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Io voto NO perché.....

Discussioni e proposte, prospettive e strategie per il Paese

Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda trilogy il 30/11/2016, 9:07

mariok ha scritto:Mozione del consiglio comunale contro la riforma.

E' semplicemente ridicolo, anche se non è l'unico caso. Mi sembra che De Magistris (e ti pareva) abbia fatto qualcosa di analogo a Napoli.

Immaginiamoci cosa si sarebbe scatenato se in qualche consiglio comunale a maggioranza PD si fosse votata una mozione a favore della riforma.

Bagarre in Campidoglio sulla mozione contro la riforma imposta dalla Raggi
Il Pd: “Grillini fascisti, tengono in ostaggio una città”....


De magistris in comune e' riuscito a occuparsi di tutto in particolare del conflitto israele palestina. La demagogia funziona. Occuparsi dei problemi reali e' difficile. Ieri in centro era pieno di ambulanti che manifestavano e la sindaca si fa di nebbia. Comunque fa piacere vedere che fassina ha trovato un suo approdo politico con i 5 stelle :roll:
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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda flaviomob il 30/11/2016, 9:47

Referendum, la vera storia del “bicameralismo superato” e dei tempi per approvare le leggi
Uno degli argomenti centrali della campagna elettorale per il referendum sulla riforma della Costituzione è il "superamento del bicameralismo paritario". Ma siamo sicuri che sia davvero "superato" il bicameralismo? E cosa cambia nell'approvazione delle leggi?

POLITICA
3 NOVEMBRE 2016 17:59
di Adriano Biondi

“Se vincerà il Sì, finalmente le proposte di legge non dovranno più pendolare tra Camera e Senato, nella speranza che prima o poi si arrivi ad un testo condiviso fino alle virgole. Tranne che per alcune limitate materie, di norma la Camera approverà le leggi e il Senato avrà al massimo 40 giorni per discutere e proporre modifiche, su cui poi la Camera esprimerà la decisione finale” (Comitato per il Sì). Quello del superamento del bicameralismo perfetto (che i sostenitori del Sì chiamano “paritario”) è considerato uno degli obiettivi fondamentali della riforma della Costituzione del Governo Renzi, assieme al contenimento dei costi della politica.

La questione è evidentemente complessa, e la tesi dei sostenitori del No è radicalmente diversa. Spiega Lorenza Carlassare su MicroMega, per esempio:

Fine del bicameralismo paritario è l’ingannevole slogan. Ma il Senato, in posizione di parità con la Camera esattamente come adesso, partecipa ancora alla più alta forma di legislazione, la revisione della Costituzione e in molti casi alla legislazione ordinaria. Si approvano infatti secondo le regole del bicameralismo paritario leggi di forte rilievo politico: elezione del Senato (art. 55), referendum, Unione europea, ineleggibilità e incompatibilità con l’ufficio di senatore, elezioni e ordinamento di comuni e città metropolitane, e altre ancora (art. 70, comma 1). Il Senato, inoltre, in modi vari e differenziati, ha voce sulla legislazione intera.

E allora? Come stanno realmente le cose? Il modo migliore per cominciare una simile analisi è quello di fare un passo indietro, cercando di mettere a fuoco qual è la situazione attuale.

La discussione referendaria si concentra intorno all’articolo 70 della Costituzione, che recita: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”. Per diventare legge, al momento, lo stesso identico testo deve essere approvato dai due rami del Parlamento. Nel caso in cui un testo, approvato da una delle due camere, subisca modifiche nell'altra camera, si innesca una dinamica chiamata “navetta”, con il ritorno alla prima camera, un nuovo esame, un nuovo voto e via discorrendo. È una sorta di effetto ping – pong fra i due rami del Parlamento che, secondo molti, è uno dei mali da estirpare del sistema Paese.

Su questo aspetto interviene la riforma del Governo Renzi, che nei fatti assegna alla sola Camera dei deputati “l’iter principale per l’approvazione di una legge”. Il fenomeno delle navette sarebbe in parte cancellato, perché su alcune materie resterebbe la necessità di una doppia approvazione.

