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A proposito di Alta Velocità...

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 28/06/2011, 1:29

ALTA VELOCITA'
Super treni da 360 km all'ora:
timori per il David di Michelangelo
A Firenze correrà vicino all'Accademia che custodisce il famoso capolavoro. Dubbi per le vibrazioni fuori norma

FIRENZE – E’ il terzo sos lanciato contro il tunnel sotterraneo dell’alta velocità che, secondo i progetti, attraverserà presto Firenze. Ma stavolta l’allarme ha un dato in più: i nuovi treni da 360 chilometri orari appena annunciati da Ferrovie aumentano il rischio per l’ambiente perché producono più vibrazioni. A lanciarlo, dopo aver dimostrato che le vibrazioni dei treni avrebbero messo in pericolo palazzi, monumenti e persino il David di Michelangelo, è l' architetto Fernando De Simone, già allievo di Carlo Ludovico Ragghianti e specialista in trasporti e costruzioni sotterranee. Adesso l'esperto cita alcune dichiarazioni dell’ad delle Ferrovie Moretti sull’acquisto di un nuovo treno che raggiungerà i 360 chilometri (sugli attuali binari della Tav) orari riducendo ancora di più i tempi di percorrenza, a volte biblici, delle ferrovie italiche. «A Firenze il nuovo supertreno sfreccerà nei sette chilometri sotterranei che attraverseranno il centro – spiega De Simone – a 600 metri dall’Accademia dove è custodito il David già afflitto da microfessure alle caviglie, e accanto a palazzi e altri tesori.



Il David di Michelangelo FORTI VIBRAZIONI - Il problema è che la velocità del nuovo locomotore sarà raggiunta sulla vecchia rete costruita per non superare i 300 chilometri orari. Dunque si produrranno ancora più forti vibrazioni. E il pericolo per monumenti, palazzi e per lo stesso David diventerà drammatico». Il precedente allarme dell’architetto De Simone, che aveva proposto il trasferimento del David in un’altra sede antisismica e antivibrazioni, era stato accolto con preoccupazione dagli esperti. Il critico d'arte Achille Bonito Oliva aveva lanciato l' idea di un «consulto di esperti internazionale», Vittorio Sgarbi aveva proposto di non iniziare i lavori per costruire il tunnel e Cristina Acidini, la sovrintendente del Polo museale fiorentino, aveva chiesto di visionare lo studio di De Simone. Anche perché la Galleria dell' Accademia è da tempo sotto indagine con esperti che stanno valutando il rischio di sismicità. Adesso la nuova denuncia provoca nuove polemiche e apprensioni.

AGGRESSIONE COSTANTE - I nuovi treni prospettati dall’amministratore delegato Moretti, secondo De Simone, avrebbero dunque un risultato deleterio per Firenze. «Anche perché le inevitabili vibrazioni - spiega De Simone - si sommano ad altri eventi traumatici, come le visite. Ogni 15 minuti il David deve sopportare 4,5 tonnellate di carichi per la presenza di gruppi di 60 visitatori che provocano oscillazioni del pavimento. A queste vanno poi aggiunte le vibrazioni provocate dal traffico. Immaginate che cosa potrebbe accadere quando partiranno i lavori per scavare il tunnel sotterraneo e poi quando i treni cominceranno a sfrecciare velocissimi». Secondo De Simone, la Tav italiana non dovrebbe superare la velocità con la quale sono stati progettati i binari. «In Francia, per esempio, non hanno riadattato i vecchi binari ma li hanno costruiti ex novo – spiega De Simone – e la velocità limite è sempre di almeno sessanta chilometri inferiore alla massima consentita».

Marco Gasperetti
27 giugno 2011

http://www.corriere.it/cronache/11_giug ... 716f.shtml


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 28/06/2011, 8:46



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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 28/06/2011, 18:20

Sono di Firenze e ne so qualcosa.
E' uno scempio assurdo, di soldi e di buonsenso.
Tra coloro che ad esempio sono contrari al tunnel sotto Firenze (inutile perchè così la Tav rallenta invece di mantenere quella velocità che le sarebbe propria se il percorso fosse rettilineo) non sono contrari a priori alla Tav che invece funziona bene tra Firenze e Roma.
Si chiede solo di non sprecare denaro pubblico per opere inutili, spacciate per progresso da media addomesticati, senza dimenticare i macelli combinati nel Mugello.
Dove si assiste ad un virtuoso inciucio tra imprenditori legati al pdl e cooperative rosse legate al Pd.
Di queste vicende sono anni che me ne sto interessando, anche con un certo sgomento.
E francamente che della questione si sia impossessata politicamente anche l'estrema sinistra o che si venga tacciati (si veda "Libero") come cavernicoli mi importa una beata mazza.
Se poi il mio giudizio, che peraltro è molto "liberale" e di destra nel voler che non vi sia uno spreco di denaro pubblico, può coincidere con quelli di cosiddetti estremisti, ribadisco che me ne frega una mazza.
Mi importa mantenere libertà di giudizio e di pensiero al di là degli schieramenti politici, peraltro succubi di interessi tutt'altro che limpidi.

