Sul blog di Noisefromamerika in queste settimane è un via vai di proposte alternative all'attuale crisi italiana.
Intendiamoci, la crisi non è solo italiana ma ogni nazione coinvolta deve trovare le sue soluzioni, senza attendersi salvataggi miracolosi, quindi discutere sulle cose da fare è sempre positivo, soprattutto se si riesce a mandfare a casa questo governo squalificato, che è la fonte piu' drammatica di perdita di credibilità del paese.
Michele Boldin ha fatto un primo elenco di cose da fare qui: http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/2376
da cui sono seguite alcune altre proposte (come questa sul SSN, che forse riconoscerete) http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/2379 e tutta una serie di analisi sulla crisi: http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/2382 ed anche http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/2361
Oggi c'è un notevole contributo - teorico ma anche molto pratico - di Sando Brusco sulla credibilità del governo (inesistente).
L'articolo è qui http://www.noisefromamerika.org/index.php/articoli/2383 ma ne riporto la parte finale (due proposte: governo a casa e vendere la RAI), per una discussione anche qui.
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Cosa resta quindi, se vogliamo fare qualcosa nel breve periodo? L'unica variabile su cui si può agire in modo rapido è il grado di credibilità del governo. Per le ragioni teoriche spiegate sopra, forti cambiamenti di opinione possono avvenire solo in presenza di eventi inattesi e che contraddicono in modo sostanziale l'opinione iniziale. Occorre, in altre parole, una cesura radicale rispetto ai comportamenti adottati fino ad adesso. È necessario che si osservino eventi inattesi e che possano quindi credibilmente convincere il pubblico che c'è stato un rilevante cambiamento.
La permanenza di questo governo è palesemente un ostacolo insormontabile al ripristino della credibilità del paese. Anche in questi giorni, il suo comportamento si è allineato a un copione atteso, che viene recitato da anni. Il governo agisce, di malavoglia, solo quando una crisi di fiducia lo costringe ad agire. Tagli sostanziali e un riordino e razionalizzazione della spesa sono impossibili; basta guardare i (nutriti) capitoli di spesa su pensioni ed enti locali (a questo punto smettiamola di parlare di federalismo, un termine che è diventato una crudele presa per i fondelli) per rendersi conto di quanto raffazzonati, estemporanei e di scarso rilievo siano gli interventi che questo governo è in grado di realizzare. D'altra parte, al di là della palese bassa qualità intellettuale e morale dei suoi componenti, il governo mantiene la sua maggioranza parlamentare grazie a un gruppo di mercenari che hanno reso il termine ''responsabilità nazionale'' un preclaro esempio di doublespeak orwelliano ed è attraversato da divisioni pesantissime sia tra le principalii forze politiche che lo sostengono sia all'interno dei singoli partiti. Nei prossimi giorni vedremo, come sempre, gli interventi ad hoc qua e là per placare gli interessi colpiti. Oggi sono le province di Sondrio e Siena, domani sarà qualcos'altro. Alla fine resteranno le nuove tasse, e l'ulteriore erosione di credibilità del governo. Piccola, perché non si può erodere più di tanto ciò che è quasi del tutto consunto.
Per queste ragioni la cosa migliore che il governo può fare per il bilancio pubblico è andarsene immediatamente. A chi pensa seriamente che la situazione emergenziale richieda che il governo resti per attuare provvedimenti immediati, consiglio due cose. Primo, si compari il costo di un 3% di spread addizionale sul debito italiano con l'entità della manovra. Anche se la cosa richiederà tempo, alla fine il 3% percolerà nella intera struttura del debito. Con 1.900 milardi di euro di debito, il 3% in più corrisponde a 57 miliardi annui. Anche se il numero non va preso alla lettera, fornisce un'idea dell'ordine di grandezza. Questo è il costo che possiamo evitare cacciando immediatamente un governo corrotto e incompetente. Secondo, si consideri il fatto che i provvedimenti straordinari, che pur van presi, li può tranquillamente prendere un governo tecnico in attesa delle elezioni. Visto che da destra e sinistra si invoca la ragionevolezza e la serietà, lo si faccia in un modo veramente utile al paese.
E veniamo alla Rai. Perché è importante venderla? Non perché ci si fanno soldi; senza canone l'azienda dovrà ristrutturarsi profondamente anche solo per sopravvivere. Ma la cosa più urgente e più importante da fare non è raccattare qualche miliardo qua e là. La cosa più urgente da fare è convincere il pubblico che la musica è cambiata e che la repubblica italiana sta intraprendendo una strada nuova, una strada che può condurla a maggiore crescita e maggiore capacità di pagare il debito. Senza questo cambiamento di aspettative i miliardi che verranno raccattati con nuove tasse evaporeranno istantaneamente alla prima ripresa di tensione nei mercati.
La Rai, ricordiamo, è da sempre la riserva favorita della casta. Non è solo questione di manipolazione dell'informazione e della cultura. È, in tante occasioni, la fonte diretta di privilegi personali importanti e sostanziali per i politici. La lista è lunga, dal finanziamento di film epici fallimentari alla sistemazione di parenti e amici, e non è il caso di ripercorrerla ora. Vendere la Rai sarebbe pertanto un segnale estremamente potente, in grado di dire a tutti ''ciò che prima si pensava impossibile è ora possibile''. In altre parole, è esattamente il tipo di evento inatteso che può far guadagnare credibilità in modo rapido e sostanziale. Non è ovviamente il solo. Riduzione del numero dei parlamentari, eliminazione del loro favorevole trattamento pensionistico e tante altre cosucce possono fornire segnali altrettanto potenti. Meglio ancora se tutti questi provvedimenti verrano intrapresi allo stesso tempo.
Poi, certo, ai segnali bisognerà far seguire i fatti. Pezzi più importanti e succosi del patrimonio statale andranno venduti, misure dolorose di controllo della spesa andranno effettuate. Ma queste sono cose che è bene fare con calma e con cura. Le misure immediate da attuare sono quelle che dicono in modo prorompente ai mercati che nei palazzi governativi italiani si respira aria nuova.
Mi aspetto che tutto questo succeda? No. Ma l'obiettivo era semplicemente spiegare perché le nostre richieste, per politicamente impossibili che siano, non sono la rabbiosa reazione di un pugno di intellettuali che mancano da troppo tempo dal paese e che sono disgustati dal marciume. Sono, al contrario, la semplice e logica conseguenza di considerazioni teoriche assolutamente standard.
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