://www.gruppolaico.it/2011/08/26/il ... %99italia/

Dalla Val di Susa alla Sicilia, dall’Altopiano a Pantelleria, dalle isole toscane al Salento il paesaggio naturale e il paesaggio storico della penisola sono sottoposti a dissipazioni, cementificazioni e sconvolgimenti artificiali che non solo hanno aumentato la loro scala e intensità negli ultimi vent’anni in modo esponenziale, ma vedono proprio ora un’accelerazione improvvisa, a dispetto di ogni crisi, come se ci fosse nell’aria un presagio di diluvio incombente e un’esplosione come di furia rabbiosa, una sinistra pulsione a rapinare tutto quello che si può, finché si è in tempo. Ho accennato a disastri di genere diverso: c’è l’opera di Stato, difesa dall’esercito contro la popolazione locale, senza che un solo argomento ragionevole, in mesi e mesi di polemica, sia stato avanzato dai suoi sostenitori bipartisan (e nonostante libri interi di argomenti contrari e relative cifre, economiche e gestionali oltre che ecologiche, siano inutilmente a disposizione del pubblico); ma ci sono anche le rapine multinazionali di quelli che vanno a trivellare a un costo ridicolo il Mediterraneo sotto Lampedusa, alla ricerca del petrolio, con i rischi enormi denunciati recentemente da Luca Zingaretti su Repubblica.

CI SONO gli scempi dei litorali, beni pubblici per eccellenza regalati dai comuni e dalle regioni ai privati e alle mafie, alcuni dei quali, ad esempio in Toscana, denunciati a più riprese da Salvatore Settis sulla stampa nazionale, come molti altri dalla Liguria alla Calabria lo sono quotidianamente da Ferruccio Sansa su questo giornale. In Toscana del resto Altiero Matteoli dopo aver imposto, a prescindere dal tracciato successivo ancora da decidere, l’enorme cantiere del pezzetto dell’autostrada “Spaccamaremma” che sta sotto casa sua (a Cecina), si avvia nel silenzio generale a metter le mani dei lottizzatori su quel gioiello del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano che era l’isola di Capraia. Nel Lazio è appena stata approvata una normativa che permetterà di costruire trentacinque cosiddetti porti turistici nell’arco di un centinaio di chilometri, come fossero distributori di sigarette.

MA LE MIGLIAIA e migliaia di stupri consumati in ogni angolo del Belpaese resteranno probabilmente ignoti ai più, come quello, criminoso, che prevede un immenso parcheggio dove erano solo erba e silenzio d’alta quota, in quel paesaggio di Marcesine di cui Meneghello scriveva – ne I piccoli maestri – che “Le forme vere della natura sono forme della coscienza”. “La nostra epoca ha nutrito la propria disperazione nella bruttezza e nelle convulsioni (…). Noi abbiamo esiliato la bellezza, i Greci per essa hanno preso le armi”. Così scriveva Albert Camus nei suoi Saggi letterari. È un tema profondo della riflessione di Camus, che viene dal suo studio della tradizione neoplatonica e dal suo amore per Simone Weil. Ma oggi la realtà fa riemergere l’idea di bellezza con la prepotente attualità delle catastrofi. Oggi e qui, in Italia, si sta consumando il più gigantesco crimine contro le anime che la nostra storia – tutta intera – ricordi. La distruzione della bellezza è un crimine senza pari, un crimine di cui in troppi siamo complici: con questa tesi, che ora cercherò di illustrare, vorrei rilanciare la riflessione aperta dal mirabile articolo di Roberto Gramiccia, “Bellezza e rivoluzione: il mondo ha bisogno di entrambe” (Liberazione, 24/07/11).

