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Libertà?

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Libertà?

Messaggioda pierodm il 10/11/2010, 18:08

Dal momento che gl’interrogativi di Pertini non hanno smosso i tarpani dalle loro circonvoluzioni, riprendo il problema da un altro lato: la distinzione tra “ciò a cui gli uomini sono interessati” e “ciò che è nell’interesse degli uomini”.
Il problema nella sua forma più semplice: possiamo dire che la libertà è inerente all’uomo in se stesso?
Tenderei a dire di no.
Sappiamo bene che la coercizione può fare dell’uomo un robot, ma abbiamo imparato anche che si può diventare robot spontaneamente e allegramente.

Tutto ciò non può essere dimenticato o sottovalutato quando, con tanta faciloneria e superficialità si parla di liberalismo e democrazia.
Tutto ciò è insomma assai lontano dall’idea ottocentesca di un pubblico con una sua articolata opinione.
L’idea dell’opinione pubblica rappresenta l’interfaccia dell’idea magica del mercato in economia.
Là un mercato pronto per la libera concorrenza degl’imnprenditori, qui un pubblicocomposto da gruppi di persone intente a discutere.
Come il prezzo è il risultato di una contrattazione anonima tra soggetti astratti e intercambiabili, così l’opinione pubblica è il risultato del libero ragionare di ognuno e del contributo di ciascuno alla formazione del grande coro.
Secondo questa concezione dell’opinione pubblica, dovremmo immaginare “il popolo” che, reso edotto dei problemi, passa a discuterli e formula punti di vista, i quali – organizzati – passano poi a confrontarsi. Da questo confronto un punto di vista esce “vincitore”.
Sono questa le immagini della democrazia che vengono usate come normali giustificazioni del potere.
Penso che dovremmo tutti riconoscere che una descrizione del genere ha più della bella favola che di un’utile approssimazione alla realtà: le grandi questioni che giungono a determinare il destino dell’uomo, e anche quelle che riguardano la qualità della sua vita, non vengono sollevate e discusse da alcun pubblico.
L’idea di una società basata su differenti pubbliche opinioni non corrisponde ad uno stato di fatto, ma è, al contrario, la dichiarazione retorica di un ideale e la pretesa di far passare una legittimazione mistificante per “fatto”.

Ma di tutto questo – e di tutto ciò che ne deriva – non si può, anzi non “si deve” parlare: romperebbe il giocattolo, non solo e non tanto dei vecchi arnesi conservatori, ma soprattutto dei neofiti del liberismo fideistico.
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Re: Libertà?

Messaggioda pianogrande il 10/11/2010, 23:43

In fondo il problema è l'equilibrio tra il fatto di costituire una società e le esigenze individuali.
Far parte di una società ha i suoi vantaggi.
Non si può solo prenderli senza nulla dare.
Ognuno di noi, nei confronti di questa società ha dei doveri, delle responsabilità.
Il ricchissimo difensore delle libertà deve rendersi conto che la sua ricchezza deriva proprio dal fatto di far parte di una collettività.
La sua attività si muove su strade e ferrovie e porti ed aeroporti.
Senza una collettività che dia valore al pezzo di carta che certifica una sua proprietà e che la difenda contro le sopraffazioni, quello sarebbe solo un pezzo di carta.
I soldi che lui ha i tasca hanno un valore perché c'è una collettività che glie lo riconosce.
Potrei andare avanti per un po'.
Insomma.
Prendere senza dare è una tentazione assai diffusa
Non facciamo troppo i furbini.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Libertà?

Messaggioda gabriele il 11/11/2010, 11:12

Piero, stai toccando uno dei tasti dei "grillini"!?!? Sei forse impazzito!?!? Potresti esser tacciato di grillismo acuto! :lol:

Se non c'è un valido sistema di comunicazione fra chi decide e chi dovrebbe farsi un'opinone, è ovvio che la democrazia, il liberalismo, lo stato di diritto e compagnia cantante vanno a farsi benedire.
Ed è proprio quello che sta succedendo in Italia.

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Re: Libertà?

Messaggioda ranvit il 11/11/2010, 11:46

Ma qui pierodm dice bene e lo stesso vale per quanto dice gabriele.
Ma non mi pare che qui tra noi c'è chi contesta queste cose.

Al solito....il punto è come si trasferiscono nel concreto queste cose. Quali politiche e quali linee economiche.

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Re: Libertà?

Messaggioda gabriele il 11/11/2010, 14:23

ranvit ha scritto:Ma qui pierodm dice bene e lo stesso vale per quanto dice gabriele.
Ma non mi pare che qui tra noi c'è chi contesta queste cose.

Al solito....il punto è come si trasferiscono nel concreto queste cose. Quali politiche e quali linee economiche.

Vittorio


Al solito, Vittorio ci stuzzica per avere risposte semplici e immediate.

Levare le TV dalle grinfie di Silvio e darle a un numero maggiore di soggetti privati (molto maggiore)

Per quanto concerne l'apetto relativo alla democrazia partecipativa e deliberativa...beh, ci vuol tempo...pazienza e costanza.

