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Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda flaviomob il 17/08/2011, 23:27

Francia e Germania la imporranno all'Europa, altrimenti salta tutto. Finalmente una buona notizia!

da Repubblica.it

L'ANALISI
Tobin, la tassa che non piace ai traders
di LEONARDO BECCHETTI

Una delle conclusioni principali del vertice Sarkozy-Merkel 1 è la proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie in sede europea nel prossimo mese di Settembre. Il parlamento europeo si è già espresso a suo favore a maggioranza (il 16 Marzo 2011). Proprio Germania e Francia sono stati sino ad oggi i sostenitori più strenui.

La tassa sulle transazioni è meglio nota come Tobin tax poiché l'idea divenne popolare a seguito della proposta del noto economista James Tobin che nel 1972 propose di imporre una tassa sulle transazioni per "gettare sabbia negli ingranaggi dei traders" dei mercati internazionali dei cambi, le cui turbolenze erano poca cosa rispetto a quanto accade oggi ma iniziavano ad ogni modo a preoccupare. Poco dopo il suo concepimento, la Tobin fu seppellita dalle critiche degli stessi economisti che sostenevano che la tassa fosse troppo difficile da raccogliere e facile da eludere, generando fughe di capitali verso i paesi che non l'applicavano e impedendo di fatto l'attuazione in un'area geografica limitata che non fosse l'intera economia mondiale.

Queste classiche obiezioni sono state decisamente confutate dalla ricerca più recente, riassunta in un quaderno di ricerca dello stesso Fondo Monetario Internazionale che evidenzia come tasse Tobin (nulla di diverso dai tradizionali fissati bollati) siano di fatto in vigore in circa 13 paesi senza aver provocato nessuna fuga dei capitali. Una delle tasse sulle transazioni più elevate è in vigore proprio nella City di Londra che si finanzia con una Duty Stamp Tax dello 0.5 percento del valore di tutti i titoli acquistati sulla sua borsa. La contrarietà del Regno Unito alla proposta anglo-francese dunque non ha nulla di ideologico ma si basa sul semplice fatto che il paese non vuole perdere un privilegio di cui già gode quasi in esclusiva e rappresenta un vantaggio comparato per finanziare le proprie attività rispetto alle altre piazze finanziarie europee.

Anche a seguito di questi risultati il consenso verso la tassa è progressivamente cresciuto anche tra gli accademici. In Italia un appello di 130 economisti 2 ha sollecitato la sua applicazione. L'appello è poi confluito in uno di 1000 accademici a livello mondiale 3 tra i quali fanno spicco i nomi di Stiglitz, Rodrik e Atkinson. Sulla Tobin Tax esiste da anni una mobilitazione a livello internazionale guidata da associazioni come Attac 4. I calcoli sul prelievo possibile dalla tassa variano oscillando dai 100 ai 400 miliardi di dollari l'anno. Una volta raccolta si pone il problema del suo utilizzo (finanziamento beni pubblici globali, Millennium Goals?) anche se la riparazione dei guasti alle finanze pubbliche generati dalla crisi finanziaria sembra una delle destinazioni più plausibili.

Per capire perché la Tobin ha oggi consensi crescenti da parte dell'opinione pubblica, degli addetti ai lavori e delle forze politiche dobbiamo fare un piccolo sforzo per capire la storia e la genesi di questa crisi nella quale, a livello internazionale, il salvataggio di grandi intermediari finanziari dal fallimento provoca l'indebolimento dei bilanci dei governi che vengono poi successivamente attaccati dagli stessi intermediari salvati.

Per capirci è come se un benefattore facesse una gigantesca trasfusione nei confronti di un malato in fin di vita per salvarlo e questo poi, per tutta riconoscenza, si rivolgesse verso il salvatore indebolito dalla trasfusione per pugnalarlo. Lo spettacolo più triste sono i commenti di alcuni presunti "esperti" che invece di cercare di intervenire sulle cause se la prendono con il salvatore dicendo che in effetti era cagionevole ed è sua la colpa di questo improvviso peggioramento di salute. Se esistono colpe per la Grecia sicuramente non sono le eccessive spese sociali (ma i salvataggi delle banche) che hanno trasformato in un incubo il bilancio irlandese con un rapporto deficit/PIL del 30 percento (dieci volte i limiti di Maastricth) e un rapporto debito/PIL che esplode dal 29 al 120 percento in un anno.

Il merito della Tobin tax in questo contesto è quello di intervenire nella direzione giusta proponendo una restituzione di risorse dagli intermediari finanziari ai bilanci pubblici. Con l'ulteriore pregio di rallentare le operazioni ad altissima frequenza che ormai sono la gran parte di quelle che si svolgono sui mercati finanziari globali.

La proposta anglo-francese oggi ha ricevuto consensi bipartisan in Italia (Bersani dall'opposizione e Alemanno dalla maggioranza). Poco tempo fa persino il nostro governo l'aveva timidamente inserita in finanziaria con un'aliquota tre volte superiore a quella proposta dalla campagna internazionale 005 5 attraverso la quale decine di organizzazioni della società civile si battono da tempo e lodevolmente per la sua introduzione. L'idea italiana era stata accantonata, si dice, anche a causa di una battuta di Trichet che sosteneva che gettare sabbia negli ingranaggi non risolve il problema.

Invece gettare sabbia negli ingranaggi è molte volte proprio la soluzione giusta. Un solo esempio: il mercato immobiliare negli Stati Uniti è noto per aver progressivamente abolito tutti i costi di transazione e "la sabbia negli ingranaggi" della compravendita di abitazioni (che invece esistono e sono numerosi in Italia). Questo ha trasformato gli immobili in attività speculative tanto che, alla vigilia della crisi finanziaria mondiale, il 26 percento degli acquisti di case era solo sulla carta per realizzare guadagni in conto capitale. La trasformazione delle case in titoli speculativi ha favorito la creazione di quella bolla dei prezzi degli immobili che è una delle cause scatenanti della crisi globale e ha generato successivamente un crollo dei prezzi delle abitazioni (tutt'altro che beni rifugio come da noi) da cui il mercato non si è più ripreso. Qualche volta gettare sabbia negli ingranaggi sarà rozzo ma è il metodo più efficace attraverso cui gli apprendisti stregoni che hanno creato i Frankestein della finanza di oggi possono sperare di riprendere il controllo della situazione.