So che qui non si può fare più di un post alla volta e quindi mi limito ad un copia incolla di una mia recensione su di un bel libro di Antonio Calafati pubblicata qualche tempo fa.
Con essa ho avuto l'occasione di esprimermi, spero in maniera chiara.


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"Non so proprio come si possa definire l’attitudine così tanto frequente di credere a qualcosa senza capirne le ragioni, ovvero essere d’accordo, magari con una politica, senza rispondere ad una sola domanda: perché?
Non lo so e non credo sia essenziale adesso trovare le parole adatte, non fosse altro che si rischierebbe di risultare ingenerosi nei confronti di tante persone in buona fede che, credendo di informarsi, sono semplicemente vittime di un “pregiudizio di razionalità”.
Di questo ci parla il volume di Antonio Calafati “Dove sono le ragioni del si”, che, nell’analizzare gli articoli dei maggiori quotidiani sulla Tav in Val di Susa, ci presenta un’attenta critica al sistema dell’informazione in Italia. Le pagine del libro prendono spunto da un corso di “Analisi della politiche pubbliche” tenuto da Calafati: professore e studenti hanno letto i maggiori quotidiani nazionali per cercare, anche solo abbozzato o con grande approssimazione, qualcosa tra interviste, cronache, editoriali che spiegasse le ragioni del si alla Tav in Val di Susa. Ovviamente cercavano ragioni un minimo argomentate e basate su dati oggetti e dimostrati.

C’è da credere che il sincero sconcerto di professore e studenti nel non trovare proprio nulla che assomigliasse a un’autentica informazione sia stata la molla per pubblicare il risultato della ricerca. Un’analisi che nello specifico ha riguardato la tratta Tav Lione-Torino ma che si può applicare perfettamente ad altre vicende, peraltro paradossali nella cosiddetta “società della conoscenza”, che vedono implicati politici furbastri e imprenditori amici intenti a sponsorizzare grandi opere pubbliche e un’informazione che non informa.

Penso a qualcosa che sto vivendo molto da vicino: i lavori appena iniziati (e inaugurati da allagamenti causati dall’effetto diga sulla falda acquifera cittadina) di un tunnel lungo 7 km sotto Firenze per far passare dei binari Tav. Opera colossale, portata avanti senza controlli reali, in un ambiente geologicamente particolarissimo, con tanto di acque sotterranee che scendono dalle colline, che metterà a serio rischio edifici, monumenti e costerà 10 volte tanto i progetti Tav alternativi e meno devastanti per il territorio, la salute e le casse dello Stato.
Gli stessi comitati contro il sottoattraversamento si guardano bene dall’opporsi alla Tav in quanto tale ma propongono appunto soluzioni alternative e meno costose (in superficie o fuori dal centro cittadino), pretendendo che la cittadinanza sia informata di quello che accade: nessun esercizio degno di black-block ma comportamenti che altrove sarebbero considerati ascrivibili ad un sano esercizio di democrazia liberale.
Quanto capitato in Mugello, e ovviamente poco pubblicizzato, non ha insegnato nulla se non l’escamotage di imbastire opere prive di logica (semmai quella di arricchire imprenditori amici) portando avanti più che mai una disinformazione generale, omettendo, rassicurando senza spiegare, facendo credere che l’opposizione a questi mostri fuorilegge sia opera di assatanati massimalisti con turbe silvo pastorali.

Chiunque di voi voglia approfondire la vicenda con animo scevro da pregiudizi potrà invece svelare una realtà ben diversa e molto più triste, fatta di mistificazioni e palesi illegalità. Con buona pace appunto di quei media che ripetono come un mantra poche notizie stitiche, ininfluenti per comprendere come veramente stanno le cose e cosa c’è dietro l’ostinazione a portare avanti delle opere che in qualsiasi altro paese civile, anche tra quelli che sono capofila nel costruire grandi infrastrutture come la Tav, sarebbero state oggetto di una contestazione generale.
In Europa ci sono sicuramente delle situazioni simili alle nostre ma almeno esiste un’informazione che fa il suo dovere e una società civile dotata di anticorpi che sa farsi valere nel frenare gli appetiti dei cementificatori e dei loro sponsor politici. In altri termini anche la civilissima Firenze sta conoscendo il metodo Bertolaso (e Moretti) questa volta applicato in maniera bipartisan col supporto di Rossi e Matteoli in un poco virtuoso inciucio che farà contenti imprenditori amici e cooperative rosse.
Molto meno contenti saranno quei cittadini consapevoli che si ritroveranno una città danneggiata da un’opera inutile, irreversibile e talmente costosa da risultare imbarazzante per i suoi stessi sponsor.
Ripeto: farsi un’idea richiede un certo impegno ma basta andare sui siti dei comitati (formati da semplici cittadini incazzati e informati, di ogni fede politica), ascoltare quando denunciato da decine di urbanisti ed ingegneri indipendenti delle Università, leggere le opere di Ivan Cicconi, di Ferdinando Imposimato, i video presenti su youtube, confrontarlo con quanto riferito dalle cosiddette istituzioni (praticamente nulla), magari proprio recarsi sui luoghi incriminati ed allora la reazione sarà di sconcerto e di spiazzamento di fronte ad un meccanismo che pare non potersi fermare e che, prima di ogni altra considerazione tecnica o giuridica, appare un’offesa al buon senso.

