da pierodm il 24/04/2011, 20:02
Luca - La rottamazione intesa come polemica, anche necessaria o ben motivata, con la Cgil o con i dinosauri PD, quando poi nei fatti si ripropongono vizi e argomentazioni già viste e sentite, mi pare più esercizio retorico ad uso di una personale propaganda che reale dimostrazione di "rottamazione".
Ovviamente concordo con Luca sullo scetticismo verso il personaggio Renzi, e non mi meraviglia il plauso privo di argomentazioni degli altri intervenuti.
Dico però a Luca che bisognerebbe interrogarsi su certe deficienze e su un certo stato di cose, oltre che (correttamente) citarli.
Perché questo ripetere vizi e argomentazioni già viste e sentite?
Perché questo nuovismo che sa di vecchio, e che soprattutto non rinnova mai niente?
La risposta potrebbe essere cercata, anche, in un'analisi di chi siano e "cosa" siano coloro che, guarda caso, plaudono a questo tipo di rottamatori: ma lasciamo stare, rimaniamo nel teorico, che serve benissimo ugualmente allo scopo.
Il "rinnovamento", com'è logico, non consiste nel premettere ad ogni propria affermazione che si tratta di una cosa "nuova".
Non consiste nell'usare un linguaggio spregiativo o insultante verso tutto ciò che "esiste", e che dunque sarebbe il pre-esistente al nuovo, cioè sarebbe il vecchio.
E non è vero che un cambiamento, purché sia, sia da considerare rinnovamento: vale l'esempio, per altro del filosofo Del Noce, per cui il fascismo fu una rivoluzione a tutti gli effetti - ben più radicale cioè di un semplice "canmbiamento" - e noi possiamo aggiungere che in Italia il fascismo è stata l'unica rivoluzione, dopo l'epoca della dittatura di Silla e dell'avvento di Cesare.
Qualunque persona di buon senso, quindi, capisce bene che si può cambiare in tanti modi e in tante direzioni, compresa quella molto italiana del cambiare tutto perché nulla cambi - vale a dire i cambiamenti come specchietti per le allodole per i gonzi.
In breve, l'idea che voglio proporre è che in questo centro-sinistra si fa tanto fumo e poco arrosto perché si vuole cambiare non avendo alcuna idea forte su cosa cambiare, come cambiare, in che direzione cambiare.
La mediocrità della classe dirigente non è una mediocrità personale - o almeno lo è solo in un numero di casi limitato e specifico - ma è una mediocrità ideologica, ed è la conseguenza di scelte fatte in precedenza verso la dismissione di un'idea di società e di un'idea organica delle istituzioni: una dismissione che deriva in buona parte dalla necessità di tenere insieme una coalizione/partito, ma che viene spacciata per un "superamento di portata storica degli steccati ideologici"
Si vorrebbe (forse) cambiare, o almeno così si proclama, ma senza avere - senza potersi permettere - una cognizione originale e attrattiva sulla direzione da prendere, e quindi ci si limita necessariamente a cambiamenti di piccolo cabotaggio, a vista, nel migliore dei casi da "buoni amministratori" e nulla più.
Del resto, una classe politica che avesse potuto permettrsi di avere una bussola seria, avrebbe avute tutte le possibilità di dimostrarlo, contestualmente alla spinta verso il bipolarismo e il maggioritario: adeguando le istituzioni, per esempio, a questa nuova archiettettura della politica, cosa che il centro-sinistra (non la"sinistra", tanto meno quella lagnosamente chiamata "radicale") non ha mai messo in cantiere e nemmeno discusso.
Sono stati, e continuano ad essere, proprio quelli che pronunciano ogni tre parole il termine "liberale", coloro che si sono ben guardati dal porre questo tipo di problema.
La mediocrità di un Renzi, in questo quadro, è veramente una questione secondaria, anche se sintomatica: un tizio che riecheggia la propaganda berlusconiana sull'inutilità dell'anti-berlusconismo, ma poi trova evidentemente utile e insopprimibilmente fondato fare dell'anti-sindacalismo, io saprei bene come definirlo, ma non lo faccio per non rinfocolare polemiche dentro questa nostra scombiccherata "famiglia".