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Referendum: svolta storica dei lavoratori

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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda flaviomob il 19/01/2011, 12:12

Lodes scrive:
L’azienda ha avviato il confronto con le OOSS mettendo sul tavolo due elementi: un significativo investimento teso a rilanciare la presenza industriale nel nostro paese con un’ottica sinergica rispetto alla propria dimensione multinazionale e l’esigenza, per rendere sostenibile tale investimento, di creare un quadro normativo/contrattuale in deroga al contratto nazionale. Rispetto a questo la FIOM si è seduta per negoziare mettendo sul tavolo i così detti “diritti indisponibili” . Vale a dire no al contratto in deroga, no alla clausola di garanzia.


Il 'significativo investimento' era stato promesso anche per Pomigliano, ma non si è visto assolutamente nulla.
Fiat riduce le proprie vendite del 17% in un anno, ha il dato peggiore di tutte le case europee, punta su modelli come la nuova 500 che certamente non possono definirsi di fascia media o medio-alta. Eppure il famoso italian style in molti ambiti riusciva a sfondare nel mondo, in passato.
Fare carta straccia di un contratto collettivo nazionale significa che d'ora in poi chiunque vorrà fottersene, potrà farlo.
I diritti indisponibili riguardano diritti costituzionalmente sanciti: il diritto alla salute (e quindi malattia retribuita: non è certo così che si combatte l'assenteismo nel resto d'Europa), il diritto di sciopero che è individuale e può essere regolato solo dalla legge, non da un contratto privato.


Ora c’è da domandarsi: cosa ha spinto la FIOM a mettere sul tavolo delle pregiudiziali?


1.La Costituzione italiana
2.Lo Statuto della Fiom-Cgil


Infatti in tutta questa vertenza c’è stato, da parte della FIOM, un richiamo costante ai “diritti”, alla dignità dei lavoratori, all’autoritarismo di Marchionne che vuole riportare indietro l’orologio della storia: quello è diventato il tema dello scontro.

Questa è la realtà dei fatti.
Mancando in Italia dei forti contrappesi sociali quali un sussidio di disoccupazione che garantisca universalmente un tenore di vita dignitoso in caso di perdita del posto di lavoro, la partecipazione dei lavoratori al processo decisionale in azienda, la sicurezza di svolgere un lavoro che non comprometterà usurandole per sempre le capacità fisiche del lavoratore (cosa che in Fiat avviene abbastanza spesso e negli ultimi anni c'è già stata una regressione), il lavoratore è molto più facilmente ricattabile.
Se Marchionne avesse detto 'sposto tutto' e gli operai fossero stati certi di avere un sussidio di disoccupazione adeguato e dignitoso finché non avessero trovato un altro lavoro, il ricattone non avrebbe mai funzionato...

Da una parte l’azienda e i sindacati (tutti gialli) firmatari e dall’altra la FIOM che lotta per impedire lo strapotere padronale. Sarebbero tante le argomentazioni che smontano la tesi FIOM e che dimostrano come l’obiettivo non fosse, e non è, raggiungere una intesa (dagli accordi simili firmati in altri settori al livello di analogo non-sfruttamento in atto nelle corrispondenti fabbriche europee, alla inconsistenza delle tesi dal punto di vista giuridico) ma quello che conta è il risultato della strategia FIOM.


Parli tu stesso di 'strapotere' padronale, evidentemente è un ottimo obiettivo in una democrazia impedire lo strapotere di una parte...

Certo la FIOM un risultato lo ha ottenuto: è riuscita a ri-aggregare attorno alla questione operaia una sinistra che ritrova la propria motivazione e il proprio ruolo.


Ha riempito il vuoto lasciato dalla politica, da tutta la politica: di sinistra, centro o destra che sia.

Oggi, però, la realtà con cui i lavoratori, si devono misurare è un’altra: abbiamo un accordo che va gestito, ma la FIOM non siede al tavolo con l’azienda; abbiamo una azienda che si è impegnata su di un investimento e, oggi, Marchionne dice che l’obiettivo è di arrivare a una redistribuzione di ricchezza (partecipazione azionaria e agli utili) ma abbiamo una delegazione sindacale aziendale in cui è assente la FIOM.


