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Ambrosoli? Se l'andava cercando ...

MessaggioInviato: 09/09/2010, 8:47
da franz
A proposito di eroi veri.


puntata di «La storia siamo noi» sull'omicidio
«Ambrosoli? Se l'andava cercando»
La frase choc di Andreotti in tv sul legale ucciso nel centro di Milano nel '79


Stasera su Raidue alle 23,50 in onda la puntata di «La storia siamo noi» sull'omicidio

MILANO - Giulio Andreotti ha il colletto un po' aperto e il nodo della cravatta è allentato. Ma come sempre il senatore a vita non tradisce emozioni particolari. Le labbra sottili sembrano muoversi impercettibilmente e gli occhi non cambiano espressione quando, alla domanda su perché Giorgio Ambrosoli è stato ucciso, risponde così: «Questo è difficile, non voglio sostituirmi alla polizia o ai giudici, certo è una persona che in termini romaneschi se l'andava cercando». Una frase che sembra buttata lì senza pensarci troppo, ma quelle parole che colpiscono al cuore rappresentano forse il momento più importante e doloroso della puntata de «La storia siamo noi» che Giovanni Minoli ha dedicato ad Ambrosoli, il liquidatore dell'impero di Michele Sindona, e che andrà in onda stasera alle 23,50 su RaiDue. Più importante perché appare l'ennesima e più chiara manifestazione del fatto che Andreotti nello scontro fra Ambrosoli e il bancarottiere Sindona, da lui salutato come il «salvatore della lira», ha saputo per chi schierarsi fin dal primo momento.

E più dolorosa perché tutti, compreso lui, sa poi cosa alla fine Ambrosoli abbia trovato nella notte dell'11 luglio 1979. Dopo una cena in trattoria e durante l'ultima ripresa dell'incontro di box che Ambrosoli segue in compagnia, arriva una telefonata: dall'altra parte c'è il silenzio. Poco dopo lui scende ad accompagnare gli amici, e mentre sta rincasando il killer Joseph Arico gli dice: «Mi scusi, avvocato Ambrosoli». E spara 4 colpi, portando a termine la missione che gli ha affidato Sindona per 50 mila dollari. Minoli racconta tutto, anche riprendendo dai suoi archivi una intervista a Sindona, in carcere in America per bancarotta. Ne illustra soprattutto l'ascesa dal nulla e ne spiega il «contesto». Gli anni ruggenti nei quali sorprende la provinciale piazza finanziaria milanese con operazioni «all'americana»: Opa, conglomerate, perfino il private equity. «Importa» tutto da Wall Street e sembra che nessuno possa fermare la sua irresistibile ascesa. Nonostante i suoi rapporti quasi esibiti con il clan Gambino e con altre famiglie mafiosi. Ma gli anni ruggenti durano poco. L'Opa sulla finanziaria Bastogi nel '71 segna il suo tramonto. L'opposizione di Enrico Cuccia, fondatore di Mediobanca, fa fallire l'operazione.

E dopo il crollo in America la crisi dilaga nel suo fragile impero in Italia, finché la sera di martedì 24 settembre 1974 alle 23 un funzionario di Banca d'Italia telefona a casa Ambrosoli. Alle 17 del giorno dopo il Governatore Guido Carli conferisce a Giorgio Ambrosoli l'incarico di «unico commissario liquidatore», come dirà lui stesso alla moglie Annalori, della Banca Privata Italiana di Sindona. Ambrosoli fa il suo dovere fino in fondo, con l'aiuto di Silvio Novembre, ufficiale della Guardia di Finanza. Ma come testimoniano i suoi diari e quelli del Governatore Paolo Baffi «mezza Italia» si muove per salvare Sindona. Ambrosoli, Baffi e il vicedirettore generale Mario Sarcinelli fanno muro. Baffi e Sarcinelli, che respingono improbabili piani di salvataggio presentati loro anche da Franco Evangelisti, braccio destro di Andreotti, e svelano con ispezioni e rapporti le trame di Roberto Calvi, pagheranno carissima onestà e determinazione: Sarcinelli viene arrestato e a Baffi è risparmiato il carcere solo per l'età. Saranno poi prosciolti ma Baffi lascerà Via Nazionale. Le minacce e la violenza di Sindona e dell'Italia piduista non fermano Ambrosoli. Perciò il sicario venuto dall'America lo uccide. Nella lettera-testamento alla moglie scrive il 25 febbraio 1975: «In ogni caso pagherò a caro prezzo l'incarico». E pensare che, come ha detto il figlio Umberto: «Sarebbe bastato un piccolo sì, qualche piccola omissione, non prendere posizione. Avrebbe avuta salva la vita». Ma Andreotti non ha dubbi: l'avvocato liquidatore se l'è proprio andata a cercare.