E' del tutto evidente che la Tobin non basta e che vanno attuate una serie di riforme dei mercati finanziari per evitare il rischio di nuove crisi (riduzione della dimensione o aumento del capitale di vigilanza di intermediari too big to fail, divieto di trading proprietario delle banche, standardizzazione di tutti i mercati non regolamentati, limiti massimi sulla leva degli intermediari, ecc.) accompagnate da più disciplina nei conti degli stati nazionali e da una politica fiscale a livello UE. La Tobin è però il grimaldello attraverso il quale la società civile e la politica possono riprendere il controllo della situazione e la loro sovranità sui mercati finanziari. Una sua approvazione sarà il segnale che la politica ce la può ancora fare e la speranza che sia possibile proseguire anche con le altre riforme.

L'unica speranza in questi momenti difficili è che ormai siamo tutti dallo stesso lato della barricata nel tentativo di riprendere il controllo di meccanismi impazziti (che rischiano di distruggere il sistema travolgendo tutti). Non esistono più buoni o cattivi ma solo vittime e tutti insieme dobbiamo cercare la soluzione.
(17 agosto 2011)


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Re: Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda ranvit il 18/08/2011, 9:23

Concordo. Spero si possa realmente attivare.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda flaviomob il 24/08/2011, 10:11

Non c’è nulla di più antipatico dei saputelli che indicano la via per uscire da ogni crisi. Ma questa cosa della Tobin Tax che sta riempiendo leprime pagine di tutti i giornali europei, ad onor del vero, non c’è nuova. Nell’anno 2000 la proponemmo insieme ad altre associazioni all’interno del primo World Social Forum (marchio da noi registrato un anno prima di Porto Alegre alla Camera di commercio) all’interno di Civitas in Padova.

Certo. Avremmo preferito che la tassa fosse introdotta undici anni fa come da noi proposto ma così non fu. E l’evidenza è sotto gli occhi di tutti. Non solo. Non sarà neppure facile introdurla tutt’oggi anche se a proporlo non è più la società civile organizzata ma quella politica di serie A: Sarkozy & Merkel. E’ infatti fredda la reazione dei mercati dopo il Summit dell’Eliseo; deboli le piazze europee. Prevalgono i timori sulla proposta d’ introdurre la tassa europea sulle transazioni finanziarie. Ma se i mercati dicono nisba Bruxelles accelera e presenterà una legge dopo l’estate. La premier tedesca ha capito che non v’è altra strada da percorrere.

Nel 2000 invitammo Marina Ponti, allora rappresentante di Mani Tese, che oggi è funzionaria presso il Palazzo di vetro per gli Obiettivi del Millennio. Ella intervenne sulle “crisi finanziarie internazionali”. Riportiamo un estratto del suo intervento: “La crescita dell’economia finanziaria negli ultimi 30 anni è incredibile. Ogni giorno sul mercato delle valute sono scambiati 1.800 miliardi di dollari. Sono dollari che diventano euro, che poi si trasformano in franchi svizzeri, e che, pochi minuti dopo, sono già yen giapponesi.

Per comprendere l’entità di questa cifra, basti dire che il commercio globale mondiale (la totalità di tutti gli scambi di beni e servizi), in un anno è un totale di 4,3 trilioni di dollari: è quanto si scambia nel mercato dei cambi in tre giorni e mezzo. Il dato più sconcertante è che il 95% di queste transazioni sono di natura speculativa: non compro dollari perché devo acquistare merci negli Stati Uniti, ma perché penso o credo o meglio scommetto che il valore del dollaro aumenti. Così posso perdere o guadagnare basandomi su semplici aspettative di svalutazioni di alcune valute e di apprezzamenti di altre.

Nei mercati finanziari inoltre si possono ottenere i più alti rendimenti monetari e questo porta a un’altra perversa situazione, quella per cui sempre più capitali sono sottratti a investimenti nell’economia reale, cioè nell’economia produttiva, per essere investiti in quella finanziaria. In poche settimane posso ottenere sui mercati finanziari un rendimento del capitale investito del 30% o addirittura del 50%. Mentre i tempi nell’economia reale sono lunghi e i rendimenti bassi.

Una delle conseguenze più devastanti della nuova economia è l’opportunità per i capitali di fuggire in maniera rapida e incontrollata da un Paese, provocando in maniera quasi istantanea crisi molto profonde.Pensiamo alla crisi del sud est asiatico, la più drammatica degli ultimi 10 anni. Nel 1997 le borse di quei paesi sono scese del 20 per cento, le loro valute sono scese del 30-50% del loro valore. Negli ultimi anni c’è stato un deficit di sviluppo, che oscilla dall’8% al 41%. La recessione porta al conflitto sociale, e alla rivolta politica. Il crescere dei conflitti etnici lo testimonia. I due fattori di instabilità sociale e politica rafforzano il panico sugli investitori, così il ciclo ricomincia.

La crescita del Pil mondiale è scesa dal 4% previsto al 2%. Sono in recessione l’Asia orientale, il Giappone, la Russia. Molte delle crisi attuali sono accentuate se non provocate da fattori psicologici: dall’alternarsi dell’euforia e del panico. Molte crisi sono scatenate da shock. L’euforia si trasforma in panico. C’è urgente necessità che i Paesi intervengano per prevenire le crisi. Una prima proposta è la Tobin Tax: un’imposta bassa sulle transazioni valutarie. Quali sono le implicazioni di quella che noi chiamiamo “una tassa giusta”?

