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Pastori e pecorino

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Pastori e pecorino

Messaggioda franz il 12/02/2019, 9:50

Dribblando discussioni e polemiche sulle proteste, che stanno facendo il giro del mondo(ne parla anche CNN) vi segnalo un articolo interessante.



‘GUERRA DEL LATTE’: CAPIRE IL CONTESTO SARDO

febbraio 11, 20192
Su circa 12.000 imprese pastorali sarde, 10.093 producono latte per il Pecorino Romano. Quel formaggio rappresenta l’81,54% dei pecorini dop prodotti in Italia, il 52% di quelli Ue. [...] In questi giorni si è favoleggiato di importazioni in Sardegna di latte dal resto d’Europa, soprattutto da Romania e Bulgaria. Questa voce è stata messa in giro perché il più grosso imprenditore caseario sardo ha un suo stabilimento a Timisoara. Chi l’ha diffusa non conosce quelle realtà o l’ha fatto ad arte.

Di Nicolò Migheli.

Prevista da tempo alla fine la rivolta dei pastori è arrivata. Autoconvocata sulle reti sociali, senza leader riconosciuti, una sorta di gilet gialli in versione vellutino. Lo stesso movimento organizzato dei pastori, le stesse organizzazioni tradizionali, sorpassate da una rabbia sorda che va sversare il latte sulle strade. Un atto estremo perché nessuno vuol vedere il frutto del suo sacrificio buttato nelle fogne. In quei gesti una richiesta d’aiuto da parte di chi non ha riconosciuta la propria fatica.

Il latte a 60 centesimi di euro vuol dire che migliaia di imprese pastorali sono destinate alla chiusura. Il problema è centenario, legato alla monocultura di un’unica tipologia di formaggio: il Pecorino Romano, e alla grande volatilità del prezzo del latte sui mercati internazionali. Su circa 12.000 imprese pastorali sarde, 10.093 producono latte per il Romano. Quel formaggio rappresenta l’81,54% dei pecorini dop prodotti in Italia, il 52% di quelli Ue.
Il Roquefort francese è il 28%, il Mancego spagnolo il 20%. 198.116.000 litri di latte, compreso Lazio e provincia di Grosseto, nella campagna 2017-18 sono stati utilizzati per produrre Romano. Lazio e Grosseto hanno solo 297 aziende pastorali conferitrici. Il punto di pareggio per tenere il prezzo alto è di 270.000 quintali, oltre, la remunerazione del prodotto e del latte precipita.

Il Pecorino Romano si trova con un’eccedenza di oltre 100.000 quintali di pasta di formaggio. Si è passati dai 9,39 € a chilogrammo del maggio del 2015, con il latte pagato a 1,20€, ai 5,59€ al chilo di questo febbraio. Quel formaggio in Sardegna rappresenta il 60% di tutti i pecorini prodotti, di conseguenza determina il prezzo di tutto il latte ovino e dei derivati.
Il 50% del Romano è fatto dalle cooperative, quindi dagli stessi pastori che ne sono soci. Con produzioni così imponenti: 3 milioni di pecore per 1,6 milioni di abitanti compresi nascituri e moribondi, la Sardegna è obbligata ad esportare. Nel mercato internazionale la domanda di latte ovino cresce dell’8% all’anno, altri ne traggono vantaggi ma non noi. Il mercato Usa, principale sbocco del Romano, si contrae da anni con ricadute pesanti sulla remunerazione. Quote che vengono guadagnate dal Manchego.

Se si dà uno sguardo ai prezzi europei se ne ha conferma, anche se questi mostrano tendenze al ribasso rispetto a qualche anno fa. In Francia per il prezzo del latte ovino nel 2018, è andato dagli 80 cent a 1,20. Quest’ultimo per il Roquefort. In Spagna, dati di settembre ‘18, il latte è stato pagato in una forbice che va dai 78 agli 88 cent. In Grecia la media dell’ultimo decennio è stata di 97 cent.
In questi giorni si è favoleggiato di importazioni in Sardegna di latte dal resto d’Europa, soprattutto da Romania e Bulgaria. Questa voce è stata messa in giro perché il più grosso imprenditore caseario sardo ha un suo stabilimento a Timisoara. Chi l’ha diffusa non conosce quelle realtà o l’ha fatto ad arte.
Romania e Bulgaria hanno allevamenti ovini da carne, il latte è un prodotto residuale. Peraltro in questo periodo le pecore sono in secca, i parti cominceranno tra un mese, le loro produzioni sono estive con i prezzi del latte tal quale sono più vicini alla media europea di quelli sardi.