Ho forse divagato, ma credo che il concetto sia chiaro: “Dove sono le ragioni del si” è un bel libro che non deve essere letto soltanto in rapporto alla Val di Susa, situazione peraltro diversa da quella sopra descritta, ma con lo sguardo rivolto all’informazione nazionale, sempre omissiva e inconcludente quando si tratta di approfondire argomenti tecnicamente complessi e quando si tratta di svelare la falsità di tanti luoghi comuni.
Dove sono le ragioni del si?
E’ una domanda, riferita alla Lione-Torino, alla quale però i media non hanno saputo dare una risposta se intesa come razionale analisi delle procedure decisorie su cui questo progetto si fonda.
La lettura dei maggiori quotidiani ha portato alla conclusione che politici e giornalisti sono praticamente tutti a favore delle cosiddette “grandi opere”, ma senza spiegarne le ragioni se non quelle di “dobbiamo essere all’avanguardia, non possiamo permetterci di rimanere indietro” e via dicendo.
E poco male se quando riferito non risponde al vero (basterebbe leggersi le delibere UE per rendersene conto) oppure se non si chiariscono razionalmente i motivi di certe affermazioni tranchant.
In una democrazia compiuta i cittadini dovrebbero poter interrogare i decisori collettivi, ovvero le istituzioni, anche tramite gli organi di informazione e ricevere delle risposte plausibili, razionali.
Invece pare che la priorità sia quella di incentivare i luoghi comuni, sempre eccellenti diversivi, cavarsela con qualche sbrigativa rassicurazione, svicolare dagli obblighi di partecipazione imposti dalla legge ed andare avanti proclamando una verità assoluta senza spiegarne le ragioni, senza mettere il cittadino nelle condizioni di valutare compiutamente la validità di un’opera pubblica.

Un gobbetto anni fa scriveva – e lui se ne intendeva – “a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci s’azzecca”. In questi casi ritengo che del “quasi” si possa proprio fare a meno: gli interessi propri di corporazioni e lobby a devastare il più possibile, e a caro prezzo, sono palesi almeno per coloro che non si fanno incantare dalle parole d’ordine di innovazione e progresso, del tutto fuori luogo quando la prima vittima di questi imbrogli è il buon senso.
Quando i comitati e gli osservatori più critici si limitano a pretendere opere meno impattanti per il territorio e meno costose, condotte secondo i crismi della legalità e del rispetto della salute dei cittadini, ma non negano che possano essere fatte, magari con altri progetti più razionali e onesti, non c’è modo di zittirli se non spacciandoli per estremisti ed affogando l’informazione, non sempre piacevole, in un mantra rassicurante ed evanescente.

La lettura del libro di Calafati è innanzitutto un modo per contrastare quel pregiudizio di razionalità che è proprio di tutti noi quando andiamo a leggere i quotidiani: spontaneamente si crede che quanto presente in editoriali ed articoli risponda al vero e le affermazioni dei giornalisti siano espressione di una logica, di loro solide conoscenze, razionali, verificate. E invece: “la lettura di questo editoriale è stata utile, perché ci fa cambiare atteggiamento. Abbiamo capito che nei tra principali quotidiani nazionali possiamo trovare di tutto sul tema della Tav. Di tutto, frasi senza significato, argomentazioni contraddittorie, affermazioni senza fondamento, toni derisori; un trash logico, lessicale, morale. D’altra parte, se era una parodia di giornalismo che si doveva mettere in scena, una parodia si doveva fare e bene” (pag. 44).