Le leggi saranno approvate solo dalla Camera (anche quelle relative allo stato di guerra, ad amnistia, indulto e ratifica di trattati internazionali), tranne che nel caso di provvedimenti che riguardano le competenze delle Regioni e quando si tratta di:

leggi di revisione della Costituzione
leggi concernenti la tutela delle minoranze linguistiche
leggi sui referendum popolari
leggi che determinano ordinamento legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali delle Città metropolitane e dei Comuni (inclusi i principi sulle forme associative)
leggi che riguardano i rapporti tra Stato, Unione Europea e enti territoriali
Ma non è tutto, perché in generale il Senato, ove un terzo dei suoi membri ne faccia richiesta, potrà anche chiedere alla Camera dei deputati di esaminare una determinata legge e proporre modifiche entro 40 giorni. A quel punto il testo ritornerà alla Camera che potrà tenere conto delle proposte del Senato o tirare dritto, riapprovando la legge a maggioranza; nel caso di leggi di bilancio o riguardanti le Regioni, le proposte del Senato potranno essere “ignorate” solo nel caso in cui la Camera voti a maggioranza assoluta. Nel caso di leggi per le quali il Governo sceglie di optare per la corsia preferenziale del voto "a data certa", il tempo a disposizione del Senato si riduce a 20 giorni.

Insomma, parlare "in assoluto" di superamento del bicameralismo paritario non risulta essenzialmente corretto, dal momento che è tecnicamente possibile per il Senato esprimersi su un numero molto alto di disegni di legge.

Il nuovo sistema farebbe risparmiare tempo? E quanto?
Per rispondere a questa domanda, bisogna aggiungere ulteriori elementi di analisi. E, infine, contestualizzare il "cambiamento" in ragione della frequenza e dell'incidenza dello strumento che si intende "cancellare", la navetta parlamentare in questo caso.

La Costituzione consente anche ad altri “soggetti” di esercitare l’iniziativa legislativa: al Parlamento, appunto, ma anche alle Regioni, al Governo, ai cittadini e al tanto bistrattato Cnel. Non è tema di poco conto, considerando che, come mostrano le statistiche, la possibilità che una proposta diventi legge dipende in misura sempre maggiore dai soggetti che la propongono.

Relativamente all’ultima legislatura, un report di OpenPolis specifica:

A inizio settembre su 6.729 proposte di legge depositate, solo 243 hanno completato l’iter, cioè il 3,61% del totale. Il dato è quasi 10 volte superiore se si considerano solo le proposte del governo. Dei 609 disegni di legge avanzati dall’esecutivo, infatti, 195 sono diventati legge, il 32,02%. Le proposte parlamentari hanno invece percentuali di successo molto più basse: in media arriva a completare l’iter neanche l’1% dei disegni di legge depositati da deputati o senatori. Su 6.013 ddl, solo 46 hanno avuto successo.

L’iniziativa legislativa è fondamentale anche per quale che concerne le tempistiche di approvazione delle leggi:

Nella XVII legislatura sono state approvate 243 leggi, che hanno richiesto in media 237 giorni l’una (circa 8 mesi). Ma per le proposte di deputati e senatori la durata dell’iter legislativo quasi raddoppia: le 46 leggi di iniziativa parlamentare, infatti, hanno richiesto in media 504 giorni l’una (quasi un anno e mezzo).

Ben diversa la situazione per le proposte dell’esecutivo. Le 195 leggi di iniziativa governativa sono state approvate in media in 172 giorni, neanche 6 mesi. Il dato è ben sotto la media, e quasi 3 volte inferiore a quello dei parlamentari.

[…] Le 10 leggi che sono state approvate nel minor tempo dal parlamento italiano sono tutte di iniziativa governativa. Nove di esse sono conversioni di decreti legge, e una (la più veloce) la ratifica di un trattato internazionale. Per questi 10 provvedimenti dal giorno della presentazione a quello dell’approvazione è passato in media un mese.

Ovviamente incide molto sia il ricorso allo strumento del decreto, sia l'utilizzo della questione di fiducia, sia, infine, la scelta di utilizzare "tagliole", "canguri" e simili strumenti di contingentamento dei tempi di discussione. In definitiva, nella tempistica di approvazione delle leggi sembra essere determinante la "provenienza", più che il passaggio da una camera all'altra.

E le navette, allora?
In una simile ottica, da problema centrale per le tempistiche e il raggiungimento del risultato finale, il ping pong parlamentare diventa un "fattore aggiuntivo" di ritardo. 