C’è una valenza simbolica: il segno dell’intervento dei governi nell’economia di carta. Secondo: frenerebbe le speculazioni. Terzo: per creare questo accordo internazionale sulla tassa serve il monitoraggio di tutti i passaggi dei capitali. È semplice ripulire oggi il denaro sporco nei mercati finanziari. Quarto: senza pesare sul lavoro, sui cittadini, permetterebbe di reperire nuove risorse utilizzabili per finanziare la cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà.

Chiudo citando Alex Michalos, che ha pubblicato un libro sulla Tobin Tax: “Già da qualche anno c’è qualcuno che ogni giorno ci ricorda che siamo entrati nell’era della globalizzazione. Sebbene ancora non sia chiaro cosa ciò significhi, nessuno dubita che nel XXI secolo le popolazioni che vivono nelle diverse parti del mondo saranno più interdipendenti di quanto non lo fossero mai state nei secoli precedenti. Prima o poi gli uomini capiranno che, alla fine, la bruta competizione darwinista dovrà cedere il passo a una cooperazione straordinaria per conseguire l’obiettivo comune di una qualità della vita sostenibile per tutti gli abitanti del pianeta. Quando quel giorno arriverà, sarà consolante sapere che alcuni tipi di imposte sulle transazioni finanziarie possono aiutare a fornire i mezzi per finanziare molte delle iniziative e istituzioni, che saranno necessarie in quel mondo più perfetto”. [FP]

http://www.unimondo.org/Notizie/Si-alla ... -Da-sempre


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Re: Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda trilogy il 24/08/2011, 12:13

In questo articolo ci sono considerazioni che condivido, altre che sono molto discutibili.
Trilogy

flaviomob ha scritto:.
Nei mercati finanziari inoltre si possono ottenere i più alti rendimenti monetari e questo porta a un’altra perversa situazione, quella per cui sempre più capitali sono sottratti a investimenti nell’economia reale, cioè nell’economia produttiva, per essere investiti in quella finanziaria. In poche settimane posso ottenere sui mercati finanziari un rendimento del capitale investito del 30% o addirittura del 50%. Mentre i tempi nell’economia reale sono lunghi e i rendimenti bassi.


Questo è vero solo in parte. Nessuno ottiene in modo stabile rendimenti del capitale del 30%-50% in poche settimane sui mercati finanziari. Non confondiamo i rendimenti del capitale legati a singole operazioni, con quelli che sono i rendimenti annui. Teoricamente un rendimento simile è possibile solo ad alcune condizioni: l'impiego di una forte leva finanziaria (capitali a credito, marginazione), l'utilizzo di un money management molto aggressivo ( per capirsi, tipo la martingala in utile alla roulette); indovinare una serie lunga di operazioni positive, senza errori. Il problema è che al primo errore si perde l'intero capitale e oltre. Quando leggiamo sui giornali o su alcune pubblicità del forex risultati del genere, questi sono legati ad osservazioni relative a brevi periodi di tempo, che statisticamente non sono significative.
Un dato che non viene mai fornito è che il 90% dei conti dei piccoli traders sono in perdita, solo il 10% è in utile. La statistica è pressochè identica sia sui conti europei che americani. I profitti sono concentrati in un ristretto numero di banche d'affari, e legati principalmente al "flash trading" (qui l'introduzione del tobin tax ha un effetto positivo). Per quanto riguarda le banche italiane, utili di questo genere sono molto modesti e concentrati nel trading sui titoli di stato, che ovviamente si vogliono escludere dall'applicazione della tassa. :mrgreen:


flaviomob ha scritto:.
Una delle conseguenze più devastanti della nuova economia è l’opportunità per i capitali di fuggire in maniera rapida e incontrollata da un Paese, provocando in maniera quasi istantanea crisi molto profonde.Pensiamo alla crisi del sud est asiatico, la più drammatica degli ultimi 10 anni. Nel 1997 le borse di quei paesi sono scese del 20 per cento, le loro valute sono scese del 30-50% del loro valore. Negli ultimi anni c’è stato un deficit di sviluppo, che oscilla dall’8% al 41%. La recessione porta al conflitto sociale, e alla rivolta politica. Il crescere dei conflitti etnici lo testimonia. I due fattori di instabilità sociale e politica rafforzano il panico sugli investitori, così il ciclo ricomincia.

La crescita del Pil mondiale è scesa dal 4% previsto al 2%. Sono in recessione l’Asia orientale, il Giappone, la Russia. Molte delle crisi attuali sono accentuate se non provocate da fattori psicologici: dall’alternarsi dell’euforia e del panico. Molte crisi sono scatenate da shock. L’euforia si trasforma in panico.


Qui si confonde credito, investimenti e beneficenza. I capitali quando funggono o arrivano in un settore o in un paese hanno un motivo. I prezzi di qualunque attività finanziaria sono composti da elementi reali e aspettative, panico ed euforia fanno parte della natura dell'uomo . Possiamo introdurre tutte le tobin tax che vogliamo ma questo non cambia.
L'errore grossolano (e pericoloso) è vedere nel comportamento descritto qualche cosa di speculativo e per forza negativo. Facciamo alcuni esempi: Sono un risparmiatore, ho comprato obbligazioni Parmalat o Argentina.
Su questi emittenti cominciano a circolare voci legati a problemi di solvibilità. Sono un risparmiatore fiducioso e rimango con i miei titoli in mano.... perdo tutto però non ho pagato la Tobin Tax. Altro caso, sono il gestore di un fondo pensione, ho obbligazioni degli stessi emittenti, circolano voci di problemi. Non sono uno speculatore quindi mantengo i titoli. Il creditore va a rotoli, perdo i capitali investiti. A questo punto mando una lettera al lavoratore che me li aveva affidati "caro signore il valore del suo fondo pensione si è ridotto del 20% ma abbiamo sostenuto l'Argentina e la Parmalat e risparmiato la Tobin Tax, lei può essere orgoglioso di noi."
Dall'altro lato teniamo presente che l'euforia può sostenere grandi cambiamenti e innovazioni epocali. L'euforia finanziaria che ha fatto affluire miliardi di dollari d'investimenti sul settore delle energie alternative ha permesso lo sviluppo tecnologico e produttivo straordinario dei vari solari, fotovoltaici, eolici.
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Tobin Tax, tutti ne parlano ma nessuno dice come (non) funzi

