Nuova misura elettorale con la scusa del cuneo

Già stabilito ai temi del bonus renziano (80€) che la misura non ha rilanciato i consumi ma ha gravato sul bilancio dello stato di circa 10 miliardi ogni anno. Però il PD di Renzi raggiunse il 40% alla europee.
Ora quindi ci riprovano aumentando l'importo ed estendendo la platea.
Ne parlano ora, ma sarà per luglio. E ne parlano ora, immagino, perché a fine mese ci sono le regionali.
ma ... sentiamo cosa dice la rete:
Massimo Fontana
Oggi parliamo del taglio del cuneo fiscale che dovrebbe diventare operativo a luglio di quest’anno, qui:
https://www.ilsole24ore.com/art/taglio- ... u-ACVkbiCB?
Nella fattispecie proveremo a capire se può essere utile al rilancio dell’economia.
Secondo infatti una parte della narrativa che ci viene raccontata, il fatto che vengano messi un po' di euro in più nella busta paga dei lavoratori, dovrebbe spingere i consumi e quindi rilanciare la crescita.
Ma le cose stanno veramente così?
Purtroppo no.
Vediamo il perché.
Tutto parte da una domanda: come si finanzia una riduzione fiscale, visto che alla fine di questo stiamo parlando?
Le risposte sono tre. (1)
In sequenza, una riduzione delle tasse può avvenire:
- facendo nuovo deficit pubblico
- aumentando le tasse a qualcuno e utilizzando il nuovo gettito per abbassare le tasse a qualche altro soggetto
- tagliando la spesa pubblica e utilizzando i risparmi di spesa per tagliare le tasse.
Cerchiamo di analizzare le tre vie.
La prima è semplice ed è quella fatta da Reagan negli anni ‘80 e da Trump oggi.
Sia nell’esperienza di Reagan che in quella di Trump, abbiamo visto che l’economia è cresciuta, non molto nel caso più recente, ma in ogni caso non a livelli tali da ripagare il maggiore deficit e quindi debito pubblico, che è sempre cresciuto successivamente alla riduzione fiscale.
Non solo: nell’esperienza di Reagan, il maggiore debito accumulato ha costretto i governi venuti dopo a rialzare le tasse per mettere sotto controllo i conti pubblici.
La riduzione fiscale fatta a debito quindi, spinge la crescita ma ancor di più il debito totale e rischia così di veder aumentare le tasse successivamente per coprire i buchi di bilancio.
La seconda è la via preferita dalla sinistra estrema.
Non ha nulla a che vedere con Keynes (che comunque prevede anch'esso la riduzione delle tasse come mezzo espansivo), ma parte dall’interpretazione marxista dell’economista inglese.
In questo framework la crescita economica debole è dovuta ad una cattiva distribuzione dei redditi che avvantaggia il capitale e i ricchi.
Il maggiore reddito verso le classi “capitaliste”, porta il sistema economico ad avere un eccesso di risparmio e di converso un difetto di consumo.
Ecco allora che prelevando con le tasse una quota anche consistente del reddito dei ricchi e distribuendolo poi alle fasce più povere, si riattiverebbe il consumo permettendo così un aumento della crescita economica.
Ora, tutta questa teoria (tecnicamente: la funzione del consumo di Kaldor) è anche interessante, ma è semplicemente falsa (vedere a proposito i lavori di Modigliani, anche per l'Italia).
I ricchi non tengono nascosti nel materasso i loro soldi, e anche quelli risparmiati non sono “tolti” dal circuito economico.
Il risparmio o è investito direttamente in attività produttive (le azioni) o se parcheggiato nelle banche o in altre forme di investimento non attivo (conti deposito, obbligazione, titoli di stato, etc.) è comunque investito in attività produttive dai rispettivi soggetti depositari dei risparmi (banche, società, stato, etc.)
Quindi la maggiore tassazione di un soggetto, anche ricco, andrà semplicemente a diminuire la sua domanda aggregata, che ricordiamo è data dal consumo ma anche dagli investimenti, lasciando inalterata la domanda aggregata globale e quindi la crescita economica.
Qui ci fermiamo temporaneamente.
Il perché lo si capirà quasi subito.