Non è detto che tutto ciò sia legale, aspettiamo i ricorsi e le sentenze. Ah, maledette toghe rosse :)

Abbiamo i lavoratori ( tutti quanti) spaventati per ciò che dovranno affrontare, divisi perché il sindacato è diviso. Ecco questo è lo scenario, e il sindacato dovrebbe essere protagonista pressando l’azienda sul rispetto dell’investimento e negoziando tempi, verifiche, modalità per arrivare a quell’obiettivo.


La divisione del sindacato è un male storico dell'Italia, non certo una questione di oggi. Ci sono i sindacati che difendono... i padroni... e poi ci sono i veri sindacati :lol: Che paese pluralista!

Tutto questo non sarà: ancora una volta in Italia la FIOM si arrocca sull’idea di un sindacato che, forse, poteva essere coerente con l’industria del novecento, ma che certamente, oggi, nel mondo globalizzato gli impedisce di essere protagonista del confronto per portare il paese fuori dalle secche in cui è impantanato.


Discorso assurdo se riferito alla sola Fiom. Tutti i sindacati nazionali sono obsoleti, oggi. Del resto se i politici che governano mezzo mondo si relazionano ad un regime antidemocratico come la Cina fingendo che tutto vada bene, madama la marchesa, possiamo pretendere che i nostri operai facciano concorrenza ai loro, che non hanno libertà sindacali, non godono di diritti civili e percepiscono un reddito che è una frazione di quanto servirebbe ad un occidentale per la pura sussistenza?

Allora se guardiamo l’accordo dal punto di vista dell’”interesse dei lavoratori” mi pare evidente che la posizione della FIOM non porta alcun beneficio ai lavoratori.


Eppure la posizione della Fiom, che a Mirafiori raccoglie circa 900 iscritti, ha ottenuto più di duemila voti, in un referendum svolto in un clima profondamente ricattatorio. Anche a Pomigliano ci fu un ricatto enorme da parte della proprietà, ma i risultati furono più schiacciati sulla parte padronale.

La FIAT andrà avanti ma lo farà con un sindacato diviso e nel suo complesso debole. Nulla di nuovo sotto il sole. D’altro canto tale risultato è il frutto dell’agonia della sinistra politica e in particolare del PD che non è quel (nuovo) partito riformista e di governo che doveva essere: tutto nasce da lì.


Il PD è, per dirla alla Metternich, una 'espressione geografica'.
ciao
F


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda lucameni il 19/01/2011, 13:03

lodes ha scritto:Certo che come benvenuto non c'è male. Se le mie parole sono"miserevoli pensate" chi scrive questa frase non ha, evidentemente, altro da esprimere, ma forse rileggendo attentamente quello che ho scritto potrebbe mettere insieme un pensiero articolato.
Comunque grazie per l'attenzione.
Enzo Lodesani



Normale amministrazione qui dentro.
Era addirittura peggio in altro forum (credo fosse quello ufficiale dei democratici) dove definirsi "non di sinistra" come il sottoscritto, seppur elettore a sinistra per ripiego e per ripulsa berlusconiana, è stato motivo di perenni contestazioni, fino ad arrivare a censure preventive da parte di una moderazione ridicola che nel suo dichiarato antiberlusconismo si dimostrava con gli stessi vizi intolleranti di chi a chiacchiere diceva di combattere; e malgrado poi su tanti argomenti destra-sinistra non rispondano sempre alle posizioni che i media e gli organi di partito propagandano come proprie dei "moderati" e dei "radicali" (legalità, grandi opere inutili, cementificazione dell'Italia, alleanze).
Se le può far piacere io qui non sono d'accordo con nessuno, nemmeno nel merito di Mirafiori, visto che a problemi complessi, tanto più in mancanza di una politica industriale e di un minimo di realismo, non esistono soluzioni facili e comunque indolori.
Temo comunque che qui spesso si parli per impeto (sopratutto quando in mezzo ci sono aspetti tecnici e/o che necessitano di solide conoscenze), ma non sempre si sia in grado di andare oltre le notiziole spicciole e parziali che i media ci raccontano.
Ripeto: tanto più quando si tratta di problemi complessi si rischia di parlare sul nulla, sulla base del proprio sentire ideologico, idiosincrasie e niente più.
Quindi, tutto nella norma, nulla di cui meravigliarsi.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda pierodm il 19/01/2011, 13:52

Luca, mi sembra che tu sia ingeneroso con questo forum: non trovo leale descrivere ciò che succedeva in un altro luogo di discussione, gettando indirettamente un'ombra o qualcosa di peggio sul forum in cui ti trovi ora.
Non ho frainteso ciò che hai scritto, e so bene che non intendevi essere capzioso, ma il risultato involontario finisce per essere quello che dicevo.

