Peschereccio mitragliato dai libici

pm indaga per tentato omicidio plurimo
La Procura ipotizza il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti nell'ambito dell'indagine sul mitragliamento da parte di una motovedetta libica ai danni del peschereccio mazarese Ariete
di FABIO RUSSELLO
AGRIGENTO - Tentato omicidio plurimo aggravato e danneggiamento di natante. Queste le ipotesi di reato avanzate dalla Procura della Repubblica di Agrigento che indaga sul mitragliamento del peschereccio mazarese Ariete da parte di una motovedetta libica. L'inchiesta, coordinata dal procuratore Renato Di Natale e dall'aggiunto Ignazio Fonzo, è condotta dal sostituto procuratore Luca Sciarretta.
La Procura di Agrigento ha intanto sequestrato il peschereccio mazarese e ha affidato ai carabinieri del Ris i rilievi sia sui trenta fori di entrata dei proiettili, sia sul "Blue Box" cioè il rilevatore Gps in dotazione ai natanti per verificare l'esatta posizione del peschereccio al momento della sparatoria. Il comandante Gaspare Marrone, 45 anni, di Mazara del Vallo, ha dichiarato all'Ufficio circondariale marittimo di Lampedusa di essere "stato avvicinato da una motovedetta che contemporaneamente mi contattava via Vhf sul canale 16 e, in lingua italiana, mi intimava l'alt e di arrestare le macchine".
Marrone ha raccontato di avere chiesto la nazionalità e che sempre in lingua italiana da bordo della motovedetta qualcuno ha risposto: "La motovedetta è di nazionalità libica, ferma le macchine altrimenti questi ti sparano addosso". Il fuoco è stato aperto mentre l'Ariete navigava in direzione nord ovest a circa 35 miglia dalle coste libiche. "Dopo la prima raffica - ha raccontato Marrone - ho cambiato rotta anche per evitare la collisione con la motovedetta libica che nel frattempo si avvicinava al mio motopesca. I libici sparavano altre raffiche ad intervalli di circa un'ora ed io continuavo a cambiare più volte la rotta del mio motopesca per evitare la collisione. L'ultima delle quattro raffiche contro di noi è stata esplosa intorno alle 21".
Fino alle 23 abbiamo proseguito in direzione nord e la motovedetta libica ci seguiva a distanza di circa mezzo miglio. Poi hanno smesso e abbiamo proseguito la nostra navigazione verso Lampedusa". Nel corso dell'ispezione La capitaneria di Lampedusa ha riscontrato circa 30 fori e tutti nella fiancata sinistra del peschereccio.
www.repubblica.it
Mazara, la Cei accusa: "Il governo è inerte"
Frattini riferirà alla Camera, Maroni: "Incidente"
Duro monito dei vescovi. "Question time" in aula per il ministro degli Esteri sugli spari della motovedetta libica contro il peschereccio siciliano. Che, per Frattini, "sapeva di pescare illegalmente". Esaminato il Gps del peschereccio: era in acque internazionali
Mazara, la Cei accusa: "Il governo è inerte" Frattini riferirà alla Camera, Maroni: "Incidente" Il ministro dell'Interno Roberto Maroni
ROMA - Il ministro degli Esteri Franco Frattini riferirà domani alla Camera, nel "question time", sul motopeschereccio italiano mitragliato da una motovedetta libica. Lo ha annunciato la vicepresidente Rosy Bindi aggiungendo che la Presidenza della Camera informerà il governo anche delle richieste di venire in aula avanzate in apertura di seduta da Pier Ferdinando Casini per l'Udc e dal capogruppo dell'Idv Massimo Donati. Per Frattini, se i libici sapevano su chi sparavano 1, come afferma il comandante del peschereccio "Ariete", anche il comandante "sapeva di pescare illegalmente". Il titolare della Farnesina lo ha sottolineato rispondendo alla domanda di un giornalista a margine di un'audizione al Senato.