Messaggioda franz il 27/08/2011, 7:49

Di Leonardo Baggiani, su IBL (http://www.chicago-blog.it/2011/08/26/t ... -funziona/)

Ci stiamo arrivando: alla fine la Tobin Tax verrà adottata, ne sono sicuro. Resta da vedere in quale modo, in che tempi, su quali basi, con quali eccezioni… insomma resta da vedere tutto, ma io sono sicuro che qualcosa verrà messo, e verrà definito Tobin Tax. Perché? Perché si vuol frenare la speculazione e finalmente riprendere il controllo dei mercati? Perché le autorità finalmente hanno deciso di intervenire per risollevare questa economia così sofferenze? Macché… Lo faranno perché sono al bivio tra la riduzione dello Stato o la spremitura fiscale di tutto il possibile; e siccome i nostri supereroi, piuttosto che ridurre la macchina politica che dà loro il pane (e molto companatico) si taglierebbero le gonadi, hanno bisogno di trovare molti soldi, e pur di averli potrebbero mandare in malora tutto l’ambiente economico che gira attorno alla loro macchinona.

La scusa è un classico: introduciamo una imposta che freni la speculazione, che liberi i prezzi di Borsa dal bieco gioco al ribasso dei grandi fondi, e così proteggeremo il risparmio nonché il prestigio dei nostri titoli di Stato; la Tobin Tax, la tassazione delle operazioni sul mercato finanziario in quanto tali è la soluzione.

Provo a dirvi io come stanno le cose riguardo la Tobin Tax.

Effettivamente Tobin propose una tassazione su certa operatività finanziaria in un certo senso per combattere la speculazione, intesa come il continuo gioco di spinte al rialzo o al ribasso dei prezzi. In realtà Tobin pensava, in quel contesto, al tasso di cambio: suo scopo era quello di ridurre le sue oscillazioni di breve periodo, cioè di evitare quel continuo sali-scendi che comportava incertezze sul valore monetario di operazioni trans-frontaliere e quindi sicuramente non permetteva il completo dispiegarsi dell’attività economica. Chiaramente dal mio punto di vista, Tobin aveva torto a porsi il problema, ma a parte la comprensibilità del suo cruccio va riconosciuto soprattutto che il suo approccio riguardava il contenimento delle sole oscillazioni di breve periodo, quindi manteneva la consapevolezza che esistono movimenti “di lungo periodo”, o meglio mutamenti “strutturali” o “fondamentali” delle condizioni economiche, che implicano necessariamente un riallineamento delle variabili, tasso di cambio compreso. Contro i mutamenti “di lungo” Tobin non aveva volontà d’agire, e sono sicuro che fosse consapevole anche dell’inutilità di qualsiasi intervento di questo tipo, soprattutto fuori dal contesto originario della sua proposta (oggi si vuole la Tobin Tax per non far cadere titoli di Stato o azioni bancarie, non per calmierare i movimenti del tasso di cambio).

Vi mostrerò di seguito il funzionamento di una Tobin Tax, e i suoi limiti.

Come esempio di riferimento ho costruito il seguente grafico “Quadro delle Aspettative/Valori di Equilibrio” (Fig.1) di una ipotetica attività finanziaria:

Immagine

Fig.1

il titolo parte dal prezzo di 100;
le palline arancioni indicano il valore del titolo ritenuto periodo per periodo coerente con i suoi fondamentali (se si considerano gli speculatori come soggetti passivi sul mercato) oppure i target dei trader (se si considerano gli speculatori come dei malvagi che possono autonomamente decidere di muovere a piacimento il prezzo);
Si intende la Tobin Tax come una tassazione sull’intero importo dell’operazione, e non sul guadagno netto, altrimenti non si tratterebbe di una Tobin Tax ma solo di una aliquota fiscale particolare sui redditi finanziari, che è tutto un altro discorso;
le linee azzurre a 105 e 95 corrispondono ad una banda del 5% attorno al prezzo iniziale di 100; le linee verdi indicano la stessa cosa ma attorno al prezzo di 92.5. In pratica sono due “aree di Tobin” del 5% attorno a 100 e 92.5.

In assenza di Tobin Tax, gli speculatori semplicemente reagirebbero periodo per periodo ai mutati valori target o di equilibrio, procedendo ad acquisti (periodi 1 e 3) o vendite (gli altri) che causerebbero i relativi movimenti del prezzo verso l’alto o verso il basso. Il prezzo del titolo segnerebbe quindi un percorso “di libero mercato” come quello tratteggiato in nero sul grafico, passando per i valori target 100, 102.5, 95, 105, 100, 95, 92.5, 90, e 85.

In presenza della Tobin Tax del 5% le operazioni sicuramente fino al periodo 5 risultano anti-economiche: non si può pensare di comprare il titolo attendendosi ad esempio che il prezzo salga a 102.5 (+2,5%) in quanto il pagamento del 5% di Tobin Tax si mangerebbe il possibile guadagno, e lo stesso vale per chi ha target 95 o 105. Finché le aspettative, o i target, si mantengono all’interno “dell’area di Tobin” le operazioni speculative andrebbero in perdita (al limite in pari, il che però non compensa comunque il rischio e lo sforzo), quindi non vengono realizzate, ergo il prezzo resta inchiodato a 100. Questo era l’obiettivo di Tobin: castrare i movimenti di corto respiro in modo che il prezzo restasse stabile.