Il problema -almeno qui in questo forum, o almeno per me - non è quello di dichiararsi di destra o di sinistra: io ho avuto non solo amici di destra, ma ho partecipato per un certo periodo (al tempo dei newsgroup) ad un sito del MSI-AN, senza problemi, e sicuramente con meno attriti di quanti mi capiti di averne qui nel forum con due o tre persone, che non metto nel conto in questo discorso.
Complessivamente mi sembra che qui non ci sia quel tipo di pregiudiziali, e che si possa parlare serenamente, e anche "litigare" senza acredine.
Se problema c'è, è quello del merito dei discorsi, non delle etichette.
Dal mio punto di vista, le idee e le posizioni che hai espresso in questo forum sono assai pertinenti non voglio dire alla "sinistra (che ormai non si capisce più di cosa sia fatta) ma sicuramente ad una dimensione rifondativa dell'area progressista.
Nion è un caso, sotto questo aspetto, che anche nelle tue polemiche tu non hai quell'atteggiamento che Annalu ha proprio ieri definito "astioso", e grottescamente sprezzante: certo, in questo gioca anche il fattore caratteriale, ma io tendo a vederci anche una componente intellettuale.

Io credo che un passo avanti importante, verso il consolidamento di quest'area politica, potrà avvenire nel momento in cui avverranno due cose:
- Il riconoscimento e l'emersione chiara della laicità della componente che fa capo alla cultura cattolica;
- il rispetto della cultura socialista e in generale della sinistra da parte della componente di cui sopra, e dei reduci incattiviti del craxismo.

Non parlo di adesioni incondizionate e di sottomissioni, ma di rispetto.
Trovarsi a polemizzare gettandosi addosso le malefatte della Santa Chiesa Romana o dello stalinismo è assurdo: si deve presumere che qui, in quest'area progressista, non convergano né i nipotini di Torquemada, nè i nipotini di Baffone, e nemmeno degli sprovveduti che hanno inneggiato a Sbardella o alle BR.
A meno che, appunto, questioni di merito non intervengano a smentire questa "presunzione di innocenza".
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda lucameni il 19/01/2011, 14:09

Ma non è che poi la mia sia una critica particolarmente rabbiosa.
Prendo atto, con una certa consapevolezza, tanto più stando in condizione spesso "intermedia" tipo Annalu.
"Ombre" vere sono le posizioni di un troll come disallineato; il resto sono espressioni frequenti di un certo proporsi alla politica che in genere non condivido ma che non posso certo fustigare da mane a sera.
Fermo restando il dente avvelenato per le volte che altrove, con altri, sono stato etichettato senza molto senso.
Quello posso ammetterlo!

Rimane la mia idea che in un periodo di estremo caos, anche oggettivo e non solo dato dalla fine impero berlusconiano, sia molto difficile distinguersi bene tra progressisti e conservatori, almeno come storicamente intesi.
Le mie posizioni in tema strettamente di "morale" (aborto etc etc) possono essere tacciate di conservatorismo estremo (anche se accetto la 194) mentre quelle su ambiente, opere pubbliche (magari grazie a qualche informazione appresa negli anni) mi farebbero passare per losco sovversivo (secondo la vulgata dei media).
Che dire?
L'ideale sarebbe argomentare sempre e comunque in maniera completa, ma capisco la difficoltà e i tempi ristretti per farsi capire (nel caso ci siano interlocutori disponibili)
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda matthelm il 19/01/2011, 16:28

Lucameni, molto spesso, non sempre, mi ritrovo in tue riflessioni ed in particolare mi riconosco nelle “rappresentazioni” che di te fanno, come dici, gli altri.
Questo per la tua dichiarata condizione “intermedia” che ti salvaguarda dal fideismo ideologico.
Ecco perché propongo il capovolgimento dei due “comandamenti” del pierodm:

Io credo che un passo avanti importante, verso il consolidamento di quest'area politica, potrà avvenire nel momento in cui avverranno due cose:
- Il riconoscimento e l'emersione chiara della laicità, contro il laicismo della componente che fa capo alla cultura della sinistra radicale;
- il rispetto della cultura popolare, moderata o centrista che si voglia e in generale non di sinistra, da parte della componente di cui sopra, e dei reduci incattiviti della sinistra emarginata ed ex sessantottina vero freno alla costruzione di una alternativa democratica e riformista al berlusconismo.

