E' impressionante la capacità di diffusione del virus. Singole negligenze hanno provocato una diffusione planetaria.
Coronavirus, il villaggio tirolese di Ischgl che ha infettato mezza EuropaE' impressionante la capacità di diffusione del virus, dove singole negligenze hanno prodotto danni planetari.
Da febbraio a Ischgl si sono infettati più di mille turisti nord-europei. Ma soltanto ora il paesino è stato dichiarato zona rossa. «I ritardi per non compromettere la stagione sciistica»
di Paolo Valentin
BERLINO – Lo scorso 29 febbraio un Boeing della Iceland Air proveniente da Monaco di Baviera atterrò a Reykjavik. A bordo erano in maggioranza turisti islandesi, giovani soprattutto, di ritorno da una settimana bianca in Tirolo, più precisamente a Ischgl, un borgo di 1500 abitanti della regione dell’Austria noto come il paradiso del dopo-sci. Sottoposti al test del coronavirus, l’Islanda era già in modalità emergenza, molti di loro risultarono positivi. Immediatamente il governo islandese dichiarò il Tirolo area a rischio. Bastarono pochi giorni come per capire che quello islandese non fosse un caso isolato. Uno dopo l’altro, notizie di persone contagiate dal Covid-19 dopo essere state in vacanza a Ischgl cominciarono a rimbalzare in tutto il Nord-Europa, da Amburgo alla Danimarca. Il 7 marzo le autorità norvegesi sottoposero al test un gruppo di turisti che erano stati in Austria nella seconda metà di febbraio. Il giorno dopo Oslo fece un annuncio inquietante: 491 dei 1198 infettati della Norvegia erano stati a sciare in Tirolo, la maggioranza di loro a Ischgl.
Eppure, le autorità tirolesi per oltre una settimana negarono tutto con cinismo e arroganza: «Dal punto di vista medico – dichiarava il direttore sanitario del Land, Franz Katzgraber – non è verosimile che il Tirolo sia stato focolaio di infezione». La stagione sciistica doveva continuare. Nonostante l’allarme dei virologi, che da giorni mettevano in guardia da una catastrofe in fieri. E nonostante l’Austria, primo fra i Paesi europei, annunciava la chiusura unilaterale delle sue frontiere a Sud.
Soltanto il 7 marzo, di fronte all’evidenza norvegese e al primo caso ufficiale di coronavirus nel villaggio, ammisero la possibilità. Il contagiato era un tedesco di 36 anni che lavorava come barman al Kitzloch, la più celebre baita della movida locale. Passarono però ancora tre giorni, prima che il locale venisse chiuso. Quanto al resto del villaggio, business as usual: piste aperte, ski-lift operativi, alberghi in funzione. Non bastò neppure che anche la Germania il 13 marzo dichiarasse il Tirolo zona a rischio, dopo che le autorità di Ostalb, nel Baden-Wuerttenberg avevano lanciato un disperato allarme: 200 persone che erano state in autobus a Ischgl erano risultate positive al test.
fonte:
https://www.corriere.it/esteri/20_marzo ... fb9f.shtml