Rispondiamo a questa domanda: in quale delle tre ipotesi si inserisce la riduzione del cuneo fiscale approvata dal governo attuale?
A grandi linee, nascendo dalla manovra finanziaria approvata a fine dicembre, dovrebbe rientrare in modo imperfetto nella seconda ipotesi.
Noi sappiamo infatti che la manovra finanziaria prevedeva all’incirca per metà un aumento del deficit, destinato a coprire l’aumento dell’iva, e per l’altra metà, le riduzioni fiscali di cui stiamo parlando, accompagnate però da un certo aggravio fiscale, che nelle intenzioni iniziali doveva andare a colpire essenzialmente le classi più agiate.
Questo l’intento originario, che almeno da parte del Pd, il vero depositario dell’ortodossia post-keynesiana di stampo neomarxista, dovrebbe essere ripreso in futuro.
Ma la politica, soprattutto di coalizione, non è mai perfetta.
Ecco allora che la manovra uscita dal parlamento ha approvato degli aumenti fiscali che alla fine colpiscono più o meno tutti.
Il punto ovviamente non cambia, anzi, si aggrava: già tassare i ricchi per dare ai poveri non stimola l’economia, se però tassiamo tutti per dare a qualcuno, sicuramente l’economia non si stimola.
E la ragione è semplice: la domanda aggregata globale finale rimane semplicemente la stessa.
Ma allora, se una riduzione fiscale non ha effetti positivi facendo maggiori debiti o tassando i ricchi, come si può stimolare l’economia per aumentare la crescita?
Risposta: riducendo la pressione fiscale.
Controsenso?
No.
Il senso c’è, uscendo però dal framework keynesiano e abbracciando l'unica vera interpretazione economica corretta, il sistema neoliberista, e quindi aggiungendo un particolare alla formulazione: riducendo la pressione fiscale…...tramite i risparmi ottenuti da un taglio della spesa pubblica.
E’ la terza ipotesi vista sopra.
Ma perché un taglio della spesa pubblica con successiva riduzione fiscale dovrebbe stimolare l’economia?
In fin dei conti non è lo stesso meccanismo visto sopra della domanda aggregata che rimane inalterata con la tassazione dei ricchi?
Si, lo è, ma solo nel breve periodo.
Nel breve periodo un taglio della spesa pubblica con riduzione successiva delle tasse lascia in effetti inalterata la domanda aggregata.
Ma nel lungo periodo le cose cambiano.
Perchè?
La risposta è solo una: la produttività.
La spesa pubblica infatti è generalmente meno produttiva di quella privata.
Pensate infatti a riguardo anche solo ai miliardi che lo stato sta buttando per tenere in vita aziende decotte.
Travasando risorse dal settore pubblico improduttivo verso quello privato più produttivo quello che si otterrà sarà un aumento del tasso di crescita strutturale dell’economia.
Tasso di crescita strutturale dell’economia che in Italia è oggi poco sopra lo zero e che non viene stimolato di un centesimo dalla riduzione del cuneo approvata dal governo e che alla fine è il vero responsabile della mancata crescita dell'economia.
Ovviamente per rilanciare la crescita non basta solo e ripeto, solo, tagliare la spesa e abbassare le tasse.
Bisogna anche rendere flessibili tutti i prezzi dei fattori della produzione, aumentare l’efficienza della pubblica amministrazione che rimane dopo la sua riduzione e soprattutto, aumentare il livello di concorrenza interna del paese, perché altrimenti, il rischio è quello di sostituire monopoli pubblici con monopoli privati, e i monopoli sono un danno per il paese chiunque ne sia il proprietario.
Quindi, concludendo, ridurre le tasse non solo si può, ma anzi si deve fare.
Ma ha senso farlo solo dopo un taglio della spesa pubblica.
Ogni altra ipotesi non solo non rilancia strutturalmente la crescita, ma anzi rischia di aggravarla nel futuro.
(1) Già so’ che qualche genio verrà a dirmi che esiste anche un altro modo per ridurre le tasse, ovvero finanziando il deficit tramite la stampa di moneta.
