In panne su Autostrade

POLITICA 23/12/2019 17:48 CET
In panne su Autostrade
Il governo non riesce a trovare un'intesa sulle concessioni. Il Cdm cambia orario quattro volte: alla fine si tiene ma non si parla della revoca. Lite, poi rientrata, anche sul disavanzo della Sicilia
By Giuseppe Colombo
C’è Luigi Di Maio che dal Libano dice che togliere le concessioni ai Benetton non è la linea dei 5 stelle, ma di tutto il governo. C’è l’indignazione di Paola De Micheli, la ministra dem che ha in mano il dossier, per la lettera “inaccettabile” con cui Autostrade chiede allo Stato 23 miliardi di danni. Ci sono i renziani che contestano il merito e il metodo della linea degli alleati di governo. E poi c’è un Consiglio dei ministri che cambia orario quattro volte e che quando si tiene non registra alcuna decisione. Non se ne discute neppure. Non se ne parla al Cdm e il vertice di maggioranza, che aleggia per tutta la giornata, alla fine non si tiene. Le divisioni interne sono così stratificate che rinviare, ancora una volta, è la strada obbligata.
L’offensiva lanciata da Autostrade è entrata nella carne della questione. Il consiglio di amministrazione straordinario che si è tenuto domenica sera ha preannunciato la linea durissima nei confronti del governo. E oggi a palazzo Chigi, al ministero dei Trasporti e al Tesoro è arrivata la lettera che dà forma all’aut-aut: o il governo ritira le norme, contenute nel Milleproroghe, che spianano la strada alla revoca della concessione, oppure Autostrade rescinde dalla Convenzione in essere e pretende un risarcimento di 23 miliardi. Di fronte a tutto ciò, il governo replica con una non risposta. Ma l’immobilismo e le divisioni su Autostrade non costituiscono l’unico episodio di una nuova giornata di fibrillazioni e tensioni dentro la maggioranza.
Basta ricostruire la dinamica della convocazione del Consiglio dei ministri per capire il caos e i rapporti sempre più sfilacciati tra le anime del governo. Si parte con un avviso informale: la riunione è fissata alle 18. Anzi no, è anticipata alle 16. Contrordine: si terrà non prima delle 21. Alle cinque e mezzo del pomeriggio arriva la convocazione ufficiale: appuntamento alle 19. La schizofrenia sull’orario, come si diceva, è imposta dalla confusione e dalle divergenze che regnano dentro la maggioranza.
Se su Autostrade è chiaro da subito che è impossibile arrivare addirittura a una discussione al Cdm, figurarsi a una soluzione, c’è un’altra partita che va risolta in fretta. La grana si chiama Sicilia. I renziani, ancora una volta, accendono la miccia: le norme sul disavanzo previste dal Milleproroghe devono cambiare. E così le ore passano a rimettere mano ai testi, a cercare nuovi equilibri, tecnici sì ma che abbiano la forza di reggere quelli politici. E poi ci sono i 5 stelle, che premono per un via libera al Piano per l’innovazione fermato dal Pd appena due giorni fa.
Sono le due del pomeriggio quando a palazzo Chigi si prende consapevolezza che la carne al fuoco è così tanta che c’è bisogno di prendere tempo. Alle 14.15 parte la chiamata ai ministeri per avvisare che la riunione del Cdm è confermata per oggi, ma non prima di sera. Alla Camera sono in corso le dichiarazioni di voto per la fiducia alla manovra, arrivata blindata al suo step finale, con le opposizioni sul piede di guerra e la Lega, in particolare, pronta a ricorrere alla Consulta. “Con tutto questo caos non si capisce neppure come faremo ad affrontare tutte le questioni che sono ancora irrisolte”, confida una fonte ministeriale a Huffpost.