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Re: Libertà?

Messaggioda pierodm il 11/11/2010, 15:14

Credo che sia il caso - per valutare meglio il rapporto tra il testo e la realtà nella quale ci troviamo - confessare che ho attuato volutamente un piccolo imbroglio: per il 99% il testo non è mio - anche se rispecchia perfettamente ciò che penso e che vado dicendo da moltissimo tempo - ma è di C. Wright Mills, il sociologo americano del quale ho già parlato qualche giorno fa invitando a legegrne le opere.
Più precisamente, brani tratti dal libro Politica e Potere, edito da Bompiani, 1970, pag. 53, che si riferisce a conferenze tenute dall'autore nel 1958.

Il commento di Gabriele è interessante - Piero, stai toccando uno dei tasti dei "grillini"!?!? - perché conferma quello che molti di noi stanno dicendo inutilmenet da diverso tempo: attualmente viene considerato estremistico, massimalista, o populista, radicale, giacobino, eversivo, etc, ciò che cinquant'anni fa era sostenuto da un sociologo americano tutt'altro che estremista e men che meno "comunista". Ben vero che si trattava di un intellettuale eterogeneo alla sociologia dominante, ma sempre assolutamente in linea con il pensiero liberale.

Interessante anche, ma con qualche segno negativo, il commento di Ranvit - Ma qui pierodm dice bene e lo stesso vale per quanto dice gabriele. Ma non mi pare che qui tra noi c'è chi contesta queste cose.
Al solito....il punto è come si trasferiscono nel concreto queste cose. Quali politiche e quali linee economiche.


E' facile non contestare le cose, quando sono chiaramente vere - relativamente facile, diciamo meglio, anche perché chi le contesta c'è, e come se c'è.
Il problema è che non sono tanto contestate, ma sono semplicemente ignorate: si "sanno", si "studiano", nei salotti buoni o nei convegni si "citano" perfino, ma senza alcun seguito.
Molto più semplice fare finta di niente, e discettare di un liberalismo, di un capitalismo e di meccanismi democratici teorici, o meglio, di liberalismo e democrazia ottocenteschi, o comunque precedenti alle analisi critiche di Mills.

Come si trasferiscono nel concreto, dice Ranvit.
Dal 1958 ad oggi abbiamo ampia casistica di come "si trasferiscono nel concreto", o come non si trasferiscono.
La sinistra - quella americana e quella europea, non solo quella italiana - ci hanno provato, in parte qualche successo (precario) l'hanno ottenuto, ma al momento la battaglia è in perdita.
La sinistra, tutta, in tutte le latitudini, ha cercato di vincere la "guerra precedente", ossia qualla contro il capitalismo vetero industriale e contro gli autoritarismi di stampo fascista (compresi quelli dei regimi orientali), senza accorgersi che di quella vittoria si era impossessata la retorica liberal-democratica analizzata da Mills, mentre si stava formando (si è formato) un nuovo capitalismo e un diverso genere di totalitarismo, contro i quali era (è) assai più difficile elaborare un compromesso di tipo "socialdemocratico" tradizionale.

Il "trasferimento nel concreto" di cui parla Ranvit non è una "soluzione" pseudo-tecnocratica, e tanto meno è una "bella pensata" da stampare in grassetto su un documento congressuale, ma è una linea politica, un insieme di idee estremamente complesso e organico, non solo difficile da elaborare, ma difficile da far accettare da una "opinione pubblica" profondamente manipolata - ecco perché trovo di grande interesse vari articoli che ho citato nel forum nelle due ultime settimane, dagli quelli di Stille a quello della "pancia", per finire con quello del vicedirettore dell'Unità.
Ma, se di fronte a queste sollecitazioni, anche qui, la reazione è quella di riproporre la solita retorica liberaloide di stampo aziendalista - che già cinquant'anni fa era vivisezionata e rifiutata da Mills, e ancora prima dai sociologi della scuola di Francoforte - è inutile, anzi contraddittorio, che Ranvit dica qui pierodm dice bene e lo stesso vale per quanto dice gabriele. Ma non mi pare che qui tra noi c'è chi contesta queste cose. Al solito....il punto è come si trasferiscono nel concreto queste cose.

Nel concreto - proprio per essere riformisti e non "eversivi" - bisogna innanzi tutto levare di mezzo la vischiosità e i sofismi della retorica liberaloide-aziendalista, che difendono un modo di pensare e una realtà vecchi e sterili, e che li presentano come una straordinaria "ultima novità".
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Re: Libertà?

Messaggioda ranvit il 11/11/2010, 19:05

Concordo anche questa volta con la gran parte del ragionamento di pierodm.
Cosi' è. Siamo in presenza di un nuovo capitalismo per molti aspetti piu' arrogante e pretenzioso del precedente.
La risposta della sinistra a livello europeo e mondiale è stata ed è (al solito) "datata" e quanto meno... non produttiva.
In Italia poi un vero disastro.

