Il dionisiaco low cost di Beppe Grillo
Nique la Police
A lungo ci si è interrogati, e altrettanto a lungo ci si interrogherà, sulla portata dei movimenti dionisiaci presenti nelle società contemporanee. Per dionisiaci, in una traduzione standard del concetto che ha origine in Nietzsche, si intendono i movimenti che trovano elementi significativi per il loro agire e per la loro identità nella costruzione di eventi organizzati deputati all’ ebbrezza e al distacco dal controllo delle passioni.
Il meeting di Cesena, a differenza di altri eventi organizzati dal suo movimento, ha proposto un Beppe Grillo di tipo nuovo. Quello che celebra su un palco un evento dionisiaco, di distacco dalla civilizzazione politica egemone e di liberazione di energie primarie, dopo la fase della protesta radicale. La stessa metafora del “volare”, espressa da Grillo per significare la distanza tra destra e sinistra, è caratteristica antropologica del dionisiaco (l’esser fuori dai legami della terra e del corpo) la cui lettura politica ha reso grande un autore che oggi andrebbe reinterpretato ovvero Karl Mannheim.
Nei termini del linguaggio politico italiano, ma quello oggi sepolto da prima dell’avvento del berlusconismo, possiamo dire che Grillo ha celebrato il ’77 del suo movimento. Dove per ’77, per semplificazione espositiva, intendiamo la celebrazione dionisiaca di un movimento in fase di acuta ed ebbra contrapposizione contro l’intera società. Questa modalità del dionisiaco è intesa come fase di esplosione energetica, emotiva, di comportamenti di rottura seguiti ad una già significativa stagione di protesta. Anche Lega Nord ha vissuto una stagione simile, con il rito della proclamazione della Padania a Venezia nel ’96, proprio a seguito di una già significativa stagione di protesta politica. Ora, che tra tutti questi movimenti ci siano differenze radicali, tali da renderli imparagonabili nei contenuti, non c’è neanche da spiegarlo. Nello stesso Nietzsche il dionisiaco ha la possibilità di essere declinazione di culture differenti. E allora di quale dionisiaco è espressione Beppe Grillo?
Sicuramente di un dionisiaco di sostituzione dello spazio politico della sinistra radicale. Chiamare il meeting “una Woodstock” rimanda all’occupazione di un immaginario e di pratiche ampiamente reiterate a sinistra fino a non molto tempo fa. Codificare il meeting un evento “oltre la destra e la sinistra” rimanda non solo all’occupazione di questo spazio ma anche alla dissoluzione di comportamenti e codici culturali di sinistra perché visti come residuali. Infatti non a caso Nichi Vendola, che cerca di risolvere la crisi della rappresentanza proprio da sinistra, si è subito espresso in termini critici sul meeting di Cesena. Ma quali sono le caratteristiche del dionisiaco di Beppe Grillo?
Dal dionisiaco politico di sinistra, che c’è stato non solo certo nel ’77, Grillo si differenzia per l’oggetto verso il quale celebrare emotivamente rottura, lontananza ed autovalorizzazione. Non tanto la società, vista non nelle costrizioni ma come il luogo dell’autenticità da salvaguardare, e nemmeno lo stato, da rendere efficiente, o l’economia (che va resa ecologica) ma solo ed esclusivamente il ceto politico. Per questo è utile parlare di dionisiaco low cost del movimento di Beppe Grillo. Il distacco traumatico, quello che è sia rottura che liberazione di potenti energie personali e collettive, non è nei confronti della società e delle sue istituzioni disciplinari né tantomeno nei confronti delle istituzioni politiche, che sono viste solo da rendere maggiormente partecipative, e nemmeno dei confronti dell’economia (e sulla differenza tra comportamenti pienamente dionisiaci ed economia ci si potrebbero spendere anni di lavoro di ricerca). E’ nei confronti di un ristretto ceto politico istituzionale, identificato con la politica, verso il quale si recita sia un rito catartico ed espiatorio che l’esaltazione della morale spicciola tradita dai comportamenti “della casta”. Si tratta quindi di un distacco a basso costo emotivo da una porzione di società, la ristretta casta politica, che pretende di ottimizzare la forza di una rottura a bassa intensità estendendola sul piano delle grandi trasformazioni sociali.
