Romani : voce al Paese senza tifoserie

dal corriere.it :
L’INFORMAZIONE NON E’ UNA CROCIATA
Voce al paese senza tifoserie
Se i guai degli altri servono a rendere i nostri più tollerabi li, gli italiani posso no dare un’occhiata a ciò che accade in alcune de mocrazie occidentali. Ne gli Stati Uniti il presidente sostiene che Fox News (il canale televisivo di Rupert Murdoch) è un partito, e lo accusa di essere pregiu dizialmente ostile alla Ca sa Bianca. Ma in occasio ne di un suo discorso al Congresso un deputato gli grida «bugiardo», mentre un movimento sorto negli scorsi mesi (i «birthers», da birth , nascita) lo accu sa di avere falsificato i suoi dati anagrafici. Ba rack Obama sarebbe nato in Kenya, non sul territo rio americano, e la sua ele zione sarebbe quindi ille gale.
In Francia il presidente Sarkozy ha un figlio di 23 anni, studente di giurisprudenza, consigliere municipale di Neuilly e candidato alla presidenza di un’agenzia territoriale che programma e ammini stra lo sviluppo di una ric ca «città degli affari» alle porte di Parigi: due cari che che furono del padre e divennero la piattafor ma da cui si lanciò alla conquista del potere. Per gran parte della stampa francese, quindi, il presi dente della Repubblica è «nepotista». Come capo dello Stato gode dell’im munità giudiziaria sino al la fine del mandato e do vrebbe astenersi dall’inter venire negli affari di giusti zia che lo concernono. Ma questo non gli ha impedi to di dare per scontata, in una intervista, la colpevo lezza di alcune persone, oggi accusate di avere manipolato i documenti di una banca lussemburghe se per inserire il suo no me in una lista di persone che avrebbero incassato generose tangenti per la vendita di forniture milita ri all’estero. Il principale accusato è Dominique de Villepin, ministro degli Esteri e primo ministro al l’epoca della presidenza Chirac, che ha esordito di chiarando ai giornalisti, sulla soglia del tribunale, di essere deciso a sbugiar dare Sarkozy. In Gran Bre tagna gli scandali che coinvolgono il governo so no frequenti, ma vengono trattati con chirurgica rapi dità. Non è bello tuttavia apprendere che il primo ministro aveva gonfiato la lista delle spese di cui ha chiesto il rimborso e che dovrà restituire circa 15.000 sterline. È un pecca to veniale, ma poco confa cente a un uomo politico che è stato in passato can celliere dello Scacchiere (ministro del Tesoro).
Questo è grosso modo lo stato di quasi tutte le maggiori democrazie. La classe politica è sul banco degli imputati ed è guarda ta a vista da una stampa che ama spesso conside rarsi custode dei pubblici costumi e bocca della veri tà. Quando lasciò la sua ca rica a Gordon Brown, Tony Blair si sfogò con un lungo articolo in cui scris se quanto fosse stato diffi cile lavorare con i mezzi d’informazione durante i suoi anni a Downing stre et (peccato, tuttavia, che non abbia accennato al modo in cui un suo colla boratore aveva cercato di manipolare la gestione delle notizie).
In Italia la situazione, apparentemente, è peggio re. Qui gli scandali sono più numerosi e spesso più gravi. Qui esistono forze politiche che non smetto no, neppure per un mo mento, di trattarsi come eserciti in guerra, divisi dalla linea del fuoco. E in sieme agli eserciti combat tenti vi sono tifoserie per cui sono vere le notizie che si prestano a essere usate come munizioni contro il nemico, false o reticenti quelle che non servono allo scopo.
Ho scritto apparentemente, tuttavia, perché non credo che questo quadro rifletta la realtà del Paese. Penso che dietro le tifoserie vi sia un’altra Italia meno credula e faziosa, meno impegnata nell’esercizio di una militanza ossessiva e accecante, più occupata a lavorare e a produrre.
Non credo che sia la «borghesia» e, tantomeno, che possa essere identificata con una particolare regione del Paese. Credo piuttosto che si tratti di una grande classe media, progressivamente cresciuta durante la modernizzazione del Paese dopo la Seconda guerra mondiale. Quando vuole informarsi, anche per meglio programmare la sua vita e il suo lavoro, questa classe media vede il pendolo dell’informazione oscillare continuamente fra due opposte verità e constata che certi giornali sono un kit fatto di pezzi che servono ad assemblare ogni giorno la stessa rappresentazione della realtà. La maggioranza degli italiani sa che i fatti e gli uomini sono più complicati di quanto appaia da queste rappresentazioni, che i programmi politici vanno continuamente misurati con il metro della loro applicazione, che i meriti vanno riconosciuti anche quando vengono da persone altrimenti criticabili, che una legge può essere in parte buona e in parte cattiva, che le ragioni di due contendenti vanno spiegate e capite, che gli insulti servono spesso a mascherare un vuoto di idee e di programmi. E vorrebbe essere informata, non educata a combattere. Oggi più che mai vi è spazio per una informazione che non sia un bollettino di guerra, che non lanci crociate, che riporti il pendolo al centro del panorama nazionale.
