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Cucù: il PdL non c'è più

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Cucù: il PdL non c'è più

Messaggioda franz il 06/09/2010, 8:09

Fini a Mirabello: "Il Pdl non c'è più"
Berlusconi: allora elezioni subito
Franceschini: "Destra spaccata, Pd può batterli"


Il presidente della Camera chiede un nuovo patto di legislatura. "Partito rinasca. Ora è FI più i colonnelli che hanno cambiato generale".

Attacco al premier "Governare non è comandare".
Stop ai Ghedini-Stranamore. "Sì al Lodo, ma basta leggi ad personam".
"Feltri infame". Il premier furioso cerca l'accelerazione della crisi, stasera vertice con la Lega.
Bossi: "Così non può durare".

Bersani: "Basta gioco del cerino"

"Prepariamoci in fretta alle urne
Destra spaccata, il Pd può batterla"

Franceschini, capogruppo alla Camera: "Il governo è ormai in agonia". "Da Fini non mi aspettavo di più. Ha preso le distanze da Berlusconi in modo netto. Appena riaprono le Camere, sarà un altro mondo"
di GIOVANNA CASADIO

"Prepariamoci in fretta alle urne Destra spaccata, il Pd può batterla" Dario Franceschini

ROMA - "Da oggi il governo Berlusconi è in agonia, è un governicchio che dovrà conquistarsi faticosamente provvedimento per provvedimento, emendamento per emendamento, una maggioranza". Dario Franceschini ritiene perciò che il suo partito, il Pd, e il centrosinistra tutto, debbano prepararsi, "e in fretta", allo showdown del berlusconismo.

Fini ha chiesto a Berlusconi un nuovo patto di legislatura. Il Pd al contrario si aspettava da Fini una spallata al governo, onorevole Franceschini?
"Quella di Fini è una svolta. Certo sarebbe troppo facile dire: ma dov'era Fini in questi quindici anni e in questi due anni di governo? C'è stato bisogno che toccasse direttamente la violenza del sistema di potere e il controllo della comunicazione di Berlusconi per capire fino in fondo cos'è il berlusconismo. Al di là di questa premessa, è la fine del berlusconismo in Italia. Il leader di "Futuro e libertà" ha adoperato parole ovvie e rassicuranti, di sostegno al governo e di impegno nel centrodestra: il suo popolo è di destra".

Quindi il discorso di Fini non segna la fine del centrodestra?

"No, è la fine del modello berlusconiano di centrodestra che per sua natura non può accettare la dialettica, il confronto, la democrazia interna senza esplodere. L'anomalia del berlusconismo rispetto a tutti i partiti della destra europea sta in questo: le destre europee normali hanno una dialettica
interna, hanno la contendibilità della leadership. Queste due cose non possono convivere con Berlusconi che ha costruito tutto su una visione proprietaria. Che Fini ha smontato".

Però si aspettava di più da Fini?
"Non mi aspettavo che questo. L'operazione di Fini - lo dico anche per chi si è illuso nel centrosinistra - è nel campo della destra e lui resta un nostro avversario. Ma ha in mente una destra normale ed europea, con cui si può discutere e a cui contendere le leadership. Giudico insanabile la frattura con Berlusconi che non potrà mai accettare lo schema offertogli da Fini a meno di non arrendersi".

Non prevede retromarce?

"Fini ha fatto riferimento alla magistratura, al ruolo del capo dello Stato, alla Costituzione, alle regole. Ha preso le distanze da Berlusconi in modo sostanziale, anche sulle politiche di governo, su scuola, federalismo, sicurezza e politica estera, da Gheddafi alle quote latte. Se questo è l'antipasto è chiaro che appena riaprono le Camere per il governo Berlusconi sarà un altro mondo".

Ha anche parlato degli "anni che ci separano dal momento che si andrà a votare".

"Questa cosa può averla detta non solo per rassicurare il suo elettorato, ma anche convintamente. Quando i nodi però sono di questo tipo, vengono al pettine. Il Pd e il centrosinistra devono essere pronti: prepariamoci, e in fretta. Non possiamo immaginare di affrontare le sfide dei prossimi mesi di questa legislatura, confidando solo sulle fratture del centrodestra. Ho poi intravisto una perfidia nell'affermazione di Fini, che è pronto a sostenere il lodo Alfano o una norma che protegga le alte cariche dello Stato, perché ha capito quello che abbiamo capito noi e cioè che da qualche settimana a Berlusconi interessa sempre meno una norma di "copertura" per il presidente del Consiglio e sempre più un provvedimento che, agendo magari sulla prescrizione, gli faccia scudo anche quando non sarà più premier. Né gli importa se così devasta la giustizia".

Un'alleanza ampia, di salute pubblica, la offrirete a Fini o no?