Perché la frequenza delle navette parlamentari è notevolmente diminuita nel corso degli anni, tanto da riguardare, in questa legislatura, solo il 20% delle leggi approvate. Si legge sempre su OpenPolis: “Da inizio legislatura fino al 18 ottobre camera e senato hanno discusso e approvato 252 leggi. Di queste, 50 hanno richiesto la navetta parlamentare a causa di modifiche da parte di un ramo: il 19,84% del totale. Nella XVII legislatura, quindi, 1 legge su 5 ha subìto un’estensione dell’iter ordinario, che già richiede due approvazioni.”

Insomma, solo per una parte marginale delle leggi si verifica il ping pong tra Camera e Senato. E la doppia approvazione conforme non è necessariamente un limite per la rapidità di approvazione di un testo.

Con una sola Camera a deliberare, evidentemente i tempi "standard" potrebbero ridursi (a meno che il Senato non intervenga, nei modi che abbiamo esaminato precedentemente). Ma non è necessariamente vero che un sistema bicamerale porti alla paralisi parlamentare.

Infine, ma questa la si prenda come una mera considerazione personale di chi scrive, in alcuni casi le correzioni dell’altra camera evitano errori marchiani o provvedimenti approvati sulla scia della “componente emozionale”. Un esempio su tutti: la prima versione della legge sull’omicidio stradale. Una legge pessima, inapplicabile ed estremamente "punitiva", migliorata (non del tutto, per la verità) grazie alla navetta.

continua su: http://www.fanpage.it/referendum-la-ver ... -le-leggi/
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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda flaviomob il 30/11/2016, 9:51

C’È UN COMBINATO NASCOSTO: SE VINCE IL SÌ, LA COSTITUZIONE NON CAMBIA PIÙ

MICHELA CELLA

29 novembre 2016

Molti sostenitori del Sì riconoscono alcune (chi più, chi meno) imperfezioni e incongruenze della riforma ma sostengono, per convincere i titubanti, che poi se qualcosa in effetti funzionerà male si potrà sempre porvi rimedio in un momento successivo.
L’articolo 138 della Costituzione però non verrà modificato e continuerà a regolare l’iter di approvazione delle modifiche alla carta. Esso è concepito per cambiare la Costituzione di un sistema bicamerale perfetto. Dove le camere hanno le stesse funzioni, sono legate allo stesso modo all’esecutivo, hanno elettorati attivo e passivo pressoché coincidenti e siano soprattutto elette contemporaneamente.
Le maggioranze necessarie per apportare modifiche alla Costituzione sono, come abbiamo visto negli anni, molto difficili da raggiungere e possono diventare quasi impossibili con il nuovo Senato che sarebbe introdotto se passasse la riforma.
È altamente probabile che le due camere si trovino ad avere maggioranze diverse che potrebbero addirittura variare tra la prima e la seconda lettura, visto che il Senato non “scade” mai. La convergenza tra le due camere è quindi tutto fuorché garantita. Il Senato inoltre non ha rapporto fiduciario con l’esecutivo e quindi il governo avrebbe uno strumento in meno per “convincere” il senato a votare in un certo modo.
Siamo abituati a pensare, e la campagna elettorale del Sì lo ha spesso sottolineato, al rapporto fiduciario come a un guinzaglio all’esecutivo ma in realtà è un legame bidirezionale e in sua assenza il governo perderebbe quello che gli scienziati politici chiamano il dissolution power e che è uno strumento che può servire a “disciplinare” un ramo del parlamento. Ramo del parlamento che anche con la riforma mantiene un potere legislativo significativo su molte materie importanti oltre alle leggi Costituzionali e spesso controverse, come la legge elettorale.
Immaginiamo, ad esempio, un Senato con una maggioranza di partiti antieuropeisti chiamato a pronunciarsi sulla ratifica di un trattato dell’Unione Europea: può rifiutarsi ad libitum e il governo non ha nessuno strumento istituzionale per sbloccare la situazione. Non può minacciare il termine anticipato della legislatura, perché appunto i senatori scadono solo al termine delle rispettive legislature regionali.
Tutto questo potrebbe succedere con buona pace di chi elogia la riforma per l’eliminazione del doppio voto di fiducia perché toglierebbe di mezzo un veto player. In realtà avremmo creato un veto player ancora più potente e slegato dal governo che potrebbe mettere un bel bastone tra le ruote, altro che sabbia negli ingranaggi.
Questo è vero per tutte le future leggi bicamerali ma tanto più vero per le future modifiche costituzionali.
Pensateci quindi bene, di questa riforma dovete essere molto convinti perché d’ora in avanti sarà molto più difficile cambiare la costituzione e rimediare ad eventuali pasticci.