E poi ancora: “questa esercitazione non l’abbiamo completata, perché le ragioni del si non le abbiamo trovate […] ma non possiamo fermarci qui, con le nostre borse e zaini pieni di ritagli di giornali, senza nient’altro che questo paradosso di una decisione importante come la Lione-Torino della quale nessuno sa dire perché sia stata presa. Politici e giornalisti non sono in grado di spiegarci queste ragioni perché non sono state elaborate, discusse […] Sul tema della infrastrutture di trasporto, in particolare sui megaprogetti, la società italiana sembra aver perso il controllo del linguaggio, dei modelli di effetti, degli obiettivi” (pag. 72).
Le analisi di Calafati sono quelle di uno studioso di economia urbana e di analisi delle politiche pubbliche, che, nello svelare le mistificazioni e l’irrazionalità di quanto ci è stati riferito sui progetti di opere pubbliche, di fatto alla banda di politici ed editorialisti Bresso, Chiamparino, Bertinotti, Sergio Romano, Panebianco, Giovanni Valentini, Annunziata, non fa un gran favore: la puntuale analisi di cantonate, detti e contraddetti, sparate gratuite e prive di riscontro nella logica e nella realtà, salvo la loro possibile accettazione da parte di lettori con “pregiudizio di razionalità”, è piuttosto sconfortante.

Un declino italiano che viene individuato anche dall’incapacità del giornalismo italiano “a fornire un resoconto attendibile, pertinente e fondato degli effetti delle politiche pubbliche. Un giornalismo che ci impedisce di pensare collettivamente”. Fosse semplicemente una questione di destra e di sinistra, di progresso contro conservazione di nostalgici e ottusi ambientalisti, forse ci sarebbe poco da preoccuparsi, avrebbero un senso gli atteggiamenti sbrigativi e rassicuranti dei citati politici e giornalisti.
Non è così e, alla luce del travisamento della realtà e di un’informazione che è il fantasma di se stessa, c’è solo da prendere atto – tristemente – e magari crearsi degli anticorpi proprio con la lettura di opere come quella di Antonio Calafati.
Coerente la chiusa del libro: “Ciò che stiamo costruendo è una società della pseudo-conoscenza – con tutte le conseguenze del caso. Questo sistematico, quotidiano, per quanto involontario, travisamento della realtà ha conseguenze che pagheremo a caro prezzo. Che stiamo già pagando a caro prezzo”.

EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE

Antonio Calafati dal 2005 è professore associato di Economia applicata presso la Facoltà di Economia Giorgio Fuà. Dal 1990 ha ricoperto diversi incarichi di insegnamento: nell’Università "Friedrich Schiller" di Jena, nella Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, nell'Università di Macerata ed appunto presso la Giorgio Fuà dove adesso insegna Economia urbana e Analisi delle politiche pubbliche. Attualmente sta coordinando una ricerca sulle traiettorie di sviluppo delle città della Terza Italia.

Approfondimento in rete: http://www.antoniocalafati.it/

Antonio G. Calafati, Dove sono le ragioni del sì? La "Tav in Val di Susa" nella società della conoscenza, Torino 2006, Laissez-Passer, Seb27 , pag. 104, €10,00"
Ultima modifica di lucameni il 28/06/2011, 23:22, modificato 1 volta in totale.
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda flaviomob il 28/06/2011, 22:02

E francamente che della questione si sia impossessata politicamente anche l'estrema sinistra o che si venga tacciati (si veda "Libero") come cavernicoli mi importa una beata mazza.


Forse nel variegato popolo pensante e "protestante" che contesta uno sperpero abominevole di denari pubblici, uno scempio ambientale, un andazzo a favore degli "amici degli amici", l'estrema sinistra è presente tanto quanto l'attivismo solidale cattolico, i moderati, gli operai "di una volta" ora in pensione, tanti giovani schifati dagli inciuci tra cosiddetta "destra" e "sinistra" di governo (imprenditori amici "di" + coop rosse o bianche), anche quella parte di destra nobile, retta, col senso dell'onore e delle istituzioni che ci ha dato giornalisti e magistrati pronti a sacrificarsi pur di non tradire i propri ideali. Forse la retorica dell'"estremismo" di certe posizioni è semplicemente funzionale a depotenziarle, a castrarle a priori perché toccherebbero interessi consolidati e talvolta ignominiosamente "bipartisan".... e chi tocca i fili, muore...


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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 28/06/2011, 23:25

Questo invece in merito al libro "Travolti dall'alta voracità".
A breve mi occuperò invece di "Le grandi opere del cavaliere" di Ivan Cicconi. Libro del 2005 ma attualissimo, con dati e riferimenti legislativi molto chiari.