Intanto giunge il durissimo monito monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici: nel Mediterraneo si spara e il Governo italiano sta a guardare. La Libia si scusa, ma le scuse non resuscitano i morti. Questo il senso delle parole del religioso dopo aver preso atto delle dichiarazioni con cui il ministro dell'Interno Maroni ha annunciato le scuse di Tripoli e giudicato "incidente, grave ma incidente" gli spari esplosi da una motovedetta libica 2, con a bordo anche militari italiani, contro un peschereccio siciliano. Che il Gps oggi dice essere stato in acque internazionali. "Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo italiano - accusa il vescovo -. Preoccupa molto che non ci sia nessuna iniziativa politica sulla questione della competenza circa le acque del Mediterraneo. E la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone". Anche l'opposizione non ci sta, contesta le parole del ministro e chiede che sia rivisto l'accordo con Tripoli. Interviene il ministro degli Esteri Franco Frattini: "Incidente grave, ma i rapporti con la Libia non cambiano". La testimonianza dei pescatori 3: "E' stato un inferno. I proiettili rimbalzavano ovunque".
Il vescovo: "Gheddafi amplia limiti acque libiche". Parlando ai microfoni di Radio Vaticana, monsignor Mogavero chiarisce il punto: "E' sempre lo stesso: il limite delle acque territoriali libiche. Il governo di Gheddafi, con atto unilaterale ha allargato il limite delle acque territoriali fino a 72 miglia marine, contro le 12 previste dal diritto internazionale. Tutte le volte che un peschereccio della nostra flotta, secondo la loro impostazione delle cose, sconfina, per loro è una atto di aggressione. Per noi invece è operare in mare aperto secondo le convenzioni internazionali". Quanto alle scuse libiche, il vescovo è lapidario: "Son buone, ma se ci fosse stato il morto non l'avrebbero resuscitato".
Maroni: "Libia si è scusata". "Quello che è successo l'altroieri sera non doveva accadere, e la Libia si è scusata". Lo annuncia - nel corso del programma Mattino 5, a Canale 5 - il ministro dell'Interno, Roberto Maroni -. Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini, ma con l'inchiesta che abbiamo aperto verificheremo cos'è accaduto". "La motovedetta - spiega ancora Maroni - è una delle sei che abbiamo consegnato alla Libia sulla base di un accordo siglato nel 2007 dall'allora ministro Giuliano Amato". A bordo, ha precisato, "ci sono militari italiani che per un periodo forniscono assistenza tecnica ai libici ma non hanno funzioni di equipaggio. Ieri abbiamo ricevuto il loro rapporto, non sono stati coinvolti nell'operazione e oggi faremo una riunione al ministero per verificare ciò che è accaduto. Penso che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente: studieremo le misure perché non accada più".
Frattini: "Lavoriamo ad accordo sulla pesca". "Nulla cambia nei rapporti" tra Italia e Libia e non c'è stato alcun contatto tra Silvio Berlusconi e il leader libico Muammar Gheddafi dopo la vicenda del peschereccio. Così il ministro degli Esteri Franco Frattini, che poi ricorda come "c'è uno spazio marittimo che, secondo la Libia, fa parte del suo mare territoriale e nel quale i pescherecci italiani vanno pacificamente a pescare. In molti casi non succede niente, in altri avvengono incidenti". "Il problema è in corso di negoziato da molto tempo - prosegue Frattini -, almeno un anno. Si tratta di una questione vitale e abbiamo cominciato a lavorare per definire un accordo di pesca italo-libico. Altra cosa - continua il titolare della Farnesina - è la questione delle regole di ingaggio. L'accordo del 2007 spiegava con chiarezza le caratteristiche delle pattuglie italo-libiche. Ma non si dice in quell'accordo che quelle pattuglie devono lavorare esclusivamente in operazione anti-immigrazione, che potrebbe essere utile".
Galan: "Pesca, a ottobre ne parlerò con i libici". Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, competente anche in materia di pesca, giudica "incomprensibile e inaccettabile" quanto è accaduto. E rassicura gli uomini del "nostro peschereccio" che "si adopererà in ogni modo per dare un senso accettabile al pericolosissimo episodio". "In ogni caso - conclude la nota di Galan -, nel mese di ottobre, il mio ministero affronterà i temi della pesca con le competenti autorita' libiche".
Le opposizioni: "Indegno difendere la Libia, il Trattato va sospeso". "Episodio gravissimo e inquietante" accusa in aula alla Camera il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, chiedendo che il governo riferisca "immediatamente" al Parlamento sui contenuti del trattato con la Libia.