"Di fronte a un'emergenza democratica, a una forzatura costituzionale di Berlusconi, si fa appello a tutti quelli che vogliono fermare quel colpo di mano. A emergenza si risponde con emergenza. Punto. Dobbiamo essere una credibile alternativa e costruire un campo che dica con chiarezza quali sono le nostre priorità rispetto alla destra e le nostre battaglie di autunno: la scuola pubblica e il welfare universale, ovvero la protezione per tutti quelli che perdono il lavoro anche precari e autonomi. Faccio un appello: basta con le rottamazioni, con le autocandidature, con i rancori del passato. Non regaliamo a una destra spaccata la nostra litigiosità".

(06 settembre 2010)


Luigi Bersani, segretario del Pd, denuncia "la fine del partito del predellino". Secondo il leader democratico "il partito dell'amore è finito a schiaffoni". Trapela però anche un filo di delusione: "Ora comincerà il gioco del cerino, ma il Paese non può subire traccheggiamenti. Perchè così vanno a fuoco le soluzioni per il Paese"

Per Rosy Bindi, presidente Pd, quello di Fini è "Un discorso coerente che ha confermato la determinazione a costruire in Italia una destra moderna e europea. Fini con la sua battaglia politica offre un contributo importante al superamento dell'anomalia berlusconiana e a far maturare una seria democrazia del bipolarismo, nel solco della nostra cultura costituzionale. Una destra da cui noi ci distinguiamo e con la quale sono evidenti le differenze e le distinzioni su cui competere per il governo del paese ma che non mette in discussione e anzi condivide i valori della Costituzione e i principi basilari della democrazia. Verificheremo in che modo questa coerenza e questo progetto potranno convivere con il populismo eversivo di Berlusconi e Bossi, con una maggioranza e un governo che da oggi, davvero non ci sono più".

L'invito a Fini "a non fare il furbo" viene da Antonio Di Pietro, leader dell'Idv: "O stai all'opposizione o al governo. Hai fatto un discorso che faccio io tutti i giorni, sul conflitto di interessi, su tutta l'accozzaglia 'stranamore' che circonda Berlusconi. E quindi? resti in maggioranza e approvi i cinque punti. Non fare il furbo, fai una scelta".

Per Pierferdinando Casini, leader dell'Udc, invece, conta molto il "patto di lealtà" con il centrodestra che ha confermato Fini a Mirabello. Ma c'è grande assonanza sui contenuti. "L'unico vero dissenso con Fini è che oggi ha fatto una analisi che noi facemmo due anni fa prevedendo che il Pdl sarebbe stato Forza Italia allargato. L'errore di Fini è stato quello di salire sul predellino, oggi la sua analisi invece è condivisibile specialmente quando parla di quoziente familiare e di necessità della riforma elettorale. Berlusconi assuma da questa vicenda per andare in Parlamento e dire che una fase si è chiusa e che il Paese ha bisogno di svoltare. Che le cose sono cambiate. Faccia un appello anche all'opposizione perchè non tutti sono sfascisti".

Francesco Rutelli
, segretario dell'Api, considera il discorso "largamente condivisibile nel merito e persino sovrapponibile a gran parte delle proposte emerse a Labro". "Non entro nel merito dei rapporti nel centrodestra, Fini resta in maggioranza, noi all'opposizione, ma certamente oggi il nuovo polo è piu vicino".

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Re: Cucù: il PdL non c'è più

Messaggioda ranvit il 06/09/2010, 16:40

Condivido al 100% quanto dice Giannini, anche se sono un po' meno ottimista sulla fine politica di Berlusconi.

Da repubblica.it :

Il manifesto di Fini per un'altra destra
di MASSIMO GIANNINI
Forse è davvero finita un'epoca, per l'anomala destra italiana nata dalle macerie del popolarismo democristiano e forgiata nel fuoco del populismo berlusconiano. Con il Manifesto di Mirabello, Gianfranco Fini varca un confine e politico, ed entra in una terra incognita sulla quale può costruire finalmente un'"altra destra". Compiutamente democratica e liberale, moderata e costituzionale. Nel solco delle grandi famiglie conservatrici europee.

Era enorme l'attesa per questo rientro in campo del presidente della Camera, dopo un agosto trascorso nella trincea di Ansedonia a patire in silenzio l'assalto del "Giornale". Quella di Fini, stavolta, è davvero una svolta radicale. Può ridisegnare geografie e geometrie della politica italiana. E può cambiare il corso della legislatura berlusconiana.

