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Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda franz il 12/12/2009, 12:29

IL RACCONTO
Io, nero italiano
e la mia vita ad ostacoli

di PAP KHOUMA

Sono italiano e ho la pelle nera. Un black italiano, come mi sono sentito dire al controllo dei passaporti dell'aeroporto di Boston da africane americane addette alla sicurezza. Ma voi avete idea di cosa significa essere italiano e avere la pelle nera proprio nell'Italia del 2009?

Mi capita, quando vado in Comune a Milano per richiedere un certificato ed esibisco il mio passaporto italiano o la mia carta d'identità, che il funzionario senza neppure dare un'occhiata ai miei documenti, ma solo guardandomi in faccia, esiga comunque il mio permesso di soggiorno: documento che nessun cittadino italiano possiede. Ricordo un'occasione in cui, in una sede decentrata del Comune di Milano, una funzionaria si stupì del fatto che potessi avere la carta d'identità italiana e chiamò in aiuto altre due colleghe che accorsero lasciando la gente in fila ai rispettivi sportelli. Il loro dialogo suonava più o meno così.
"Mi ha dato la sua carta d'identità italiana ma dice di non avere il permesso di soggiorno. Come è possibile?".
"Come hai fatto ad avere la carta d'identità, se non hai un permesso di soggiorno... ci capisci? Dove hai preso questo documento? Capisci l'italiano?". "Non ho il permesso di soggiorno", mi limitai a rispondere.
Sul documento rilasciato dal Comune (e in mano a ben tre funzionari del Comune) era stampato "cittadino italiano" ma loro continuavano a concentrarsi solo sulla mia faccia nera, mentre la gente in attesa perdeva la pazienza.

Perché non leggete cosa c'è scritto sul documento?", suggerii. Attimo di sorpresa ma.... finalmente mi diedero del lei. "Lei è cittadino italiano? Perché non l'ha detto subito? Noi non siamo abituati a vedere un extracomunitario...".

L'obiezione sembrerebbe avere un qualche senso ma se invece, per tagliare corto, sottolineo subito che sono cittadino italiano, mi sento rispondere frasi del genere: "Tu possiedi il passaporto italiano ma non sei italiano". Oppure, con un sorriso: "Tu non hai la nazionalità italiana come noi, hai solo la cittadinanza italiana perché sei extracomunitario".

Quando abitavo vicino a viale Piave, zona centrale di Milano, mi è capitato che mentre di sera stavo aprendo la mia macchina ed avevo in mano le chiavi una persona si è avvicinata e mi ha chiesto con tono perentorio perché stavo aprendo quell'auto. D'istinto ho risposto: "Perché la sto rubando! Chiama subito i carabinieri". E al giustiziere, spiazzato, non è restato che andarsene.

In un'altra occasione a Milano alle otto di mattina in un viale ad intenso traffico, la mia compagna mentre guidava ha tagliato inavvertitamente la strada ad una donna sul motorino. E' scesa di corsa per sincerarsi dello stato della malcapitata. Ho preso il volante per spostare la macchina e liberare il traffico all'ora di punta. Un'altra donna (bianca) in coda è scesa dalla propria macchina ed è corsa verso la mia compagna (bianca) e diffondendo il panico le ha detto: "Mentre stai qui a guardare, un extracomunitario ti sta rubando la macchina". "Non è un ladro, è il mio compagno", si è sentita rispondere.

Tutte le volte che ho cambiato casa, ho dovuto affrontare una sorta di rito di passaggio. All'inizio, saluto con un sorriso gli inquilini incrociati per caso nell'atrio: "Buongiorno!" o "Buona sera!". Con i giovani tutto fila liscio. Mentre le persone adulte sono più sospettose. Posso anche capirle finché mi chiedono se abito lì, perché è la prima volta che ci incontriamo. Ma rimango spiazzato quando al saluto mi sento rispondere frasi del genere: "Non compriamo nulla. Qui non puoi vendere!". "Chi ti ha fatto entrare?".

Nel settembre di quest'anno ero con mio figlio di 12 anni e aspettavo insieme a lui l'arrivo della metropolitana alla stazione di Palestro. Come sempre l'altoparlante esortava i passeggeri a non superare la linea gialla di sicurezza. Un anziano signore apostrofò mio figlio: "Parlano con te, ragazzino. Hai superato la linea gialla. Devi sapere che qui è vietato superare la linea gialla... maleducato". Facevo notare all'anziano che mio figlio era lontano dalla linea gialla ma lui continuava ad inveire: "Non dovete neppure stare in questo paese. Tornatevene a casa vostra... feccia del mondo. La pagherete prima o poi".