I problemi vengono quando gli operatori cominciano a aspettarsi prezzi consoni ai fondamentali ben oltre il 5% della nostra Tobin Tax, come nel periodo 6. In quel caso, seppur ridotto dalla tassa, un’operazione di vendita avrebbe comunque un valore finanziario positivo (giocando al ribasso posso vendere a 100, perdere 5 di tassa, e ricompare a 92.5, che al netto è come vendere per 95 e riacquistare a 92.5, guadagnando 2.5). In pratica il titolo cade tutto d’un colpo (-7.5) dopo il periodo di stabilità su 100, come nel percorso evidenziato in Fig.1 dal tratteggio rosso. Fissato il prezzo a 92.5, l’applicazione della Tobin Tax comporta nuovi limiti di operatività (97.13 e 87.88), che comportano nell’esempio mostrato una stabilità del prezzo per il periodo 7 e una nuova caduta nel periodo 8; e così via con il deteriorarsi dei fondamentali. Cioè: si può forzare una certa stabilità “di breve” ma alla lunga – come pensava Tobin – se il problema è una revisione totale dello scenario non ci sono paletti che tengano.

Mi si può obiettare che questo accade nel caso che siano i fondamentali a guidare il mercato, e non con una speculazione che può “imporre” il prezzo. La mia risposta è che non cambia nulla: non si permette di realizzare piccole operazioni e guadagni di breve periodo, ma se una parte maggiore del mercato converge sull’obiettivo di far scendere il prezzo significativamente oltre i limiti della Tobin Tax, questo si realizza comunque.

La cosa è ancora più evidente se si prende la Fig.1 come una serie di target successivi dettati dall’ingresso periodo per periodo di intenzioni di acquisto o di vendita. Spiego meglio: ipotizzando una sensibilità costante del prezzo agli squilibri tra domanda e offerta (nel caso: assumendo che il prezzo si muova del 2.5% in alto – o in basso – circa per ogni incremento di domanda – o offerta – per una certa quantità X del titolo), il “percorso di libero mercato” sottende la successione di intenzioni di acquisto e vendita (il “+” sta per acquisto, il “-” sta per vendita); queste sono riportate alla riga “Intenzione” della Fig.2:

Queste intenzioni di vendita hanno le loro conseguenze al rialzo e al ribasso sul prezzo (riga “Delta Prezzo”) che determinano il percorso di libero mercato (riga “Prezzo libero”). Il prezzo nel periodo 8 è in fondo niente altro che il prezzo iniziale 100 più l’effetto finale del concorso di tutte le volontà di acquisto e vendita intercorse (riga “Posizione del mercato”) che infatti implica una vendita netta di 6X che, data l’ipotesi di costante sensibilità del prezzo di 2.5 contro X di transatto, significa un prezzo finale di (100-6*2.5=100-15=) 85.

Fig.2
Periodo 0 1 2 3 4 5 6 7 8
Intenzione +X -3X +4X -2X -2X -X -X -2X
Delta Prezzo +2.5 -7.5 +10 -5 -5 -2.5 -2.5 -2.5
Prezzo libero 100 102.5 95 105 100 95 92.5 90 85
Posizione del mercato +X -2X 2X 0 -2X -3X -4X -6X
Operazioni con Tobin - - - - - -3X - -3X
Prezzo con Tobin 100 100 100 100 100 100 92.5 92.5 85

La presenza di una Tobin Tax blocca l’operatività finché non ci si aspetta una variazione del prezzo sufficiente, quindi almeno fino al periodo 5 (vedi riga “Operazioni con Tobin”). Fino a questo momento il mercato accumula una certa posizione netta inespressa (riga “Posizione del mercato”), dopo di che al periodo 6 la pressione alla vendita diventa tale che le vendite nette si esprimono tutte insieme (-3X) tirando il prezzo sufficientemente in basso (vedi riga “Prezzo con Tobin”) da scavalcare l’effetto deterrente della tassa. Nel periodo 7 non succede nulla, in quanto la pressione aggiuntiva (vendita di X) non permette di superare il costo della Tobin Tax sul nuovo prezzo di di 92.5 (i nuovi limiti operativi sono ora 97.13 e 87.88, e la pressione di un solo X in vendita al massimo porterebbe il prezzo a 90 comportando perdite per gli speculatori). Nel periodo 8, infine, si sarà accumulata un’altra quantità di intenzioni di vendita tali che il prezzo scavalcherà i nuovi limiti della Tobin Tax, quindi le vendite speculative avranno successo facendo crollare il prezzo a 85.

La Tobin Tax si dimostra, come nelle intenzioni dell’economista, un ottimo strumento di stabilizzazione di un prezzo (tasso di cambio, azione, o bond che sia) contro fenomeni speculativi di breve respiro, ma è impotente contro movimenti o intenzioni di portata maggiore che implichino o sottendano fenomeni strutturali drammatici. Il risultato è quindi una stabilizzazione “locale”, e in tempi più lunghi un andamento a “gradini” del prezzo Tobinizzato. In particolare, quanto maggiore è la Tobin Tax, tanto più lunga potrà essere la stabilizzazione ma sicuramente tanto maggiore sarà l’improvviso crollo (o salto) quando si sarà accumulata sufficiente “tensione inespressa”.