La situazione è già incandescente. Luigi Marattin, il frontman dei renziani, dà il là: “In Cdm è prevista l’approvazione di una norma che è un dito in un occhio a tutti gli amministratori pubblici che si fanno in quattro per rispettare le regole”. Il riferimento è all’attuazione dello Statuto della Regione siciliana sull’armonizzazione dei sistemi contabili. Per Italia Viva bisogna riscrivere la norma che prevede che il “disavanzo 2018 possa essere spalmato in dieci anni”. In alternativa - è la richiesta - si devono ripristinare gli obblighi di risanamento inseriti dal governo Renzi nel 2016 e cancellati l’anno scorso dal Conte I. Passa mezz’ora e in sostegno di Marattin arriva Davide Faraone, senatore di Iv, siciliano. La questione viene politicizzata: “Musumeci proponga riforme utili ai siciliani e tagli alle spese inutili, solo così avrà le carte in regola per chiedere di aver spalmato il debito. Non si possono firmare cambiali in bianco ad un presidente di Regione totalmente immobile”.
I renziani premono. Al Cdm si arriva con un nuovo testo, presentato proprio da Italia Viva. Resta la possibilità di ripianare il disavanzo in dieci anni, ma viene introdotta una clausola stringente. La dead line dei dieci anni scende a tre se la Regione Sicilia e il governo non sottoscrivono “un accordo contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo” entro novanta giorni. Il Cdm dice sì e passa all’esame del Milleproroghe. Ma è un esame brevissimo. Dura appena una ventina di minuti. Poi la riunione si scioglie perché si prende atto che anche le norme sul Piano per l’innovazione digitale hanno bisogno di approfondimenti. Conte e alcuni ministri, accompagnati dai tecnici, restano a palazzo Chigi per capire come trovare la quadra. Il Milleproroghe, dove sono contenute le norme sul Piano e quelle sulle concessioni, è ancora un testo aperto. La formula salvo-intese, con cui è stato approvato sabato scorso, aveva già messo in luce la fragilità, per non dire l’assenza, di un’intesa di governo. Due giorni dopo arriva la conferma. A poche ore dalla Vigilia di Natale, a palazzo Chigi è tempo di prendere atto, ancora una volta, di una debolezza che si aggrappa al rinvio.
https://www.huffingtonpost.it/entry/gov ... 520d0e8a58
In panne su Autostrade
Il governo non riesce a trovare un'intesa sulle concessioni. Il Cdm cambia orario quattro volte: alla fine si tiene ma non si parla della revoca. Lite, poi rientrata, anche sul disavanzo della Sicilia
By Giuseppe Colombo
C’è Luigi Di Maio che dal Libano dice che togliere le concessioni ai Benetton non è la linea dei 5 stelle, ma di tutto il governo. C’è l’indignazione di Paola De Micheli, la ministra dem che ha in mano il dossier, per la lettera “inaccettabile” con cui Autostrade chiede allo Stato 23 miliardi di danni. Ci sono i renziani che contestano il merito e il metodo della linea degli alleati di governo. E poi c’è un Consiglio dei ministri che cambia orario quattro volte e che quando si tiene non registra alcuna decisione. Non se ne discute neppure. Non se ne parla al Cdm e il vertice di maggioranza, che aleggia per tutta la giornata, alla fine non si tiene. Le divisioni interne sono così stratificate che rinviare, ancora una volta, è la strada obbligata.
L’offensiva lanciata da Autostrade è entrata nella carne della questione. Il consiglio di amministrazione straordinario che si è tenuto domenica sera ha preannunciato la linea durissima nei confronti del governo. E oggi a palazzo Chigi, al ministero dei Trasporti e al Tesoro è arrivata la lettera che dà forma all’aut-aut: o il governo ritira le norme, contenute nel Milleproroghe, che spianano la strada alla revoca della concessione, oppure Autostrade rescinde dalla Convenzione in essere e pretende un risarcimento di 23 miliardi. Di fronte a tutto ciò, il governo replica con una non risposta. Ma l’immobilismo e le divisioni su Autostrade non costituiscono l’unico episodio di una nuova giornata di fibrillazioni e tensioni dentro la maggioranza.
