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30 anni e nessun sogno

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

30 anni e nessun sogno

Messaggioda ranvit il 18/12/2010, 16:49

Avrebbe potuto scriverla mia moglie o io o tantissime altre persone....

E' un vero dramma.





http://www.corriere.it/cronache/10_dice ... aabc.shtml


LA LETTERA - DA ANNI UN LAVORO «A PROGETTO», SEMPRE NELLA STESSA AZIENDA
«Mia figlia è una precaria
Ha 30 anni e nessun sogno»
Una mamma: l'infelicità? È non poter pensare al domani

Una mamma milanese riflette sul futuro della figlia nel giorno del trentesimo compleanno. Ripensa al giorno della nascita e ai presagi di un avvenire felice. E si interroga su un presente che sconforta. È una lettera sul futuro senza certezze dei giovani. La lettera di una «mamma arrabbiata».



Caro direttore,
ieri mia figlia ha compiuto trent'anni. Da diversi anni lavora nella stessa azienda con contratti «a progetto». Subito dopo la sua nascita, in una gelida notte di luna piena, da un finestrone del reparto maternità dell'allora già vetusto ospedale Principessa Jolanda di Milano (oggi non c'è più) ho potuto ammirare la cupola di Santa Maria delle Grazie del Bramante incorniciata da un cielo terso, luminoso e azzurro che sembrava finto, nel quale, a far da contrappunto alla luna, brillava una stella solitaria. Uno scenario di rara bellezza che mi era sembrato un ottimo auspicio per la mia bambina.
Oggi sono una madre molto arrabbiata. Non è mia figlia che mi ha deluso. E non è di lei che voglio parlare, ma dell'indifferenza di chi assiste senza scomporsi al dramma della sua generazione. Alla sua età io avevo già fatto molti sacrifici, ma avevo prospettive concrete di crescita professionale e di fare progetti per la vita. Per mia figlia e la grande maggioranza dei suoi coetanei i sacrifici non bastano: con questi giovani la realtà è stata, ed è, avara di occasioni e ladra di sogni. Possono anche dimostrare di valere, ma non hanno la libertà di inventarsi il futuro.

Abbiamo perso il valore del lavoro, la sua dignità, il suo ruolo nella crescita individuale e nella società. Non siamo stati capaci di difendere il futuro dei nostri figli. Abbiamo creduto che bastasse aver conquistato certi diritti per avere la certezza che sarebbero durati all'infinito. Complice un diffuso benessere, amplificato in principio dal «riflusso» degli anni Ottanta, abbiamo un po' dormito sugli allori. Noi, che abbiamo potuto realizzarci grazie al lavoro, li abbiamo cresciuti nella certezza che il loro futuro sarebbe stato migliore.


Responsabilità ben maggiori hanno i governi degli ultimi vent'anni senza distinzione, la classe dirigente, le parti sociali, spesso l'inadeguatezza strutturale e formativa della scuola e dell'università. Mi sembra che nessuno, tranne noi e i nostri figli, voglia la fine di questo scandalo. Sono troppi gli altri interessi in gioco.

Con che cuore e testa possiamo accettare che i nostri giovani (e smettiamola con i «bamboccioni»), non abbiano futuro? Nonostante le lauree e i master all'estero, la loro vita sembra segnata irrimediabilmente dalla precarietà. Altro che meritocrazia. E non vale il discorso che sono pigri e viziati. I fannulloni non sono una scoperta del ministro Brunetta, sono sempre esistiti. Per fortuna sono eccezioni.

Le attuali regole del mercato del lavoro, nel tentativo di favorire l'occupazione e combattere il lavoro nero, in molti casi hanno finito paradossalmente per legalizzare la precarietà. Cos'altro si può dire quando, pur non ricorrendo le condizioni previste dalla legge, e in totale assenza di controlli, certe aziende impiegano in massa contratti «a progetto» rinnovabili all'infinito? Perché l'Inps, che da questa tipologia contrattuale riceve contributi irrisori, non controlla che siano veritieri e non degli abusi? Meno male che c'è il welfare delle famiglie. Però anche le famiglie si stanno impoverendo e non mi riferisco solo alle risorse economiche. L'infelicità dei tuoi figli, la loro impossibilità di pensare a domani con un minimo di stabilità, la loro sfiducia, frustrazione, quando non disperazione, fa soffrire anche te, ti condiziona, ti deprime, vivi male. Si vive male tutti.