Il democratico Giuseppe Lumia sottolinea un altro aspetto della vicenda: "Il fatto che la motovedetta abbia sparato perché aveva scambiato il peschereccio per una nave di clandestini non è meno grave. Non si può liquidare quello che è successo al largo delle coste libiche come un mero incidente. Qui è in discussione il rispetto delle norme internazionali e dei diritti fondamentali della persona umana".
Leoluca Orlando, portavoce dell'Idv, giudica "indegna" la difesa della Libia da parte del governo italiano. "Maroni e Frattini, invece di difendere i nostri pescatori e alzare la voce, continuano a genuflettersi al dittatore libico in nome degli interessi economici del presidente del Consiglio. Il governo venga immediatamente in Parlamento a riferire. L'Italia non è un piedaterre della Libia". E il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, chiede: "Ai migranti è lecito sparare addosso? E' così che l'Italia vuole gestire i flussi migratori?". E chiede "all'Unione europea di intervenire immediatamente perché un paese dell'Unione non può appaltare la gestione dei diritti umani dei migranti al dittatore Gheddafi".
Indaga la Procura di Agrigento. Tra le ipotesi dell'indagine, anche il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti. Al Ris dei carabinieri spetterà esaminare i fori di entrata dei proiettili per verificare se i militari abbiano sparato ad altezza d'uomo. La Procura ha disposto il sequestro del peschereccio. Intanto è già noto il risultato dell'esame del sistema 'Blue box', sorta di rilevatore Gps che ogni peschereccio al di sopra di una certa stazza deve avere installato a bordo e grazie al quale può essere seguito dalle autorità italiane: il peschereccio 'Ariete' era in acque internazionali, a 30 miglia a nord di Zuwarah, cittadina sulla costa libica non molto lontana dalla Tunisia. Il diritto internazionale stabilisce il limite delle acque territoriali a un massimo di 12 miglia dalla costa di uno stato. Il peschereccio, quindi, si trovava 18 miglia fuori dalle acque territoriali libiche.
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La Procura ipotizza il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti nell'ambito dell'indagine sul mitragliamento da parte di una motovedetta libica ai danni del peschereccio mazarese Ariete
di FABIO RUSSELLO
AGRIGENTO - Tentato omicidio plurimo aggravato e danneggiamento di natante. Queste le ipotesi di reato avanzate dalla Procura della Repubblica di Agrigento che indaga sul mitragliamento del peschereccio mazarese Ariete da parte di una motovedetta libica. L'inchiesta, coordinata dal procuratore Renato Di Natale e dall'aggiunto Ignazio Fonzo, è condotta dal sostituto procuratore Luca Sciarretta.
La Procura di Agrigento ha intanto sequestrato il peschereccio mazarese e ha affidato ai carabinieri del Ris i rilievi sia sui trenta fori di entrata dei proiettili, sia sul "Blue Box" cioè il rilevatore Gps in dotazione ai natanti per verificare l'esatta posizione del peschereccio al momento della sparatoria. Il comandante Gaspare Marrone, 45 anni, di Mazara del Vallo, ha dichiarato all'Ufficio circondariale marittimo di Lampedusa di essere "stato avvicinato da una motovedetta che contemporaneamente mi contattava via Vhf sul canale 16 e, in lingua italiana, mi intimava l'alt e di arrestare le macchine".
Marrone ha raccontato di avere chiesto la nazionalità e che sempre in lingua italiana da bordo della motovedetta qualcuno ha risposto: "La motovedetta è di nazionalità libica, ferma le macchine altrimenti questi ti sparano addosso". Il fuoco è stato aperto mentre l'Ariete navigava in direzione nord ovest a circa 35 miglia dalle coste libiche. "Dopo la prima raffica - ha raccontato Marrone - ho cambiato rotta anche per evitare la collisione con la motovedetta libica che nel frattempo si avvicinava al mio motopesca. I libici sparavano altre raffiche ad intervalli di circa un'ora ed io continuavo a cambiare più volte la rotta del mio motopesca per evitare la collisione. L'ultima delle quattro raffiche contro di noi è stata esplosa intorno alle 21".