Dando per scontato che i politici europei siano meno sciocchi di quanto danno a intendere, questi stanno giocando su una disinformata, emotiva, massivamente ignorante opinione pubblica paventando una Tobin Tax come “lotta alla speculazione”, quando in realtà questa tassa può servire solo a controllare movimenti ridotti dei mercati; un BTP che da una quotazione quasi a 100 scende a 90 se non 80 svela una mera “fuga” dal titolo che non è arginabile se non da una Tobin Tax stellare – a due cifre – che però in pratica paralizzerebbe tutto il mercato finanziario, non solo la sua parte “speculativa”, rendendo antieconomica molta attività bancaria e con essa azzerando vari settori industriali che, per forza di cose, vivono di credito. Un risultato niente male per chi dice di voler difendere il paese… cui infatti non arriveremo: all’atto pratico la Tobin Tax sarà ridotta, e forse prenderà la forma di una tassazione di svantaggio sui soli profitti finanziari e non sulla operatività in sé (cioè non sarà una Tobin Tax). Nascosto da questo falso mito anti-speculativo, il fine allora può essere solo un altro: mero far cassa. Politici, dite la verità!

E voi gente svegliatevi, ché come ha detto Barisoni di Radio24 “la speculazione è come un avvoltoio, quando arriva è perché il morto c’è già”, quindi inutile scacciare l’avvoltoio sperando che sparisca la puzza, e lasciando diffondere l’infezione! Sperare in una Tobin Tax è come voler nascondere lo sporco sotto il tappeto… per un po’ ci sta, poi vien fuori da tutte le parti.
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Re: Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda flaviomob il 31/08/2011, 17:33

Rossana Rossanda intervista Giuliano Amato (il manifesto)

La rotta d'Europa

Tu, che sei stato l'artefice di una pesante manovra finanziaria nel 1992 in previsione dell'euro...
Non proprio per l'euro, che sarebbe cominciato qualche anno dopo, ma certo in quella direzione.

... vedendo adesso in che stato si trova la zona dell'euro, ti chiedi se non se c'è stato un errore nel credere che attraverso la sola moneta si potevano unificare paesi dalla struttura economica e finanziaria molto diversa? Nelle scorse settimane Prodi ha scritto che si sarebbero dovute prendere allora una serie di altre misure che si è costretti a prendere adesso «in fretta e nel dolore».

Fondamentalmente è vero. Ma ricordiamoci quello che era accaduto. La moneta unica è stata formalmente decisa nel 1992, subito dopo il Trattato di Maastricht e dopo una lunga gestazione negli anni '80, che aveva visto le monete europee fluttuare all'interno di una fascia che chiamavamo «il serpente», della quale non era permesso superare né il limite più basso né il più alto.Quel sistema provocò molte turbolenze perché i mercati finanziari, percependo la maggiore o minore debolezza di questo o di quel paese, partivano all'attacco delle singole valute - è successo alla lira, alla sterlina, al franco. Il passaggio alla moneta unica era l'unica difesa nei confronti di questo sistema. In più, si stava procedendo al completamento del mercato unico, eliminando tutte le barriere; senza la moneta unica ciascuno Stato avrebbe potuto cambiare le condizioni concorrenziali - e quindi il prezzo sul mercato europeo dei suoi prodotti - attraverso una svalutazione della sua moneta.

Ma con la moneta unica, la competizione sui mercati europei sarebbe stata vinta dai paesi più forti. Possibile che non si potesse pensare a politiche più ampie?

Nella Commissione europea presieduta da Delors la conclusione era stata: facciamo la moneta unica, e non ci sarà bisogno di ulteriori regole perché il coordinamento tra i governi nazionali sarà sufficiente a garantire la convergenza necessaria. Io ho sostenuto più volte che si fece finta di crederci perché in realtà non si voleva andare oltre quel coordinamento. Quindi volemmo la moneta unica senza una politica economica unica. E devo dire che per un po' i mercati ci hanno creduto perché la magia dell'euro, dello scudo dell'euro, ha operato per alcuni anni. Nel senso che, e ne abbiamo tratto vantaggio in Italia più di altri, a tutti i paesi che avevano adottato l'euro i mercati hanno riconosciuto gli stessi tassi di interesse e con uno spread - che non è lo spray per capelli ma il divario tra i tassi base europei che sono quelli del titolo pubblico tedesco e gli altri titoli pubblici - che era ancora modesto nei primi anni dell'euro. In realtà il grande recupero italiano dopo l'ingresso dell'euro, anche in termini di riduzione della spesa per il servizio del debito, venne tutto da questo. Però dopo la grande crisi del 2008 - e prescindiamo in questo momento da come è stata scatenata - i mercati sono diventi più diffidenti, più attenti, più implacabili, fatto sta che l'euro non è stato più uno scudo e hanno cominciato a guardare oltre, alle condizioni dei singoli paesi e hanno ricominciato a fare, nei confronti dei titoli pubblici dei singoli paesi, quello che facevano prima. Il che vuol dire che avevamo fatto una cosa che non funziona. È evidentissimo, e ormai se ne rendono conto tutti, che in assenza di una più forte integrazione economica e politica è difficilissimo far funzionare, senza prezzi pesantissimi, la moneta unica.

Dici che tutti se ne rendono conto, ma non vedo i governi europei condividere tutti il tuo giudizio.

Questo è proprio il male europeo. L'Europa si è sempre data obiettivi che presupponevano più impegno di integrazione di quanto poi ci ha messo. Il suo difetto non è quello di essere troppa, ma di essere poca.

Ho incontrato, sia in Francia sia in Italia, una sinistra per la quale, al contrario, sarebbe una uscita dall'euro a consentire ai singoli paesi un risanamento. Che ne pensi?
In una situazione di difficoltà anche quella può essere una via d'uscita, ma risolverebbe solo temporanemente il problema, come cercare un rifugio quando c'è il terremoto. Perché fin qui abbiamo parlato genericamente di Europa e dimercati, ma quello che è venuto succendendo in questi anni è che il capitalismo finanziario si è esteso scavalcando ogni confine sul mercato globale. Il mercato europeo non è che una fetta del mercato finanziario. A parte i valori che superano di gran lunga quelli dell'economia reale, abbiamo di fronte un gigantesco sistema chemanda una serie di impulsi, alcuni dei qualimi possono mandare a catafascio, e che faccio? Spezzetto ancora di più i governi e chiudo ciascuno nel suo orto o tento di creare reti di governo che siano il più possibile alla stessa altezza del mercato? Devo avere più forza, anche perché c'è stato un enorme fallimento di quello che chiamiamo Stato, cioè di una regolazione pubblica che lo inseguiva a pezzi e a bocconi. Capisco che è utopico,ma ci vorrebbe una cosa oggi impossibile e cioè un governo globale. Ma se non riesco a organizzare neanche il governo europeo, che faccio? San Marino contro il mondo?

