COMUNICATO STAMPA
CNCA: “Inaccettabile l’articolo di ‘Repubblica’ sulle comunità per minori”
Don Zappolini: “Indignati per una rappresentazione falsa e infamante”
Roma, 29 aprile 2011
“L’articolo sulle case famiglia per minori apparso oggi sul quotidiano ‘la Repubblica’ è inaccettabile”, dichiara don Armando Zappolini, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA). “Il pezzo è presentato come ‘un’inchiesta’, ma chi lo ha scritto, evidentemente, non conosce la realtà di cui parla. Siamo indignati.”
“È infamante dire che le comunità sono strutture che lucrano sulla pelle di migliaia di bambini e adolescenti in condizioni difficili, una nebulosa dove le cause nobili lasciano il posto al business e agli interessi di bottega”, rimarca Zappolini. “I gruppi del CNCA hanno costruito negli anni una cultura dell’accoglienza al cui centro c’è proprio il ragazzo, il suo benessere, il ritorno nella sua famiglia di origine, se possibile. Non abbiamo creato ‘parcheggi’ in cui tratteniamo i ragazzi per fare i soldi, ma luoghi in cui si sperimenta una vita di tipo familiare, si elabora un progetto calibrato sul singolo minore, si lavora costantemente sulle relazioni personali e familiari, sul disagio che si è vissuto e sul modo per affrontarlo. Questo facciamo da diversi decenni e questo continuiamo a fare oggi, anche quando gli Enti pubblici si sottraggono agli impegni presi, ritardando oltre ogni limite i pagamenti dovuti, costringendo le organizzazioni sociali a contrarre nuovi debiti con le banche e a sospendere il pagamento degli stipendi agli operatori. In Campania e in Sicilia ci sono realtà dove i ragazzi sono accolti a totale carico delle comunità anche per due anni. Altro che approfittatori!”
“Il giornalista che ha firmato il pezzo”, continua il presidente del CNCA, “non sa, evidentemente, che gli istituti in Italia non ci sono più, o almeno non dovrebbero esserci, anche perché tante organizzazioni come il CNCA e moltissimi operatori si sono battuti negli anni contro forme di accoglienza non adeguate allo sviluppo dei bambini. Così come non ha capito che la stragrande maggioranza dei ragazzi che sono in comunità non è ‘senza famiglia’, come si dice erroneamente più volte nell’articolo, e che l’entità delle rette è calcolata su standard di qualità a cui le strutture debbono obbligatoriamente attenersi, sia riguardo al personale che all’abitazione, determinando costi di gestione facilmente quantificabili: non c’è nessuna ‘nebulosa’, ma costi documentati e trasparenti, in cui l’80% della retta va al personale educativo (che guadagna assai meno di un redattore ordinario, tanto per essere chiari). Né il giornalista dice alcunché del fatto che in diverse regioni è stato istituito un osservatorio ad hoc, presso il quale è obbligatorio inviare, semestralmente, una scheda su ogni ragazzo preso in carico; anche in questo caso i dati ci sono e sono accessibili. Infine, l’inviato di ‘Repubblica’ delinea una contrapposizione tra affido familiare e comunità che non ha senso: la scelta va fatta caso per caso. Per questo il CNCA, accanto alle comunità, ha promosso tante reti di famiglie disponibili all’affido.”
“Ci pare, perciò, che con questo articolo si sia puntato più che altro a uno scoop, facendo invece un clamoroso buco nell’acqua”, conclude Zappolini. “I problemi ci sono, ma riguardano la continua riduzione delle risorse economiche e degli organici dei servizi di tutela, questioni appena accennate nel pezzo, che mettono in crisi tutto il sistema di accoglienza e accompagnamento. Invitiamo, perciò, l’autore dell’articolo a venirci a trovare in una delle nostre comunità per minori. Ne abbiamo in tutta Italia. Ne verrebbe fuori un articolo molto diverso.”
Info:
Mariano Bottaccio – Responsabile Ufficio stampa
Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA)
tel. 06 44230395/44230403 – cell. 329 2928070 - email: ufficio.stampa@cnca.it
http://www.cnca.it
Per completezza, il link all'articolo
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/0 ... ref=search
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Una breve riflessione personale.
1 - Le rette pagate dai comuni sono ferme, in alcuni casi, da un decennio e non sono più sufficienti a coprire i costi del personale, del vitto, dei vestiti e di tutte le altre necessità di una comunità con otto minori e quattro educatori, stante l'inflazione e l'adeguamento dei CCNL.