Fino alle 23 abbiamo proseguito in direzione nord e la motovedetta libica ci seguiva a distanza di circa mezzo miglio. Poi hanno smesso e abbiamo proseguito la nostra navigazione verso Lampedusa". Nel corso dell'ispezione La capitaneria di Lampedusa ha riscontrato circa 30 fori e tutti nella fiancata sinistra del peschereccio.
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Mazara, la Cei accusa: "Il governo è inerte"
Frattini riferirà alla Camera, Maroni: "Incidente"
Duro monito dei vescovi. "Question time" in aula per il ministro degli Esteri sugli spari della motovedetta libica contro il peschereccio siciliano. Che, per Frattini, "sapeva di pescare illegalmente". Esaminato il Gps del peschereccio: era in acque internazionali
Mazara, la Cei accusa: "Il governo è inerte" Frattini riferirà alla Camera, Maroni: "Incidente" Il ministro dell'Interno Roberto Maroni
ROMA - Il ministro degli Esteri Franco Frattini riferirà domani alla Camera, nel "question time", sul motopeschereccio italiano mitragliato da una motovedetta libica. Lo ha annunciato la vicepresidente Rosy Bindi aggiungendo che la Presidenza della Camera informerà il governo anche delle richieste di venire in aula avanzate in apertura di seduta da Pier Ferdinando Casini per l'Udc e dal capogruppo dell'Idv Massimo Donati. Per Frattini, se i libici sapevano su chi sparavano 1, come afferma il comandante del peschereccio "Ariete", anche il comandante "sapeva di pescare illegalmente". Il titolare della Farnesina lo ha sottolineato rispondendo alla domanda di un giornalista a margine di un'audizione al Senato.
Intanto giunge il durissimo monito monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo e presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici: nel Mediterraneo si spara e il Governo italiano sta a guardare. La Libia si scusa, ma le scuse non resuscitano i morti. Questo il senso delle parole del religioso dopo aver preso atto delle dichiarazioni con cui il ministro dell'Interno Maroni ha annunciato le scuse di Tripoli e giudicato "incidente, grave ma incidente" gli spari esplosi da una motovedetta libica 2, con a bordo anche militari italiani, contro un peschereccio siciliano. Che il Gps oggi dice essere stato in acque internazionali. "Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo italiano - accusa il vescovo -. Preoccupa molto che non ci sia nessuna iniziativa politica sulla questione della competenza circa le acque del Mediterraneo. E la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone". Anche l'opposizione non ci sta, contesta le parole del ministro e chiede che sia rivisto l'accordo con Tripoli. Interviene il ministro degli Esteri Franco Frattini: "Incidente grave, ma i rapporti con la Libia non cambiano". La testimonianza dei pescatori 3: "E' stato un inferno. I proiettili rimbalzavano ovunque".
Il vescovo: "Gheddafi amplia limiti acque libiche". Parlando ai microfoni di Radio Vaticana, monsignor Mogavero chiarisce il punto: "E' sempre lo stesso: il limite delle acque territoriali libiche. Il governo di Gheddafi, con atto unilaterale ha allargato il limite delle acque territoriali fino a 72 miglia marine, contro le 12 previste dal diritto internazionale. Tutte le volte che un peschereccio della nostra flotta, secondo la loro impostazione delle cose, sconfina, per loro è una atto di aggressione. Per noi invece è operare in mare aperto secondo le convenzioni internazionali". Quanto alle scuse libiche, il vescovo è lapidario: "Son buone, ma se ci fosse stato il morto non l'avrebbero resuscitato".
Maroni: "Libia si è scusata". "Quello che è successo l'altroieri sera non doveva accadere, e la Libia si è scusata". Lo annuncia - nel corso del programma Mattino 5, a Canale 5 - il ministro dell'Interno, Roberto Maroni -. Immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini, ma con l'inchiesta che abbiamo aperto verificheremo cos'è accaduto". "La motovedetta - spiega ancora Maroni - è una delle sei che abbiamo consegnato alla Libia sulla base di un accordo siglato nel 2007 dall'allora ministro Giuliano Amato". A bordo, ha precisato, "ci sono militari italiani che per un periodo forniscono assistenza tecnica ai libici ma non hanno funzioni di equipaggio. Ieri abbiamo ricevuto il loro rapporto, non sono stati coinvolti nell'operazione e oggi faremo una riunione al ministero per verificare ciò che è accaduto. Penso che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente: studieremo le misure perché non accada più".