Basta con l'alibi della crisi globale che paralizza la crescita del Paese. In tempi di crisi c0è anche chi si arricchisce. Non si dica più che da noi però c'è più occupazione che in Spagna. Si dica invece che ce n'è meno che in Germania e quella che c'è comprende qualche milione di lavoratori «atipici».
Credo che abbia ragione chi dice che è finito il tempo del posto fisso perché il mercato del lavoro esige sempre più flessibilità, ma andare in questa direzione senza criterio né tutele non è un passo avanti. Il processo di trasformazione sociale in atto non dovrebbe essere solo un prezzo da pagare. I giovani hanno capacità di adattamento, ma non vogliono e non devono essere ingiustamente penalizzati. Un lavoro dignitoso e flessibile ma con garanzie graduali, fino a raggiungere una certa stabilità, è un elemento importante per ridare fiducia e contribuire al rilancio dell'economia. Non lo dico io, che sono solo una madre arrabbiata, l'hanno detto e lo dicono ripetutamente economisti e giuslavoristi importanti. Ultimamente anche Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia. Sarebbe il modo migliore per dare contenuto a due principi costituzionali: «L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro» (art. 1) e «La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» (art. 4). Effettivo.
Valentina Strada
18 dicembre 2010
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda pierodm il 19/12/2010, 11:33

Ranvit, hai fatto bene a citare questa lettera, e hai ragione a dire che avremmo potuto scriverla in tanti di noi, probabilmente la gran parte di noi.

Il nocciolo della lettera, secondo me, sta qui: Abbiamo perso il valore del lavoro, la sua dignità, il suo ruolo nella crescita individuale e nella società. Non siamo stati capaci di difendere il futuro dei nostri figli. Abbiamo creduto che bastasse aver conquistato certi diritti per avere la certezza che sarebbero durati all'infinito. Complice un diffuso benessere, amplificato in principio dal «riflusso» degli anni Ottanta, abbiamo un po' dormito sugli allori. Noi, che abbiamo potuto realizzarci grazie al lavoro, li abbiamo cresciuti nella certezza che il loro futuro sarebbe stato migliore.

Però mi chiedo perché, quando abbiamo trattato di questi temi - io personalmente ne ho fatto oggetto specifico, sulla natura e dignità del lavoro, se ben ricordi - tu non hai mostrato altrettanta condivisione.
Comunque, rimanendo alla lettere citata, dice bene l'autrice, sul fatto che in questo degrado c'è la responsabilità di tutti: le leggi sul precariato , se non mi sbaglio, sono state introdotte da Tiziano Treu.
Ma al di là di questa ricerca nominalistica di colpe e responsabilità - sulle quali si può discutere all'infinito, in un groviglio di scusanti e di statistiche - rimane il macigno delle omissioni: come spesso succede, quando si va a ben guardare, non sono tanto le "azioni" quelle che contano, quanto le "omissioni", ossia ciò che poteva essere fatto e non è stato fatto, che poteva essere immaginato, pensato, tentato, e invece no - tutto il bene che potevi fare e non hai fatto, per dirla con Pasolini che si rivolge a Pio XII.

Le omissioni sono il grosso problema, il peccato capitale del nostro sistema italiano
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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda gabriele il 19/12/2010, 11:50

ranvit ha scritto:Avrebbe potuto scriverla mia moglie o io o tantissime altre persone....

E' un vero dramma.





http://www.corriere.it/cronache/10_dice ... aabc.shtml


LA LETTERA - DA ANNI UN LAVORO «A PROGETTO», SEMPRE NELLA STESSA AZIENDA
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Una mamma milanese riflette sul futuro della figlia nel giorno del trentesimo compleanno. Ripensa al giorno della nascita e ai presagi di un avvenire felice. E si interroga su un presente che sconforta. È una lettera sul futuro senza certezze dei giovani. La lettera di una «mamma arrabbiata».