In particolare, la mia esperienza con il comune di Milano è di una retta assolutamente inadeguata, per cui gli enti del privato sociale (cooperative, fondazioni o altro) che ancora resistono in questa difficile missione lo fanno con un passivo di bilancio sempre più accentuato (e presto insostenibile)
2 - Gli enti del privato sociale si fanno carico anche delle bollette relative alle utenze dell'immobile, delle spese d'affitto o di mutuo, che nel caso delle cooperative sociali assorbono l'eventuale utile di bilancio (dove sarebbe quindi la 'speculazione')? Pagare i "muri" di una comunità destinata ad ospitare 8 minori più le figure adulte di riferimento non è uno scherzo e costringe le cooperative ad esporsi molto.
3 - Chi decide di allontanare i minori dalla famiglia è il Tribunale per i minorenni, su segnalazione dei servizi sociali del territorio (comune). Talvolta i servizi sociali vengono attivati dalla scuola, che segnala casi di minori con sospetto di maltrattamento, abuso o abbandono. Le comunità non hanno alcun potere a riguardo, ne' a determinare l'allontanamento del minore dalla famiglia di origine, ne' a stabilire la durata della permanenza in comunità per minori.
4 - Le famiglie che accettano minori in affido sono sempre di meno e gli affidi che falliscono (con gravissimi traumi psicologici per i minori, che si trovano ad essere nuovamente espulsi da un nucleo familiare da cui erano stati accolti) sempre di più. In casi molto gravi i tribunali sono ancora restii a decretare lo stato di adottabilità del minore, per cui viene invece proposto l'affido che poche famiglie accettano di intraprendere (perché prevede di mantenere i contatti con la famiglia di origine e un eventuale riavvicinamento, in prospettiva).
Si sta purtroppo estinguendo la cultura della cura, dell'affido, dell'adozione, della solidarietà diffusa.
5 - I minori più 'problematici' nel comportamento sono quelli che hanno subito i traumi più intensi, prolungati e devastanti e sono proprio quelli che le famiglie adottanti o affidatarie non desiderano, per cui permangono in comunità per periodi molto lunghi (anche se ormai la lunghezza dei tempi in comunità è un problema sempre più esteso).
6 - E' invece drammaticamente vero il problema, denunciato dal giornalista di Repubblica, di orfanotrofi convertiti solo formalmente in comunità per minori, per lucrare. Dove avviene, però, vi è sempre una collusione dei servizi sociali, che dovrebbero vigilare e controllare.
7 - L'affermazione
Lo Stato paga le comunità ma nessuno chiede alla comunità una giustifica delle spese - aggiunge Lino D'Andrea - . Sarebbe utile che ogni casa-famiglia rendesse pubblica le modalità con cui vengono utilizzati i fondi: quanto per il cibo, quanto per il vestiario, quanto per gli psicologi o le varie attività. Il punto è che, in assenza di informazioni, i bambini stanno in questi posti e nessuno gli fa fare niente. Non crescono, non vivono la vita, non incontrano amici, non fanno sport né gite".
è assolutamente grave e falsa.
Intanto non è lo Stato che paga ma i comuni.
Nessuno rimborsa le 'spese' alla comunità per minori, ma vi è una retta giornaliera per ogni minore presente.
I minori fanno attività sportive e culturali i cui costi ricadono sulle comunità senza nessun rimborso da parte dell'ente pubblico (psicologi e neuropsichiatri invece appartengono ad enti pubblici!): ovviamente se una comunità non se lo può permettere, perché strozzata e spremuta dai tagli, difficilmente i giovani potranno fare attività sportive a pagamento.
Mi permetto di aggiungere che nella comunità dove ho lavorato gli educatori rinunciano agli straordinari (lavorando anche 60-70 ore a settimana, notti e weekend compresi, ne venivano retribuite solo 38, non certo per lucro ma per impossibilità oggettiva) e in occasione dei periodi di vacanza fanno turni continuativi di una o più settimana insieme con i ragazzi, cui peraltro venivano garantiti almeno due mesi di vacanze in montagna o al mare d'estate e due settimane in inverno più una a pasqua.
Una piccola chicca finale: l'unico comune in Lombardia che ci ha permesso di realizzare una comunità per minori coprendo i costi dei 'muri' è stato Giussano, monocolore leghista...