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Intelligenti o rinunciatari?
Lo abbiamo letto e sentito dappertutto dopo le Regionali in salsa verde. La Lega è come il vecchio Pci, sta sul territorio in modo capillare, forma con scrupolo e dedizione la sua classe dirigente, è vicina ai problemi dei ceti popolari. E giù per li rami oro e incenso sul modello-Carroccio.
Oggi Enrico Letta, sull’onda di un sondaggio Ipsos (secondo il quale tra Bossi e Berlusconi gli elettori del Pd sceglierebbero Bossi) dice che bisogna aprire il dialogo con i lumbard, perché appunto “lo chiedono i nostri elettori”.
Ascoltando le parole del vicesegretario del Pd si rimembra, è vero, che la Lega è un partito che funziona, che capisce la pancia profonda del Nord e che in molti casi amministra con efficacia.
Poi però sovviene anche la spiacevole rimembranza di un partito che vuole il reato di clandestinità, che sgomita perché i medici denuncino gli immigrati, , che alimenta la demagogia più trita su stipendi di politici e parlamentari, che non festeggia l’Unità d’Italia, e via andare.
Dalle due rimembranze, e dall’auspicio di Letta, girerei ai lettori una domanda. Aprire il dialogo con la Lega è un segno di intelligenza politica o di rinuncia alla politica?
Scritto venerdì, 11 giugno 2010 alle 16:55