Oltre a Camus, Gramiccia cita James Hillmann, che in due opere recentemente tradotte, La politica della bellezza e La risposta estetica come azione politica, coglie a distanza di sessant’anni la stessa idea – il nesso fra bellezza e rivoluzione, postulato da entrambi. “La bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno di lei” scriveva Camus. Gli fa eco Hillmann: “Se i popoli si accorgessero del loro bisogno di bellezza, scoppierebbe la rivoluzione”. Eppure quando si parla di rivoluzione non si centra a mio avviso il cuore della tragedia che stiamo vivendo, che è anche la ragione per affermare che viene commesso un crimine senza pari, o forse paragonabile a quello degli istigatori di quegli spaventosi suicidi di massa cui la storia dell’Occidente ha assistito al tempo delle rapine coloniali. La distruzione della bellezza è come un suicidio di massa delle nostre anime. E i morti non fanno una rivoluzione: né politica, né tanto meno interiore. La rivoluzione cui ci invitava Camus è un’interiore rinnovata guerra di Troia, per liberare la bellezza – Elena che ne è simbolo. “Il viso amato, la bellezza insomma, è questo il terreno su cui ci ricongiungeremo ai Greci… Ammettere l’ignoranza, rifiutare il fanatismo, porre limiti al mondo e all’uomo”. Guai a leggere in questa metafora un atteggiamento estetizzante. C’è veramente il cuore del pensiero greco, invece: la bellezza, cioè l’ordine del cosmo, è la forma visibile della giustizia.

CAMUS ci chiedeva di non relegare la giustizia nelle mani degli ideologi, o anche soltanto dei filosofi politici, per non parlare dei politici di mestiere, dei capipartito o dei sindacalisti. Tutte queste persone vedono solo alcuni aspetti della giustizia. Non ne vedono il fondo, cioè il valore che la giustizia è, come esatta misura del dovuto a ogni essere: il rispetto agli umani, il respiro ai viventi, la pietà alla memoria dei padri e alla loro eredità, la custodia ai beni comuni, la difesa ai paesaggi storici, che sono il nostro stesso volto, la nostra identità culturale e spirituale. “Quando la giustizia perisce, non ha più alcun valore l’esistenza degli uomini sulla terra” – scriveva Kant. Ma la bellezza è lo splendore di ciò che è prezioso, è l’essenza del valore che si fa visibile. Ecco: come possiamo sentire, percepire che la nostra esistenza non ha più valore se abbiamo ucciso in noi il sentimento della bellezza, se non soffriamo più di fronte alla sua distruzione? Per questo quella cui stiamo assistendo è la tragedia del suicidio morale di una nazione. Per questo tutti gli istigatori di questo suicidio stanno commettendo un crimine senza pari.



Roberta De Monticelli il Fatto Quotidiano 23 agosto 2011

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TORINO - Costosa e inutile. Osteggiata dal popolo No Tav e contestata dai gruppi di estrema sinistra, la linea ad alta capacità Torino-Lione si trova davanti un altro muro: quello dei dati Istat sul trasporto merci, analizzati dall'ingegnere aeronautico Alessandro Gily.
Secondo i dati, raccolti in un dossier di una ventina di pagine, la richiesta di trasporto merci in Italia è aumentata negli ultimi 15 anni in media dell'1% all'anno, con un andamento piuttosto costante. 11 mezzo più utilizzato si conferma il trasporto stradale che copre una quota pari al 70%, segue il trasporto marittimo, in progressivo aumento, e per ultimo il trasporto ferroviario (8,4%). In particolare, dal '96 al 2004, l'andamento del traffico merci ferroviario (che ha trasportato circa 85 milioni di tonnellate nel 2004) è risultato stazionario. La stessa stabilità si riscontra confrontando i dati degli ultimi 30 anni in Val Susa, dove «la quota modale della ferrovia in Val di Susa - spiega Gily - è stata nel
2005 del 35%, cioè quattro volte più alta del valore nazionale che è dell'8%. Oltretutto se l'anno scorso la ferrovia avesse solo funzionato come 10 anni prima, la quota modale ferroviaria nel 2005 in Val Susa sarebbe stata almeno del 50%».
Dall'analisi emerge in tutta evidenza come, per i prossimi trent'anni «la linea ad alta capacità Torino-Lione - puntualizza Gily - non sia assolutamente necessaria».
Ma l'analisi si spinge oltre e
ipotizzando un raddoppio, nei prossimi 30 anni, del traffico merci in Val Susa con una quota pari a 40 milioni di tonnellate, stima una potenzialità della linea ferro-viaria «di 25-30 milioni di tonnellate all'anno - continua Gily - con la quota modale della ferrovia che passerebbe dall'attuale 35% al 63-75%. L'attuale capacità della linea storica è valutabile intorno ai 16 milioni di tonnellate l'anno in condizioni di esercizio «tradizionali", un valore che è pari a quasi un quinto di tutte le merci trasportate per ferrovia in Italia nel 2004».
In questo quadro si inserisce la proposta alternativa al Tav, cioè l'ammodernamento della linea storica «secondo le attuali tecnologie - precisa Gily - che consentirebbe di aumentare di almeno 70 treni al giorno la potenzialità della linea in condizioni di esercizio tradizionali nonché di utilizzare treni merci più pesanti che porterebbero a una capacità totale intorno a 36 milioni di tonnellate l'anno».
La proposta alternativa sarebbe quella di ristrutturare la linea storica", sufficiente ai bisogni previsti.
Una soluzione "altra" sostenuta dal gruppo regionale Sinistra per l'Unione con l'obiettivo di avviare «un confronto costruttivo - spiega il consigliere regionale Mariano Turigliatto - e di far ripartire la discussione su basi diverse rispetto a quelle che hanno portato al muro contro muro dei mesi scorsi». D'altronde «la fase delle soluzioni calate dall'alto deve finire» come aggiunge Paolo Foietta, il coordinatore della segreteria tecnica della Commissione Rivalta.