Con un discorso di un'ora e mezzo, degno per toni e per temi di un congresso di fondazione e non certo di un raduno di corrente, Fini ha reciso per sempre le sfibrate e impalpabili radici che ancora lo tenevano unito a Berlusconi. Certo, le vicende personali hanno pesato. La "macchina del fango" messa in moto a Montecarlo dai giornali-fratelli del presidente del Consiglio non può non aver influito sulla reazione durissima messa in scena a Mirabello dal presidente della Camera. Quei "Tg ridotti a fotocopie dei fogli d'ordine del Pdl", quelle "campagne paranoiche e patetiche", quegli "atti di lapidazione islamica" e quegli "atteggiamenti infami rivolti non a me, ma alla mia famiglia": era difficile, se non impossibile, che la rabbia finiana covata in queste settimane ed esplosa ieri dal palco non si traducesse solo in una inesorabile denuncia dell'aggressione subita, ma alla fine sfociasse anche nell'inevitabile rinuncia a proseguire la convivenza politica nel Pdl.

Ma insieme, e oltre alla rottura umana, pesa la rottura politica. Nell'elenco puntiglioso dei motivi che in questi due anni hanno portato al divorzio definitivo tra fondatore e co-fondatore non c'è solo la rivendicazione del diritto al dissenso che dovrebbe costituire l'essenza di un vero "partito liberale di massa". C'è invece la piattaforma identitaria di una destra politica che non è più conciliabile, e forse non lo è mai stata, con quella berlusconiana. Dall'idea malintesa della "riforma della giustizia" fatta nell'interesse di un singolo e del garantismo come "impunità permanente", coltivata da chi al potere si sente forte e crede per ciò di essere "meno uguale" degli altri di fronte alla legge, al disprezzo per le istituzioni e gli organi di garanzia, esercitato da chi usa "il Parlamento come dependance dell'esecutivo". Dalla mancata difesa dei diritti degli "extracomunitari onesti", praticata da chi declina l'immigrazione come pura "guerra ai clandestini", alla mancata difesa dei veri valori dell'Occidente, svenduti per bieca "realpolitik" nella "genuflessione" di fronte a Gheddafi. Nell'aspra requisitoria finiana su ciò che è accaduto nel Pdl in questi mesi, non c'è conflittualità "congiunturale" che non nasconda anche un'evidente incompatibilità culturale.

E questo non vale soltanto per la "cifra" identitaria delle due anime che in questi mesi hanno faticosamente convissuto nel Pdl. Vale anche per l'azione di governo, che per Fini è stata deficitaria sotto tutti i punti di vista. Dai tagli lineari di spesa che hanno generato le "proteste sacrosante" delle forze dell'ordine e dei precari della scuola al ridicolo "ghe pensi mi" col quale si è creduto di riempire il vuoto al ministero dello Sviluppo. Dal federalismo inteso come "favore a Bossi" alle promesse tradite sul taglio delle province, sulle norme anti-corruzione, sugli aiuti alle famiglie. Il presidente della Camera non fa sconti, né al Berlusconi-leader né al Berlusconi-premier. E il dissenso, stavolta, è totale e radicale. Di metodo e di merito. Perché Fini ha finalmente il coraggio di dire quello che era ormai chiaro da almeno sei mesi. Da quando cioè, in quell'incredibile direzione del 22 aprile scorso, andò in onda in diretta su tutte le televisioni lo scontro "fisico" tra i due. E cioè che si sente ormai "altro" da questo Pdl, che il Cavaliere ha ridotto a "contorno del leader", a "coro di plaudenti" o a "popolo di sudditi". Ha fatto regredire a rozzo "partito del predellino", o a versione scadente di "Forza Italia allargata a qualche ex colonnello di An" pronto a servire qualunque generale.