Ma tralasciando l’impatto inflattivo di questa misura, questa via è semplicemente un modo di finanziamento del deficit pubblico, rientrando quindi nel primo punto già esaminato.
https://www.facebook.com/massimo.fontan ... 9990784883
Ora quindi ci riprovano aumentando l'importo ed estendendo la platea.
Ne parlano ora, ma sarà per luglio. E ne parlano ora, immagino, perché a fine mese ci sono le regionali.
ma ... sentiamo cosa dice la rete:
Massimo Fontana
Oggi parliamo del taglio del cuneo fiscale che dovrebbe diventare operativo a luglio di quest’anno, qui:
https://www.ilsole24ore.com/art/taglio- ... u-ACVkbiCB?
Nella fattispecie proveremo a capire se può essere utile al rilancio dell’economia.
Secondo infatti una parte della narrativa che ci viene raccontata, il fatto che vengano messi un po' di euro in più nella busta paga dei lavoratori, dovrebbe spingere i consumi e quindi rilanciare la crescita.
Ma le cose stanno veramente così?
Purtroppo no.
Vediamo il perché.
Tutto parte da una domanda: come si finanzia una riduzione fiscale, visto che alla fine di questo stiamo parlando?
Le risposte sono tre. (1)
In sequenza, una riduzione delle tasse può avvenire:
- facendo nuovo deficit pubblico
- aumentando le tasse a qualcuno e utilizzando il nuovo gettito per abbassare le tasse a qualche altro soggetto
- tagliando la spesa pubblica e utilizzando i risparmi di spesa per tagliare le tasse.
Cerchiamo di analizzare le tre vie.
La prima è semplice ed è quella fatta da Reagan negli anni ‘80 e da Trump oggi.
Sia nell’esperienza di Reagan che in quella di Trump, abbiamo visto che l’economia è cresciuta, non molto nel caso più recente, ma in ogni caso non a livelli tali da ripagare il maggiore deficit e quindi debito pubblico, che è sempre cresciuto successivamente alla riduzione fiscale.
Non solo: nell’esperienza di Reagan, il maggiore debito accumulato ha costretto i governi venuti dopo a rialzare le tasse per mettere sotto controllo i conti pubblici.
La riduzione fiscale fatta a debito quindi, spinge la crescita ma ancor di più il debito totale e rischia così di veder aumentare le tasse successivamente per coprire i buchi di bilancio.
La seconda è la via preferita dalla sinistra estrema.
Non ha nulla a che vedere con Keynes (che comunque prevede anch'esso la riduzione delle tasse come mezzo espansivo), ma parte dall’interpretazione marxista dell’economista inglese.
In questo framework la crescita economica debole è dovuta ad una cattiva distribuzione dei redditi che avvantaggia il capitale e i ricchi.
Il maggiore reddito verso le classi “capitaliste”, porta il sistema economico ad avere un eccesso di risparmio e di converso un difetto di consumo.
Ecco allora che prelevando con le tasse una quota anche consistente del reddito dei ricchi e distribuendolo poi alle fasce più povere, si riattiverebbe il consumo permettendo così un aumento della crescita economica.
Ora, tutta questa teoria (tecnicamente: la funzione del consumo di Kaldor) è anche interessante, ma è semplicemente falsa (vedere a proposito i lavori di Modigliani, anche per l'Italia).
I ricchi non tengono nascosti nel materasso i loro soldi, e anche quelli risparmiati non sono “tolti” dal circuito economico.
Il risparmio o è investito direttamente in attività produttive (le azioni) o se parcheggiato nelle banche o in altre forme di investimento non attivo (conti deposito, obbligazione, titoli di stato, etc.) è comunque investito in attività produttive dai rispettivi soggetti depositari dei risparmi (banche, società, stato, etc.)
Quindi la maggiore tassazione di un soggetto, anche ricco, andrà semplicemente a diminuire la sua domanda aggregata, che ricordiamo è data dal consumo ma anche dagli investimenti, lasciando inalterata la domanda aggregata globale e quindi la crescita economica.
Qui ci fermiamo temporaneamente.
Il perché lo si capirà quasi subito.
Rispondiamo a questa domanda: in quale delle tre ipotesi si inserisce la riduzione del cuneo fiscale approvata dal governo attuale?
