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Domani è il 25 aprile

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Domani è il 25 aprile

Messaggioda annalu il 24/04/2011, 19:14

Da IlMessaggero.it:

Prodi: all'Italia serve un nuovo 25 aprile
di Romano Prodi

ROMA - Domani è il 25 aprile. Una data fondamentale per la nostra storia, anche se la distanza ne ha affievolito il ricordo fino a renderlo quasi assente nelle più giovani generazioni. Non ci dobbiamo sorprendere di questo fatto perché il tempo tutto appiattisce e tutto cancella. Vale tuttavia la pena di ricordare che cosa significava questo giorno in passato e che cosa deve significare oggi.

Il 25 aprile del 1945 è una data fondamentale nella storia italiana non solo perché ricorda la fine di una lunga tragica guerra e la liberazione della nostra Italia dal giogo del nazismo e del fascismo ma soprattutto perché apre finalmente una nuova prospettiva di vita economica e politica del Paese.

Non ci si libera solo dal nazi-fascismo ma si liberano le forze positive che, pur con grande fatica e con un procedere non sempre lineare, hanno alimentato il nostro sviluppo civile, sociale ed economico. Uno sviluppo che parte dalla fissazione dei valori e delle regole della Costituzione, frutto di un lungo, civile ed approfondito confronto fra le principali forze politiche democraticamente elette. Un momento unico della nostra storia perché mai dopo di allora il Parlamento è stato impegnato così a lungo e in modo così costruttivo in un dibattito dedicato a tracciare le grandi direzioni dello sviluppo futuro dell’Italia. Un dibattito che, pur con tanta fatica e tante difficoltà, è riuscito a fare convergere verso un’idea unitaria le principali forze politiche italiane. Per questo motivo, anche se alcuni aspetti tecnici della nostra Carta hanno dovuto essere adattati ai tempi, i principi fondamentali della Costituzione sono ancora il punto di riferimento della nostra identità politica e resistono anche di fronte ai ripetuti tentativi di sovvertirne la lettera e lo spirito.

Il 25 aprile è anche la data che pone le basi per una nuova politica estera dell’Italia, spinta a guardare verso le altre democrazie e a preparare il terreno per la costruzione europea che, pur con tutti i suoi limiti e le sue incompiutezze, ha garantito pace, sviluppo e progresso civile ad un continente per secoli massacrato da guerre e divisioni. Da quel momento, e solo da quel momento, è stata possibile una politica capace di preparare una consapevole risposta italiana ai cambiamenti del mondo. Una risposta che oggi sembra invece lontana, quasi impossibile.

Pur avendo conosciuto un crescente benessere l’Italia è infatti attraversata dalla divisione e dalla paura. Paura della nuova concorrenza, paura degli immigrati ma, soprattutto, paura di noi stessi e delle nostre insanabili divisioni. Per costruire un nuovo 25 Aprile bisogna perciò superare queste paure e liberare quelle forze che oggi non sono in grado di esprimersi e che, non potendo contribuire allo sviluppo del Paese, ne alimentano la paura.

È venuto il tempo di ricostruire la speranza per chi teme di non avere più un futuro, soprattutto per i ragazzi che pensano ormai di avere perduto la gara della loro vita e per le donne, che vedono il loro ruolo molto più debole di quello giocato dalle donne degli altri Paesi. Costruire il nuovo significa quindi, prima di tutto, combattere la paura. Non per nulla di tutti i discorsi che Giovanni Paolo II ha fatto nei lunghi anni del suo Pontificato la frase che più di tutte viene ricordata è proprio il «non abbiate paura». Un ammonimento che vale per tutti, ma soprattutto per noi italiani.

Solo fondandoci su una nuova speranza abbiamo la possibilità di guardare ai cambiamenti del mondo senza sentirci sopraffatti dalle grandi potenze o dai nuovi Paesi che cercano quello spazio che la storia aveva loro da lungo tempo negato. E dovremo anche capire che, se il mondo è tanto cambiato, vi è ancora più bisogno di una Europa forte e coesa. Un’Europa che noi dobbiamo costruire con fiducia giorno per giorno e non limitarci a lamentarne la mancanza quando non la sentiamo solidale di fronte ai nostri problemi.

Per avere un nuovo 25 Aprile noi dobbiamo inoltre riacquistare il senso di un destino comune. Il che significa rispettare lo spirito dell’Assemblea Costituente e ritrovare il valore delle regole, come esse sono scritte nella nostra Costituzione. Regole che non possono divenire uno strumento di sopraffazione e che non possono essere mutate a seconda della nostra convenienza.

Non avere paura significa infine avere fiducia nella nostra capacità di trovare in questo momento di gravissima crisi la solidarietà necessaria per convincere tutti gli italiani che la ricostruzione civile ed economica dell’Italia sarà portata avanti dai sacrifici di tutti ma dagli sforzi proporzionati alle spalle di chi li deve compiere. Proprio come apparve possibile il 25 Aprile del 1945, in un’Italia pur ancora dilaniata dagli odii e dalle divisioni.

Domenica 24 Aprile 2011 - 15:12
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Re: Domani è il 25 aprile

Messaggioda ranvit il 24/04/2011, 19:23

Facciamolo Presidente della Repubblica... :)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Domani è il 25 aprile

Messaggioda pierodm il 26/04/2011, 17:14

Liberazione e Costituzione

di Furio Colombo

Caro Furio, ti scrivo a proposito del 25 aprile. Come ogni anno noi investiamo in questo appuntamento, ritenendolo fondamentale non solo per la memoria storica.