Frattini: "Lavoriamo ad accordo sulla pesca". "Nulla cambia nei rapporti" tra Italia e Libia e non c'è stato alcun contatto tra Silvio Berlusconi e il leader libico Muammar Gheddafi dopo la vicenda del peschereccio. Così il ministro degli Esteri Franco Frattini, che poi ricorda come "c'è uno spazio marittimo che, secondo la Libia, fa parte del suo mare territoriale e nel quale i pescherecci italiani vanno pacificamente a pescare. In molti casi non succede niente, in altri avvengono incidenti". "Il problema è in corso di negoziato da molto tempo - prosegue Frattini -, almeno un anno. Si tratta di una questione vitale e abbiamo cominciato a lavorare per definire un accordo di pesca italo-libico. Altra cosa - continua il titolare della Farnesina - è la questione delle regole di ingaggio. L'accordo del 2007 spiegava con chiarezza le caratteristiche delle pattuglie italo-libiche. Ma non si dice in quell'accordo che quelle pattuglie devono lavorare esclusivamente in operazione anti-immigrazione, che potrebbe essere utile".
Galan: "Pesca, a ottobre ne parlerò con i libici". Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, competente anche in materia di pesca, giudica "incomprensibile e inaccettabile" quanto è accaduto. E rassicura gli uomini del "nostro peschereccio" che "si adopererà in ogni modo per dare un senso accettabile al pericolosissimo episodio". "In ogni caso - conclude la nota di Galan -, nel mese di ottobre, il mio ministero affronterà i temi della pesca con le competenti autorita' libiche".
Le opposizioni: "Indegno difendere la Libia, il Trattato va sospeso". "Episodio gravissimo e inquietante" accusa in aula alla Camera il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, chiedendo che il governo riferisca "immediatamente" al Parlamento sui contenuti del trattato con la Libia.
Il democratico Giuseppe Lumia sottolinea un altro aspetto della vicenda: "Il fatto che la motovedetta abbia sparato perché aveva scambiato il peschereccio per una nave di clandestini non è meno grave. Non si può liquidare quello che è successo al largo delle coste libiche come un mero incidente. Qui è in discussione il rispetto delle norme internazionali e dei diritti fondamentali della persona umana".
Leoluca Orlando, portavoce dell'Idv, giudica "indegna" la difesa della Libia da parte del governo italiano. "Maroni e Frattini, invece di difendere i nostri pescatori e alzare la voce, continuano a genuflettersi al dittatore libico in nome degli interessi economici del presidente del Consiglio. Il governo venga immediatamente in Parlamento a riferire. L'Italia non è un piedaterre della Libia". E il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, chiede: "Ai migranti è lecito sparare addosso? E' così che l'Italia vuole gestire i flussi migratori?". E chiede "all'Unione europea di intervenire immediatamente perché un paese dell'Unione non può appaltare la gestione dei diritti umani dei migranti al dittatore Gheddafi".
Indaga la Procura di Agrigento. Tra le ipotesi dell'indagine, anche il reato di tentato omicidio plurimo aggravato a carico di ignoti. Al Ris dei carabinieri spetterà esaminare i fori di entrata dei proiettili per verificare se i militari abbiano sparato ad altezza d'uomo. La Procura ha disposto il sequestro del peschereccio. Intanto è già noto il risultato dell'esame del sistema 'Blue box', sorta di rilevatore Gps che ogni peschereccio al di sopra di una certa stazza deve avere installato a bordo e grazie al quale può essere seguito dalle autorità italiane: il peschereccio 'Ariete' era in acque internazionali, a 30 miglia a nord di Zuwarah, cittadina sulla costa libica non molto lontana dalla Tunisia. Il diritto internazionale stabilisce il limite delle acque territoriali a un massimo di 12 miglia dalla costa di uno stato. Il peschereccio, quindi, si trovava 18 miglia fuori dalle acque territoriali libiche.
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