http://www.glistatigenerali.com/partiti ... -nascosto/


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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda Giovigbe il 30/11/2016, 11:01

trilogy ha scritto:............................................ Comunque fa piacere vedere che fassina ha trovato un suo approdo politico con i 5 stelle :roll:


trilogy, io non vivo seguendo 24 ore su 24 Fassina, ne sono il suo difensore d'ufficio .....quindi posso non sapere qualcosa che tu sai oppure non aver letto qualche cosa che tu hai letto.....ma se "l'approdo politico con i 5 stelle" è testimoniato solo dall'adesione (ovvia, vista le posizioni di Fassina) alla mozione per il NO .........be, scusami, ma il tuo è il classico screditare l'avversario invece che utilizzare argomenti.....da Renzi non mi sorprende .......fin qui, tra i forumisti, è un comportamento di pochi ......spero non dilaghi
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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda flaviomob il 30/11/2016, 11:07

Il sì che chiude, il no che apre

Ida Dominijanni, giornalista

Meno cinque al fatidico 4 dicembre, e stando a quel che passano governo e mezzi d’informazione non è chiaro su che cosa stiamo per andare a votare. Sul governo? Sullo spettro a 5 stelle che incombe? Sullo spread? Sui diktat dei mercati? Sui desiderata della Bce, di Angela Merkel, di Marchionne, del Financial Times, dell’Economist? Sull’eterogeneità dell’“accozzaglia” per il no e sulla rassicurante omogeneità della coalizione Renzi-Verdini per il sì? Sul precipizio oscurantista e il “rigor mortis” – giuro che l’ho letto – in cui ci butterebbe il no e sul sol dell’avvenire che risorgerebbe con il sì? Sul tripudio che ci prende ascoltando le istruzioni per il voto di Vincenzo De Luca, che il governo premia invece di scomunicarlo e che i talk titillano perché lui è fatto così e un po’ di political uncorrectness stile Trump anche in Italia non guasta?

Mai un voto, a mia memoria, è stato sottoposto a pressioni così esagitate, improprie e depistanti: più che una campagna referendaria sembra una nobile gara a chi ci tratta meglio da stupidi. Contro questo depistaggio sistematico e rumoroso non resta, in quest’ultima settimana, che tenere bassi i toni e dritta la barra. Intanto: si vota su una proposta di revisione – o meglio, di riscrittura: 47 articoli su 139 – della Costituzione, che a onta di chi la sta bistrattando come l’ultima delle leggi ordinarie resta il patto fondamentale che ci unisce, o dovrebbe. La posta in gioco è abbastanza alta per esprimersi su questo, e solo su questo. Sì o no?

Io dico no, per ragioni di merito e di metodo, e per una terza ragione, di valutazione storica. Comincio dalle ragioni di merito. Primo, con la riforma il bicameralismo non finisce ma resta, non più paritario ma in compenso molto confuso. Il senato non sparisce ma non sarà più elettivo. Non diventa affatto un senato delle autonomie, espressione dei governi regionali e con competenze sul bilancio, ma una camera di serie b, composta da consiglieri regionali e sindaci scelti su base partitocratica, i quali tuttavia, pur privi di legittimazione elettorale, avranno competenze su materie cruciali come i rapporti con l’Unione europea e le leggi costituzionali e potranno richiamare le leggi approvate dalla camera per modificarle. Secondo, la riforma del titolo V, invece di correggere quella malfatta nel 2001 dal centrosinistra, la rovescia nel suo contrario: da troppo regionalismo si passa a troppo centralismo, con la clausola di supremazia dell’interesse nazionale che tronca in partenza qualunque opposizione dei comuni e delle regioni a trivelle, inceneritori, grandi opere, centrali a carbone e quant’altro: se il governo li considera “di interesse nazionale” e ce li pianta sotto casa ce li teniamo.