Sergio Bocconi
09 settembre 2010
www.corriere.it

Re: Ambrosoli? Se l'andava cercando ...

MessaggioInviato: 09/09/2010, 8:56
da lucameni
I politici criminogeni di oggi non sono nati dall'oggi al domani.
Salvo altro approccio più "soffice" e sobrio proprio della cosidetta prima repubblica, sicuramente si sono ispirati a questi modelli.

Re: Ambrosoli? Se l'andava cercando ...

MessaggioInviato: 09/09/2010, 9:27
da franz
lucameni ha scritto:I politici criminogeni di oggi non sono nati dall'oggi al domani.
Salvo altro approccio più "soffice" e sobrio proprio della cosidetta prima repubblica, sicuramente si sono ispirati a questi modelli.

Sicuramente. Anzi quelli di oggi sono i figli o i nipoti di quel sistema mafioso e corporativo che ha trattentuto l'Italia nel medioevo, strozzando lo sviluppo economico e gestendo quello sociale con il clientelismo. Il tutto con potenti appoggi nello Stato ed in Vaticano (non dimentichiamoci chi era Sindona).

L'avvocato di Milano non riusciva a nascondere il suo stupore, lo si capisce leggendo i suoi diari e le sue agendine, di fronte alle rivelazioni continue dei tradimenti, delle trame, delle connivenze che avevano per protagonisti uomini di alto rango dello Stato. Avrebbero dovuto essere naturalmente dalla sua parte, pubblico ufficiale con il compito di sanare una situazione degenerata, protetta dal sistema politico di governo, e invece erano nemici che intralciavano in tutti i possibili modi quel che tentava di fare in nome della comunità condannata, per il malfare del banchiere corrotto, a pagare l’equivalente di 800 milioni di euro di oggi.


Franz

Re: Ambrosoli? Se l'andava cercando ...

MessaggioInviato: 09/09/2010, 16:33
da franz
LA POLEMICA
Frasi su Ambrosoli, Andreotti nella bufera
«Mi dispiace, fraintese le mie parole»
Il senatore a vita aveva dichiarato: «Se l'è andata a cercare». Il Pd: «Agghiacciante». L'Idv: «Un insulto»


MILANO - «In termini romaneschi, se l'andava cercando». La frase di Giulio Andreotti su Giorgio Ambrosoli, il liquidatore dell'impero di Michele Sindona ucciso l'11 luglio del 1979, suscita una raffica di critiche bipartisan. Il Pd, a proposito dell'affermazione del senatore a vita pronunciata durante un'intervista per la trasmissione "La Storia siamo Noi" e riportata dal Corriere della Sera, parla di «battuta agghiacciante». «Andreotti si conferma campione del machiavellismo politico - afferma il democratico Franco Monaco. - Non sorprende che, tra Sindona e Ambrosoli, scelga il primo». Duro anche l'Idv: «Le affermazioni di Andreotti su Ambrosoli, un vero eroe borghese, appaiono gravissime e sono un insulto al coraggio civile e alla cultura della legalità - afferma in una nota il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando. - Se quanto ha detto fosse confermato, dovrebbe chiedere scusa alla famiglia. In una sola frase, infatti, ha infangato la memoria del coraggioso Ambrosoli, assassinato per la sua onestà, quella di tutti i cittadini onesti e dei servitori dello Stato che hanno perso la vita perché non sono scesi a compromessi». «Il presidente Napolitano - dichiara invece Sonia Alfano, europarlamentare Idv - anziché redarguire gli onesti cittadini che chiedono di mettere fuori la mafia dallo Stato, dovrebbe immediatamente allertare i propri consiglieri giuridici perché individuino gli strumenti per la revoca a Giulio Andreotti del mandato vitalizio di senatore, essendo certo che egli ha accertate qualità criminali ma non gli 'altissimi meriti nel campo sociale', previsti dall'art. 59 della Costituzione».

IL PREZZO PIU' ALTO - Il sottosegretario Alfredo Mantovano chiarisce che «Giorgio Ambrosoli non se l'è 'andata a cercare'. Ha ricevuto, senza sollecitarlo, un incarico professionale gravoso. Lo ha portato avanti basandosi solo sulla sua competenza e sul suo senso del dovere. Sorprende che 30 anni dopo il presidente Andreotti continui a mostrarsi più vicino a Sindona che all'avvocato Ambrosoli. Il quale, non essendosela 'cercata', certamente non ha 'tirato a campare', ma ha pagato il prezzo più alto». Walter Veltroni affida il suo commento a Facebook: «Per chi volesse partecipare della nostalgia per i 'bei tempi' della prima repubblica segnalo la incredibile dichiarazione di Andreotti secondo il quale Ambrosoli, ucciso da un killer su mandato di Sindona, "se l'è cercata". Se non si ha voglia di futuro, il passato ritorna».