Simona Savoldi

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Cosa c'entri la chemioterapia con le speculazioni, la disinformazione e il dissesto dell'erario e del territorio (e del buon senso) davvero mi sfugge.
Limiti di cavernicoli.
Praticamente questa è la pretesa: accettare tutte le cementificazioni possibili, perchè, pur a fronte di un'Italia cementificata da paura (dati alla mano chi mi smentisce?), altrimenti c'è da diventare appunto cavernicoli.
Quindi avanti con le grandi opere in mano alle imprese amiche dei nostri politicanti, con un sistema contrattuale che incentiva le opere senza fine e le più costose (sistema Bertolaso-Moretti) e guai a dire "calma, le cose non stanno proprio come le raccontano lorsignori, informiamoci bene prima di tacciare il prossimo di essere un povero idiota con fisime silvopastorali", si finisce tra la massa degli infatili velleitari.
Inceppati come la De Monticelli o Settis, questi loschi ed estremisti Black Blok.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 08/09/2011, 20:36

flaviomob ha scritto:Questa volta è l’istantanea di Pietro Pipicella, 37 anni, detto Petri di Giusi ‘u zoppo. La riconosce: per lui è affiliato alla ‘ndrangheta, riveste il grado di picciotto èd stato nel 2006 “capo giovani”. Eh sì, le cosche ci tengono alle nuove leve. Lavora in un impresa edile dell’Alta velocità nel Nord e secondo la Procura di Torino che il 9 giugno 2011 lo prenderà nell’ambito dell’operazione Minotauro con la quale assesta un colpo durissimo alle cosche calabresi in Piemonte, nel frattempo ha fatto carriera. I pm scoprono che è diventato esponente del locale di Natile di Careri a Torino, partecipe della “società minore” ed è affiliato alla ‘ndrangheta almeno dal ‘97.
Pipicella non è l’unico picciotto con un pedigree pronto da spendere proprio mentre i lavori dell’Alta velocità in Piemonte sono partiti. La torta miliardaria di quest’opera faraonica e discussa non sfugge agli appetiti delle cosche e ben lo sa chi è già passato attraverso questa esperienza. “Ho conosciuto la mafia in occasione dei cantieri dell’Alta velocità – dichiara il presidente della Camera di commercio di Reggio Emilia, Enrico Bini – Venivano a proporsi offrendo una grande disponibilità economica e di mezzi, nascondendo dietro a una faccia pulita lavoratori in nero, camion sovraccarichi e frequentazioni ambigue. Non era facile capire, anche se c’era chi girava con l’auto blindata e la scorta. Non sarà facile neppure ora”.
Se lo Stato, le Istituzioni, i sindacati, la Chiesa e le associazioni datoriali stanno alzando il muro, la ‘ndrangheta si è già posizionata da tempo lungo il percorso della Tav, anche se l’operazione Minotauro ha inferto un colpo tremendo ai loro equilibri e alle cordate in vista dei lavori.
Leggere il tracciato della Lione-Torino equivale, sinistramente, a sovrapporre il percorso alla mappa dei boss, delle famiglie mafiose e dei loro traffici criminali che, guarda caso, ruotano quasi tutti nel ciclo del cemento. Prima di analizzare, bisogna premettere che la sentenza n.362 del 2009 della Corte di Cassazione ha già riconosciuto definitivamente “un’emanazione della ‘ndrangheta nel territorio della Val di Susa e del Comune di Bardonecchia”.