Caro direttore,
ieri mia figlia ha compiuto trent'anni. Da diversi anni lavora nella stessa azienda con contratti «a progetto». Subito dopo la sua nascita, in una gelida notte di luna piena, da un finestrone del reparto maternità dell'allora già vetusto ospedale Principessa Jolanda di Milano (oggi non c'è più) ho potuto ammirare la cupola di Santa Maria delle Grazie del Bramante incorniciata da un cielo terso, luminoso e azzurro che sembrava finto, nel quale, a far da contrappunto alla luna, brillava una stella solitaria. Uno scenario di rara bellezza che mi era sembrato un ottimo auspicio per la mia bambina.
Oggi sono una madre molto arrabbiata. Non è mia figlia che mi ha deluso. E non è di lei che voglio parlare, ma dell'indifferenza di chi assiste senza scomporsi al dramma della sua generazione. Alla sua età io avevo già fatto molti sacrifici, ma avevo prospettive concrete di crescita professionale e di fare progetti per la vita. Per mia figlia e la grande maggioranza dei suoi coetanei i sacrifici non bastano: con questi giovani la realtà è stata, ed è, avara di occasioni e ladra di sogni. Possono anche dimostrare di valere, ma non hanno la libertà di inventarsi il futuro.

Abbiamo perso il valore del lavoro, la sua dignità, il suo ruolo nella crescita individuale e nella società. Non siamo stati capaci di difendere il futuro dei nostri figli. Abbiamo creduto che bastasse aver conquistato certi diritti per avere la certezza che sarebbero durati all'infinito. Complice un diffuso benessere, amplificato in principio dal «riflusso» degli anni Ottanta, abbiamo un po' dormito sugli allori. Noi, che abbiamo potuto realizzarci grazie al lavoro, li abbiamo cresciuti nella certezza che il loro futuro sarebbe stato migliore.


Responsabilità ben maggiori hanno i governi degli ultimi vent'anni senza distinzione, la classe dirigente, le parti sociali, spesso l'inadeguatezza strutturale e formativa della scuola e dell'università. Mi sembra che nessuno, tranne noi e i nostri figli, voglia la fine di questo scandalo. Sono troppi gli altri interessi in gioco.

Con che cuore e testa possiamo accettare che i nostri giovani (e smettiamola con i «bamboccioni»), non abbiano futuro? Nonostante le lauree e i master all'estero, la loro vita sembra segnata irrimediabilmente dalla precarietà. Altro che meritocrazia. E non vale il discorso che sono pigri e viziati. I fannulloni non sono una scoperta del ministro Brunetta, sono sempre esistiti. Per fortuna sono eccezioni.

Le attuali regole del mercato del lavoro, nel tentativo di favorire l'occupazione e combattere il lavoro nero, in molti casi hanno finito paradossalmente per legalizzare la precarietà. Cos'altro si può dire quando, pur non ricorrendo le condizioni previste dalla legge, e in totale assenza di controlli, certe aziende impiegano in massa contratti «a progetto» rinnovabili all'infinito? Perché l'Inps, che da questa tipologia contrattuale riceve contributi irrisori, non controlla che siano veritieri e non degli abusi? Meno male che c'è il welfare delle famiglie. Però anche le famiglie si stanno impoverendo e non mi riferisco solo alle risorse economiche. L'infelicità dei tuoi figli, la loro impossibilità di pensare a domani con un minimo di stabilità, la loro sfiducia, frustrazione, quando non disperazione, fa soffrire anche te, ti condiziona, ti deprime, vivi male. Si vive male tutti.

Basta con l'alibi della crisi globale che paralizza la crescita del Paese. In tempi di crisi c0è anche chi si arricchisce. Non si dica più che da noi però c'è più occupazione che in Spagna. Si dica invece che ce n'è meno che in Germania e quella che c'è comprende qualche milione di lavoratori «atipici».
Credo che abbia ragione chi dice che è finito il tempo del posto fisso perché il mercato del lavoro esige sempre più flessibilità, ma andare in questa direzione senza criterio né tutele non è un passo avanti. Il processo di trasformazione sociale in atto non dovrebbe essere solo un prezzo da pagare. I giovani hanno capacità di adattamento, ma non vogliono e non devono essere ingiustamente penalizzati. Un lavoro dignitoso e flessibile ma con garanzie graduali, fino a raggiungere una certa stabilità, è un elemento importante per ridare fiducia e contribuire al rilancio dell'economia. Non lo dico io, che sono solo una madre arrabbiata, l'hanno detto e lo dicono ripetutamente economisti e giuslavoristi importanti. Ultimamente anche Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia. Sarebbe il modo migliore per dare contenuto a due principi costituzionali: «L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro» (art. 1) e «La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» (art. 4). Effettivo.
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Ora potete capire perché molta gente sta lasciando questi politicanti e si sta rivolgendo altrove.