Ma come realizzi un governo europeo più forte a questo grado di debolezza delle singole economie?
Il problema della crisi finanziaria è che colpisce l'economia reale. Se hai un alto debito, e nei confronti del tuo debito c'è il dannato spread, e il dannato spread non colpisce solo i titoli pubblicima anche il finanziamento delle imprese, le assicurazioni delle esportazioni, abbattere lo spread può essere un beneficio per l'economia, ma una cosa è certa: che non hai le risorse per l'investimento e lo sviluppo. Questo è quel che manca all'Europa. Da quanto tempo stiamo parlando di eurobond, cioè di titoli pubblici europei che servano da una parte a garantire il debito pubblico e dall'altra a finanziare investimenti? Però su questo andiamo a sbattere contro la Germania. Almeno per ora... Io, ti dirò, non sono pessimista. Siamo in periodo di scadenze elettorali, e nei sondaggi sembrano prevalere maggioranze tra socialdemocratici e verdi in Germania e socialiste in Francia, che sono favorevoli agli eurobond, favorevoli all'integrazione politica. Il problema non è la Germania ma il governo che ha. Quindi se penso all'Europa del 2013, magari con lo stesso asse franco-tedesco, le prospettive possono essere di tutt'altro respiro.

È probabile che fra un anno Sarkozy e Merkel, che si sono incontrati nelle scorse settimane, non siano più allo stesso posto.
Il punto è questo. Quando mi viene chiesta un'opinione io dico: se riusciamo a stare in apnea e a sopravvivere fino al quel momento, probabilmente avremo un' Europa migliore. Però potremmo andare a sbattere prima. La vera domanda è questa.

Ti ricordo che a fare questa Europa a metà sono stati governi socialdemocatici o di centrosinistra.
Esattamente. Bisogna dire che gli stessi governi di sinistra o centrosinistra hanno incontrato e quindi espresso delle resistenze. Prendi la famosa strategia di Lisbona, le sue finalità non erano «creare l'economia più competitiva nel mondo basata sulla conoscenza», ma - leggi quel paragrafo delle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2000 a Lisbona (allora erano 13 i primi ministri socialisti e socialdemocratici) - «creare l'economia più competitiva del mondo basata sulla conoscenza e capace dimantenere un elevato grado di coesione sociale». La scommessa era questa: vi faccio vedere che si può diventare competitivi senza sacrificare le istituzioni sociali. Questa doveva essere la scommessa di Lisbona. Non per caso è finita per essere interpretata in quella versione monca, perché per salvaguardare o meglio potenziare, in un mercato che si globalizzava, le istituzioni sociali era necessario un livello europeo di politica sociale che non c'è stato. Le resistenze sono venute largamente dallo stesso governo federale tedesco che aveva di fronte i Laender, più conservatori, che dicevano: questo riguarda noi e quindi niente competenze europee.

Adesso anche loro sono a crescita zero.
Anche loro sono a crescita zero. Ma la crescita zero è una ragione di più per costruire una rete di governi e discutere di più delle prospettive. Nel calo della crescita agiscono anche comportamenti imitativi, amplificati dai mercati finanziari e dalle operazioni realizzate con sistemi informatici. Si trasmette in questo modo un clima «ribassista» - la Borsa va male, i Bot vanno male - che investe tutti, e allora l'imprenditore che voleva fare un nuovo capannone dice: ma chi me lo fa fare di rischiare? Il consumatore che voleva comprare un cappotto, ha il terrore di farlo e quindi si ferma tutto. Ma i governi esistono anche per invertire un clima artificioso. Non devono mettere le loro mani nel profondo dell'economia, ma devono dare delle prospettive.

Tu insisti sulla mancata volontà politica dei governi nazionali, ma non c'è qualche cosa che blocca anche loro? Quando si dice i mercati, chi sono i mercati? Sono un meccanismo automatico o qualcuno li dirige?
Sono entrambe le cose. I grandi operatori dei mercati sono i fondi, principalmente americani, che tirano semplicemente a massimizzare i profitti e a ridurre i rischi. Vendevano titoli italiani già quattro mesi fa perché avevano capito che l'Italia era un paese che, crescendo così poco, sarebbe stato in difficoltà a pagare un debito già enorme. Poi ci sono i poteri che intervengono sui mercati. Le stesse banche centrali, che debbono tenersi nella pancia titoli vari a garanzia della liquidità che mettono in circolazione, ci pensano due volte prima di far saltare una società finanziaria che ha emesso titoli i quali, in caso di fallimento, diventerebbero carta straccia. Se una grande banca francese o tedesca ha nella pancia titoli, pubblici e non, che teme di non poter riscuotere, ricorre al proprio governo, ed ecco che fanno un tandem. In realtà ci sono una serie di legami, il punto chiave è che i governi sembrano mossi più da queste spinte che da una visione più larga e dalla capacità di dire alle proprie economie: crescete e moltiplicatevi, non abbiate questa paura. Nessuno si muove in questo senso. Ed effettivamente quello che dovrebbe muoversi è soprattutto il livello europeo.