Mi rendo conto che sono enunciazioni “pesanti” che non possono essere definite in due battute.
Ma tant’è che… “c’è la stessa distanza dal ponte all’acqua che dall’acqua al ponte” e capire questo da parte di certi “maestri” sarebbe un passo in avanti.
Ultima modifica di matthelm il 19/01/2011, 22:20, modificato 1 volta in totale.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda lodes il 19/01/2011, 16:46

Caro Flavio ti ringrazio per l’attenzione che mi hai riservato e per il modo garbato con cui argomenti il tuo dissenso rispetto al mio intervento.

Provo a dire la mia cercando di contribuire a dare chiarezza alle posizioni e se possibile superare le contraposizioni, scusandomi in anticipo della lunghezza.

Mi scuserai se non seguo l’ordine dei punti su cui hai messo attenzione.
C’è un punto di premessa che credo vada chiarito e che riguarda la FIAT e il suo ruolo nel sistema paese. Non c’è dubbio che il giudizio anche storico che si può esprimere è a dir poco critico. La storia la conosciamo tutti e dire che la FIAT è stata, da sempre, una azienda che ha potuto prosperare in un mercato protetto e attingendo ai soldi dello stato è dire una ovvietà. Ma non voglio rifarne la storia, mi interessa partire dall’arrivo di Marchionne: una azienda allo stremo e senza nessuna speranza di salvarsi all’interno di un settore maturo e in crisi. Settore che tuttora vede una competizione che porterà ad una ulteriore riduzione dei player.
In questa situazione Marchionne ha annunciato obiettivi sulla carta molto ambiziosi: darsi una articolazione multinazionale e attraverso sinergie produttive e di rinnovo dei prodotti continuare ad essere parte di quel ristretto gruppo di produttori di auto. Da questo quadro esce la proposta degli investimenti in Italia. Penso si debba essere tutti d’accordo nel dare il benvenuto ad una azienda che invece di rinunciare alla lotta competitiva, afferma la volontà di mantenere la presenza in Italia e di operare una cesura con la storia della FIAT assistita, navigando nel mare aperto del mercato. Certo, intenzioni tutte da verificare, ma andiamo avanti con il ragionamento. Se quello è il quadro di riferimento strategico dell’azienda, Marchionne ha posto un problema. Le relazioni industriali italiane si svolgono sulla base di norme contrattuali e legislative vecchie di oltre trent’anni : basta ricordare che il modello del contratto nazionale dei metalmeccanici risale, ed è sostanzialmente invariato, agli anni settanta. Per non parlare delle leggi di protezione sociale (il welfare) che tu stesso richiami criticamente; in quanto alle norme costituzionali ricordo che gli art. 39/40 (libertà sindacale e diritto di sciopero) dopo sessant’anni non hanno le leggi che dovrebbero regolarli. Questo insieme di questioni contrattuali, secondo Marchionne, non consente la gestione di un progetto industriale di quel tipo. In altre parole, secondo Marchionne e la FIAT, è necessario un quadro normativo completamente diverso. Ovviamente dentro a questa impostazione ci sta anche la clausola di garanzia e cioè la certezza che una volta definito e sottoscritto un accordo questo sia rispettato. Può piacere o non piacere, ma queste sono le questioni dirimenti poste da FIAT. Il sindacato non si è trovato, dunque, davanti ad un ricatto ma ad una credibile e non smentibile esigenza: investimento sì. ma accompagnato da regole simili a quelle in essere negli stabilimenti dei concorrenti europei. L’opporre a questa impostazione aziendale il rifiuto di negoziare “diritti indisponibili” può solo portare come conseguenza l’impossibilità di negoziare. Infatti, facciamo l’ipotesi che le altre OOSS avessero seguito la FIOM: il negoziato non sarebbe andato avanti e c’è da credere che il progetto FIAT avrebbe trovato altre strade con una inevitabile maginalizzazione della sua presenza in Italia. O si immagina un ripensamento FIAT? Magari con un bell’aiuto di stato?!