Qualche settimana fa all'aeroporto di Linate sono entrato in un'edicola per comprare un giornale. C'era un giovane addetto tutto tatuato, mi sono avvicinato a lui per pagare e mi ha indicato un'altra cassa aperta. Ho pagato e mi sono avviato verso l'uscita quando il giovane addetto si è messo a urlare alla cassiera: "Quell'uomo di colore ha pagato il giornale?". La cassiera ha risposto urlando: "Sì l'uomo di colore ha pagato!". Tornato indietro gli dico: "Non c'é bisogno di urlare in questo modo. Ha visto bene mentre pagavo". "Lei mi ha guardato bene? Lo sa con chi sta parlando? Mi guardi bene! Sa cosa sono? Lei si rende conto cosa sono?". Cercava di intimidirmi. "Un razzista!" gli dico. "Sì, sono un razzista. Stia molto attento!". "Lei è un cretino", ho replicato.

Chi vive queste situazioni quotidiane per più di 25 anni o finisce per accettarle, far finta di niente per poter vivere senza impazzire, oppure può diventare sospettoso, arcigno, pieno di "pregiudizi al contrario", spesso sulle spine col rischio di confondere le situazioni e di vedere razzisti sbucare da tutte le parti, di perdere la testa e di urlare e insultare in mezzo alla gente. E il suo aguzzino che ha il coltello dalla parte del manico, con calma commenta utilizzando una "formula" fissa ma molto efficace: "Guardate, sta urlando, mi sta insultando. Lui è soltanto un ospite a casa mia. Siete tutti testimoni...".

Ho assistito per caso alla rappresentazione di una banda musicale ad Aguzzano, nel piacentino. Quando quasi tutti se ne erano andati ho visto in mezzo alla piazza una bandiera italiana prendere fuoco senza una ragionevole spiegazione. Mi sono ben guardato dal spegnerla anche se ero vicino. Cosa avrebbe pensato o come avrebbe reagito la gente vedendo un "extracomunitario" nella piazza di un paesino con la bandiera italiana in fiamme tra le mani? Troppi simboli messi insieme. Ho lasciato la bandiera bruciare con buona pace di tutti.

Ho invece infinitamente apprezzato il comportamento dei poliziotti del presidio della metropolitana di Piazza Duomo di Milano. Non volevo arrivare al lavoro in ritardo e stavo correndo in mezzo alla gente. Ad un tratto mi sentii afferrare alle spalle e spintonare. Mi ritrovai di fronte un giovane poliziotto in divisa che mi urlò di consegnare i documenti. Consegnai la mia carta di identità al poliziotto già furibondo il quale, senza aprirla, mi ordinò di seguirlo. Giunti al posto di polizia, dichiarò ai suoi colleghi: "Questo extracomunitario si comporta da prepotente!".

Per fortuna le mie spiegazioni non furono smentite dal collega presente ai fatti. I poliziotti verificarono accuratamente i miei documenti e dopo conclusero che il loro giovane collega aveva sbagliato porgendomi le loro scuse. Furono anche dispiaciuti per il mio ritardo al lavoro.

Dopotutto, ho l'impressione che, rispetto alla maggioranza della gente, ai poliziotti non sembri anormale ritrovarsi di fronte a un cittadino italiano con la pelle nera o marrone. "Noi non siamo abituati!", ci sentiamo dire sempre e ovunque da nove persone su dieci. E' un alibi che non regge più dopo trent'anni che viviamo e lavoriamo qui, ci sposiamo con italiane/italiani, facciamo dei figli misti o no, che crescono e vengono educati nelle scuole e università italiane.

Un fatto sconvolgente è quando tre anni fa fui aggredito da quattro controllori dell'Atm a Milano e finii al pronto soccorso. Ancora oggi sto affrontando i processi ma con i controllori come vittime ed io come imputato. Una cosa è certa, ho ancora fiducia nella giustizia italiana.

(12 dicembre 2009)
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda gabriele il 12/12/2009, 13:05

Colpa del cretinismo o di qualcosa di peggio?
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda Stefano'62 il 12/12/2009, 14:01

Questo dimostra che non è vero che al mondo siamo tutti uguali.
Però il punto è che le discriminanti che identificano i "subumani" non sono nè il colore della pelle,nè la razza.

Ciao
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda Iafran il 12/12/2009, 15:24

gabriele ha scritto:Colpa del cretinismo o di qualcosa di peggio?