Terzo, combinata con l’Italicum (che è la legge elettorale vigente, e non è affatto detto che cambierà se vince il sì, nonostante le promesse di Renzi in questo senso, prese per buone da una parte della minoranza Pd) la riforma istituisce di fatto (ma senza dichiararlo, come almeno faceva la proposta di riforma Berlusconi del 2005) il premierato assoluto: maggioranza dell’unica camera titolare del voto di fiducia al partito che vince le elezioni, in caso di forte astensione anche con un misero 25 per cento del corpo elettorale; ulteriore incremento del potere legislativo del governo e del capo del governo. E non bastasse, elezione del presidente della repubblica in mano al partito di maggioranza a partire dalla settima votazione, in caso di assenza di una parte dell’opposizione. Detto in sintesi, il cuore della riforma sta in un rafforzamento dell’esecutivo e del premier a spese del parlamento e della rappresentanza, in un accentramento neostatalista a spese delle istituzioni territoriali, in una lesione del diritto di voto dei cittadini: il contrario di quello che una buona riforma dovrebbe fare.

Passo alle ragioni di metodo, per me perfino più decisive di quelle di merito. Questa riforma è nata male e cresciuta peggio. È nata da un’indebita avocazione a sé, da parte del governo, di un potere costituente che non è del governo, ed è stata approvata – a base di minacce di elezioni anticipate, sedute notturne, canguri e dimissionamento dei dissidenti – da una maggioranza parlamentare risicata e figlia, a sua volta, di una legge elettorale dichiarata illegittima dalla corte costituzionale. Dopodiché è stata brandita dal presidente del consiglio come una personale arma di autolegittimazione e di sfida degli “avversari” – “parrucconi”, gufi, “accozzaglie” e quant’altro – sulla base dell’unica benzina che muove la macchina renziana, cioè della parola d’ordine della rottamazione, applicata anche alla carta del 1948. Una riforma profondamente e programmaticamente divisiva del patto fondamentale che dovrebbe unire: è questa la contraddizione stridente che minaccia il cuore stesso del costituzionalismo, e ricorda il sovversivismo delle classi dirigenti di gramsciana memoria. A quanti e quante votano sì tappandosi il naso, per paura delle eventuali conseguenze destabilizzanti di una vittoria del no, vorrei sommessamente chiedere di non sottovalutare la ferita difficilmente cicatrizzabile che potrebbe invece conseguire da una vittoria del sì, ovvero dall’approvazione di una costituzione non di tutti ma di parte.

Non è l’unica contraddizione che accompagna questo referendum: ce n’è un’altra, più promettente. Presentata come una svolta radicale, e corredata dal lessico che da mesi ci bombarda incontrastato da tutti i media – innovazione vs conservazione; decisione vs consociazione; velocità vs paralisi; semplificazione vs complessità – la riforma Renzi-Boschi in realtà non innova ma conserva, e non apre ma chiude un ciclo. Sigilla – o ambisce a sigillare – il quarantennio dell’attacco neoliberale alle democrazie costituzionali novecentesche, racchiuso tra il rapporto della Trilateral per la “riduzione della complessità” democratica e l’attacco della JP Morgan contro le costituzioni antifasciste dei paesi dell’Europa meridionale. La storia del revisionismo costituzionale italiano, dalla “grande riforma” vagheggiata da Craxi a quella bocciata di Berlusconi a molte delle stesse ipotesi del centrosinistra, è accompagnata dalla stessa musica: più decisione e meno rappresentanza, più governabilità e meno diritti, più stabilità e meno conflitto. E malgrado le grandi riforme della costituzione siano state fin qui respinte, questi cambiamenti sono già entrati ampiamente, e purtroppo, nella nostra costituzione materiale (nonché in quella formale, come nel caso del pareggio di bilancio).

