Il direttore di Europa mi chiede gentilmente cosa penso della politica delle alleanze del Pd all’indomani del voto di Montecitorio.
Penso innanzitutto che nel Pd se ne dovrebbe parlare. Cosa ovvia, direte voi. Ma forse non così ovvia come pensate. Infatti non c’è stato fin qui un momento in cui il tema sia stato affrontato in un organo di partito come si usa, appunto, nei partiti: discutendo, magari litigando, e infine votando. Un giorno si pranza con Vendola, e il pomeriggio il tam tam dice che si faranno le primarie, e dunque che l’alleanza si è già fatta. Ora, mi chiedo: dove è successo tutto questo? Chi l’ha deciso, in quale sede? Io, per esempio, non sono d’accordo, e può darsi che sia il solo, l’ultimo giapponese che vorrebbe fare come nel 2008 (Di Pietro a parte). Ma vorrei almeno avere la soddisfazione di poter esprimere il mio punto di vista in un canonico luogo di partito, senza dovermi affidare alla cortesia – non sempre disinteressata – dei giornali. Conto che Bersani ponga l’argomento all’ordine del giorno della prossima direzione.
Io credo che noi dobbiamo costruire un’alleanza di governo. Un’alleanza cioè che possa affrontare con un ragionevole grado di coesione i problemi che il mondo, l’Europa e la società italiana ci porranno l’indomani. Un’alleanza che abbia lo stesso punto di vista sulla missione in Afghanistan, ad esempio. Che abbia idee comuni sulla manovra di rientro dal debito che presumibilmente le istituzioni europee ci ingiungeranno di fare di qui a poco.
Che abbia lo stesso grado di indignazione per le aggressioni subite in tutti questi mesi dal segretario della Cisl Bonanni. Che sia capace di esprimere la stessa solidarietà alle forze dell’ordine e la stessa riprovazione per le violenze romane di ieri l’altro. Che faccia all’unisono di quel cinque per mille falcidiato dal governo una delle sue bandiere. Eccetera, eccetera, e ancora eccetera.
Su questo, io credo che oggi ci sia un ragionevole grado di sintonia con molta parte di quello che viene chiamato terzo polo. E molta meno sintonia con presunti alleati di oggi e magari di domani, come la cronaca dimostra quasi ogni giorno. Conosco l’obiezione. Sostiene che Fini è di destra, Casini è di centro, noi siamo di centro più sinistra.
Credo sia una vecchia anagrafe politica, quella a cui ci si aggrappa. Se si cerca di fare le alleanze sulla base del “come eravamo” tanto varrebbe buttare a mare il Pd. Se invece non si vuole buttare a mare il nostro partito, occorre costruire le alleanze in ragione delle affinità presenti piuttosto che delle appartenenze passate. In queste ore sento un’altra obiezione. Sostiene che il terzo polo ha perso la sua battaglia in parlamento e dunque il Pd ha perso nell’andare dietro al terzo polo.
Non mi convince. Non perchè noi abbiamo quasi vinto, come recita un po’ ottimisticamente una parte di noi. Ma perchè proprio la tenuta parlamentare dello schema berlusconiano ci dice una volta di più che una parte troppo larga del paese continua a considerarci troppo in là, troppo inclini alla deriva a sinistra, troppo simili a come eravate nel ‘94 (“eravate”, ho scritto giusto) per poter sfondare da quelle parti.
C’è però un punto di verità in quella obiezione. Noi (tutti noi, mozione Franceschini e mozione Adornato) abbiamo giocato in parlamento carte che teniamo prudentemente coperte nel paese. Confidiamo che si debbano fare le cose per gradi, con una cautela d’altri tempi; e che procedendo un po’ a zig zag, buscando il levante per il ponente e dissimulando la nostra rotta arriveremo al traguardo senza soffrire più di tanto delle reciproche crisi identitarie. Qui sta l’errore.
L’alleanza, per me, si fa con un certo grado di nettezza, direi perfino con una brutale capacità di parlar chiaro e fronteggiare la tempesta che ne può venire. Tenerla coperta, al riparo, come fosse un fiore di serra, la rende più debole, e la espone perfino a qualche rischio in più.
Come appunto il Cav ci ha dimostrato l’altro giorno a Montecitorio. E come faremmo bene a imparare in fretta anche noi.
Marco Follini
Inutile osservare che concordo in toto su questa lucida analisi della situazione.