Vedi possibile una ristrutturazione del debito dei paesi fragili da parte della Bce?
Per ora vedo un procedere a piccoli passi. A settembre ci sarà la cosiddetta Agenzia che a luglio è stato deciso di costituire e che potrà comprare tutto sul mercato secondario, fare prestiti eccetera. Ha un acronimo strano, Efsf (European Financial Stability Facility) e ne stanno facendo il regolamento; il problema è che Sarkozy e Merkel dovrebbero pensare ad arricchirne la dotazione finanziaria, ma per ora dicono: no, intanto facciamola. I segnali che vengono dati - direbbe una persona paziente - vanno nella direzione giusta maa una velocità molto più bassa di quella delle onde che si accavallano su noi.

Pensi che si realizzerà la tassa sulle transazioni finanziarie?
L'ipotesi è ottima in sé, perché è una tassa piccola, 0,05% su ogni transazione, che dopo un buon numero di transazioni può produrre un grosso gettito e in qualche modo concorrere a una redistribuzione di cui il mondo di oggi ha più bisogno, perché ormai il divario che si è creato tra il profitto, in particolare quello finanziario, e le altre fonti di reddito è diventato gigantesco. Io vi vedo soltanto un problema politico: se non riesci a farla almeno in quella parte del mondo che conta per le transazioni finanziarie, rischi di mettere una tassa ma le transazioni si spostano in altre parti del mondo.

Infatti la risposta di chi parla per i mercati è che i capitali si sposteranno là dove questa tassa non c'è...

Se l'Europa fa sul serio, i vari G8 e G20 sono stati istituiti allo scopo di organizzare queste azioni di governo di portata globale.

Siamo già una grossa area economica.

Per le transazioni finanziarie siamo una parte forte, e se ci fosse un'intesa tra Europa, Stati Uniti, Giappone e Cina, beh, la tassa comincerebbe ad avere la sua efficacia. Anche perché - ma ti riporto una cosa che ho letto - anni fa si diceva contro la Tobin tax che ne sarebbe stata molto complicata l'applicazione, e invece Stiglitz, e a lume di naso potrebbe avere ragione, sostiene che con le tecnologie che abbiamo oggi, difficoltà applicative non dovrebbero esserci. Ai computer che registrano migliaia di operazioni al secondo, aggiungere questa roba dovrebbe essere facile tecnicamente. Politicamente, ci sarà sempre un Lichtenstein che dirà di no...

Non è che i mercati temono che la tassa sulle transazioni finanziarie comporti maggior controllo dei loro movimenti?
Non molto di più di quello che c'è ora, perché questi movimenti le banche centrali li registrano tutti. No, comportano questo maggior costo. È possibile che l'Eliseo amplifichi l'importanza di una proposta che viene da lui e non dalla Merkel, ma l'interpretazione che leggevo sulle agenzie sulla caduta di borsa di questi giorni è legata alle prospettive abbassate del Pil mondiale. E cioè al fatto che i mercati annusano meno crescita.

In nome di chi Francia e Germania hanno preso l'iniziativa?
In nome di sé medesimi. Stanno in questo momento occupando uno spazio che dovrebbe essere occupato dalle istituzioni europee. C'è sempre stato per la verità un asse francotedesco nella vita europea, però con leaders fortemente europeisti come Kohl e Mitterrand era un modo di accelerare, di bypassare gli ostacoli. Dipenderà dalle mani in cui verra messa l'attuazione delle conclusioni dell'incontro a due, se ci si adopererà per riportarli dentro alle istituzioni europee e non al contrario...

La regola d'oro dell'obbligo del pareggio nel bilancio pubblico ?
Mi auguro che ci sia una riflessione molto attenta prima di generalizzare la regola di inserire nele costituzioni il pareggio di bilancio. Un vincolo di questa natura può impedire qualunque impegno a medio e a lungo termine, specie nei sistemi che contabilizzano nel primo anno l'intero debito che assumi, per esempio, per l'investimento. Spero che ci si pensi bene. Calcola che in Germania c'è già nella costituzione, e quindi una eventuale introduzione degli eurobond sarà portata alla corte costituzione tedesca, sulla base del dubbio che con essi si assume una parte della garanzia di debiti altrui, attribuendo un debito futuro a carico del bilancio tedesco, che sarebbe contro la costituzione. Vedi che trappola giuridica diventa?

La Francia non sta facendo una manovra feroce quanto la nostra, ma anche lei ha proceduto a tagli spietati...
È quello che accade ovunque, e qui torniamo al punto: se si devono ridimensionare i bilanci nazionali, le risorse sia per il sociale sia per gli investimenti saranno poche. Ecco dove dovrebbe arrivare il livello europeo e dire: e che facciamo per la crescita?

Temono solo l'inflazione....
Figurati, al punto in cui siamo, tra lo zero e lo zero tre. L'Italia è quella dove cresceva di più perché era lo zero tre... No, il problema è: con quale Europa possiamo andare avanti.


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Re: Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda trilogy il 31/08/2011, 22:15

flaviomob ha scritto:Rossana Rossanda intervista Giuliano Amato (il manifesto)

La rotta d'Europa

Tu, che sei stato l'artefice di una pesante manovra finanziaria nel 1992 in previsione dell'euro...
Non proprio per l'euro, che sarebbe cominciato qualche anno dopo, ma certo in quella direzione.
[b]


Amato? quello che si becca 31.000 euro al mese di pensione, dopo averci massacrato di tasse?
Senior advi­sor della Deutsche Bank? Quelli che hanno scaricato sul mercato una montagna di titoli di stato italiani nell'ultima crisi? La Rossanda non aveva proprio nessuno di meglio da intervistare?
cose da pazzi............
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Re: Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda flaviomob il 31/08/2011, 22:41

Se lo hanno preso alla Deutsche, qualche qualità ce l'avrà pure...


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Re: Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda franz il 31/08/2011, 22:58

Intervista per la rivista "Geriatria politica"?
Sponsorizzata da "Gerovital" :P :lol:
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Re: Tobin sbarca in Europa (finalmente!)

Messaggioda flaviomob il 01/09/2011, 9:28

Beh Amato è del '38, Prodi del '39... :lol:


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