Il percorso “parallelo” delle cosche inizia dai comuni di Chiusa San Michele, Villardora e Sant’Ambrogio. A cavallo di questi due ultimi paesi, il 13 dicembre 2009, nel corso di un pranzo al quale parteciparono molti boss, avvennero i festeggiamenti per conferire la dote di “santista” di ‘ndrangheta a due indagati nell’operazione Minotauro. Il loro referente era Giuseppe Commisso, detto ‘u mastru, nato a Siderno e considerato dai magistrati un padrino a Torino.
A Buttigliera Alta già nel lontano 9 dicembre 1987, quando era il clan Belfiore a dettare legge nel narcotraffico, ci fu un regolamento di conti che lasciò sull’asfalto tre morti e un ferito. Basta spostarsi di qualche chilometro ed entrare a Rivoli dove esisteva un locale (vale a dire una cellula strategica e strutturata) riconducibile alla ‘ndrina Romeo di San Luca. Oggi quel locale, racconta l’operazione Minotauro, è stato rivitalizzato da Salvatore Demasi (ritenuto padrino e capo storico), Gaetano Cortese, il “santista” Bruno Pollifroni e altri personaggi.
Sempre il pentito Varacalli racconta dei traffici della ‘ndrangheta ad Orbassano, comune delicatissimo nello scacchiere non solo geografico e commerciale ma anche politico. Qui, nelle consultazioni amministrative del 2008 è stato eletto consigliere comunale nella lista del Pdl Luca Catalano, nipote di Giuseppe Catalano, considerato dalla Procura “capo locale”di Siderno a Torino, affiliato alla ‘ndrangheta almeno dal 2006, partecipe della “società maggiore” con dote superiore a quella di “padrino”.
Luca Catalano, chiariamo, non è indagato, proclama l’innocenza dei congiunti e si è dimesso dopo l’arresto del padre Giovanni, già nel luglio dello scorso anno. Il 22 maggio 2009, nell’ambito di un incontro politico, scrivono i pm, Luca insistette perché partecipasse anche Francesco D’Onofrio, padrino e fino a febbraio 2010 reggente del “crimine” a Torino, in quanto quest’ultimo sembra avesse il controllo di Vinovo, Nichelino e Moncalieri, dove era amministratore di una casa di riposo per anziani la cui sede operativa è a Cintano. Anche D’Onofrio è caduto nelle maglie dell’operazione Minotauro.
A Grugliasco ci sono Francesco Tamburi, capo società del locale di Siderno a Torino e a Collegno, sempre secondo le cariche ricostruite il 23 giugno dai pm della Dda di Torino, e il “santista” Angelo Giglio, attivo nello stesso locale di Tamburi.
Venaria è un punto sensibile sul tracciato. Come dimostrano le indagini e una dettagliata informativa dei Carabinieri del luogo, datata 7 aprile 2010, vive “un clima di violenza e di intimidazione che connota l’attività edile in questa particolare zona dell’hinterland torinese, dove, al pari del cuorgnatese, la presenza cospicua di affiliati alla ‘ndrangheta ha reso di fatto impensabile lo svolgimento dell’attività edile senza dover corrispondere agli stessi costanti esborsi di denaro, per lo più destinati dagli affiliati al mantenimento dei carcerati”. Più chiaro di così – in vista dei lavori della Tav – si muore.
A Borgaro Torinese, secondo la ricostruzione della Procura di Torino, si staglia la figura di Benvenuto Praticò, appartenente al “crimine”, la cui presenza costante nel territorio di Borgaro e comuni limitrofi gli ha permesso di mantenere contatti con amministratori locali e di proporsi come punto di riferimento anche per personalità politiche non direttamente legate con ambienti malavitosi, come è emerso in occasione del convegno “politico-finanziario” del 19 gennaio 2009 da lui organizzato presso l’Hotel Atlantic di Borgaro Torinese.
