Fini-Berlusconi : si prepara il dopo Silvio?

dal corriere..it :
L'INCONTRO CON FINI - IL RETROSCENA
Il Cavaliere e il compromesso obbligato «Ma rischiamo il rapporto con i cattolici»
Timori sul biotestamento. E sugli immigrati: potremmo perdere consensi tra i nostri elettori
ROMA — Tendenza Silvio. Nonostante lo scontro con Gianfranco Fini, le tensioni con Umberto Bossi sull’Afghanistan, i morsi della crisi economica sull’occupazione e i rapporti complicati con il mondo cattolico, il Cavaliere continua a salire nei sondaggi riservati che l’opposizione monitora settimanalmente. Perché anche l’ultimo report di Ipsos , analizzato dai dirigenti del Pd, ha evidenziato un dato tendenziale in ascesa per il premier e il suo partito: nell’indice di fiducia, infatti, Berlusconi guadagna un altro decimale (oggi è al 51,2%) e il Pdl tre (dal 38 al 38,3%). Ma non è sulle variazioni numeriche che si soffermano gli analisti, bensì sul trend positivo che da luglio non conosce soste. I rilevamenti fanno capire che — in assenza di un’alternativa — l’opinione pubblica continua a puntare sul presidente del Consiglio, se è vero che la Lega subisce una flessione di mezzo punto, scende al 10,1%, e non raccoglie il consenso degli elettori di centrodestra, rimasti contrariati dal duello tra i «cofondatori» del Pdl. Ed è proprio lo scontro con Fini a preoccupare Berlusconi, perché la «fiducia» è un credito da onorare con l’azione di governo, dunque in Parlamento, dove i provvedimenti dell’esecutivo devono trovare il consenso. Il premier deve quindi disinnescare il conflitto con il presidente della Camera, con il quale i problemi politici ieri sono stati solo esaminati. I due infatti si rivedranno, dopo il viaggio negli Usa del Cavaliere, siccome non potevano bastare due ore di colloquio per chiudere la vertenza.
Il faccia a faccia in casa Letta è servito quantomeno per chiarirsi — in alcuni frangenti anche a muso duro — e per constatare che non possono fare a meno l’uno dell’altro. Non c’è dubbio che l’ex leader di An non abbia progetti politici alternativi al Pdl, non ci ha mai pensato: l’ha spiegato a Berlusconi, che pure si fa forte dei sondaggi commissionati da tempo sulle «basse potenzialità» del «brand» finiano. Dall’altra parte il Cavaliere sa che — se non vuole aprire un fronte pericoloso — deve concedere al «cofondatore» un ruolo adeguato nel partito. Ed è chiaro che il presidente della Camera è preoccupato di non esporsi: vuole verificare che le promesse verranno mantenute. Altrimenti, rischierebbe di qui a breve una cocente sconfitta. Poco importa però se «Silvio» non si fida di «Gianfranco» e viceversa, se l’unica intesa è stata quella di non parlarsi più attraverso i media. Entrambi sanno che i problemi restano, frutto delle due «visioni diverse ». Certo, la consultazione permanente consentirà di cercare dei compromessi su questioni spinose. Ma è da vedere se e come si comporrà una mediazione su temi, per esempio, come i diritti agli immigrati e il testamento biologico.
Perché Berlusconi teme che le posizioni di Fini «da una parte ci facciano perdere consensi nel nostro elettorato, e dell’altra mettano a rischio il rapporto con il mondo cattolico», assai inquieto e critico verso il premier, come ha fatto capire ieri il presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Allora il consenso nei sondaggi assume per il premier un altro significato, è un debito contratto con l’opinione pubblica, da restituire entro la primavera se lo si vuole far fruttare alle Regionali. È vero che il Pd resta per ora accartocciato su se stesso, e sebbene questa settimana guadagni quasi mezzo punto (28,9%), non riesce a drenare voti all’Idv, quotato sopra l’8% malgrado un calo di due decimali. Nelle tabelle di Berlusconi i Democratici non vanno oltre il 27%, semmai è su Pier Ferdinando Casini che dovrà fare delle valutazioni: tra i leader, infatti, negli indici di gradimento il capo dei centristi è salito al 48,8%, ed è secondo solo al Cavaliere, che nei suoi report calcola l’Udc al 6,8%. Che fare allora per le Regionali? Anche questo tema è stato trattato ieri da Berlusconi e Fini.
Nei giorni scorsi l’ex leader di An — a parte far muro contro le «eccessive pretese» al Nord della Lega — teorizzava che «per rafforzare il Pdl è necessario legittimare le strutture territoriali del partito. Non è pensabile che le scelte dei candidati governatori siano frutto solo di una decisione romana». È un ragionamento da rifare con il premier, che su questo punto — e anche su altri — proprio non ci sente. Ma è come se tutto fosse sospeso, in attesa di altri eventi. Perché è vero che nel Pdl si avverte un cauto ottimismo sulla decisione della Consulta per il lodo Alfano, ma ad ottobre la decisione della Corte Costituzionale avrà un’influenza sulle scelte politiche, nel Palazzo. Fini ha già detto che «questo clima di messianica attesa è fuori luogo», tranne aggiungere poi che «mentre tutti aspettano la sentenza, sarà importante conoscere le motivazioni». E Berlusconi — giorni fa — ha cercato di mostrarsi distaccato: «Se fosse necessario — ha detto — si potrebbe fare un altro lodo. Ma io sono tranquillo perché, anche se andassi a processo, sul caso Mills mi assolverebbe qualsiasi tribunale fatto da giudici non politicizzati e prevenuti contro di me». Possibile che ieri i «cofondatori » abbiano parlato solo del partito?