La realtà degli extracomunitari è drammatica. Checché se ne dica, essi quotidianamente hanno la loro dose del nostro "razzismo", a volte duro altre volte velato.
Non siamo preparati al diverso, soprattutto se è nero. Ma sembra che noi non siamo preparati a rispettare nessuno, anzi c'è la tendenza a imporre la legge del più forte (e del più furbo) in Italia e dipenderà solo da una tenace volontà politica rispettare i minori e i più deboli.
L’esperienza di Pap Khouma all'edicola di Linate mi fa ricordare un fatto che ho vissuto tempo fa in un'area di servizio dell'A14, in provincia di Foggia, corsia Sud.
Lo racconto quasi per vendetta.
Verso l'una e trenta di notte nel bar non c’era nessuno, mi avvicino alla cassa e pago per un caffè, sotto gli occhi vigili del barista. Dopo ordinato il caffè, vado alla toilette. Ritorno, bevo il caffè e con tutta calma mi avvicino all'uscita. "Il signore ha lo scontrino?" chiede ad alta voce il barista, sempre più attento a ciò che succedeva in sala. Potevo anche averlo buttato nel frattempo, ma lo avevo in tasca. Glielo mostro e gli rispondo "Avevi visto tutto e potevi risparmiarti di chiedere lo scontrino! Il caffè, comunque, era una schifezza e non valeva proprio il prezzo pagato".

Una soddisfazione? No, una ribellione ad un andazzo corrente.
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda franz il 12/12/2009, 17:14

Iafran ha scritto:La realtà degli extracomunitari è drammatica.

La realtà degli uomini di colore è diventata drammatica. Non lo era. Nei primi anni '70 avevo al liceo un compagno di classe somalo. Figlio di un italiano e di una somala. Quindi italiano. Siamo stati amici per anni, prima di perderci di vista. Mai un episodio, narrato o percepito, di razzismo. A scuola come in giro per Milano.
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda pianogrande il 12/12/2009, 20:49

Ai vigliacchi piace essere tanti contro pochi.
Pensare che gli extracomunitari sono destinati a "fare quello che gli italiani non vogliono e non sanno più più fare".
Saranno, quindi, loro a creare una nuova società.
Saranno loro a creare i nuovi sindacati e partiti che tanto desideriamo ma non siamo più capaci di inventarci.
Saranno loro a "fare politica" in modo nuovo.
Questo fa paura al berlusca, alla lega ed a tutti i "conservatori" del nostro desolante panorama politico, culturale e sociale.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda gabriele il 12/12/2009, 21:06

pianogrande ha scritto:Ai vigliacchi piace essere tanti contro pochi.
Pensare che gli extracomunitari sono destinati a "fare quello che gli italiani non vogliono e non sanno più più fare".
Saranno, quindi, loro a creare una nuova società.
Saranno loro a creare i nuovi sindacati e partiti che tanto desideriamo ma non siamo più capaci di inventarci.
Saranno loro a "fare politica" in modo nuovo.
Questo fa paura al berlusca, alla lega ed a tutti i "conservatori" del nostro desolante panorama politico, culturale e sociale.


Pianogrande, occhi o a parlare di extracomunitari. C'è più razzismo ad esempio fra gli extracomunitari dell'europa dell'est che fra gli italiani.

Riprendendo l'affermazione di Francesco, chiedo se questo razzismo non sia stato creato ad hoc per fini politici falsi e beceri. Gli stessi che vogliono la croce sulla bandiera, tanto per intenderci...
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda pierodm il 13/12/2009, 0:51

Confermo in pieno quello che racconta Franz - su Roma, invece che su Milano, ovviamente.

Roma è stata nel dopoguerra il grande bacino di raccolta di un'emigrazione dal centro-sud vicino e lontano: siciliani, calabresi, pugliesi, napoletani, abbruzzesi, ciociari, ternani, marchigiani - oltre naturalmente già allora una notevoe quantità di stranieri d'ogni colore, naturale in una città non solo turistica e non solo centro storico-artistico, ma anche di grande attrattiva religiosa.
Ho avuto compagni di scuola di tutti i tipi, e non ricordo un solo episodio, non dico di razzismo, ma anche della minima discussione per motivi etnici. Direi di più: non ci si pensava nemmeno.
Devo però, per onestà, precisare che erano di uso comune espressioni che oggi sono considerate politicamente scorrette, che allora erano "involontariamente razziste": sudare come un negro, il bovero negro, avaro come un ebreo, napoletano come sinonimo di cosa taroccata o come equivalente di imbroglioncello ingegnoso, marchigiano come equivalente di commerciante troppo disinvolto, abruzzese come testardo, sardo (anzi, sardegnolo) come testardo doppio, torinesi falsi e cortesi, milanese bauscia rompicoglioni.
In particolare, eredità dell'italietta fascista e coloniale, e forse di sratificazioni ancora più antiche, erano le espressioni che riguardavano l'Africa e gli africani: senza cattiveria, e diciamo pure senza la coscienza di fare male, ma c'erano e venivano usate.
Le incrostazioni del linguaggio sono sintomatiche, a prescindere dalla coscienza che se ne ha nel momento in cui si usano certe espressioni: le parole, le immagini, le metafore, le battute rimangono magari "innocenti" per anni o decenni, per trovare improvvisamente nuova vitalità in circostanze diverse - come sassi che stanno lì, materia inerte e familiare, ma pronti ad essere usati per lapidare qualcuno quando prevale il malanimo e la coscienza cattiva.
Anzi, direi che in molti casi è proprio la disponibilità di parole che crea l'idea, e crea perfino la cultura che sostiene quell'idea. Nel bene e nel male.
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda pianogrande il 13/12/2009, 2:07