A grandi linee, nascendo dalla manovra finanziaria approvata a fine dicembre, dovrebbe rientrare in modo imperfetto nella seconda ipotesi.
Noi sappiamo infatti che la manovra finanziaria prevedeva all’incirca per metà un aumento del deficit, destinato a coprire l’aumento dell’iva, e per l’altra metà, le riduzioni fiscali di cui stiamo parlando, accompagnate però da un certo aggravio fiscale, che nelle intenzioni iniziali doveva andare a colpire essenzialmente le classi più agiate.
Questo l’intento originario, che almeno da parte del Pd, il vero depositario dell’ortodossia post-keynesiana di stampo neomarxista, dovrebbe essere ripreso in futuro.
Ma la politica, soprattutto di coalizione, non è mai perfetta.
Ecco allora che la manovra uscita dal parlamento ha approvato degli aumenti fiscali che alla fine colpiscono più o meno tutti.
Il punto ovviamente non cambia, anzi, si aggrava: già tassare i ricchi per dare ai poveri non stimola l’economia, se però tassiamo tutti per dare a qualcuno, sicuramente l’economia non si stimola.
E la ragione è semplice: la domanda aggregata globale finale rimane semplicemente la stessa.
Ma allora, se una riduzione fiscale non ha effetti positivi facendo maggiori debiti o tassando i ricchi, come si può stimolare l’economia per aumentare la crescita?
Risposta: riducendo la pressione fiscale.
Controsenso?
No.
Il senso c’è, uscendo però dal framework keynesiano e abbracciando l'unica vera interpretazione economica corretta, il sistema neoliberista, e quindi aggiungendo un particolare alla formulazione: riducendo la pressione fiscale…...tramite i risparmi ottenuti da un taglio della spesa pubblica.
E’ la terza ipotesi vista sopra.
Ma perché un taglio della spesa pubblica con successiva riduzione fiscale dovrebbe stimolare l’economia?
In fin dei conti non è lo stesso meccanismo visto sopra della domanda aggregata che rimane inalterata con la tassazione dei ricchi?
Si, lo è, ma solo nel breve periodo.
Nel breve periodo un taglio della spesa pubblica con riduzione successiva delle tasse lascia in effetti inalterata la domanda aggregata.
Ma nel lungo periodo le cose cambiano.
Perchè?
La risposta è solo una: la produttività.
La spesa pubblica infatti è generalmente meno produttiva di quella privata.
Pensate infatti a riguardo anche solo ai miliardi che lo stato sta buttando per tenere in vita aziende decotte.
Travasando risorse dal settore pubblico improduttivo verso quello privato più produttivo quello che si otterrà sarà un aumento del tasso di crescita strutturale dell’economia.
Tasso di crescita strutturale dell’economia che in Italia è oggi poco sopra lo zero e che non viene stimolato di un centesimo dalla riduzione del cuneo approvata dal governo e che alla fine è il vero responsabile della mancata crescita dell'economia.
Ovviamente per rilanciare la crescita non basta solo e ripeto, solo, tagliare la spesa e abbassare le tasse.
Bisogna anche rendere flessibili tutti i prezzi dei fattori della produzione, aumentare l’efficienza della pubblica amministrazione che rimane dopo la sua riduzione e soprattutto, aumentare il livello di concorrenza interna del paese, perché altrimenti, il rischio è quello di sostituire monopoli pubblici con monopoli privati, e i monopoli sono un danno per il paese chiunque ne sia il proprietario.
Quindi, concludendo, ridurre le tasse non solo si può, ma anzi si deve fare.
Ma ha senso farlo solo dopo un taglio della spesa pubblica.
Ogni altra ipotesi non solo non rilancia strutturalmente la crescita, ma anzi rischia di aggravarla nel futuro.
(1) Già so’ che qualche genio verrà a dirmi che esiste anche un altro modo per ridurre le tasse, ovvero finanziando il deficit tramite la stampa di moneta.
Ma tralasciando l’impatto inflattivo di questa misura, questa via è semplicemente un modo di finanziamento del deficit pubblico, rientrando quindi nel primo punto già esaminato.
https://www.facebook.com/massimo.fontan ... 9990784883