Il comitato di bioetica ha fatto un buon lavoro distinguendo tra suicidio assistito ed eutanasia, anche se è diviso su tutto l'argomento. Il tema al centro della dibattito in realtà non è il fine vita ma il diritto all'autodeterminazione degli individui, un diritto spesso violato dagli Stati e dalle religioni. Personalmente mi riconosco in quella descritta come posizione B espressa dai membri del comitato etico, peraltro posizione maggioritaria in comitato con 13 voti favorevoli e 11 contrari.
[--]Il cuore del documento, come detto, è rappresentato dalle riflessioni offerte dai vari membri, raggruppate in tre aree.
La prima – posizione A – sottolinea come l’eventuale legittimazione del suicidio assistito rappresenti “un vulnus irrimediabile al principio secondo il quale compito primario e inderogabile del medico sia l’assoluto rispetto della vita del paziente”. Inoltre risulta impossibile accertare, oltre ogni ragionevole dubbio, “la pretesa volontà suicidaria del paziente, assunta come volontà pienamente informata, consapevole, non sottoposta a condizionamenti psicologici, familiari, sociali, economici o religiosi”. Il terzo motivo del no riguarda il rischio che un’eventuale apertura al suicidio assistito favorisca “un progressivo superamento dei limiti che si volessero eventualmente indicare, come appare assolutamente evidente in quegli ordinamenti che, avendo legalizzato il suicidio medicalmente assistito, l’hanno di fatto esteso indebitamente ai minori, a soggetti psicologicamente e/o psichiatricamente fragili, agli anziani non autosufficienti”.
Insomma, se lo scivolamento dal “lasciar morire” (no all’accanimento terapeutico) all’”agevolare la morte” (aiuto al suicidio) è inaccettabile, occorre allo stesso tempo raddoppiare gli sforzi per offrire a tutti i malati l’accesso alle cure palliative, alle terapie del dolore e all’assistenza psicologica alla fine della vita. La posizione è stata sostenuta da Amato, D’Agostino, Dallapiccola, Di Segni, Garavaglia, Gensabella, Morresi, Romano, Palazzani, Scaraffia e Sargiacomo.
Altri membri del Cnb hanno invece rappresentato l’opportunità di aprire la strada alla legalizzazione del suicidio assistito (posizione B). Scelta, si argomenta, da accogliere in nome del principio etico di autodeterminazione. “Si reputa che il bilanciamento di valori favorevole all'aiuto al suicidio medicalmente assistito sia eticamente e giuridicamente legittimo perché la persona – hanno spiegato Battaglia, Caltagirone, Caporale, Casonato, d’Avack, De Curtis, Donzelli, Garattini, Mori, Pitch, Savarino, Toraldo di Francia e Zuffa - ha diritto di preservare la propria dignità anche e soprattutto nelle fasi finali della vita”. Tre le condizioni richieste che ricalcano in parte quanto già espresso nell’ordinanza della Corte costituzionale: 1. la presenza di una malattia grave e irreversibile accertata da almeno due medici indipendenti (uno dei quali del SSN); 2. la presenza di uno stato prolungato di sofferenza fisica o psichica di carattere intrattabile o insopportabile per il malato; 3. la presenza di una richiesta esplicita espressa in forma chiara e ripetuta, in un lasso di tempo ragionevole.
Infine altri due membri del Cnb (Canestrari, Da Re) hanno espresso una terza posizione, contraria all’apertura al suicidio assistito ma convinta che la libertà di autodeterminazione possa manifestata solo “in un contesto concreto in cui i pazienti godano di un'effettiva e adeguata assistenza sanitaria, ove possano accedere a tutte le cure palliative praticabili - compresa la sedazione palliativa profonda - e nel quale siano supportati da una consona terapia medica, psicologica e psichiatrica”. Il potenziamento della terapia del dolore e delle cure palliative “non possono eliminare del tutto le richieste di assistenza medica a morire, ma - concludono i due esperti - potrebbero ridurle in maniera significativa, escludendo quelle dettate da cause legate ad una sofferenza alleviabile”...
fonte:
https://www.avvenire.it/famiglia-e-vita ... -assistitoEutanasia e suicidio assistito, ecco cosa sono Eutanasia, rifiuto dei trattamenti, suicidio assistito, aspetti presi in considerazione dal dibattito politico ed etico e che sono rientrati anche nelle considerazioni del Comitato nazionale di Bioetica. Ecco cosa sono:
* EUTANASIA (anche detta eutanasia attiva) - E' l'infusione di un farmaco che interrompe, in maniera rapida e indolore, la vita del malato che lo richiede. A compiere il gesto di somministrare la sostanza letale e' una persona terza, un sanitario che la infonde endovena a chi ritiene di patire sofferenze eccessive a livello fisico o esistenziale. Questa e' l'unica forma di eutanasia che esiste in senso proprio, e per la quale si sta discutendo una legge di iniziativa popolare in Parlamento, sollecitata dalla Corte Costituzionale.
* INTERRUZIONE DEI TRATTAMENTI - E' un termine a volte indicato in modo improprio come eutanasia passiva, ma non ha nulla a che vedere con l'eutanasia. Si riferisce invece al diritto, costituzionalmente previsto, del rifiuto di trattamenti che possono essere anche salvavita: questo principio e' alla base della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat). Ad esempio, il distacco del ventilatore meccanico per Piergiorgio Welby e Walter Piludu, o della nutrizione e idratazione nel caso di Eluana Englaro (la cui volonta' e' stata ricostruita quando lei non era piu' capace di intendere e volere).
* SUICIDIO ASSISTITO - Consiste nell'aiutare un soggetto che chiede di porre fine alla propria vita, ma in cui e' lui stesso ad assumere un farmaco letale. Questa possibilita' e' prevista in Svizzera, dove si e' recato Dj Fabo, aiutato da Marco Cappato. Fabiano Antoniani, pur essendo tetraplegico, ha potuto attivare una pompa infusionale schiacciando con i denti un pulsante. In questo caso l'aiuto e' consistito nel predisporre il meccanismo che ha permesso di assumere la sostanza. Ma il gesto finale e' rimasto suo.
fonte:
http://www.ansa.it/canale_saluteebeness ... 73d6b.html