Pianogrande, occhi o a parlare di extracomunitari. C'è più razzismo ad esempio fra gli extracomunitari dell'europa dell'est che fra gli italiani.
Gabriele


Certo.
Quella è gente cresciuta sotto qualche dittatura e con classi politiche più corrotte della nostra.
Loro, però, si stanno liberando e stanno crescendo (ed anche da noi continueranno a crescere).
Noi, invece, stiamo tornando indietro (o lottando perché questo non succeda).
Organizzazioni come la lega o PDL, con la scusa di difenderci dall'invasore, ci stanno indebolendo politicamente e culturalmente (sempre salvo chi lotta per contrastare tutto questo).
Stanno facendo di noi un popolo indebolito che convive con popoli (etnie) in rapida e motivata crescita.
Se organizzazioni come la lega dovessero raggiungere il loro scopo a livello culturale, noi diventeremmo il vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro.
Coltivare il sentimento della democrazia e della tolleranza è la vera difesa della nostra identità.
Solo così noi ci manteniamo "forti".
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Io, nero italiano: la mia vita ad ostacoli

Messaggioda franz il 13/12/2009, 11:29

pierodm ha scritto:Ho avuto compagni di scuola di tutti i tipi, e non ricordo un solo episodio, non dico di razzismo, ma anche della minima discussione per motivi etnici. Direi di più: non ci si pensava nemmeno.

Non passava nemmeno per la testa, pur avendo sotto gli occhi, in quegli anni, quello che stava succedendo in alcune parti del mondo, con apartheid in rodesia, sud africa, e con le lotte per i diritti civili in america. Si era quindi consapevoli che un problema di razzismo esisteva, ma riguardava gli altri, gli americani bianchi, i tedeschi. Noi eravamo "esenti".
pierodm ha scritto:Le incrostazioni del linguaggio sono sintomatiche, a prescindere dalla coscienza che se ne ha nel momento in cui si usano certe espressioni: le parole, le immagini, le metafore, le battute rimangono magari "innocenti" per anni o decenni, per trovare improvvisamente nuova vitalità in circostanze diverse - come sassi che stanno lì, materia inerte e familiare, ma pronti ad essere usati per lapidare qualcuno quando prevale il malanimo e la coscienza cattiva.

Le incrostazioni di cui parli non riguardano solo etnie o il nostro provincialismo (a proposito, nel tuo elenco hai dimenticato Roma ... ;) ) ma anche i francesi, i tedeschi, gli amenricani, l'italiano in genere, i carabinieri. Senza non potremmo ridere alle innumereveoli barzellette che si raccontano, facendo leva sui classici luoghi comuni.
Vedi ad esempio:
Il paradiso è un poliziotto inglese, un cuoco francese, un tecnico tedesco, un amante italiano: il tutto organizzato dagli svizzeri. L'inferno è un cuoco inglese, un tecnico francese, un poliziotto tedesco, un amante svizzero, e l'organizzazione affidata agli italiani... J. Elliott
Il problema è quando il luogo comune (non importa se pregiudizio falso oppure basato su un fondo di verità) viene strumentalizzato da abili demagoghi.
Hitler fece proprio questo. Il pregiudizio antisemita era radicato in tutta europa. Lui non ha inventato nulla. Ha solo sfruttato la situazione, trovando un facile e preconfezionato nemico interno su cui dirottare il disagio della popolazione tedesca, sfiancata da una guerra mondiale e colpita dalla crisi economica del 29. Perché tutto in fondo - mi pare gli analisti concordino - nasce da li'.

Allora il problema nostro è capire cosa succede (è già successo) al popolo italiano.

Franz
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