Come ho cercato di dire nel precedente post, la FIOM si è preclusa la possibilità di “negoziare” su un terreno sicuramente diverso ma che gli avrebbe consentito di portare a casa cose che in Italia non ci sono: come appunto la compartecipazione o, a questo punto sì, un piano più preciso dal punto di vista del progetto industriale. Se non si capisce che solo assumendosi la responsabilità nella gestione della rappresentanza e, quindi, dei contratti che si sottoscrivono, si può pretendere di piantare delle nuove bandiere di tutela dei lavoratori. Dunque difendere i lavoratori: questo è il mestiere del sindacato. Ma vediamo che l’idea della FIOM rifiuta di esaminare la credibilità di Marchionne nel suo luogo deputato, facendo l’accordo e gestendolo. Un accordo che verificasse, appunto, i nuovi terreni, come la partecipazione azionaria da parte dei lavoratori. Questo però mette in evidenza che per la FIOM significherebbe abbandorare l’impostazione antagonista per assumersi la “responsabilità” della cogestione. Questo è lo scenario che si sarebbe potuto aprire, ma molto meglio gridare ai diritti negati. Nell’intervista di oggi al Manifesto, Landini, a proposito della partecipazione agli utili afferma:
“Certo, intanto sarebbe importante che i lavoratori potessero partecipare a trattare le condizioni di lavoro e sui modelli organizzativi utilizzati. La realizzazione delle persone nel lavoro non passa semplicemente attraverso i soldi.”
Appunto, appare chiara l’impostazione politica: alla FIOM interessa mettere in discussione l’organizzazione del lavoro in una logica antagonista. In Italia questa impostazione che, ripeto, aveva una sua logica nel sistema industriale degli anni settanta, ha contribuito alla marginalizzazione del paese con una carenza endemica di investimenti esteri. Impostazione che è stata gradevolmente accettata anche dalla Confindustria: tutti sappiamo quanto al padronato italiano ha fatto comodo un mercato protetto dalle svalutazioni competitive e l’attingere agli aiuti di stato. Che sia chiaro, quindi, che la mia critica verso la Confindustria è anche più forte.
Tutto questo per dire che il problema non è fare carta straccia del contratto nazionale, ma è quello di avere il coraggio di trovare soluzioni a problemi che negli anni settanta non si ponevano. E il sindacato preferisce una controparte che esce dalle logiche italiote o una che prova a metterci del suo (ancorchè tutto da verificare) uscendo in mare aperto? Il contratto nazionale non è una Bibbia, è un accordo tra le parti, e se questo non consente di gestire la nuova realtà perché opporsi ad altre soluzioni? Aggiungo a questo anche la carenza legislativa che indica una responsabilità della politica, ma non è che una azienda e i sindacati debbano aspettare che la politica faccia il suo mestiere, anzi! Tanto più le parti sociali riescono ad avanzare sul terreno delle relazioni industriali, tanto più la politica sarà spinta a muoversi. Il problema di rilanciare la FIAT c’è oggi e non domani. Sempre in tema di norme, caro Flavio, la tutela della malattia avviene all’interno di una norma contrattuale e come tutte le norme contrattuali è possibile modificarla. Insomma liberiamoci dall’ideologia e stiamo al mestiere del sindacato: quello di difendere gli interessi dei lavoratori. L’essere fuori da un accordo non aumenta la possibilità di tutelare i lavoratori, anzi esattamente l’opposto.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda pierodm il 19/01/2011, 20:04

il riconoscimento e l'emersione chiara della laicità, contro il laicismo, della componente che fa capo alla cultura della sinistra radicale

Sinistra radicale un tubo.

Wiki.
Il laicismo sostiene la piena autonomia dello Stato e dei suoi principî rispetto alle autorità e alle confessioni religiose: si può definire Stato laico quello che agisce mantenendo un atteggiamento imparziale nei confronti delle fedi religiose dei cittadini, siano queste maggioritarie o minoritarie.
In questa accezione il termine nasce storicamente nel XVIII secolo quale critica al potere che la Chiesa cattolica ha esercitato costantemente e pervicacemente per il condizionamento istituzionale e costituzionale sui costruendi stati dell'Europa moderna.
Buona parte delle critiche rivolte al laicismo consistono nel sostenere che questa posizione comporti ostilita' a prescindere nei confronti della Chiesa e delle altre istituzioni religiose. Il laicismo ammette l'esistenza sul territorio dello Stato di istituzioni religiose, e la possibilità che queste possano esprimere posizioni morali, politiche o sociali, ma ciò fin quando queste non vengano imposte, in forza di legge, anche a chi non le condivide.