A questo punto il confronto con la Woodstock originaria è, al netto della portata storica degli eventi presi in esame, impietoso. La potenza dionisiaca di Woodstock è stata originata dalla convergenza di differenti correnti di rottura energetica: nei confronti della società, delle istituzioni disciplinari, di quelle politiche e dell’economia. Per essere davvero “oltre” Beppe Grillo e i suoi dovrebbero esplorare molte fonti d’energia a loro completamente sconosciute e probabilmente, con il genere di conoscenze a loro disposizione, decisamente inconoscibili. In questo modo si celebra quindi un dionisiaco minore con pretese maggiori destinato magari a sciogliersi nel momento in cui altre, e più potenti, forze politicamente costituenti riusciranno a far sentire la loro forza. E comunque è ben al di là del dionisiaco low cost di Beppe Grillo che si trova l’energia sociale necessaria per robusti cambiamenti di rotta rispetto al naufragio rischiato da questo paese. E se la crisi italiana desse più spazio del dovuto al movimento di Grillo qualche interrogativo maggiormente critico, e qualche comportamento politico maggiormente interdittorio, dovrebbe probabilmente imporsi.
Non è certo responsabilità dei più giovani se per loro l’ebbrezza sta nello sventolare l’agenda rossa di Borsellino o nell’ascoltare qualche passaggio azzeccato di Travaglio. Anzi, alla fine risulta persino ingegnoso trovarci dell’ebbrezza in tutto questo. E, in fondo, il gioco della ricerca delle responsabilità storiche finisce immancabilmente per produrre circoli viziosi del ragionamento politico. Il punto importante è un altro. Piaccia o non piaccia, i movimenti “oltre la destra e la sinistra” o non vanno da nessuna parte o finiscono a destra. Destra e sinistra non sono convenzioni retoriche oziosamente stabilite. Sono modelli antropologici permanenti di società, di comportamenti, di forma istituzionale la cui ibridazione conduce invariabilmente a destra. E non a caso le forze politiche che per prime hanno provato l’ibridazione tra questi due codici sono quelle della destra radicale. E qualche sussulto viene quando Grillo dice “ha fallito il marxismo, ha fallito il capitalismo”. Perché, pari pari, si tratta delle stesse parole d’ordine che oltre trent’anni fa usava Terza Posizione. Si vuol forse dire che Grillo è un fascista? Ci mancherebbe. La questione va posta in altri termini. Quando un movimento genera energie, se non è in grado di liberare un apparato concettuale e organizzativo all’altezza di una società complessa, o finisce per esaurirsi o è destinato ad affidarsi ad un capo. Il cui staff, come si dice nel pessimo lessico aziendale oggi mutuato anche in politica, finisce per decidere per tutti nel tentativo di risolvere una complessità politica che la base, anche se invocata, non è in grado di domare. E così il dionisiaco low cost finisce negli album digitali dei ricordi, magari nella veloce rimozione del fatto che ha generato l’ennesimo piccolo autoritarismo della storia di questo paese. Perché della Woodstock di Cesena, a parte le relazioni tra soggetti reali, l’Italia ha visto un capo non un movimento. E quest’immagine, digitalmente e socialmente riprodotta, è destinata a pesare tanto più in una società impaurita e priva di baricentro. Come è destinato a pesare il fatto che questo paese più produce capi più produce disastri. Ci riflettano gli apologeti del piccolo pragmatismo dei comitati di cittadini, dell’ “intanto facciamo qualcosa”. La crisi della società italiana è così grave che non è più tempo di improvvisazioni travestite dal linguaggio minimalista, compiaciuto ed identitario dell’antipolitica che usa la retorica dell’oltrepassamento della destra e della sinistra. Retorica che finisce per svelare un volto politico, sempre immancabilmente spiacevole.
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