IL FIGLIO - «Non so se le parole del senatore Andreotti rappresentino un sentire comune. Francamente ho la sensazione opposta» commenta Umberto, il figlio di Giorgio Ambrosoli. «Il mondo economico finanziario - aggiunge a Radio24 - ha fatto tesoro di quella esperienza per cambiare qualcosa, il mondo politico sembra non aver fatto nulla di quell'esperienza».

LA REPLICA - Più tardi, lo stesso Andreotti torna sulle sue parole. «Sono molto dispiaciuto che una mia espressione di gergo romanesco - dichiara - abbia causato un grave fraintendimento sulle mie valutazioni delle tragiche circostanze della morte del dottor Ambrosoli». «Intendevo fare riferimento ai gravi rischi ai quali il dottor Ambrosoli si era consapevolmente esposto - aggiunge in una nota - con il difficile incarico assunto».

www.corriere.it

Re: Ambrosoli? Se l'andava cercando ...

MessaggioInviato: 12/09/2010, 14:42
da flaviomob
Giustizia & impunità | di Marco Travaglio

11 settembre 2010

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La corruzione? Ecco come sconfiggerla

In Senato da marzo è fermo un disegno di legge inadatto contro il malaffare. Il Fatto, in collaborazione con alcuni giuristi, presenta un nuovo testo più rigoroso
Il 1° marzo scorso il Consiglio dei ministri annunciava solennemente di avere approvato il testo del disegno di legge governativo per una legge anticorruzione. Doveva essere la risposta della maggioranza alle nuove Tangentopoli (l’ultima, quella intorno alla Protezione civile) esplose nei primi mesi dell’anno un po’ in tutta Italia e ai dati agghiaccianti forniti dalla Banca Mondiale e poi dalla Corte dei Conti, secondo cui le tangenti, con tutto l’indotto, impongono ai cittadini italiani una tassa occulta di 50-60 miliardi di euro all’anno. Cifra record in Europa, quasi il decuplo del costo della corruzione stimato dal centro studi Luigi Einaudi nel 1992, l’anno di Mani Pulite. Ma il testo, scritto dal ministro Angelino Alfano e dunque molto deludente, si è subito arenato in commissione al Senato e lì riposa in pace, nonostante i propositi di rilanciarlo più volte dichiarati dal Pdl all’esplodere di ogni nuovo scandalo, dal caso Scajola all’affaire P3. “Il Senato – giurava Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl, al Corriere della sera il 20 maggio – licenzierà il provvedimento verso metà giugno”. Ma non precisava di quale anno.

L’altro giorno, a Mirabello, Gianfranco Fini ha domandato sarcastico al Cavaliere che fine abbia fatto la legge anticorruzione. Silenzio di tomba. Silenzio anche da Renato Schifani, che pure presiede il Senato dove langue il ddl. Del resto, sempre al Senato, è stata insabbiata la legge di iniziativa popolare presentata da Beppe Grillo con 350 mila firme di altrettanti cittadini per stabilire l’ineleggibilità dei condannati.

Il Fatto quotidiano ha deciso di proporre un nuovo testo, molto più rigoroso e penetrante di quello governativo. E di interpellare i rappresentanti dei partiti nel dibattito “Convivere con la corruzione”, domenica mattina alla Versiliana di Marina di Pietrasanta, con Antonio Di Pietro (Idv), Claudio Fava (Sinistra e libertà), Fabio Granata (Futuro e Libertà) e Matteo Renzi (Pd). Lì si discuterà e si vedrà chi ci sta: potrebbe perfino emergere una maggioranza disposta ad approvarlo in tempi brevi, se – come dichiarano – il Pd, l’Idv, l’Udc e i finiani vogliono fare sul serio contro la corruzione, sfidando su un terreno tanto cruciale e “popolare” la Lega e il Pdl. All’incontro dovrebbe partecipare anche il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, grande esperto di reati finanziari e contro la Pubblica amministrazione.

Il testo che abbiamo elaborato con l’aiuto di giuristi, magistrati e altri esperti non ha richiesto grandi sforzi di fantasia. E’ stato sufficiente seguire alcune linee direttrici.