Due anni fa siamo scesi in piazza con i rifugiati politici trattati in maniera disumana dal comune di Milano. L’anno scorso soprattutto per denunciare l’opera di revisionismo storico di un governo della città (e della provincia, e della regione e del Paese) che finanzia e sostiene gruppi neofascisti. Quest’anno il nostro obiettivo è gettare un ponte dall’altra parte del Mediterraneo per dire “cacciare il Rais è possibile”. Come? Soprattutto distruggendo quelle frontiere che avevamo affidato a Gheddafi per bloccare i migranti in mare.

Noi saremo in piazza con “El General” il rapper tunisino che è stato arrestato il giorno in cui Mohammed Bouazizi si dava fuoco, mentre cominciava la rivolta nel suo Paese.

Noi non saremo in piazza con Moratti, Podestà e i loro candidati.


firmato: Leon

Quando Leon, nella lettera che ho scelto di pubblicare come apertura di questo articolo dice “noi”, intende persone molto giovani che, nella immensa confusione, dolosa e colposa in cui vive il Paese, non hanno dimenticato l’orrore del fascismo e delle leggi razziali e lo scrupoloso lavoro dei fascisti italiani al servizio del criminale progetto nazista. E sanno ciò che l’Italia di oggi, smemorata e caotica, sta facendo con una concitata persecuzione ai rifugiati delle rivoluzioni e della guerra in Nord Africa e l’ossessivo e persecutorio “sgombero” dei campi nomadi, veri e propri rastrellamenti notturni che non danno tregua a un piccolo popolo ospite in Italia e in Europa da centinaia d’anni.

Mentre scrivevo questa pagina per fare in modo che tanti sappiano, nel nostro disperato Paese, dell’esistenza di persone giovani che hanno sentimenti e idee e progetti come quelli narrati da Leon, ho ascoltato, in un solo telegiornale, tre diverse vicende che ci danno notizie del tempo e del modo in cui stiamo vivendo. La prima notizia viene da Roma. In piena vigilia pasquale, e mentre la città si prepara a festeggiare la beatificazione di un Papa, è avvenuto un altro sgombero di campo nomadi della capitale.

Donne e bambini si sono presentati alla Basilica di San Paolo e hanno chiesto asilo. Infatti “sgomberare un campo nomadi” non significa spostare gente povera e senza casa da un luogo inadatto ad una abitazione vera. Non è ciò che accade. Qui, in questa civiltà e in questo Paese, “sgomberare” vuol dire spingere via, nel cuore della notte, donne e bambini, dopo averli terrorizzati con l’arrivo di polizia e formazioni militari, dopo avere distrutto con le ruspe il poco che avevano, per costringerli a vagare fuori, lontano, altrove, senza che nessuno (tranne le proteste appassionate della Comunità di Sant’Egidio) si preoccupi di dire dove e come risolvere il problema. Quale problema? I nomadi non ci sono più e basta.

Ma nello stesso telegiornale ragazzi tunisini facevano vedere ferite e lividi del pestaggio subito dalle guardie del centro di detenzione in cui erano stati ammassati (si chiamano “centri di identificazione e di espulsione” ma sono prigioni senza regole e senza codice). Hanno detto di esse stati puniti per avere tentato la legittima protesta dello sciopero della fame. Oggi. In Italia.

Ma questi sono anche i giorni del candidato di pietra alle elezioni comunali di Milano, certo Lassini Roberto, che ha ideato, pagato, stampato i manifesti che proclamano i giudici di Milano brigatisti rossi. Vuol dire assassini dediti a una missione, con fini oscuri e mandanti oscuri che infiltrano il Paese per eliminare le personalità più rappresentative, come Berlusconi.

Lassini Roberto è nessuno ma significa molto. Come in un tetro gioco del ventriloquo, parla, attraverso di lui e i suoi manifesti, il primo ministro italiano, uomo squilibrato dal quale il mondo ormai sta alla larga, cercando di non incontrarlo neppure nelle cerimoniose circostanze internazionali. Ma Lassini Roberto è qualcosa di più. E’ un personaggio insignificante che ha lanciato apertamente e ufficialmente la guerra tra Potere esecutivo e Ordine giudiziario, in modo da eliminare le piccole trovate degli avvocati per ritardare o rendere pre-morti i processi a carico del capo del Governo. No, Lassini, a nome della banda Santanchè si impegna a fare in modo che sia guerra totale, trasformando elezioni amministrative, un tempo incentrate sulla qualità dei sindaci e del lavoro fatto o promesso, in una guerra senza quartiere per portare a termine il grande progetto, la spaccatura dell’Italia. Difficile dire se il solo grande partito di opposizione, il Pd sia in grado di fronteggiare il pericolo, se lo veda. A giudicare da ciò che dice e ripete il più combattivo alleato del Pd, la radicale Bonino, si direbbe di no. Se è no, vuol dire che Lassini potrà essere eletto insieme alla Moratti in un progetto di secessionismo fra Istituzioni dello Stato, un progetto anche più folle del secessionismo regionale della Lega.

Ecco perché l’appello per il 25 aprile lanciato dai giovani e giovanissimi di Milano intorno a Leon, e detto chiaro nella sua lettera, mi sembra il punto di riferimento più forte. Non è nostalgico ma punta al dopo. Resistenza e Costituzione sono il senso, il percorso e il progetto, per cancellare una Italia storta e malata in cui si lasciano morire i “clandestini” in mare o sugli scogli di Lampedusa, si dà la caccia ai Rom, costringendoli a rifugiarsi in una chiesa, e si insegna ai bambini bianchi delle scuole italiane di oggi la canzoncina razzista “faccetta nera”.

Grazie a ragazzi come Leon, possiamo ricordarci che a Milano ci saranno elezioni politiche drammaticamente importanti. E che Resistenza e Costituzione sono il programma e l’impegno per salvare la Repubblica.
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