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Gli italiani non sono così divisi

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Gli italiani non sono così divisi

Messaggioda ranvit il 16/05/2011, 19:09

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Gli italiani non sono così divisi
Cambiando (per il meglio) la legge elettorale il futuro tornerà nelle nostre mani
di Innocenzo Cipolletta , pubblicato il 11 maggio 2011

Gli italiani sono divisi su tutto e il paese va allo sbando per un eccesso di conflittualità: questo è un mantra che si sente ripetere in continuazione. Con questa affermazione si identifica tutto il paese con la sua classe politica e si finisce per mettere tutti nello stesso calderone. Da una parte i berlusconiani, dall’altra gli antiberlusconiani: divisi su tutto, demonizzati a vicenda. Con questa teoria, governo e opposizione appaiono sullo stesso piano e, se una è delegittimata a governare, lo è per forza anche l’altra. Con gli italiani così divisi, non c’è più possibilità di fare una vera politica, che è anche l’arte del possibile e della riconciliazione di posizioni differenti.

Ma le cose stanno veramente così? Gli italiani sono veramente tutti ingaggiati in uno dei due campi? Le responsabilità sono le stesse per chi governa e per chi è all’opposizione? Non lo credo. In realtà il paese non è affatto diviso e spaccato come alcuni commentatori pretendono (vedere ad esempio l’articolo di Angelo Panebianco su Il Corriere della Sera del 17 aprile 2011). Se si escludono pochi esagitati che protestano davanti al tribunale di Milano o davanti al Parlamento, non si vedono divisioni ideologiche insormontabili fra la gente. E il governo (oggi la destra, ieri la sinistra) ha sempre una maggiore responsabilità su come va il paese, rispetto all’opposizione che non gestisce il potere. Con questo non voglio affatto dire che destra e sinistra siano la stessa cosa o che gli italiani siano menefreghisti. Niente affatto. Ci sono diversità profonde, per fortuna, perché è bene che ci siano idee diverse a confrontarsi. E la maggioranza degli italiani ha le proprie convinzioni profonde, con le quali impostano le scelte della propria vita.

Ma la gente è, in Italia, molto più aperta a comprendere le ragioni degli altri di quanto lo sia il Parlamento o i dibattiti in TV. Lo si vede nei luoghi pubblici, dove le discussioni fra le persone si intrecciano senza scontri cruenti. Lo si vede nell’affluenza agli spettacoli, dove il pubblico, di destra o di sinistra, va spesso a vedere gli stessi film, gli stessi teatri, la stessa musica, gli stessi eventi. Lo si vede nella gestione delle città, specie di quelli piccole, dove i sindaci, di destra e di sinistra, fanno spesso le stesse scelte, distinguendosi tra di loro solo sulla base della loro capacità di amministrare e di capire i cittadini, indipendentemente dalla loro collocazione politica.

Gli italiani sono molto più tolleranti e moderati dei loro attuali governanti e rifuggono spesso dai comportamenti dei loro politici di riferimento più esagitati. Gli elettori di centrodestra, in cuor loro, disapprovano gli sconsiderati attacchi alla magistratura, che da sempre difende, in ogni paese, il diritto e l’ordine, così caro a chi ha idee di centrodestra. E gli elettori di centrosinistra sono sicuramente a disagio di fronte a manifestazioni di sindacalismo pervicace che bolla come attacchi alla democrazia ogni tentativo di riforma dell’università o ogni nuova forma di riorganizzazione del lavoro.

Perché allora il paese dà di sé un’immagine di così profonda spaccatura? Fra i motivi c’è sicuramente anche il nostro sistema elettorale. Esso è basato su parlamentari fedeli ai loro capi che li hanno scelti (non agli elettori che non hanno scelta su chi votare) e un premio di maggioranza così elevato che trasforma una maggioranza relativa anche limitata in una maggioranza assoluta in Parlamento. In queste condizioni, alla vigilia di ogni elezione, i partiti devono cercare di ridurre al minimo il numero delle astensioni da parte dei propri elettori, per prendere quel poco di più che basta per conquistare tutta la maggioranza. E contano di farlo alzando la polemica e gridando al pericolo mortale in caso di vittoria dell’altra parte. È una tecnica che non riduce l’astensionismo, ma che può portare quei pochi voti in più che bastano a vincere tutta la posta in gioco. Pochi parlamentari hanno il coraggio di opporsi a questi comportamenti, visto che la loro rielezione dipende dal loro capo e non dagli elettori. Sicché in Parlamento vanno, non i politici migliori, ma quelli più fedeli e più propensi allo scambio di favori, come si è visto con la degradante distribuzione di posti da sottosegretario recentemente dati a quanti hanno cambiato partito per appoggiare il governo. Poiché l’Italia ha ogni anno un qualche passaggio elettorale (il prossimo è il 15 maggio per le elezioni amministrative in alcune città), siamo in una battaglia continua. Il risultato è che gli italiani non hanno più altra scelta che combattere in un campo o nell’altro. Oppure ci si può astenere e i sondaggi sembrano testimoniare che una crescita dell’astensione.

C’è un solo rimedio a questo clima: cambiare in fretta il nostro sistema elettorale, riportando la scelta dei parlamentari nelle mani degli elettori e rivedendo il sistema del premio maggioritario. Ma non lo farà questo Parlamento, eletto con questo sistema. E non lo farà neppure il prossimo, se sarà eletto alla stessa maniera. In queste condizioni, sta a noi, elettori consapevoli, farci sentire votando solo quei partiti e quei politici che si impegneranno a un cambio del sistema elettorale. E potremo poi organizzarci per fare in modo che mantengano i loro impegni, in caso di vittoria. Le elezioni politiche non sono domani, ma si avvicinano ogni giorno di più. Il nostro futuro tornerà presto nelle nostre mani. Non sprechiamolo.
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Innocenzo Cipolletta, economista. Presidente dell'Università degli Studi di Trento dal 2003. È componente di vari consigli di amministrazione. È economic advisor dell'Ubs Italia. È editorialista de "Il Sole 24 Ore" e autore di diversi saggi scientifici e collaboratore di riviste specializzate. È stato insignito dal presidente della Repubblica dell'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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