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Sprechi di cittadinanza

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Sprechi di cittadinanza

Messaggioda franz il 12/02/2019, 8:43

Sprechi di cittadinanza: 100 milioni per un software del Mississippi, ma in Italia ce ne sono di migliori (e sono gratis)

Adecco, Cooperjob, Etjca, Randstad. Sono almeno quattro le agenzie del lavoro in Italia che hanno un software potenzialmente migliore di quello scelto dal Governo per cercare lavoro a chi chiederà il reddito di cittadinanza. E c'è anche un algoritmo dell'università di Cassino

Di Andrea Fioravanti, giornalista professionista

Ci sono almeno quattro aziende in Italia che hanno un software migliore di quello scelto dal Governo per offrire un lavoro a chi chiederà il reddito di cittadinanza. Ma potrebbero essere molte di più. Sono agenzie private che da decenni hanno investito in programmi e consulenti per unire la domanda di migliaia di disoccupati con l’offerta scarsa e spesso non manifesta delle imprese. Forse non sapremo mai se abbiamo perso l’occasione di spendere (molto) meno e meglio i milioni che il Governo dovrebbe pagare al professor Domenico “Mimmo” Parisi, demografo della Mississippi State University, per il suo sogtware. Perché un bando pubblico e trasparente per scegliere la piattaforma per il reddito di cittadinanza che partirà ufficialmente il 15 aprile, non c'è stato.

E dire che una di queste piattaforme non ha bisogno neanche di un navigator per funzionare al meglio: è il caso di Cooperjob del gruppo cooperativo Cgm, in cui chiunque può postare il proprio curriculum e raccontare attraverso un video autoprodotto le proprie esperienze lavorative. Una banca dati libera e gratuita che finora ha unito la domanda di lavoro di 4800 persone e l’offerta di 1180 imprese. «Abbiamo modificato un software italiano per creare un vero modello di disintermediazione», spiega l’amministratore delegato di Cooperjob, Marco De Stefani, «chiunque può loggarsi, caricare il proprio cv, vedere le offerte di lavoro (anche di agenzie) e contattare direttamente le aziende. Non c’è intermediazione e non si viene tracciati. Siamo disponibili a mettere gratuitamente a disposizione il nostro software al ministero del Lavoro».

Etjca invece usa un software integrato che incrocia domanda e offerta attraverso dei multiposting: l’azienda che cerca un lavoratore inserisce nella piattaforma l’annuncio che poi viene ripreso da vari canali informatici e motori di ricerca per raggiungere in modi diversi e più pervasivi in giro per la Rete i potenziali candidati. «Un’altra caratteristica del nostro software è la ricerca semantica», racconta Elisabetta Tutino Graneri, direttrice operativa organizzazione e sviluppo di Etjca. «Se per esempio nella piattaforma cerco un operatore contact center il software ricerca immediatamente sul database tutti le parole che si trovano nei curricula dei candidati». Un’opzione più sofisticata rispetto al semplice inserimento di domanda e offerta previsto dal software di Parisi.

Ma è proprio per questo che il ministero del Lavoro sta assumendo diecimila navigator, si dirà. Saranno loro a fare il lavoro dell’algoritmo in maniera più “umana". «Fare search and match sulla carta è semplice, in realtà è difficile. Chi lavora nelle nostre filiali non è un semplice navigator: i nostri dipendenti sono laureati in psicologia in grado di rapportarsi in modo professionale con il candidato, non proprio gente alle prime armi con un Ipad in mano», commenta Manlio Ciralli, Chief Brand & Innovation Officer di The Adecco Group Italia. «Ma non ci sono solo loro. Una parte decisiva del nostro successo deriva dai nostri dipendenti che costantemente vanno dalle aziende per capire quali sono le esigenze. Si tratta di laureati in giurisprudenza, economia e commercio, o sociologia. Persone altamente qualificate che sanno come si fa un annuncio di lavoro per cercare personale, capiscono quali caratteristiche cerca l’azienda, definiscono i requisiti e cercano i candidati che hanno queste qualità. Perché non sempre si trovano solo nero su bianco nei curriculum».

Possiamo dire con certezza lo stesso per i diecimila navigator che saranno assunti nelle prossime settimane dal governo? Il rischio è che si limitino a incrociare la domanda e l’offerta di lavoro esistente. Senza crearne di nuova. «Dipende dalla capacità di leadership di coloro che gestiranno questi navigator e dalla cultura del lavoro che trasmetteranno», spiega Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia, l’agenzia del lavoro leader al mondo con 23,3 miliardi di euro di fatturato. «A me è capitato di trovare soluzioni fuori dall’orario di lavoro, di avere attenzione verso le persone in diversi momenti della giornata. Tutto dipenderà da quanto vorranno impegnarsi i navigator e con come saranno gestiti. Se il leader farà capire che le persone vogliono lavoro e non chiacchiere, tutto sarà più semplice. Senza quelle c’è il serio rischio è di buttare via i soldi, di illudere e poi disilludere le persone e le aziende».