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"Un libro delle edizioni Odradek che nel suo catalogo contiene non pochi titoli “antagonisti” poteva far pensare ad un’operazione ad uso e consumo di lettori anarcoidi in vena di complottismo e, come iscrivono insigni editorialisti, “superati dalla storia”. La verità, se andiamo a leggere i contenuti di “Travolti dall’alta voracità”, è decisamente diversa: le argomentazioni ecologiste di opposizione al modello Tav italiano (e “modello Tav italiano” non è espressione messa lì a caso) che sono state accusate di estremismo silvo-pastorale e, come scriveva recentemente Federico Orlando, non più importanti di altri principi come lo sviluppo e la modernizzazione, nel libro risultano un corollario quasi marginale.
Impostazione che si spiega dal curriculum degli autori e dall’occasione che ha portato alla pubblicazione del libro: molte delle pagine dell’opera nascono da un convegno, “Paradigma dello sviluppo ed Alta Velocità: un bilancio interdisciplinare”, organizzato a Venaus la sera del 29 novembre 2005 in cui hanno preso la parola economisti, ingegneri, docenti di impiantistica, chimici, analisti degli appalti pubblici, alcuni dei quali non contrari a priori al modello Tav, al più critici con la sua messa in opera. In altri termini non un comizio ma pagine che vogliono proporre, ad opera di esperti di diversa estrazione culturale, un approfondimento scientifico su di una vicenda il più delle volte raccontata sbrigativamente dai media e da quegli editorialisti che, in assenza di autentica informazione, sono i gli unici maitre a penser di coloro che leggono i giornali, come appunto uno scontro tra modernità ed antimodernità, tra bene pubblico ed egoismi di minoranze di cittadini preda di pulsioni estremistiche.
Il pregiudizio di razionalità propri di noi lettori, i detti e i contraddetti della grande stampa italiana che dispensa luoghi comuni e non spiega con dati e fatti verificabili è stato oggetto della bella ricerca di Antonio Calafati con il suo “Dove sono le ragioni del si” e che si integra perfettamente col nostro libro.
Viene così ricostruita l’architettura finanziaria e la nascita di un modello Tav italiano che coinvolge società e imprenditori miracolati da un “guadagno senza rischio”, spesso in relazione con vecchi volponi della finanza e della politica.
Lampante l’esempio dell’ex ministro berlusconiano delle infrastrutture Pietro Lunardi che con mano pubblica firmava i contratti proposti dalla sua Rocksoil e collegate. Si delinea un modello di opera pubblica che comporta un enorme esborso di denaro pubblico e la cui eventuale implementazione mai potrà ricondurre ad una proporzionale “profittabilità economica” e, citando economisti liberali come Mario Deaglio, neanche ad una razionale utilità pubblica (sinonimo di indispensabilità) nella considerazione di ulteriori parametri come le distanze, la frequenza dei convogli, gli investimenti sul trasporto locale e con quello merci; e così via.

Con questo sistema, legalizzato dalla cosiddetta “legge obiettivo”, in realtà non risulta concorrere neppure un euro di investimenti privati: i vantaggi sono assicurati ai cosiddetti “general contractors”, mentre i rischi, ovvero la copertura dei costi crescenti e l’indebitamento con le banche, è a carico del debito pubblico. Viviamo anni di tagli alla cultura, all’istruzione, ai servizi essenziali e, giusto per fare un esempio attualissimo, a Firenze si erogheranno milioni e milioni di euro in favore di cooperative rosse e noti imprenditori per costruire un tunnel tav della cui utilità pratica, visti i precedenti e usando un po’ di buon senso, ci sarebbe molto da discutere; ovvero, senza considerare i danni idrogeologici ed alla città, una somma dieci volte superiore rispetto a quanto si poteva spendere con un progetto di passaggio in superficie o fuori dal centro abitato.

Qualcuno, nel mezzo di un diffuso disinteresse, pensa male e s’incazza pure.
Incazzatura poco estremista e molto legalitaria, supportata della recentissima denuncia della Corte dei Conti. La sezione Toscana “ha rilevato lacune procedurali e decisionali da parte degli organi statali e regionali che hanno operato sulla realizzazione del progetto di Alta velocità Ferroviaria sulla linea Firenze-Bologna. Lo ha detto il vice procuratore generale regionale Acheropita Mondera Oranges, nella relazione tenuta nel corso della cerimonia per l’apertura dell’anno giudiziario. In particolare tali organi hanno operato, secondo il magistrato, sottovalutando le conseguenze idrogeologiche, nonostante i precisi doveri gravanti sugli stessi in materia di tutela della risorsa idrica”. ”A fronte dell’entità del danno, già quantificata in sede penale in oltre 750 milioni di euro fino al 2005”, la Procura presso la Corte dei Conti ”ha individuato ipotesi di responsabilità nella condotta di 23 soggetti, operanti nello Stato e nella Regione Toscana, per un danno quantificato in circa 14 milioni di euro”. Questo importo e’ stato determinato, precisa la Oranges, ”in considerazione sia degli importi da considerarsi ormai prescritti, sia del fatto che la quantificazione operata in sede penale si riferisce anche a un danno destinato a concretizzatasi in futuro”. ”E’ un processo – ha ricordato a margine dei lavori il presidente della sezione Francesco Pezzella – che ha già avuto un certo andamento nel giudizio penale. Gli atti sono pervenuti alla Corte dei Conti, c’e’ un atto di citazione che investe amministratori e dipendenti di vari periodi, e’ tutto in fase di giudizio ed è una causa che caratterizzerà l’anno giudiziario 2011” (fonte Asca).