Anche in Sardegna però alla fine ci sono comportamenti che variano da azienda trasformatrice all’altra. La CAO di Siamanna, la più grossa cooperativa ovina della Sardegna e d’Italia, 800 soci, nella stagione scorsa compreso il latte estivo, ha pagato 88 cent. a litro e per quest’anno ha già annunciato che darà un anticipo di 70 cent. Le ricette per uscire da uno stato così disastroso sono vecchie di anni e mai applicate. Occorre diversificare si dice, in parte lo si sta facendo però le altre due dop: Pecorino Sardo e Fiore Sardo non vengono valorizzate.
Quest’ultima, sia detto per inciso, dovrebbe essere prodotta principalmente negli ovili, così come era stata pensata a suo tempo. Molti trasformatori preferiscono i marchi aziendali, con una proliferazione di etichette che non aiuta le commercializzazioni. Dieci anni fa si è pure visto un formaggio destinato al mercato siciliano chiamato Bunga Bunga.
Il latte sardo negli anni è cresciuto in qualità, tanto da essere uno dei migliori al mondo, è principalmente da pascolo, ma questa caratteristica positiva non entra negli standard industriali. Come qualità vengono registrati solo i parametri del grasso, caseina, proteine, cellule somatiche e carica batterica.
Vengono tralasciati quelli che invece fanno la reale differenza come l’alta concentrazione di CLA, Acido Linoleico Coniugato, acido grasso polinsaturo che impedisce la crescita del colesterolo cattivo in chi si ciba di quel formaggio. Un imprenditore caseario produce formaggio certificato con quelle caratteristiche con ottimi risultati di mercato. Un strada da seguire.

Negli anni i pastori sardi sono diventati imprenditori, è stato chiesto loro di migliorare le greggi, con il risultato di avere macchine da latte e nel contempo però alti costi di gestione. Una tendenza che forse andrebbe rivista, puntare più sulla qualità che sulla quantità. Però si insiste, anche in Sardegna stanno entrando razze iperproduttive come Assaf -300 litri a pecora- e la Lacune– 350 litri ad animale-; anche se il loro latte non può essere utilizzato per la produzione di formaggi dop, accresce la quantità totale.
L’altro aspetto, quello più urgente, è che va totalmente rivista la struttura commerciale che non può essere lasciata a una moltitudine di soggetti, imprenditori e cooperative che si fanno la lotta tra di loro abbassando i prezzi.
La crisi attuale è forse l’ultima chiamata. Altre realtà nel mondo si stanno muovendo per accaparrarsi la domanda di latte ovino. La Nuova Zelanda sta riconvertendo il suo patrimonio ovino da lana e carne a latte con un investimento di 400 milioni di dollari.
Il mercato dovrebbe essere quello del latte in polvere per la Cina. La Turchia oggi produce carne e lana ma potrebbe convertire gli allevamenti, L’Iran aspetta solo che qualche imprenditore europeo insegni loro le tecniche di caseificazione.

Gli incentivi agli allevamenti sardi sono solo palliativi, occorrono strumenti nuovi e tecnici preparati ad affrontare i mercati internazionali. Siamo sull’orlo della catastrofe che travolgerà produttori e trasformatori. Possiamo evitarla, però è l’ultima chiamata.

http://www.sanatzione.eu/2019/02/guerra ... sto-sardo/
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda pianogrande il 12/02/2019, 11:13

Insomma questo latte ha caratteristiche di pregio che non vengono riconosciute e quello può essere un punto su cui battere per promuoverlo.
Per promuoverlo ma non certo per imporlo.

Un altro punto potrebbe essere dimostrare che gli acquirenti hanno fatto cartello per abbassare il prezzo.

Fuori da questi argomenti, i pastori protestano contro chi?

E' quello che non capisco.

Chi o che cosa è il bersaglio della loro protesta?

Le aziende non riescono a stare sul mercato?

E cosa chiedono e a chi?

Un prezzo politico?
Sovvenzioni?
E si incazzano pure?
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda trilogy il 12/02/2019, 11:57

E' una crisi di filiera. C'è troppo pecorino romano sul mercato, il prezzo all'ingrosso è sceso, (al supermercato costa praticamente uguale) e questo si ripercuote sul prezzo del latte. 0,60 cent. al litro non copre i costi di produzione, i pastori non hanno potere contrattuale e poca capacità di diversificare. Andrebbe governata la filiera produttiva: limitare la produzione, qualificare e divesificare i mercati di sbocco, ma serve qualcuno che prenda in mano la situazione è non è semplice.
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda pianogrande il 12/02/2019, 12:21

trilogy ha scritto:E' una crisi di filiera. C'è troppo pecorino romano sul mercato, il prezzo all'ingrosso è sceso, (al supermercato costa praticamente uguale) e questo si ripercuote sul prezzo del latte. 0,60 cent. al litro non copre i costi di produzione, i pastori non hanno potere contrattuale e poca capacità di diversificare. Andrebbe governata la filiera produttiva: limitare la produzione, qualificare e divesificare i mercati di sbocco, ma serve qualcuno che prenda in mano la situazione è non è semplice.