...La Chiesa cattolica giudica negativamente la visione laicista in quanto fonda la propria fede sul rapporto tra la "comunità" e Dio, mentre le Chiese Protestanti prediligono un rapporto diretto, e, per questo motivo, sono convinte della necessità di non imporre alcun loro precetto per legge anche a coloro che non sono protestanti.

Da un punto di vista anche strettamente legale, questa pretesa di non essere sottoposti a leggi non condivise è ritenuto da alcuni ideologico e non corretto, dato che le leggi si definiscono con maggioranze parlamentari scelte con libere elezioni. Laicità e laicismo (a prescindere dal fatto che si sia convinti di un diverso significato dei termini o meno) si fondano sul pluralismo e sul metodo democratico.

...Si riscontrano punti di vista diversi sul significato dei termini laicità e laicismo. Alcuni dizionari della lingua italiana come il De Mauro, in accordo alla definizione storica del termine laicismo, considerano i due termini come sinonimi. Il suffisso "ismo" dà sovente una connotazione negativa al termine e non a caso sono i credenti che si dichiarano laici indicando con laicisti gli appartenenti a una controparte anti-religiosa.

Tra i politici italiani è diffusa l'avversione a vedersi attribuita la definizione di "laicista" perché, almeno secondo una parte dell'opinione pubblica, il termine ha assunto ormai un significato negativo, mentre la qualifica di difensori della "laicità dello stato" avrebbe una connotazione positiva, anche se spesso non c'è accordo sul significato di questa espressione.

...In Francia la Costituzione proibisce il riconoscimento di qualsiasi religione (eccetto per alcune congregazioni preesistenti come i cappellani militari o in Alsazia-Lorena) ma consente il riconoscimento di organizzazioni religiose sulla base di criteri formali di legge esterni alla dottrina religiosa:

* se il solo scopo dell'organizzazione è organizzare attività religiose;
* se l'organizzazione non turba l'ordine pubblico.

Il laicismo è correntemente accettato da tutte le principali religioni francesi. Fanno eccezione alcuni correnti di estrema destra reazionarie e monarchiche che desiderano l'imposizione del Cristianesimo Cattolico come religione di stato con un ruolo civile e alcuni leader islamici che non riconoscono la superiorità della legge civile sui precetti religiosi, cosa peraltro in comune con i fedeli cristiani (vedi obiezione di coscienza).

Anche se non è loro probito di fare dichiarazioni su argomenti religiosi, I leader politici francesi solitamente non mostrano apertamente che alcune loro politiche possono essere direttamente ispirate da considerazioni religiose; le argomentazioni religiose in Francia sono considerate incompatibili con un dibattito politico ragionato. Certamente i politici francesi possono apertamente praticare la loro religione (ad esempio i presidenti francesi Jacques Chirac e Nicolas Sarkozy si dicono apertamente cattolici) ma ci si aspetta che non si lascino influenzare nelle loro scelte politiche dalla loro religione "privata".

I francesi considerano infatti la religione una scelta privata, e ogni ostentazione pubblica è generalmente fuori luogo, gli ufficiali di stato francesi devono essere neutrali rispetto sia agli ideali politici che alla religione ed ogni pubblica espressione di affiliazione religiosa è proibita.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda Iafran il 19/01/2011, 20:51

pierodm ha scritto:I francesi considerano infatti la religione una scelta privata, e ogni ostentazione pubblica è generalmente fuori luogo, gli ufficiali di stato francesi devono essere neutrali rispetto sia agli ideali politici che alla religione ed ogni pubblica espressione di affiliazione religiosa è proibita.

Ah! la Francia!
I francesi hanno insegnato ... tanto ... e continuerebbero ad insegnare anche oggi, specialmente agli italiani ... se non fossero così permeabili "a quel che offre il convento" (in "politica"), e se non fossero così "ubbidienti" a ciò che comanda il "convento" (di là del Tevere)!
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda matthelm il 19/01/2011, 22:08

Pierodm, pierodm, vedi che hai trovato dove puoi scaricare tutta la tua “forza” d’attacco. Volevo evitarlo perché questo tema è già stato trattato mille volte, vedo inutilmente. Ma tu hai colto al volo l”opportunità” per “infierire”.