Il paradosso di un capitalismo senza rischi imprenditoriali che nega se stesso e una sorta di keynesianesimo alla rovescia che in questo caso rende privi di senso i tentativi, spesso provenienti dai media, di usare definizioni di destra e sinistra, riformismo e massimalismo per descrivere un sistema che sfugge a categorie strettamente politiche e che forse è più facile inquadrare in quelle di legalità-illegalità, buon senso e illogicità, informazione e disinformazione; tanto più che storicamente l’attenzione agli equilibri di bilancio e ai conti pubblici hanno ben poco di estremista e molto di destra liberale.
Una citazione da Claudio Cancelli, docente al Politecnico di Torino: “La peculiarità di questa vicenda è che ci si trova di fronte al mistero di persone che hanno apparentemente programmato in disastro economico, sapendo perfettamente di farlo. La spiegazione non è difficile; per capire è sufficiente sostituire alla regole del capitalismo teorico quella del capitalismo reale, la quale dice più o meno: è accettabile qualunque disastro economico purché le perdite siano addossate all’intera comunità e i guadagni rimangano nelle mani di chi gestisce l’operazione” (pag. 10).

Critici di questo sistema di regalie ai danni dell’erario (soldi nostri), come ampiamente rivelato nel libro, sono stati anche personaggi come l’ex ministro Franco Reviglio (“un motore da fuoriserie montato su un’utilitaria”), l’ex manager di Stato Mario Schimberni per il quale “se uno ha una cinquecento che non funziona non può pensare di risolvere il problema comprando una Ferrari”. Soprattutto se le strade del paesello in cui si vive, tra monti e colline, non permettono di costruire piste per viaggiare a ritmi di formula 1.
Un modello che, superando ogni resistenza, fu inaugurato dall’ex ministro craxiano Claudio Signorile, “perfezionato da Paolo Cirino Pomicino, portato a legalità forzosa da Silvio Berlusconi, mai messo in discussione dal centrosinistra, con la parziale eccezione dell’ex ministro Claudio Burlando”.
In questo senso libri come “Le grandi opere del Cavaliere” di Ivan Cicconi e “Corruzione ad alta velocità. Viaggio nel governo invisibile” del giudice Ferdinando Imposimato rappresentano una perfetta e documentatissima integrazione ai contributi di Roberto Burlando, Claudio Cancelli, Gianfranco Chioccia, dello stesso Cicconi, di Andrea Debernardi, Marco Ponti, Luciano Gallino, Luca Mercalli, Massimo Zucchetti ed altri presenti nel nostro “Travolti dall’alta voracità”.
Interventi di taglio scientifico, comprensibili anche per il lettore meno addentro ad aspetti tecnici e giuridici che ridimensionano il quadro del localismo da sindrome Nimby (not in backyard) brandito dai media, che sempre si accompagna alla descrizione degli oppositori al modello Tav (italiano) come fanatici estremisti no global fuori dalla storia: rappresentazioni che vengono decisamente riscritte e ricondotte all’interesse generale del paese, alla sostenibilità dei conti pubblici, ad un quadro di avvenuto massacro del buon senso per via legislativa.

Dal lato impatto ambientale delle linee ad alta velocità rispetto altri sistemi di trasporto terreste Mirco Federici dell’Università di Siena sottolinea l’inevitabile allontanamento dagli obiettivi di Kyoto; Ivan Cicconi ci parla dei cosiddetti general contractors Tav come soggetti economici retribuiti come appaltatori, “ma ai quali vengono affidati tutti compiti e poteri tipici dei concessionari, senza alcun rischio sulla gestione. La contraddizione è rilevante non solo sul piano formale, ma proprio sul piano economico e contrattuale” (pag.155) […] “L’antritrust dunque segnalava l’assenza di rischi a carico dei privati e, soprattutto, l’inutilità di TAV S.p.A.” (pag. 160) […] “L’alta velocità, si dice, è necessaria per collegare l’Italia all’Europa. Si sappia comunque che con questo progetto e con questa architettura contrattuale e finanziaria si porterebbe in Europa uno Stato in bancarotta” (pag. 167); Marco Ponti del Politecnico di Torino ci ricorda che quei progetti per i quali si dice “ce lo chiede l’Europa” in realtà sono stati chiesti dall’Italia all’Europa come nel caso della Lione – Torino “di interesse europeo solo perché dichiarato tale dall’Italia, dopo un faticosissimo negoziato, data l’ostilità iniziale francese (in seguito ai citati costi e benefici previsti” (pag. 178); Andrea Debernardi di Polinomia (società di ingegneria dei trasporti e matematica applicata) col suo intervento ci introduce alla relazione complessa tra alta velocità ed alta capacità e di come il presunto nostro allinearci al resto dell’Europa nel campo Tav di fatto sia una bufala stante la diversità di sistemi di trasporto ferroviario presenti tra Francia, Germania, Scandinavia e nella considerazione che “quel che si profila oggi con chiarezza è il rischio di un forte sottoutilizzo del sistema AV, realizzato grazie ad un enorme ammontare di investimenti pubblici, cui si accompagnerà ovviamente il perpetuarsi di molte situazioni critiche sulla rete storica” (pag. 150).