Il percorso della Tav si dovrebbe concludere a Settimo Torinese. Questo territorio è sempre stato il feudo di Giuseppe Gioffrè, imprenditore edile, ritenuto dagli inquirenti capo società di Natile di Careri a Torino e nipote del supposto capo cosca di Seminara, Rocco. Proprio a Seminara (Reggio Calabria), Giuseppe troverà la morte nel 2009.
Per i pm il figlio Arcangelo riceve il “battesimo” di ‘ndrangheta il 16 novembre 2008. Quel giorno partecipano, tra gli altri, anche Paolo Cufari, ritenuto “capo del locale” di Natile di Careri a Torino, Girolamo Napoli, considerato “mastro di giornata” dello stesso locale e Antonio Agresta, indicato come “capo società” del locale di Volpiano (tutti caduti nella rete dell’operazione Minotauro). Nonostante l’ingresso del figlio nell’onorata società, alla morte del carismatico Giuseppe, gli inquirenti ritengono che il ruolo a Settimo Torinese sia stato “assorbito” da Francesco Perre, attuale capo del locale di Volpiano, che nella zona di Settimo Torinese starebbe raccogliendo soldi che dovranno finanziare la permanenza in carcere degli affiliati del suo “locale” di cui fanno parte anche i membri della famiglia Marando. Perre è rimasto impigliato nell’operazione Minotauro.
Un quadro, quello tracciato finora, che non comprende, paradossalmente, la città di Torino, dove la ‘ndrangheta è di casa e che non comprende comuni comunque vicini al tracciato, come Borgone di Susa (dove vivono, secondo la ricostruzione dei pm, i santisti Antonio Carrozza e Francesco Marando) o Moncalieri, dove opera un locale attivato dalla cosca Ursino di Gioiosa Ionica e formato da personaggi delle ‘ndrine Ursino-Scali di Gioiosa Ionica e Aquino-Coluccio di Marina di Gioiosa Ionica.
Contro le infiltrazioni lo Stato e le Istituzioni stanno muovendo le prime mosse sullo scacchiere, forti anche delle esperienze maturate nei cantieri emiliano-romagnoli e lombardi, dove in particolar modo hanno operato prestanome delle famiglie di ‘ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, Crotone e dell’immancabile Locride, oltre alle famiglie siciliane di Catania e Caltanissetta e camorristiche di Caserta.
I cantieri controllati dalle cosche, che si insinuano attraverso i subappalti, il noleggio e la manodopoera, diventano spesso rifugi criminali attraverso i quali governare i più svariati traffici. Armi ed esplosivi furono ad esempio rinvenuti nei pressi di un cantiere dell’alta velocità lungo la tratta Milano –Mortara.
La Direzione investigativa antimafia è pronta agli accessi ai cantieri sotto il coordinamento della Prefettura di Torino. L’8 giugno il ministro dell’Interno Roberto Maroni, alla presenza del prefetto Alberto Di Pace, ha già annunciato che per prevenire i tentativi di infiltrazione mafiosa negli appalti sarà creato un gruppo investigativo interforze sul modello di quanto è stato fatto per la ricostruzione all’Aquila e per l’Expo 2015 di Milano.
A quell’incontro era presente anche il capo della Procura Giancarlo Caselli. I suoi uomini sono pronti più che mai a vigilare.