Reagire con grande ritardo è evidentemente una "malattia cronica" della sinistra.
Qualcuno sa dire perchè (io la mia teoria la espongo continuamente : troppa ricerca del pelo nell'uovo)?

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Re: Libertà?

Messaggioda flaviomob il 12/11/2010, 2:30

La prima causa sta nelle dimensioni del fenomeno. Il capitalismo è diventato una forza globale dirompente, ha prodotto oligopoli spaventosi, multinazionali che fatturano più del PIL di interi stati e che, giocoforza, accentrano in se' più potere di singole nazioni. La risposta al capitalismo è rimasta limitata - laddove c'è stata abbastanza forza per contenerne gli effetti devastanti - alle singole politiche nazionali (più qualcosa di residuale all'interno dell'Unione Europea). Ciò anche in conseguenza di un limite della stessa sinistra, che o ha rinunciato a un ambizioso progetto di internazionalizzazione o ne ha eccessivamente burocratizzato gli strumenti. Ma la colpa non è solo della sinistra, perché molti si sono convinti (o lasciati convincere con argomenti superficiali) della bontà intrinseca di questo sistema e della sua capacità di 'autoregolarsi' senza ragionare con sufficiente senso critico, rifiutando molte analisi valide ed approfondite per arroganza o incapacità di comprenderle.


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Libertà?

Messaggioda franz il 12/11/2010, 8:39

flaviomob ha scritto:La prima causa sta nelle dimensioni del fenomeno. Il capitalismo è diventato una forza globale dirompente, ha prodotto oligopoli spaventosi, multinazionali che fatturano più del PIL di interi stati e che, giocoforza, accentrano in se' più potere di singole nazioni.

Santo cielo! Contemporaneamente negli ultimi 20 anni queste potenze sono in gran parte cambiate. Soprattutto nel mondo dell'informatica, 20 anni fa trovavi IBM, UNISYS, DEC, oggi trovi Micrsosoft, Google, Yahoo. Ci sono centinaia di new entry (pensa al campo della telefonia) ed anche negli altri settori questi "oligopoli spaventosi" sono stati sostituiti per buona metà (potro' essere piu' preciso in seguito) da nuove aziende. Segno che oligopoli non sono ma che c'è abbastanza concorrenza da indurre ricambio. Ma l'aspetto piu' notevole è anche quello opposto, cioè della proliferazione ovunque, non solo in Italia, delle PMI e delle microaziende. Milioni di nuovi imprenditori, che garantiscono quel ricambio di cui sopra. Ovviamente solo pochi arriveranno come Gates dal laboratorio in cantina quando era studente, ad essere il secondo uomo piu' ricco del mondo ed impiegare 92'000 persone. Si, in effetti il capitalismo è dirompente, che poi sappia autoregolarsi o meno è tutto da vedere.
C'è chi ritiene di NO, al 100%, c'è chi ritiene di si, al 100%. Io penso che possa autoregolarsi all'80% ma vado a spanne, non ho strumenti oggettivi per essere piu' preciso. Una regolazione quindi serve. Constato che i disastri avvengono quando gli stati regolano settori che possono autoregolarsi e non regolano quelli non autoregolati. Poi gli Stati stessi sono definibili "oligopoli spaventosi" e dobbiamo ammettere che anche loro hanno difficoltà ad autoregolarsi (basta vedere i debiti).
Qui quindi abbiamo una gara, quanto a arroganza e pretenziosità. I cittadini si rendono contro di essere tra l'incudine ed i martello ma sanno che chi alimenta l'economia e fa girare il motore è bene o male il capitalismo, non gli stati. A questi si chiede altro, come protezione, giustizia, sanità, educazione. Ed uno stato come il nostro, che queste cose non le fa o le fa malissimo, che credibilità ha di poter regolare il sistema economico privato?

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Re: Libertà?

Messaggioda ranvit il 12/11/2010, 11:44

flaviomob ha scritto:La prima causa sta nelle dimensioni del fenomeno. Il capitalismo è diventato una forza globale dirompente, ha prodotto oligopoli spaventosi, multinazionali che fatturano più del PIL di interi stati e che, giocoforza, accentrano in se' più potere di singole nazioni. La risposta al capitalismo è rimasta limitata - laddove c'è stata abbastanza forza per contenerne gli effetti devastanti - alle singole politiche nazionali (più qualcosa di residuale all'interno dell'Unione Europea). Ciò anche in conseguenza di un limite della stessa sinistra, che o ha rinunciato a un ambizioso progetto di internazionalizzazione o ne ha eccessivamente burocratizzato gli strumenti. Ma la colpa non è solo della sinistra, perché molti si sono convinti (o lasciati convincere con argomenti superficiali) della bontà intrinseca di questo sistema e della sua capacità di 'autoregolarsi' senza ragionare con sufficiente senso critico, rifiutando molte analisi valide ed approfondite per arroganza o incapacità di comprenderle.




In parte sono d'accordo (valgono anche le osservazioni di Franz), ma resto dell'idea che la sinistra ha il difetto "genetico" di voler "spaccare il capello in quattro"....alias di infantilismo e velleitarismo :D
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