E’ possibile che questi interventi di docenti universitari, ingegneri siano contestabili, che le denunce e le relazioni della Corte dei Conti siano fasulle, che sia eccessivo l’allarme lanciato anni fa da magistrati come Imposimato, che sia eccessivo anche quanto scritto da un Calafati sulla disinformazione e luoghi comuni dispensati dai media in rapporto col pregiudizio di razionalità proprio dei lettori dei quotidiani.
Sarebbe però gradito che tutto questo sia appunto contestato con cifre in mano e non semplicemente con sussiegosi editoriali da parte di giornalisti non si sa quanto (o da chi) informati, che dispensano parole d’ordine, in teoria del tutto condivisibili, quali progresso, crescita, “non si può rimanere indietro” e che però non mancano di dare come certi dati tirati fuori ad minchiam.
Credo che opere come “Travolti dall’alta voracità” servano non tanto a ricevere risposte esaustive su argomenti oggettivamente complessi, nella considerazione che ogni giorno ci riserva novità politiche ed escamotage giuridici al limite dell’immaginazione, quanto invece ad avanzare quella domanda la cui omissione sta facendo la fortuna della nostra classe dirigente di governo e di opposizione: “ma di cosa stiamo parlando?”

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Travolti dall’alta voracità (laboratorio della democrazia di Torino) a cura di Giuseppe Sergi, Claudio Cancelli, Massimo Zucchetti, Odradek, Roma 2006, pag. 240

Giuseppe Sergi (Torino 1946) è uno storico italiano. Insegna storia medioevale all'Università di Torino e fa parte del consiglio scientifico del Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo di Spoleto.

Claudio Cancelli è stato docente al Politecnico di Torino, consulente tecnico della Comunità Montana Bassa Valle Susa per l’Alta Velocità, coautore del libro “Alta velocità. Valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto” Ed. CUEN-Ecologia.

Massimo Zucchetti, nato nel 1961, dal 1990 insegna al Politecnico di Torino, Facoltà di Ingegneria. Di formazione è ingegnere nucleare e si è occupato di argomenti come la fusione termonucleare controllata, smantellamento degli impianti nucleari, effetti delle radiazioni sull’uomo e sull’ambiente, scorie radioattive, uranio impoverito, sicurezza industriale, impatto ambientale, cambiamenti climatici."
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda ranvit il 29/06/2011, 10:11

Mi pare che l'Alta velocità sia in grande sviluppo in tutto il mondo....solo in italia non si puo'?
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda franz il 29/06/2011, 11:01

ranvit ha scritto:Mi pare che l'Alta velocità sia in grande sviluppo in tutto il mondo....solo in italia non si puo'?

Giusto, tuttavia comprendo le perplessità e le avversità di molti per progetti veramente discutibili (come l'attraversamento di firenze) e considero anche la mancanza di coinvolgimento delle popolazioni (vedi val di susa) come prassi di un governo e di una classe politica arrogante e prepotente. E' possibile, Ranvit, che nel mondo i progetti tecnici siano di migliore qualità e la popolazione toccata dai tracciati sia coinvolta meglio.