Renzi ha ragione, dal suo punto di vista, a dire che finalmente può riuscire a lui quello che ad altri non è riuscito: costituzionalizzare il depotenziamento già avvenuto della nostra democrazia. Per questo il sì chiude un ciclo, mentre è solo il no, con tutti i suoi imprevisti, che può aprirne uno nuovo. Basta partecipare a uno solo degli incontri sul referendum che pullulano ovunque in questi giorni per capire quanto questo sentimento sia vivo nella generazione più giovane, che della costituzione parla al di fuori della narrazione ripetitiva degli ultimi decenni.

http://www.internazionale.it/opinione/i ... nale-si-no

Come funziona il senato in altri paesi europei

...
http://www.internazionale.it/notizie/20 ... si-europei


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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda trilogy il 30/11/2016, 11:27

Giovigbe ha scritto:
trilogy ha scritto:............................................ Comunque fa piacere vedere che fassina ha trovato un suo approdo politico con i 5 stelle :roll:


trilogy, io non vivo seguendo 24 ore su 24 Fassina, ne sono il suo difensore d'ufficio .....quindi posso non sapere qualcosa che tu sai oppure non aver letto qualche cosa che tu hai letto.....ma se "l'approdo politico con i 5 stelle" è testimoniato solo dall'adesione (ovvia, vista le posizioni di Fassina) alla mozione per il NO .........be, scusami, ma il tuo è il classico screditare l'avversario invece che utilizzare argomenti.....da Renzi non mi sorprende .......fin qui, tra i forumisti, è un comportamento di pochi ......spero non dilaghi


Sono usciti TUTTI dall'aula, a parte i 5Stelle e Fassina, mi sembra si sia screditato da solo.

[..]Hanno partecipato al voto solamente i consiglieri del Movimento Cinque Stelle e il deputato e consigliere capitolino di Sinistra italiana, Stefano Fassina che è stato duramente contestato. “Aventino” da parte di tutti gli altri gruppi di opposizione, che hanno abbandonato l’Aula in segno di protesta[..]

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... m/3225486/
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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda flaviomob il 30/11/2016, 11:45

E quindi?


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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda Giovigbe il 30/11/2016, 12:07

trilogy ha scritto:Sono usciti TUTTI dall'aula, a parte i 5Stelle e Fassina, mi sembra si sia screditato da solo.

[..]Hanno partecipato al voto solamente i consiglieri del Movimento Cinque Stelle e il deputato e consigliere capitolino di Sinistra italiana, Stefano Fassina che è stato duramente contestato. “Aventino” da parte di tutti gli altri gruppi di opposizione, che hanno abbandonato l’Aula in segno di protesta[..]

http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... m/3225486/


ma si trattava della mozione per il NO ......io continuo a dubitare che si tratti di una adesione a tutto campo a M5S......vedremo nel futuro se hai previsto bene ......o screditato

Comunque in tema di voti ....e stavolta per cose concrete...sono stati tolti 50 mln per la sanità pugliese ......
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/30/ilva-renzi-oltre-un-miliardo-di-risarcimento-dalla-famiglia-riva-sara-usato-per-risanare-taranto/3226761/....con un peso ben maggiore che un voto su una mozione e con un significato ancora peggiore ...ci sono figli (i campani di De Luca) ....e figliastri (i pugliesi di Emiliano)......NO ...Renzi non fa per me
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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda pianogrande il 30/11/2016, 12:25

Giovigbe ha scritto:
trilogy ha scritto:............................................ Comunque fa piacere vedere che fassina ha trovato un suo approdo politico con i 5 stelle :roll:


trilogy, io non vivo seguendo 24 ore su 24 Fassina, ne sono il suo difensore d'ufficio .....quindi posso non sapere qualcosa che tu sai oppure non aver letto qualche cosa che tu hai letto.....ma se "l'approdo politico con i 5 stelle" è testimoniato solo dall'adesione (ovvia, vista le posizioni di Fassina) alla mozione per il NO .........be, scusami, ma il tuo è il classico screditare l'avversario invece che utilizzare argomenti.....da Renzi non mi sorprende .......fin qui, tra i forumisti, è un comportamento di pochi ......spero non dilaghi


Non mi scandalizza il no di Fassina.
Mi scandalizza la sua adesione a questa invasione di un'aula consiliare comunale per una mozione propagandistica che non ha niente a che fare con l'amministrazione della città.
Il Campidoglio non è una proprietà privata della Casaleggio e soci.
Il fatto che Fassina abbia legittimato questo sopruso squalifica lui ancora più dei 5 Stelle che hanno un padrone a cui rispondere.
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Io voto NO perché.....

Messaggioda flaviomob il 30/11/2016, 12:28

Quando lo fanno Schaeuble, Juncker o Obama, che hanno ben altra carica ed influenza, va tutto bene?


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