articolo di Roberto Galullo

(Guardie o Ladri – Il Sole 24 Ore, riportato da http://www.pinomasciari.it/?p=17247 )



Sistema noto da tempo e poi consolidato da Lunardi (Legge Obiettivo per le Grandi Opere - Legge delega 21 dicembre 2001, n. 443), anche se inventato da Pomicino.
Quindi nulla di nuovo.
Si poteva sperare prudenza per taluni progetti ed invece tutti, dico tutti, si sono buttati a pesce, raccontandoci le balle che così si creava lavoro, progresso etc etc.
Salvo spolpare l'erario, l'ambiente e regalando ai nostri figli un'Italia peggiore dell'attuale.
Molto molto lunigimiranti si.

http://www.youtube.com/watch?v=FROzh6NAicw
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda ranvit il 08/09/2011, 21:40

Per la mia gioia constato, ancora una volta, che probabilmente questo signore ha un po' di problemi se mi tira costantemente in ballo facendomi dire cose che non ho mai detto :twisted:
Ma chi cazzo ha mai detto che è bene cementificare o fare la cresta sulle opere pubbliche, etc etc???

Tra l'altro, nello specifico, gli inceppati cui mi riferivo sono i militanti ed elettori della sinistra radicale....che non necessariamente coincidono con i no-tav e no-qualsiasi cosa....come Pecoraro Scanio :D
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Torta ad Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 14/09/2011, 23:06

FATTI QUOTIDIANI | di Redazione Il Fatto Quotidiano 14 settembre 2011


Il libro nero della Tav di Ivan Cicconi

Capitolo 2: Luigi Preti e la grande truffa Il secondo capitolo di “Il libro nero dell’Alta velocità” fornisce alcuni concetti chiave su un tema normalmente trascurato. La grande opera lascia in eredità alle generazioni future un debito ingente e ingiustificato. L’11 dicembre 2008 la Corte dei Conti ha depositato una relazione sui debiti accollati al bilancio dello Stato dalle Fs, e ha messo a fuoco proprio questo concetto: i debiti fatti per costruire le linee ad Alta velocità, che in base ai piani dovevano essere pagati almeno per il 60 per cento dai privati. Ricordiamo le cifre. Da un costo di 30 mila miliardi di vecchie lire siamo arrivati ad oltre 90 miliardi di euro, 180 mila miliardi di vecchie lire. “Da un costo medio a chilometro per il quale i ministri competenti avevano deliberato l’allineamento con il costo medio di altre analoghe infrastrutture europee, siamo ad un costo almeno cinque volte maggiore sia di quelle spagnole che di quelle francesi”, spiega Ivan Cicconi nel secondo capitolo di “Il libro nero dell’Alta velocità”.

Scrive la Corte dei conti nella sua relazione: “In buona sostanza l’uso del debito pubblico abbondantemente praticato da Ferrovie dello Stato, anche in periodi storici talvolta già lontani nel tempo, e poi scaricato sull’Erario, viene trasmesso a generazioni future, senza che sia data alcuna prova che le stesse possano in qualche in modo avvantaggiarsene: non esiste infatti alcuna relazione o documentazione, negli atti a supporto dell’accollo del debito, dalla quale si evinca che allo stesso siano correlati beni pubblici ancora produttivi al momento in cui tale debito finirà di essere pagato. Anzi, le modalità con cui questi debiti vengono assunti lasciano intendere che gli effetti sulla distribuzione intergenerazionale delle risorse non siano stati in alcun modo tenuti presenti e neppure calcolati in astratto”.

Tutto questo è andato avanti per 25 anni senza che nessuno dei sedici ministri che si sono succeduti ai Trasporti abbia sollevato un’obiezione sul senso di tutta l’operazione. Per questo, commenta Cicconi, “la ricostruzione di questa storia è fondamentale anche per capire il perché di un Paese che riesce a non vedere una truffa di dimensioni colossali, che resta silente quando questa viene certificata da leggi ed organi dello Stato e che lascia in libertà i mariuoli che l’hanno ordita o consentita o favorita o tollerata o anche solo colpevolmente ignorata”.

(Il Fatto)


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