1) Prevedere finalmente il recepimento della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, sottoscritta a Strasburgo dagli stati membri nel 1999 e mai ratificata dall’Italia.

2) Introdurre nuove fattispecie di reato per sanzionare i più moderni crimini dei colletti bianchi nell’èra della globalizzazione (come l’autoriciclaggio,la corruzione fra privati, il traffico di influenze illecite).

3) Ripristinare il falso in bilancio sciaguratamente abolito, di fatto, dal secondo governo Berlusconi nel 2001-2002.

4) Mettere mano al sistema della prescrizione (che in questo testo viene affrontata solo in parte): l’ideale sarebbe arrestarne la decorrenza al momento dell’esercizio dell’azione penale, cioè della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm. Oggi, grazie alla legge ex-Cirielli, la corruzione si prescrive 7 anni e mezzo dopo che è stata commessa, e quella giudiziaria dopo 10 (prima scattava dopo 15 anni).

5) Cogliere il meglio dalla miriade di proposte e disegni di legge giacenti in Parlamento e ivi insabbiati da varie legislature (due del Pd, uno dell’Idv, uno quasi preistorico dei Verdi e persino uno dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, nato dal lavoro di una commissione istituita nel 2006 dal governo Prodi-2, di cui facevano parte magistrati di Mani Pulite come Piercamillo Davigo e lo stesso Greco).

6) L’idea di partenza è quella avanzata per la prima volta a Cernobbio nel settembre del 1994, in piena Tangentopoli, dal pool Mani Pulite e da un gruppo di giuristi e docenti universitari (fra i quali l’attuale presidente dell’Unione Camere penali, Oreste Dominioni, all’epoca legale di Berlusconi). La proposta Cernobbio era articolata in tre punti. A) Legislazione premiale per incentivare il “pentitismo” anche in questo tipo di reati, cioè per incoraggiare il corruttore o il corrotto che va spontaneamente a confessare e a denunciare i suoi complici, “prima che la notizia di reato sia stata iscritta a suo nome e comunque entro tre mesi dalla commissione del fatto”. Sempreché restituisca il maltolto fino all’ultima lira. E con la sanzione automatica della decadenza e dell’interdizione dai pubblici uffici. In pratica, si rompe il vincolo di omertà fra corruttore e corrotto e si innesca una corsa a chi arriva prima a denunciare se stesso e l’altro per guadagnarsi l’impunità. L’obiettivo era quello di far emergere gran parte del sommerso di Tangentopoli, evitando ricatti e veleni. B) I reati di corruzione e concussione diventano uno solo: è vietato offrire e dare soldi a un pubblico funzionario, non importa se costretti o spontaneamente, né in cambio di quale favore lecito o illecito. C) Linea dura con chi arriva fuori tempo massimo, o non confessa tutto, o viene colto con le mani nel sacco; custodia cautelare obbligatoria per corrotti e corruttori, come per i mafiosi, con sostanziosi aumenti delle pene. Sedici anni fa la proposta suscitò reazioni entusiastiche da An e dalla Lega.

Ignazio La Russa stuzzicò i forzisti perplessi: “Che il progetto Di Pietro potesse essere sconosciuto a Forza Italia mi sembra poco credibile, anzi resto convinto che i vertici ne fossero informati: vi hanno collaborato alcuni avvocati vicini a loro…” (per esempio Dominioni, allora difensore di Berlusconi). Maroni e Tremonti incontrarono i pm promotori e alla fine il primo parlò di “iniziativa interessante da discutere fra magistrati e governo”.

Che cos’è cambiato da allora a oggi, a parte il fatto che allora Tangentopoli ci costava 6-7 miliardi l’anno e oggi dieci volte tanto? Ecco dunque la proposta di legge in 10 articoli che Il Fatto mette a disposizione di tutte le forze politiche interessate a prevenire e a combattere per davvero la corruzione. Per evitare di scendere in eccessivi tecnicismi, non tutti gli articoli sono già esplicitati in forma di articolato legislativo: lo sono soltanto quelli che ci paiono irrinunciabili. Tutti e dieci, comunque, sono aperti a integrazioni e suggerimenti. Purchè migliorativi e non peggiorativi.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09 ... rla/59500/

Per commemorare Ambrosoli, dovremmo batterci perché la corruzione - che è sperpero di denaro pubblico, premialità verso il peggiore, spazi ed appalti sottratti ad aziende virtuose, alimentazione di quell'economia occulta che sostenta le mafie, esplosione dei costi di opere pubbliche e qualità inferiore dei lavori - venga distrutta.