Basta ricostruire la dinamica della convocazione del Consiglio dei ministri per capire il caos e i rapporti sempre più sfilacciati tra le anime del governo. Si parte con un avviso informale: la riunione è fissata alle 18. Anzi no, è anticipata alle 16. Contrordine: si terrà non prima delle 21. Alle cinque e mezzo del pomeriggio arriva la convocazione ufficiale: appuntamento alle 19. La schizofrenia sull’orario, come si diceva, è imposta dalla confusione e dalle divergenze che regnano dentro la maggioranza.
Se su Autostrade è chiaro da subito che è impossibile arrivare addirittura a una discussione al Cdm, figurarsi a una soluzione, c’è un’altra partita che va risolta in fretta. La grana si chiama Sicilia. I renziani, ancora una volta, accendono la miccia: le norme sul disavanzo previste dal Milleproroghe devono cambiare. E così le ore passano a rimettere mano ai testi, a cercare nuovi equilibri, tecnici sì ma che abbiano la forza di reggere quelli politici. E poi ci sono i 5 stelle, che premono per un via libera al Piano per l’innovazione fermato dal Pd appena due giorni fa.
Sono le due del pomeriggio quando a palazzo Chigi si prende consapevolezza che la carne al fuoco è così tanta che c’è bisogno di prendere tempo. Alle 14.15 parte la chiamata ai ministeri per avvisare che la riunione del Cdm è confermata per oggi, ma non prima di sera. Alla Camera sono in corso le dichiarazioni di voto per la fiducia alla manovra, arrivata blindata al suo step finale, con le opposizioni sul piede di guerra e la Lega, in particolare, pronta a ricorrere alla Consulta. “Con tutto questo caos non si capisce neppure come faremo ad affrontare tutte le questioni che sono ancora irrisolte”, confida una fonte ministeriale a Huffpost.
La situazione è già incandescente. Luigi Marattin, il frontman dei renziani, dà il là: “In Cdm è prevista l’approvazione di una norma che è un dito in un occhio a tutti gli amministratori pubblici che si fanno in quattro per rispettare le regole”. Il riferimento è all’attuazione dello Statuto della Regione siciliana sull’armonizzazione dei sistemi contabili. Per Italia Viva bisogna riscrivere la norma che prevede che il “disavanzo 2018 possa essere spalmato in dieci anni”. In alternativa - è la richiesta - si devono ripristinare gli obblighi di risanamento inseriti dal governo Renzi nel 2016 e cancellati l’anno scorso dal Conte I. Passa mezz’ora e in sostegno di Marattin arriva Davide Faraone, senatore di Iv, siciliano. La questione viene politicizzata: “Musumeci proponga riforme utili ai siciliani e tagli alle spese inutili, solo così avrà le carte in regola per chiedere di aver spalmato il debito. Non si possono firmare cambiali in bianco ad un presidente di Regione totalmente immobile”.
I renziani premono. Al Cdm si arriva con un nuovo testo, presentato proprio da Italia Viva. Resta la possibilità di ripianare il disavanzo in dieci anni, ma viene introdotta una clausola stringente. La dead line dei dieci anni scende a tre se la Regione Sicilia e il governo non sottoscrivono “un accordo contenente specifici impegni di rientro dal disavanzo” entro novanta giorni. Il Cdm dice sì e passa all’esame del Milleproroghe. Ma è un esame brevissimo. Dura appena una ventina di minuti. Poi la riunione si scioglie perché si prende atto che anche le norme sul Piano per l’innovazione digitale hanno bisogno di approfondimenti. Conte e alcuni ministri, accompagnati dai tecnici, restano a palazzo Chigi per capire come trovare la quadra. Il Milleproroghe, dove sono contenute le norme sul Piano e quelle sulle concessioni, è ancora un testo aperto. La formula salvo-intese, con cui è stato approvato sabato scorso, aveva già messo in luce la fragilità, per non dire l’assenza, di un’intesa di governo. Due giorni dopo arriva la conferma. A poche ore dalla Vigilia di Natale, a palazzo Chigi è tempo di prendere atto, ancora una volta, di una debolezza che si aggrappa al rinvio.
https://www.huffingtonpost.it/entry/gov ... 520d0e8a58