Il Pd e le regole del bunga bunga
Scusate se della vicenda che appassiona il mondo ci interessiamo al ruolo che ha deciso di giocarvi il Pd.
Lo facciamo un po’ perché da ora il copione a proposito di Ruby è scritto: prevede che intorno a una storia ambigua si addensi solo un colossale polverone, e che la verità si allontani invece di avvicinarsi.
E un po’ perché il Pd ha già attraversato, senza fortuna, passaggi analoghi. I vizi privati di Berlusconi sono prede per i giornali.
Dentro le sue follie notturne si annida però sempre la violazione della regola, lo strappo istituzionale, l’abuso di potere. I favori alla D’Addario, le bugie su Noemi, ora la telefonata alla questura.
Questo è il gancio afferrato dai democratici. Sperano che la riprovazione morale venga da sé, non vogliono passare per bacchettoni ipocriti ma neanche farsi superare dall’ondata di riprovazione che sale dal loro mondo. Dunque provano a mantenere nel mirino della reazione politica l’abuso di potere (che in effetti c’è). Solo D’Alema ha scoperto il gioco, invocando su Berlusconi l’anatema vaticano.
Il tentativo funziona così così.
Copre il Pd sul fianco dell’indignata opinione pubblica, ma fatalmente lo trascina sul solito terreno dove i politici fanno al massimo da supporto nella colluttazione nel fango fra Berlusconi e i giornali, e fra le opposte tifoserie mediatiche.
Anche se è difficile, Bersani già oggi proverà a tornare sulla propria agenda (il lavoro), contrapponendola al caos del campo berlusconiano.
Più che i vescovi, dovrebbe chiamare allo scoperto le figure che a destra sono più in sofferenza per l’ultimo scarico di spazzatura: Tremonti, Letta, al limite Bossi. Sono loro l’anello debole che può saltare, facendo saltare la baldanza del benefattore di minorenni.
Come premio per essersi messi nelle mani di Vespa, arriva nel momento peggiore la notizia che Bersani progetta gruppi parlamentari unici con Vendola e Di Pietro.
È la versione più triste immaginabile del cosiddetto Nuovo Ulivo.
La rinuncia all’autonomia del Pd e alla possibilità di presentarsi agli elettori in fuga dalla destra con un volto credibile. Un bel regalo ai due voraci alleati, a Casini, allo stesso Berlusconi. Infine, è la reiterazione dell’errore che condannò da subito le velleità veltroniane.
Non toccherà solo spiegare come ci si possa fondere con Di Pietro, ma come si farà a trattenerlo dopo. Fin qui ci hanno provato tutti, e tutti si sono rotti la testa. Perché Bersani vuole fare la stessa fine?
(Europa)