Come dicevo tempo fa, la cosa più dura e umiliante è che un trentenne d'oggi non ha prospettive. Come scrive questa madre, possono fare i sacrifici più importanti per meritarsi di più, ma questo "di più" non lo avranno mai.

Sembra paradossale, ma anche chi denuncia queste cose non è un trentenne ma una madre di trentenne. E questo è un pessimo sintomo. Nemmeno nel comunicare le proprie difficoltà questa società non riesce a staccarsi dal ruolo schiacciante che ha la famiglia, unico e vero baluardo di stato sociale, soffocando quindi intere generazioni sotto la coperta della comprensione.

Quanti dirigenti in Italia sono trentenni o quarantenni?

Quanti dirigenti di partito sono trentenni o quarantenni?

...

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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda ranvit il 19/12/2010, 11:56

Però mi chiedo perché, quando abbiamo trattato di questi temi - io personalmente ne ho fatto oggetto specifico, sulla natura e dignità del lavoro, se ben ricordi - tu non hai mostrato altrettanta condivisione.

Perchè, come ho cercato di dire tante volte, non è l'analisi della situazione che ci divide, ma la strada da percorrere per avviare a soluzione questi problemi.

Vittorio



Ps Gabriele, perchè ogni volta che intervieni riporti tutto il post cui ti riferisci?
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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda gabriele il 19/12/2010, 12:16

ranvit ha scritto:
Ps Gabriele, perchè ogni volta che intervieni riporti tutto il post cui ti riferisci?



Perchè il mio intervento è relativo al senso generale del post e non a qualcosa in particolare.

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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda ranvit il 19/12/2010, 12:40

Allora basterebbe semplicemente non "quotarlo"...

Comunque se ti ho infastidito, e non era questa la mia intenzione, chiedo scusa....

Vittorio
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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda Loredana Poncini il 19/12/2010, 13:10

Come zia di una trentenne, partecipo al dramma e partendo dalla flexsecurity promossa da Pietro Ichino spero che il lavoro, in Italia, trovi normative adatte alla trasformazioni sociali che stiamo vivendo.
Loredana Poncini
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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda ranvit il 19/12/2010, 13:56

Loredana Poncini ha scritto:Come zia di una trentenne, partecipo al dramma e partendo dalla flexsecurity promossa da Pietro Ichino spero che il lavoro, in Italia, trovi normative adatte alla trasformazioni sociali che stiamo vivendo.




Se mi posso permettere Loredana, ti devo dire che trovo quantomeno contraddittorio la tua "fede" nella flexsecurity di Ichino (che condivido) con la tua spesso evidenziata "sinistrosità" radicaleggiante.

Ciao, Vittorio
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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda matthelm il 19/12/2010, 14:21

Sì, anch'io. Quando si critica Treu o altri come Ichino che vogliono solamente offrire quella flessibilità che potrebbe garantire più lavoro protetto per tutti.
Invece cosa succede, Si vuol garantire diritti obsoleti ai già protetti (grandi sindacati!...) e si lasciano perdere chi di protezioni non ne ha nessuna! L'esempio emblematico di Pomigliano è grande come una casa: operai (minoranza...) già in cassa integrazione da due anni rifiutano accordi, al momento più restrittivi, per mantenere loro situazioni che visto il grave momento di crisi potrebbero accettare in vista di tempi migliori. E chi è fuori è fuori!!! come sottofondo, mai espresso chiaramente, vorrebbero il comunismo che in un colpo aggiusterebbe ogni problema... con miseria uguale per tutti.

Vedete quali sono i problemi di un vero riformismo che, sentite sentite, Berlusconi ha fatto balenare a molti lavoratori di ogni parte. Naturalmente dopo averli fatti balenare non ne ha fatto nulla perché a lui non interessano queste cose. Dovrebbero interessare ai veri riformisti, che in quanto tali non possono essere estremisti di sinistra! Si deve scegliere, allora, una volta per tutti e mandare a casa, cioè non fare nessuna alleanza!!, con questi ultimi.
E tutto sarebbe un po' più chiaro, almeno sulla strada da percorrere.
"L'uomo politico pensa alle prossime elezioni. Lo statista alle prossime generazioni".
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Re: 30 anni e nessun sogno

Messaggioda Loredana Poncini il 19/12/2010, 20:56

Mi dispiace davvero di essere intesa come una sinistrorsa radicaleggiate, data la mia simpatia a Prodi, Parisi, Bindi,Ignazio Marino e Pietro Ichino in primis... :roll:
Loredana Poncini
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