E' l'eterno problema degli agricoltori in genere.

Il loro punto debole è produrre la materia di base ma non avere nessun potere di gestione del mercato.

Il "grossista" decide tutto e condiziona tutto.

Le ormai antiche cooperative dell'Emilia Romagna sono nate proprio per questo.

La fuga dalle campagne verso la Romagna dalle mie Marche inseguiva, oltre che terreni più "comodi", anche il mito della cooperativa che acquistava il tuo prodotto senza strozzarti.

Gli agricoltori/allevatori debbono spingersi un po' più a valle nella filiera se no saranno sempre il vaso di coccio del sistema.

I pastori sardi o lo fanno e lo vendono loro il pecorino (gestendo anche le quantità e la qualità) o saranno sempre nave senza nocchiero o meglio con un nocchiero che per loro non ha troppi riguardi.

L'unica protezione possibile, a quel punto, sarebbe la denominazione di origine più possibile protetta.

Come suggerire agli agricoltori delle mia parti di mettersi a fare le marmellate e le conserve invece di farsi rapinare ma è una guerra dura alla quale i piccoli (la stragrande maggioranza) non si possono esporre.
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda franz il 12/02/2019, 13:56

Qui si sommano diversi problemi.

1) il pratica quella del pecorino è una monocultura, con tutti i rischi economici del caso. Il 50% della produzione di latte di pecora è in sardegna e gli allevatori non fanno altro che pecorino. Tra l'altro romano. Non sardo (ne fanno pochissimo)

2) la dimensione delle imprese, che come al solito è microscopica, così che i costi di gestione crescono.

3) l'incapacità di diversificare e riuscire lo stesso a fare marketing del prodotto. Eppure legare la longevità dei sardi al consumi di prodotti genuini come il pecorino non dovrebbe essere difficile.

4) la tentazione di puntare sulla quantità e non sulla qualità.
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda franz il 12/02/2019, 15:08

Sul punto 2) si veda la seguente tabella
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda franz il 12/02/2019, 18:25

Perché protestano i pastori sardi? I loro guai causati dal pecorino romano

https://www.corriere.it/cronache/19_feb ... 884a.shtml

Dati statistici:
https://www.clal.it/index.php?section=pecorino
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda Robyn il 12/02/2019, 20:55

Se si produce solo pecorino e se ne mette un'eccedenza sul mercato è normale che il prezzo di vendita scende perche bisogna venderlo tutto e non si può acquistare solo il formaggio pecorino non è che si può mangiare solo quello.La soluzione stà nel diversificare la produzione.Con il latte non si fà solo il formaggio pecorino,si fà anche la fondina,la panna da cucina,il latte si può mettere in confezione
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda franz il 12/02/2019, 21:48

Robyn ha scritto:Se si produce solo pecorino e se ne mette un'eccedenza sul mercato è normale che il prezzo di vendita scende perche bisogna venderlo tutto e non si può acquistare solo il formaggio pecorino non è che si può mangiare solo quello.La soluzione stà nel diversificare la produzione.Con il latte non si fà solo il formaggio pecorino,si fà anche la fondina,la panna da cucina,il latte si può mettere in confezione

Col latte di pecora non si fa burro, yougurt, panna. Non è buono da bere.
Se ci fosse solo il latte di pecora capirei, si fa di necessità virtù ma fintanto che c'è il latte di mucca, miliardi di persone lo preferiscono. La diversificazione si fa sui formaggi. Con quello di mucca ci sono migliaia di formaggi, possibile che con quello di pecora ci sia solo il pecorino? È buono ma dopo un po' annoia.
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Re: Pastori e pecorino

Messaggioda flaviomob il 12/02/2019, 23:52

Il problema, come sempre, è lo sfruttamento dei lavoratori più deboli e meno tutelati. Vergognoso che avvenga per ottenere un prodotto di altissima qualità, in un ambito dove la grande distribuzione, già devastante per i piccoli esercizi commerciali, esercita un potere arrogante sempre più simile al monopolio. La dimostrazione che gli aspetti più abbietti del capitalismo estremo non generano affatto società liberali, ne' legate al merito e alla qualità, come è ancora illusione di tanti.

https://www.oxfamitalia.org/algiustopre ... F8Ya1sT2Io

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Per un cibo prodotto al giusto prezzo.

Le grandi catene della GDO controllano quasi il 75% del mercato di cibo e bevande in Italia. Con le loro politiche hanno il potere e la responsabilità di garantire i diritti di chi coltiva e lavora il cibo che mangiamo.

Aiutaci a porre fine alle ingiustizie e allo sfruttamento dei lavoratori agricoli nelle filiere di approvvigionamento dei supermercati in Italia.

Vogliamo sapere cosa c’è dietro i prezzi dei prodotti che compriamo
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Vogliamo che produttori e lavoratori siano pagati al giusto prezzo


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(Stephen Hawking)
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