Wiki, tu sai benissimo che è un luogo libero dove tutti possono scriverci le proprie tesi, opinioni, punti di vista. Quello che hai riportato è un punto di vista parziale, rispettabile, ma rimane tale.

Detto questo io non la faccio così lunga perché non sono sicuro che su di te sortisca alcun effetto. Comunque.

Buona parte di quello che hai riportato lo condivido. Pensa un po’! Infatti il “laicismo” che intendevo io, e ti era già chiaro, è l’aspetto negativo, ottuso e anticlericale a prescindere che vorrebbe arrivare anche ad impedire al Papa o altri di dire liberamente il loro pensiero su temi etici.

Completo anch’io con questo testo di Claudio Magris (così puoi leggerlo senza la solita sufficienza…)

Laicità non è un contenuto filosofico, bensì una forma mentis; è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è invece oggetto di fede, a prescindere dall'adesione o meno a tale fede; di distinguere le sfere e gli ambiti delle diverse competenze, in primo luogo quelle della Chiesa e quelle dello Stato.
La laicità non si identifica con alcun credo, con alcuna filosofia o ideologia, ma è l'attitudine ad articolare il proprio pensiero (ateo, religioso, idealista, marxista) secondo principi logici che non possono essere condizionati, nella coerenza del loro procedere, da nessuna fede, da nessun pathos del cuore, perché in tal caso si cade in un pasticcio, sempre oscurantista. La cultura— anche cattolica — se è tale è sempre laica, così come la logica — di San Tommaso o di un pensatore ateo — non può non affidarsi a criteri di razionalità e la dimostrazione di un teorema, anche se fatta da un Santo della Chiesa, deve obbedire alle leggi della matematica e non al catechismo.

Una visione religiosa può muovere l'animo a creare una società più giusta, ma il laico sa che essa non può certo tradursi immediatamente in articoli di legge, come vogliono gli aberranti fondamentalisti di ogni specie. Laico è chi conosce il rapporto ma soprattutto la differenza tra il quinto comandamento, che ingiunge di non ammazzare, e l'articolo del codice penale che punisce l'omicidio. Laico — lo diceva Norberto Bobbio, forse il più grande dei laici italiani — è chi si appassiona ai propri «valori caldi» (amore, amicizia, poesia, fede, generoso progetto politico) ma difende i «valori freddi» (la legge, la democrazia, le regole del gioco politico) che soli permettono a tutti di coltivare i propri valori caldi. Un altro grande laico è stato Arturo Carlo Jemolo, maestro di diritto e libertà, cattolico fervente e religiosissimo, difensore strenuo della distinzione fra Stato e Chiesa.
Laicità significa tolleranza, dubbio rivolto anche alle proprie certezze, capacità di credere fortemente in alcuni valori sapendo che ne esistono altri, pur essi rispettabili; di non confondere il pensiero e l'autentico sentimento con la convinzione fanatica e con le viscerali reazioni emotive; di ridere e sorridere anche di ciò che si ama e si continua ad amare; di essere liberi dall'idolatria e dalla dissacrazione, entrambe servili e coatte. Il fondamentalismo intollerante può essere clericale (come lo è stato tante volte, anche con feroce violenza, nei secoli e continua talora, anche se più blandamente, ad esserlo) o faziosamente laicista, altrettanto antilaico.
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Re: Referendum: svolta storica dei lavoratori

Messaggioda pianogrande il 19/01/2011, 23:28

lodes ha scritto:Certo che come benvenuto non c'è male. Se le mie parole sono"miserevoli pensate" chi scrive questa frase non ha, evidentemente, altro da esprimere, ma forse rileggendo attentamente quello che ho scritto potrebbe mettere insieme un pensiero articolato.
Comunque grazie per l'attenzione.
Enzo Lodesani


Be' be'.
Questo è solo un malinteso.
Non era mica riferito a te il "miserevoli pensate".
Era riferito e per ironia, all'ipotetico sindacalista.
Pardon.
Fotti il sistema. Studia.
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