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“LO STATO CANAGLIA”

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

“LO STATO CANAGLIA”

Messaggioda ranvit il 29/08/2009, 18:43

“LO STATO CANAGLIA”

OVVEROSSIA COME LA CATTIVA POLITICA CONTINUA A SOFFOCARE L’ITALIA

Un Paese paralizzato da un numero spropositato di leggi e regolamenti; soffocato da una cultura burocratica invasiva e ottusa; gestito da una pubblica amministrazione pletorica, costosa e inefficiente e, non di rado, corrotta; vessato da un sistema fiscale punitivo per chi paga le tasse e distratto nei confronti di chi non le paga; prigioniero di corporazioni e interessi clientelari; nelle mani, da Roma in giù, della criminalità organizzata. Un Paese in inarrestabile declino culturale, politico, economico, che non è ancora precipitato agli ultimi gradini tra i Paesi industrializzati dell' Occidente solo grazie allo spirito di iniziativa e alla proiezione internazionale della media e piccola imprenditoria. Questa è l' Italia oggi. […]

Non è l' elogio dell' antipolitica, oggi tanto di moda. Anzi. Ci mancherebbe, soprattutto da parte di un liberale. È, piuttosto, la denuncia dell' invasività della sfera pubblica nella sfera privata. La descrizione di come la nostra politica non sia più, e da tempo, ammesso lo sia mai stata, al servizio dei cittadini, ma li abbia posti al proprio servizio. Dello «Stato canaglia». L' eccessiva estensione della sfera pubblica - che la cultura statalista e dirigista tende a spacciare come veicolo di equità sociale - è, infatti, più accrescimento del potere degli uomini a essa preposti sulle libertà e sulle risorse dell' individuo, che criterio di governo. La leva fiscale, per alimentare una spesa pubblica riserva di caccia di interessi estranei a quelli generali, ne è lo strumento, anche se non il solo, di oppressione. Non occorre essere marxisti per sapere che lo Stato non è neutrale, ma è il braccio armato degli interessi di chi ne detiene il controllo, se non è controbilanciato da principi e interessi alternativi, fra loro in competizione. È sufficiente essere liberali. Del resto, in questo continuo confronto fra differenti concezioni del mondo, senza che nessuna abbia la pretesa di essere la Verità e di imporla agli altri, è dalla pluralità di interessi in conflitto - mitigato solo da regole del gioco che non consentano a nessuno di impedirne la libera manifestazione e la corretta realizzazione - che si sostanzia la società aperta. Il liberalismo non è una dottrina chiusa - che dice agli individui quale è il loro interesse e ne prescrive i comportamenti - ma la dottrina dei limiti del potere e della società aperta, all' interno della quale ciascuno si presume sappia quale è il proprio interesse e, di conseguenza, lo persegue in autonomia. Il guaio è che di liberalismo, nella vita pubblica degli italiani, non c' è traccia. E ci vorranno, forse, generazioni perché vi si affacci.”

(di Piero Ostellino, dall’introduzione a “Lo Stato Canaglia” Rizzoli, Milano 2009, pagg. 7-10)
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: “LO STATO CANAGLIA”

Messaggioda mariok il 29/08/2009, 23:34

Buonanotte, Ostellino

Signornò
l'Espresso 25 luglio 2008

Bisogna assolutamente fare qualcosa per Piero Ostellino. Qualche settimana fa, sotto choc per la perdita del suo cane Nicevò (della cui improvvisa scomparsa ragguagliò la Nazione nella sua rubrica sul Corriere della sera), se la prende col Csm che pretende di dare un parere “non richiesto”, dunque “illegittimo”, sulla legge blocca-processi instaurando il “governo delle toghe al posto di quello delle leggi”. Ignora, il pover’uomo, che i pareri del Csm, richiesti o meno, sono previsti proprio da una legge, la n.195 del 24-3-1958: “Il Csm dà pareri al ministro su disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministrazione della giustizia e ogni altro oggetto attinente alle predette materie”.

Anziché leccarsi le ferite per la rovinosa gaffe e dedicarsi a temi a lui più congeniali, la settimana dopo Ostellino invita i magistrati napoletani a occuparsi di “Napoli sommersa dalla monnezza”, “rinviarne a giudizio i responsabili” e “combattere la camorra, invece di passare il tempo a intercettare raccomandazioni di qualche velina”. Per lui le telefonate Saccà-Berlusconi, in cui il premier promette soldi in cambio di favori e acquista senatori, non contengono che “indiscrezioni sulle imprese erotiche” del Cavaliere. E poi, suvvia, “ogni ragazza sa bene di essere ‘seduta sulla propria fortuna’ e di poterne disporre come crede”. Se leggesse almeno il giornale su cui scrive, costui saprebbe che i giudici napoletani hanno già rinviato a giudizio i presunti responsabili dello scandalo monnezza, da Bassolino ai vertici della Fibe-Impregilo. Quanto alla camorra, qualche giorno prima la Corte d’appello di Napoli ha decapitato il clan dei Casalesi.

C’è da attendersi, a quel punto, che l’insigne pensatore liberale venga dirottato su argomenti meno ostici. Macchè. Il 16 luglio si conquista la prima pagina del Corriere per commentare l’arresto di Ottaviano Del Turco: non una parola sulle centinaia di pagine dell’ordinanza del gip, ma ampi riferimenti storici all’annosa ostilità fra socialisti e comunisti, da Marx, Stalin, Lenin, Kautsky, Trotzky, Gramsci, Togliatti, giù giù fino a Berlinguer, Fassino e Di Pietro. Alla fine l’eventuale lettore, stremato e curioso di sapere che diavolo c’entri la Terza Internazionale con i giudici di Pescara che arrestano alcuni politici per mazzette sulla sanità, resta deluso. Nessuna risposta. Solo una struggente lamentazione per “la tiepida reazione del Pd all’offensiva giudiziaria contro Del Turco”, retaggio dell’antica “continuità antisocialista” e “discontinuità riformista” dei comunisti “da Tangentopoli a oggi”. Impermeabile ai fatti per non disturbare le sue opinioni, Ostellino ignora che Tangentopoli falcidiò pure il Pci-Pds milanese e che, con Del Turco, sono indagati pure tre assessori ex-Ds (D’Amico, Verticelli e Caramanico). Insomma, non lo sfiora neppure l’idea che la prudenza del Pd dipenda da qualcosa di più antico del Congresso di Livorno: il settimo comandamento.
« Dopo aver studiato moltissimo il Corano, la convinzione a cui sono pervenuto è che nel complesso vi siano state nel mondo poche religioni altrettanto letali per l'uomo di quella di Maometto» Alexis de Tocqueville
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