Francesco Verderami
22 settembre 2009
L'INCONTRO CON FINI - IL RETROSCENA
Il Cavaliere e il compromesso obbligato «Ma rischiamo il rapporto con i cattolici»
Timori sul biotestamento. E sugli immigrati: potremmo perdere consensi tra i nostri elettori
ROMA — Tendenza Silvio. Nonostante lo scontro con Gianfranco Fini, le tensioni con Umberto Bossi sull’Afghanistan, i morsi della crisi economica sull’occupazione e i rapporti complicati con il mondo cattolico, il Cavaliere continua a salire nei sondaggi riservati che l’opposizione monitora settimanalmente. Perché anche l’ultimo report di Ipsos , analizzato dai dirigenti del Pd, ha evidenziato un dato tendenziale in ascesa per il premier e il suo partito: nell’indice di fiducia, infatti, Berlusconi guadagna un altro decimale (oggi è al 51,2%) e il Pdl tre (dal 38 al 38,3%). Ma non è sulle variazioni numeriche che si soffermano gli analisti, bensì sul trend positivo che da luglio non conosce soste. I rilevamenti fanno capire che — in assenza di un’alternativa — l’opinione pubblica continua a puntare sul presidente del Consiglio, se è vero che la Lega subisce una flessione di mezzo punto, scende al 10,1%, e non raccoglie il consenso degli elettori di centrodestra, rimasti contrariati dal duello tra i «cofondatori» del Pdl. Ed è proprio lo scontro con Fini a preoccupare Berlusconi, perché la «fiducia» è un credito da onorare con l’azione di governo, dunque in Parlamento, dove i provvedimenti dell’esecutivo devono trovare il consenso. Il premier deve quindi disinnescare il conflitto con il presidente della Camera, con il quale i problemi politici ieri sono stati solo esaminati. I due infatti si rivedranno, dopo il viaggio negli Usa del Cavaliere, siccome non potevano bastare due ore di colloquio per chiudere la vertenza.
Il faccia a faccia in casa Letta è servito quantomeno per chiarirsi — in alcuni frangenti anche a muso duro — e per constatare che non possono fare a meno l’uno dell’altro. Non c’è dubbio che l’ex leader di An non abbia progetti politici alternativi al Pdl, non ci ha mai pensato: l’ha spiegato a Berlusconi, che pure si fa forte dei sondaggi commissionati da tempo sulle «basse potenzialità» del «brand» finiano. Dall’altra parte il Cavaliere sa che — se non vuole aprire un fronte pericoloso — deve concedere al «cofondatore» un ruolo adeguato nel partito. Ed è chiaro che il presidente della Camera è preoccupato di non esporsi: vuole verificare che le promesse verranno mantenute. Altrimenti, rischierebbe di qui a breve una cocente sconfitta. Poco importa però se «Silvio» non si fida di «Gianfranco» e viceversa, se l’unica intesa è stata quella di non parlarsi più attraverso i media. Entrambi sanno che i problemi restano, frutto delle due «visioni diverse ». Certo, la consultazione permanente consentirà di cercare dei compromessi su questioni spinose. Ma è da vedere se e come si comporrà una mediazione su temi, per esempio, come i diritti agli immigrati e il testamento biologico.
Perché Berlusconi teme che le posizioni di Fini «da una parte ci facciano perdere consensi nel nostro elettorato, e dell’altra mettano a rischio il rapporto con il mondo cattolico», assai inquieto e critico verso il premier, come ha fatto capire ieri il presidente della Cei, Angelo Bagnasco. Allora il consenso nei sondaggi assume per il premier un altro significato, è un debito contratto con l’opinione pubblica, da restituire entro la primavera se lo si vuole far fruttare alle Regionali. È vero che il Pd resta per ora accartocciato su se stesso, e sebbene questa settimana guadagni quasi mezzo punto (28,9%), non riesce a drenare voti all’Idv, quotato sopra l’8% malgrado un calo di due decimali. Nelle tabelle di Berlusconi i Democratici non vanno oltre il 27%, semmai è su Pier Ferdinando Casini che dovrà fare delle valutazioni: tra i leader, infatti, negli indici di gradimento il capo dei centristi è salito al 48,8%, ed è secondo solo al Cavaliere, che nei suoi report calcola l’Udc al 6,8%. Che fare allora per le Regionali? Anche questo tema è stato trattato ieri da Berlusconi e Fini.
Nei giorni scorsi l’ex leader di An — a parte far muro contro le «eccessive pretese» al Nord della Lega — teorizzava che «per rafforzare il Pdl è necessario legittimare le strutture territoriali del partito. Non è pensabile che le scelte dei candidati governatori siano frutto solo di una decisione romana». È un ragionamento da rifare con il premier, che su questo punto — e anche su altri — proprio non ci sente. Ma è come se tutto fosse sospeso, in attesa di altri eventi. Perché è vero che nel Pdl si avverte un cauto ottimismo sulla decisione della Consulta per il lodo Alfano, ma ad ottobre la decisione della Corte Costituzionale avrà un’influenza sulle scelte politiche, nel Palazzo. Fini ha già detto che «questo clima di messianica attesa è fuori luogo», tranne aggiungere poi che «mentre tutti aspettano la sentenza, sarà importante conoscere le motivazioni». E Berlusconi — giorni fa — ha cercato di mostrarsi distaccato: «Se fosse necessario — ha detto — si potrebbe fare un altro lodo. Ma io sono tranquillo perché, anche se andassi a processo, sul caso Mills mi assolverebbe qualsiasi tribunale fatto da giudici non politicizzati e prevenuti contro di me». Possibile che ieri i «cofondatori » abbiano parlato solo del partito?
Francesco Verderami
22 settembre 2009