Sergio Romano
16 ottobre 2009
L’INFORMAZIONE NON E’ UNA CROCIATA
Voce al paese senza tifoserie
Se i guai degli altri servono a rendere i nostri più tollerabi li, gli italiani posso no dare un’occhiata a ciò che accade in alcune de mocrazie occidentali. Ne gli Stati Uniti il presidente sostiene che Fox News (il canale televisivo di Rupert Murdoch) è un partito, e lo accusa di essere pregiu dizialmente ostile alla Ca sa Bianca. Ma in occasio ne di un suo discorso al Congresso un deputato gli grida «bugiardo», mentre un movimento sorto negli scorsi mesi (i «birthers», da birth , nascita) lo accu sa di avere falsificato i suoi dati anagrafici. Ba rack Obama sarebbe nato in Kenya, non sul territo rio americano, e la sua ele zione sarebbe quindi ille gale.
In Francia il presidente Sarkozy ha un figlio di 23 anni, studente di giurisprudenza, consigliere municipale di Neuilly e candidato alla presidenza di un’agenzia territoriale che programma e ammini stra lo sviluppo di una ric ca «città degli affari» alle porte di Parigi: due cari che che furono del padre e divennero la piattafor ma da cui si lanciò alla conquista del potere. Per gran parte della stampa francese, quindi, il presi dente della Repubblica è «nepotista». Come capo dello Stato gode dell’im munità giudiziaria sino al la fine del mandato e do vrebbe astenersi dall’inter venire negli affari di giusti zia che lo concernono. Ma questo non gli ha impedi to di dare per scontata, in una intervista, la colpevo lezza di alcune persone, oggi accusate di avere manipolato i documenti di una banca lussemburghe se per inserire il suo no me in una lista di persone che avrebbero incassato generose tangenti per la vendita di forniture milita ri all’estero. Il principale accusato è Dominique de Villepin, ministro degli Esteri e primo ministro al l’epoca della presidenza Chirac, che ha esordito di chiarando ai giornalisti, sulla soglia del tribunale, di essere deciso a sbugiar dare Sarkozy. In Gran Bre tagna gli scandali che coinvolgono il governo so no frequenti, ma vengono trattati con chirurgica rapi dità. Non è bello tuttavia apprendere che il primo ministro aveva gonfiato la lista delle spese di cui ha chiesto il rimborso e che dovrà restituire circa 15.000 sterline. È un pecca to veniale, ma poco confa cente a un uomo politico che è stato in passato can celliere dello Scacchiere (ministro del Tesoro).
Questo è grosso modo lo stato di quasi tutte le maggiori democrazie. La classe politica è sul banco degli imputati ed è guarda ta a vista da una stampa che ama spesso conside rarsi custode dei pubblici costumi e bocca della veri tà. Quando lasciò la sua ca rica a Gordon Brown, Tony Blair si sfogò con un lungo articolo in cui scris se quanto fosse stato diffi cile lavorare con i mezzi d’informazione durante i suoi anni a Downing stre et (peccato, tuttavia, che non abbia accennato al modo in cui un suo colla boratore aveva cercato di manipolare la gestione delle notizie).
In Italia la situazione, apparentemente, è peggio re. Qui gli scandali sono più numerosi e spesso più gravi. Qui esistono forze politiche che non smetto no, neppure per un mo mento, di trattarsi come eserciti in guerra, divisi dalla linea del fuoco. E in sieme agli eserciti combat tenti vi sono tifoserie per cui sono vere le notizie che si prestano a essere usate come munizioni contro il nemico, false o reticenti quelle che non servono allo scopo.
Ho scritto apparentemente, tuttavia, perché non credo che questo quadro rifletta la realtà del Paese. Penso che dietro le tifoserie vi sia un’altra Italia meno credula e faziosa, meno impegnata nell’esercizio di una militanza ossessiva e accecante, più occupata a lavorare e a produrre.
Non credo che sia la «borghesia» e, tantomeno, che possa essere identificata con una particolare regione del Paese. Credo piuttosto che si tratti di una grande classe media, progressivamente cresciuta durante la modernizzazione del Paese dopo la Seconda guerra mondiale. Quando vuole informarsi, anche per meglio programmare la sua vita e il suo lavoro, questa classe media vede il pendolo dell’informazione oscillare continuamente fra due opposte verità e constata che certi giornali sono un kit fatto di pezzi che servono ad assemblare ogni giorno la stessa rappresentazione della realtà. La maggioranza degli italiani sa che i fatti e gli uomini sono più complicati di quanto appaia da queste rappresentazioni, che i programmi politici vanno continuamente misurati con il metro della loro applicazione, che i meriti vanno riconosciuti anche quando vengono da persone altrimenti criticabili, che una legge può essere in parte buona e in parte cattiva, che le ragioni di due contendenti vanno spiegate e capite, che gli insulti servono spesso a mascherare un vuoto di idee e di programmi. E vorrebbe essere informata, non educata a combattere. Oggi più che mai vi è spazio per una informazione che non sia un bollettino di guerra, che non lanci crociate, che riporti il pendolo al centro del panorama nazionale.
Sergio Romano
16 ottobre 2009