Entro aprile la piattaforma del reddito di cittadinanza deve essere pronta. Ma tra gli addetti ai lavori c’è uno scetticismo generale sul fare tutto in tempi così brevi. Non tanto per le domande di lavoro che possono essere caricate facilmente dagli utenti, quanto per le offerte delle aziende. «Inserire almeno tre milioni di offerte di lavoro in 3 mesi? Improbabile, anzi non è proprio fattibile in base alla nostra esperienza. Perché le offerte di lavoro delle aziende non sono quasi mai palesi. Una gran parte del nostro lavoro è solleticare le aziende chiedendo se hanno necessità o meno» sostiene Tutino Graneri.

«Molto spesso il caporalato lo fanno le agenzie di somministazione al lavoro». Era il 22 giugno del 2018 e Di Maio era da pochi giorni ministro del Lavoro. «Se i centri per l’impiego funzionano questo mondo delle agenzie interinali sarà meno essenziali». Però otto mesi dopo il Mise ha chiesto una mano ad Assolavoro e ai sindacati per capire come realizzare la filiera del reddito di cittadinanza in tempi brevissimi. Ovvero come certificare la proposta di lavoro, l’assenso o il rifiuto. Rivoluzione dei centri per l’impiego sì, ma fatta con il “caporalato” degli altri. Uno studio rapido per conoscere le buone pratiche delle agenzie del lavoro fin qui criticate e ignorate, per trovare una soluzione pronta usabile da aprile. «Una cosa sensata, ma non è facile farlo in un mese e mezzo dopo 20 anni di nulla assoluto. Siamo in una fase di confusione. Non è un giudizio politico, ma tecnico. Le agenzie del lavoro hanno banche dati, hanno offerte di lavoro, fanno già questa professione da anni, hanno un’autorizzazione statale. Sarebbe bastato coinvolgerci prima, non aspettare otto mesi per poi fare tutto all’ultimo minuto». spiega De Stefani.

Già l’esperienza sul campo. Se ci fosse un bando trasparente e pubblico si potrebbe appaltare il lavoro a chi lo fa da decenni, o almeno capire qual è l'opzione migliore. Per dire, la piattaforma di Adecco gestisce circa 4 milioni di persone. «E a questi si aggiungono ogni anno tra le 250mila e 300mila persone che si registrano alla piattaforma attraverso il sito perché sono alla ricerca di occupazione» dice Ciralli. «Non fare un bando è una decisione politica ma siamo rimasti basiti quando abbiamo saputo che era stato coinvolto un professore del Mississippi perché facciamo questo di mestiere da più tanto tempo, l’11 febbraio saranno 20 anni esatti. Perché non fare un concorso pubblico?» dice Tutino Graneri.

Le grandi agenzie del lavoro sono sporche, brutte e cattive? Benissimo, anche in questo caso il Governo avrebbe comunque a disposizione un programma creato dodici anni fa in un piccolo ateneo italiano, forse migliore di quello di Parisi. Certo l’Università degli Studi di Cassino non ha lo stesso fascino esotico di quella del Mississippi, ma nel 2007 il professore Lucio Meglio dell’università del Lazio Meridionale teorizzò un software gratuito, open source che non ha bisogno di alcun navigator. Perché fa tutto l’algoritmo. Si chiama Senp (Sistema esperto sulle nuove professioni) e si basa su degli algoritmi esperti che uniscono in maniera più sofisticata la domanda e l’offerta. Il disoccupato inserisce sia i suoi studi (laurea in Giurisprudenza) sia le sue aspirazioni (vorrei fare il giornalista). Automaticamente il sistema esperto incrocia questi e altri dati personali con le offerte di lavoro inserite nel sistema e viene fuori l’albero delle scelte. Il software di Parisi invece non contiene le aspirazioni dell’utente (almeno a quello che sappiamo). Il Professor Meglio non ha trovato i finanziamenti e per questo ha abbandonato la sua applicazione pratica, ma il software rimane libero e gratuito. A noi però piace spendere 100 milioni per nulla, evidentemente,. Maledetta austerità.

https://www.linkiesta.it/it/article/201 ... -ma/41044/
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