Dunque, quando il leader di Futuro e Libertà dice che "il Pdl è morto il 29 luglio", con quell'atto autoritario di marca "staliniana" con il quale il co-fondatore è stato estromesso, non si limita a chiudere per sempre la breve stagione del Popolo delle Libertà. Fa molto di più. Il suo non è solo l'epitaffio conclusivo di un vecchio ciclo. Ma è anche l'atto fondativo di un nuovo corso. Non c'è ancora l'annuncio ufficiale della nascita del partito, che deve dare forma e sostanza a quello che per ora continua ad essere solo un gruppo parlamentare. Ma c'è già il manifesto di principi e di valori sul quale il nuovo partito sarà edificato. Un partito rigorosamente di destra, questo è chiaro. Pronto a rivendicare il suo Pantheon e a risalire all'Msi di Giorgio Almirante, che Fini non esita a celebrare. Pronto a dimenticare in fretta le tappe di uno "sdoganamento" repubblicano che avremmo voluto assai più sofferto, assai più autocritico. Ma un partito di destra pronto a saldare definitivamente il conto con Berlusconi, e a saldare direttamente la "rivolta di Mirabello" del 2010 con la "svolta di Fiuggi" del 1995. Come se il Cavaliere - in questi quindici anni di "traghettamento" dell'ex Movimento sociale, dalle "fogne" di un tempo alle alte cariche istituzionali di oggi - fosse stato una parentesi. Più o meno felice. Ma ormai chiusa per sempre.
Il presidente della Camera ha cercato in tutti i modi di non vestire i panni del Bruto, capace di accoltellare Cesare in nome di chissà quale congiura di Palazzo. "Né ribaltoni, né cambi di campo", quindi. Ed è stato attento anche a non offrire alibi al Cavaliere, né sulla fine anticipata della legislatura (che sarebbe "un fallimento per tutti noi") né sulla minaccia di elezioni anticipate (che è solo "avventurismo politico"). Non solo: il presidente della Camera ha offerto al premier un "patto di legislatura", per far fare a questo governo tutto quello che ha promesso in campagna elettorale e non è stato capace di garantire ai cittadini. Certo, in un quadro e in un equilibrio politico diverso, dove la maggioranza non poggia più su "un tavolo a due gambe di Berlusconi e Bossi", dove i parlamentari non sono in vendita "come i clienti della Standa" e dove le grandi riforme "in nome del bene comune si fanno anche coinvolgendo l'opposizione". Persino sulla giustizia il leader di F&L si è spinto a dare una sponda estrema al Cavaliere, non certo sul processo breve, ma su un provvedimento che ricalchi il Lodo Alfano e il legittimo impedimento, e gli garantisca "il diritto di governare" senza fare strage dei processi che interessano migliaia e migliaia di cittadini in attesa di giudizio.

Ma è chiaro che, al punto in cui siamo, queste offerte appaiono inutili. Improponibili per chi le formula, e irricevibili per chi le dovrebbe accogliere. Se è vero, come dice Fini, che il Pdl non c'è più, e che "non si rientra in una cosa che non c'è più", allora è ancora più vero che non c'è più neanche la maggioranza che ha vinto le elezioni il 13 aprile di due anni fa. Ancora una volta, la previsione più sensata l'aveva fatta quell'animale politico che risponde al nome di Bossi: "Fini romperà, e allora vedo grossi problemi per il governo: il Cavaliere sarà un premier dimezzato...". Il Senatur è stato fin troppo ottimista. Più che dimezzato, stavolta il presidente del Consiglio sembra finito. Ha di fronte a se soltanto una strada: aprire la crisi, e azzardare la richiesta di elezioni anticipate, che non dipendono da lui ma dalle regole della Costituzione e dalle prerogative del Capo dello Stato. E' un rischio mortale. Il "pifferaio di Arcore" ha smesso di ammaliare i finiani. E forse comincia a incantare un po' meno anche gli italiani.
(06 settembre 2010)
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Re: Cucù: il PdL non c'è più

Messaggioda franz il 06/09/2010, 17:46

ranvit ha scritto:Condivido al 100% quanto dice Giannini, anche se sono un po' meno ottimista sulla fine politica di Berlusconi.

È chiaro che ora Berlusconi ha un bisogno estremo di Bossi e sa che questo avrà un prezzo molto alto.
Per prima cosa, cade il castello che Bersusconi ha costruito, alleandosi con Bossi al Nord e con AN al Sud.
Il rischio è che, per lui, è il Sud non gradisca questa stretta alleanza Berlusconi-Bossi.
Da notare anche per tuttavia una alleanza progressista tra PD e la destra stataalista di AN è improponibile.
Abbiamo già avuto un Mastella e ci basta. Si configura pero' un futuro asse geopolitico ancora piu' ingovernabile:
a) un profondo Nord in mano a Lega e Berlusconi
b) un centro-nord in cui il PD è maggioranza
c) un centro-sud in cui l'UDC di Casini e il partito di Fini potrebbero essere dominanti
d) un profondo sud in bilico tra mafie diverse (UDC e CdL poca differenza fanno)

Franz
Ultima modifica di franz il 06/09/2010, 18:22, modificato 1 volta in totale.
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Re: Cucù: il PdL non c'è più

Messaggioda ranvit il 06/09/2010, 18:11

Non ne sarei cosi' sicuro.
Io vivo al Sud e per quello che sento la grande maggioranza del Pdl è ancora con Berlusconi.

Certo che se Fini riuscirà a prendere un discreto numero di voti, la probabile vittoria di Berlusconi/Bossi sarà alquanto risicata e quindi con un governo instabile.

In ogni caso....meno male che Gianfranco c'è! :roll: :roll: :roll:

Vittorio
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Re: Cucù: il PdL non c'è più

Messaggioda Gab il 07/09/2010, 10:02

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Re: Cucù: il PdL non c'è più

Messaggioda franz il 07/09/2010, 13:36

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