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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 29/06/2011, 11:04

Ci sono vari modelli di Alta Velocità. A volte contestati dalle popolazioni, a volte no.
Sono anni che approfondisco la questione e sicuramente mi piace confrontarmi con chi parimenti l'ha fatto.
Senza superficialità e senza partire in quarta, sopratutto se non si sa di cosa si sta parlando, nel tacciare il prossimo di cretinaggine e vicinanza a movimenti estremisti.
Non sempre succede.
Ultimamente ho discusso online con un tipo che diceva sprezzante come la Tav in val di susa non ci sarebbe costata un euro visto che pagava tutto la UE (salvo dimenticare che la EU è finanziata anche dall'Italia e il progetto è stato voluto dall'Italia).
Si è dimenticato di dire degli altri 15-20 miliardi di euro a carico dello Stato Italiano.
Ci siamo dimenticati tutti (o forse non lo sapevamo) come nasce il modello Tav italiano, diverso da quello francese e da quello tedesco.
Forse quel tipo era in buona fede, non ne sapeva nulla, ma in compenso non aveva remore a tacciare da imbecilli e caverncoli estremisti coloro che mostravano parecchio fastidio per quanto sta avvenendo con la cementificazione dell'Italia (e con molti progetti di Alta velocità, che peraltro non è alta capacità).
Ma sono dettagli, immagino.
E l'italia non è la Germania o la Francia almeno come geologia, mi pare.
Poi: Il progetto fiorentino come vogliamo definirlo?
Una forma di progresso?
Andiamo a vederlo nel dettaglio e poi ne riparliamo.
Detto questo ribadisco che anche molto No Tav non dicono no a tutti i progetti. Dipende quali e come.
Ad esempio tra Firenze e Roma funziona e non ha dato luogo a sconvolgimenti geologici e costi devastanti.
Lì si poteva, senza forzare più di tanto buonsenso ed erario.
Come ho già scritto poi alla fin fine bisogna essere pronti a rispondere ad una domanda alla quale neanche tanti giornalisti (e non importa tirare fuori il complottismo) sanno rispondere: ma di cosa stiamo parlando?
Se poi, limitandosi a leggere quello che scrivono certi editoriali che non è cronaca e approfondimento, si vuole dire che coloro che si oppongono a certi progetti sono estremisti e cavernicoli, basta intendersi.
Se poi la questione Tav deve diventare il pretesto per dare sfogo alle proprie idiosincrasie politiche prendiamone atto.
Ritengo sia espressione di onestà intellettuale parlare della Tav per quella che è, per quelli che sono i progetti e i fatti accertati o accertabili piuttosto che fregarsene del merito, disinteressarsi di cosa realmente si sta parlando, e ragionare in termini di estremisti-moderati. Sarebbe un po' troppo semplice e sbrigativo. Forse consolatorio, rassicurante, ma non proprio vero.
Vorrà dire comunque che anche io sono un comunista e un cavernicolo. Non lo sapevo e non lo sapevano molti di coloro che non approvano certi progetti mangia-soldi, ma va bene così.
Alla luce dei fatti lieto di esserlo comunista e cavernicolo (cit. Libero).
Ultima modifica di lucameni il 29/06/2011, 11:34, modificato 5 volte in totale.
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda lucameni il 29/06/2011, 11:08

Certo che ridurre certe tematiche a destra sinistra, moderni contro caverncoli, estremisti-moderati, è sconfortante. Mentre intanto ti fottono, confidando nel nostro disinteresse e mancanza di notizie.
La migliore citazione: "Ci pisciano addosso e ci dicono che piove".

Peraltro massima solidarietà a quelle popolazioni che saranno esposte all'amianto.
Innanzitutto il rispetto per chi si trova nelle peste a causa della speculazione, nel disinteresse e nel disprezzo generale.
Il detto "facile fare i finocchi col culo degli altri" non so se sia massimalista o moderato.
Di certo lo trovo molto veritiero.
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Re: A proposito di Alta Velocità...

Messaggioda franz il 29/06/2011, 11:40

lucameni ha scritto:E l'italia non è la Germania o la Francia almeno come geologia, mi pare.

No, ma le Alpi sono Alpi ed il tubo del Gottardo (il piu' lungo al mondo) è già stato scavato. Il diaframma è caduto mesi fa ed il tracciato all'aperto è stato a lungo discusso con la popolazione dei comuni toccati, a nord come a sud della galleria di base. Ci sono differenze geologiche tra lo scavo in val di susa e quello del gottardo?
Visto che dici, giustamente, che bisogna vedere ogni singolo caso, evitiamo di fare un miscuglio in cui mettere dentro tutto.
L'argomento vivo oggi è quello della galleria di base della val di susa. Tutte le obiezioni geologiche potrebbero essere valide solo una volta scavati ed esaminati i cunicoli di prospezione, che servono appunto per quello e le gallerie di servizo e di sicurezza, che non sono da confondere con lo scavo vero e proprio. Mi pare invece che ci sia una resistenza vivace "a prescindere" da parte di alcune migliaia di persone, giunte li' da un po' ovunque da qualche settimana, mentre nella valle abitano 114'000 persone. Ho letto gli argomenti dei contrari e mi sembrano del tuttto risibili visto che gli svizzeri, che stupidi non sono e sanno fare i loro calcoli economici, hanno già finito un'opera simile, trovando tutte le soluzioni (ripari fonici compresi) proprio per trasferire su ferrovia i TIR.

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