da pierodm il 12/07/2008, 0:19
L'articolo di Ostellino non merita il ruolo che questo sondaggio gli vuole attribuire, essendo tanto pretenzioso quanto confuso.
E ha oltre tutto il difetto di porre la questione in modo banale e accademico, come se il problema fosse una semplice questione di comportamento.
Lasciamo stare una più corretta analisi storico-politica, e rimaniamo nel concreto.
L'opposizione è un problema di merito, e non di forma - o meglio, soprattutto di merito, e solo strumentalmente di forma.
La "demonizzazione" è di per sé un'evidente forzatura, laddove si presupponga che non esistano dèmoni: ma questa è un'eventualità, appunto, presupposta e pregiudiziale, non un dato di fatto certo. Un pregiudizio ideologico.
In realtà succede che, in certi casi, il dèmone esiste. In certi casi, o in certi paesi, o in certi periodi.
Un dèmone non è un cataclisma, ma solo un dèmone, vale a dire un fenomeno, una forza, un partito, una linea politica radicalmente inaccettabile perché diametralmente opposta alla nostra.
Attenzione: "inaccettabile" e "radicalmente opposta" non deve ingannevolemnte lasciar immaginare una diversità esplicita sui numeri e sui programmi - non necessariamente.
Anzi, la diversità inconciliabile e inaccettabile spesso è assai più profonda che estesa: può essere la punta di un iceberg culturale, o l'estremo lascito di una storia che ha radici lontane, o una visione della società e della politica che sono in assoluto contrasto con la costituzione repubblicana o con la democrazia tout court.
In casi di questo genere, che senso hanno tutte le cautele di bon ton istituzionale, e le puntigliose misurazioni sulla distanza tra le parti?
Per inciso, se si tratta di una questione di stile, questo o ce l'hai o non ce l'hai, e lo stile non ha niente a che vedere con la sostanza delle cose: diceva Nietzsche, un secolo fa, che sarebbe venuto il momento in cui a fare la differenza sarebbe stato il buon gusto - e non parlava di cravatte.
Ostellino dice che la rivoluzione, se questa è lo scopo, bisogna farla, sennò si perde di credibilità.
Bella frase da salotto, che non significa praticamente niente.
Parliamo invece di dèmoni, avviciniamoci a questa nebulosa entità.
Neidecenni passati la sociologia ha evocato molti dèmoni: il consumismo, la democrazia di massa, l'imperialismo economico e culturale, la concentrazione della conoscenza e dell'informazione, la tragedia ambientale, e qualche altra decina di piaghe planetarie e globali.
La reazione - a sinistra, intendo, perché sul resto è meglio stendere un velo pietoso - è stata di grande interesse intellettuale, ma si è scelto di non "demonizzare", sia i problemi nel loro insieme, sia gli attori protagonisti e artefici di quelle tragedie annunciate. Si sono letti i libri, e poi si sono riposti i libri nelle belle librerie.
Il risultato è che le profezie si sono non solo avverate, ma l'hanno fatto in modo debordante, alluvionale, senza lasciar spazio a qualunque antidoto: senza più la possibilità di un'opposizione, senza alternative praticabili o anche solo proponibili.
Bisogna essere ragionevolmenti consapevoli della praticabilità e correttezza delle nostre idee, dopo di che la natura e la "costumatezza" della nostra opposizione verrà da sé, ossia verrà dalla natura e dalla sostanza della posta in gioco: se la posta in gioco, ovviamente, non è solo il calcolo elettorale.
Infine, due parole sull'informazione.
Franz ha una visione un po' teorica della faccenda, nel senso che varrebbe - ovvero, sarebbe discutibile ma plausibile - in un contesto di libero mercato editoriale e comunicativo: il buon cittadino fa il buon giornale, etc
Ma il mercato della comunicazione è molte cose, fuorché libero: certamente non libero come lo intenedevano i liberali classici, e come presupporrebbe la retorica democratica.